UN MALEDETTO LIETO FINE di Bianca Marconero (Newton Compton)


DOPO AVERLA AVUTA OSPITE PER IL NOSTRO ROMANCE HAPPY HOUR (VEDI QUI), OGGI DIAMO DI NUOVO SPAZIO A BIANCA MARCONERO PER PRESENTARE IL SUO NUOVO ROMANZO - UN MALEDETTO LIETO FINE - EDITO DA NEWTON COMPTON. LADY ROMANTICA E PIERA L'HANNO LETTO PER NOI. E HANNO GIUDIZI DIVERSI. VOI L'AVETE LETTO?

Autore: Bianca Marconero
Genere: New adult/erotico
Ambientazione: Roma, Italia
Pubblicazione: Newton Compton, 7 febbraio 2019, pagg. 349 , € 8,41
Parte di una serie: Non ancora certo
Livello di sensualità: ALTO
Disponibile in e-book a € 2,99 

TRAMAAgnese ha diciannove anni, è la figlia di un senatore piuttosto influente e ha ricevuto un’educazione rigida. Le piace disegnare ma ha messo i sogni nel cassetto e si è iscritta a Giurisprudenza. Dopo la morte della madre, ha imparato a nascondere a tutti i suoi veri sentimenti ed è diventata la classica ragazza ricca, perfetta, composta e fredda, ma in realtà piena di insicurezze. Quando la sua incapacità di lasciarsi andare allontana il ragazzo di cui è innamorata da anni, Agnese capisce di avere bisogno di aiuto. Vorrebbe qualcuno che le insegni a essere meno impacciata e Brando, il suo fratellastro appena acquisito, sembra proprio la persona giusta. Lui lavora di notte, suona in una band, e cambia ragazza ogni sera. Peccato che il bacio che i due si scambiano per “prova” sia lontano anni luce da un esercizio senza conseguenze. Così le loro lezioni di seduzione ben presto diventano qualcosa di più… Brando saprà insegnare ad Agnese che la lezione più importante di tutte è abbandonarsi alle emozioni?Basta un corso di “seduzione” per imparare a lasciarsi andare?


Con questo romanzo Bianca Marconero si conferma come la regina del new adult italiano.
Un maledetto lieto fine narra la storia d’amore tra due fratellastri: Brando è il figlio della moglie del padre di Agnese, e in un primo momento i due ragazzi non si sopportano. A seguito di una delusione amorosa, tuttavia Agnese capisce di aver bisogno dell’aiuto di Brando. Vuole che lui le dia delle lezioni sul sesso e la seduzione, e per questo è pronta a pagarlo. Brando accetta, non tanto per i soldi (sebbene ne abbia un disperato bisogno), piuttosto perché la rigida Suor Agnese, come lui l’ha soprannominata, riesce a scalfire la sua corazza e a suscitare la sua curiosità.
Ma come sempre nelle storie di questo tipo, le cose finiranno per complicarsi. E non poco.
Quello che mi è piaciuto di più di questo romanzo è che riesce a catturarti e non ti molla più, ti ruba il cuore, trascinandoti in un saliscendi di emozioni: rabbia, commozione, divertimento, tristezza. Leggendo ho provato tutto questo.
I personaggi sono ben caratterizzati, sembrano persone reali. Eccetto il mitico Pier, che potrebbe essere l’amico ideale di ognuno di noi, ciascun personaggio ha i suoi pregi e i suoi difetti. Nessuno è perfetto, neppure i protagonisti.
Agnese, per esempio, all’inizio sembrava insopportabile: viziata e superficiale. Poi impariamo a conoscerla meglio e scopriamo che possiede anche delle doti. Ciononostante ci sono momenti in cui vorresti prenderla a sberle per quello che dice o che fa.
Brando è molto più affascinante, verso di lui non si può non provare simpatia. Eppure, anche lui ha i suoi momenti bui, i suoi scatti d’ira, le sue gelosie. Un po’ come tutti noi. E il bello è proprio questo, abbiamo a che fare con persone vere, non con personaggi stereotipati che alla fine sono tutti uguali.
Ci sono anche personaggi che finisci per odiare sul serio, come il padre di Agnese, per esempio. O altri per cui provi tenerezza e compassione, come la madre di Brando. A ogni modo ciascuno ha la sua giusta collocazione nella storia e risulta credibile fino in fondo.
Le scene di sesso ci sono e talvolta risultano un po’ crude, ma mai volgari. La Marconero ha ottime capacità descrittive, con poche pennellate ci fa vivere la scena attraverso i suoi occhi. E questa secondo me è una grande dote per una scrittrice.
L’unica cosa spiazzante è il finale, che definirei aperto. Mi auguro che l’autrice abbia intenzione di regalarci un seguito e che sia questo il motivo per cui ci lascia con un grosso interrogativo nella testa e la sensazione che le cose tra Brando e Agnese non siano andate come dovevano andare.
A ogni modo, questo è uno dei romanzi più belli letti negli ultimi tempi e a mio parere merita la giusta attenzione.




****

Mi  sono piaciuti i precedenti romanzi della Marconero, ma questo sinceramente mi ha lasciata perplessa.
Forse occorre partire dal titolo per cercare di capire tutto l'iter dei due protagonisti e delle loro scelte.
Agnese, ricca, ligia agli ordini del padre padrone che ha comandato la sua vita dopo la morte della prima moglie, innamorata di Mattia al punto che non riesce a vedere oltre questo sentimento, non riesce a sciogliersi abbastanza da avere una normale relazione, almeno affettiva prima che sessuale, con il ragazzo che ama da anni.
Vive nella casa di famiglia, un mausoleo che il suo padre senatore mantiene con ordine impressionante per lustrare la sua immagine politica, senza rendersi conto che anche lei è in una prigione. Le bastano le amiche non sempre leali, gli amici che a volte tradiscono la sua buona fede, il suo futuro già scritto.
Brando, arrivato da poco in quella residenza al seguito della giovane madre sposa in seconde nozze del politico, si sente soffocare e anche per questo ha atteggiamenti ribelli che naturalmente lo mettono in contrasto con il padrone di casa. Il giovane, però, per amore della madre cerca di essere più conciliante,  anche se non comprende come si possa accettare tutte le imposizioni di questa convivenza.
Agnese lo considera un irresponsabile e lui la vede come una bimbetta obbediente e senza spina dorsale.
Questi due giovani arriveranno a conoscersi un po' di più ma il solco tra i loro due modi di pensare e di essere è troppo profondo e non si può colmare, nonostante inizino una relazione un po' particolare.
Mi è piaciuto molto questo ragazzo che ha dovuto diventare uomo troppo presto, che ha dovuto farsi carico dei problemi di una madre mai cresciuta, che però ha trovato nel proprio annullarsi quasi la missione del suo essere donna...due personaggi che mi hanno fatto tanto tenerezza .
Agnese non capisce questo rapporto e nonostante sappia di sbagliare, continua a vederli come “diversi”....
Mi ha scioccato il dialogo con Brando alla festa in cui tutti ignorano Isabella:
...”Se tu stasera vedi un'umiliazione che non c'è, una guerra che non c'è, un confronto che tua madre perde, è perchè  sei  il primo a riconoscere i suoi limiti.-Non ti azzardare-  la minaccio, -mia madre è solo una persona buona.-Tua madre non è solo “buona” Brando. Tua madre ha preso la licenza media alle serali. Tua madre a sedici  anni era incinta del primo che passava. Tua madre è cosi stupida che poco fa stava sbandierando i fatti nostri davanti a mio padre. Ti rendi conto cosa abbiamo rischiato?Serro i pugni.  -Lei parlava della mia ragazza, ma ovviamente non sa che sei tu.-Perchè lei è troppo ottusa per capirlo!”
Ecco, questo è un ulteriore motivo della mia antipatia per la protagonista...che nell'epilogo mi ha ulteriormente delusa.
Sì, perchè il finale è un altro dei motivi per cui sono rimasta insoddisfatta pur apprezzando lo stile dell'autrice. Spero di poter rivalutare questa storia e di ritrovare i due giovani perchè mi sembra ci siano tre anni da chiarire e un futuro da riscrivere!










COME INIZIA IL ROMANZO...
Capitolo 1
Agnese non considera il triangolo
Il destino non è scritto, ci sono opzioni diverse dietro ogni porta. Determiniamo il futuro scegliendo di aprirle o decidendo di non farlo.
E io stasera ho aperto una porta che doveva restare chiusa. Un’ora fa, credevo di vivere un sogno. Mi sono presentata all’Oberon di Caracalla, con un adorabile sangallo di Blumarine, un paio di favolose Jimmy Choo e soprattutto con lui, Mattia Degli Innocenti, il grande amore della mia vita.
Mi sentivo come la protagonista di una fiaba dal lieto fine assicurato.
Io, Agnese Altavilla, diciannove anni tra tre mesi, ce l’avevo fatta! Ero riuscita ad avviare una frequentazione, platonica ma promettente, con Mattia, l’unico ragazzo che mi fosse mai piaciuto.
Dopo tre settimane, le cose tra di noi si erano messe così bene che mi aveva invitato al suo compleanno. E se inviti una ragazza al cospetto di tutti i tuoi amici, nel tuo giorno speciale, stai mandando un segnale molto chiaro. Speravo che, dopo il mio diploma, Mattia avesse finalmente smesso di considerarmi una bambina e fosse pronto a darmi un ruolo diverso, al suo fianco.
Non potevo prendere un abbaglio più grosso.
Come l’ho scoperto?
Aprendo la porta dei bagni.
Mattia era avvinghiato a Diletta, la sua ex fidanzata, e le teneva le mani sul sedere durante una approfondita esplorazione laringo-esofagea. E sebbene lui sia un brillante specializzando in medicina, dubito che stesse mettendo in pratica un insegnamento della sua professione.
Come mai ho aperto la porta del bagno?
È stato Lucio Barberini, il best di Mattia, a dirmi di farlo, e questo prova che è sempre il diavolo a tentarci. Lucio, per come la vedo io, è il diminutivo di Lucifero. Laureando in legge, figlio maggiore di uno dei più importanti avvocati romani, è il tipo di persona che ha sempre un piano, sempre un secondo fine, e che si nutre delle disgrazie altrui. Da piccolo probabilmente aspettava il tramonto sulla spiaggia per distruggere i castelli di sabbia degli altri bambini. Come Mattia, anche lui è più grande di me, e come Mattia fa parte del mio stesso ambiente. Ma a differenza di Mattia, sempre educato e gentile, Lucio è un pericoloso manipolatore e ha il potere di portare le persone a fare quello che decide. Purtroppo stasera il suo obiettivo ero io. Non so perché abbia voluto farmi del male, non capisco perché sbattermi in faccia quanto poco conto per Mattia.
Ha trasformato la mia fiaba in un incubo.
Sto lottando per non piangere, mentre nella baraonda del privè, tra gente mezza ubriaca che si impegna per esserlo del tutto, io cerco la borsetta, persa tra i cuscini damascati di un gigantesco divano. Due ragazze che conosco solo di nome, ma che fanno parte del giro di Diletta, mi si avvicinano e mi chiedono se va tutto bene. Lo fanno con la condiscendenza riservata ai bambini. Probabilmente tutti sapevano che tra Mattia e Diletta non era davvero finita. Penso a come devo risultare patetica agli occhi di tutti. Sono la ragazzina scema che si è illusa di piacere a un ragazzo grande.
«Mi dispiace».
Sono di spalle, c’è una confusione pazzesca, ma riconosco la voce. È Lucio Barberini. Mi alzo cercando una postura dignitosa. E non indietreggio di un passo quando me lo trovo davanti. Alto, slanciato, con un viso scavato e due occhi glaciali capaci di una fissità inquietante, mi scruta come se la mia sconfitta coincidesse con la sua vittoria. C’è qualcosa di spigoloso nel suo viso, negli zigomi e nel naso. Sembra consumato da un fuoco, sempre alle prese con un pensiero che in qualche modo lo brucia.
«Non ci crede nessuno che ti dispiace», dico senza distogliere gli occhi. Voglio che sappia che non ho paura di lui. «Lo hai fatto apposta, Lucio, sapevi che Mattia era lì con Diletta, e hai voluto che io vedessi».
Ha il buon gusto di annuire. Le luci rosse gli lampeggiano addosso ed evidenziano il fisico magro. In questo momento sembra che sia stato sputato fuori dall’inferno. Non mi stupirei se non lo volessero neppure lì.
«Vieni, ti do uno strappo a casa», si offre.
Se non fossi sull’orlo delle lacrime, mi farei una risata.
«Non ce n’è bisogno. Chiamo un taxi», estraggo il cellulare dalla borsetta.
«Agnese, non essere infantile».
«E tu non trattarmi come se fossi una ragazzina».
Allarga le braccia. «Non vuoi parlarne? Davvero non vuoi che ti spieghi?».
Neppure gli rispondo. Faccio partire la chiamata al taxi, e cerco di guadagnare l’uscita. La mia speranza di averlo seminato si infrange al guardaroba del locale.
Lo vedo arrivare e per quanto gli dia le spalle lui non si scoraggia. «Mi correggo, Agnese. Sei molto infantile».
Mi giro, lo affronto di nuovo. «Lucio, è stata una serata impegnativa, e non ho voglia di parlare con te».
«Dovresti», lo dice con una traccia di sorriso. «Tu hai un problema…».
«Io cosa…?»
«Hai un problema. Ammetterlo è il primo passo». Allarga le braccia. «Non vuoi parlarne? Davvero non vuoi che ti spieghi?».
Neppure gli rispondo. Faccio partire la chiamata al taxi, e cerco di guadagnare l’uscita. La mia speranza di averlo seminato si infrange al guardaroba del locale.
Lo vedo arrivare e per quanto gli dia le spalle lui non si scoraggia. «Mi correggo, Agnese. Sei molto infantile».
Mi giro, lo affronto di nuovo. «Lucio, è stata una serata impegnativa, e non ho voglia di parlare con te».
«Dovresti», lo dice con una traccia di sorriso. «Tu hai un problema…».
«Io cosa…?»
«Hai un problema. Ammetterlo è il primo passo».
«Non so di cosa parli». Mi infilo in fretta il giacchino di cotone. «Io non ho nessun problema», dichiaro a testa alta e provo a seminarlo.
Ho giusto il tempo di varcare la soglia, poi Lucio mi sbarra il passo.
«Il mio amico ce l’ha messa tutta, ma tu l’hai mandato in bianco. Per tre settimane».
«Tu cosa ne sai? Io…».
«Alla quarta settimana lo avrebbero fatto santo. Non puoi fargliene una colpa se si è chiuso in bagno con Diletta. Tu sei talmente vergine che Mattia non sapeva neppure da dove cominciare».
Me lo ha detto come se mi stesse diagnosticando una malattia rara.
Questa cosa mi ha distrutto.
Mi ha distrutto perché è vera!Sono al limite, annichilita, ma non mi metterò a piangere davanti a Barberini. Quindi mi allontano sul marciapiede, e per fortuna stavolta non mi segue.
Rientro in taxi, la corsa verso casa mi servirà per darmi una calmata. Non posso rischiare che qualcuno mi veda in questo stato. Mentre la città scappa via, oltre i finestrini, cerco di mettermi a fuoco. E più o meno al Lungotevere dei Pierleoni, in vista dell’Isola Tiberina, afferro un pensiero confortante. Il rischio di imbattermi in familiari e servitù sarà molto basso. Papà e sua moglie Isabella sono andati alla festa di anniversario dell’avvocato Anceschi. Ed è improbabile che Maria, Clara o qualcuno del personale di servizio si aggiri per i corridoi.
Resta giusto il rischio di incontrare lui, il debosciato.
Sto parlando di Brando Serristori, il figlio della moglie di mio padre. Da due anni lui vive nella mia gere davanti a Barberini. Quindi mi allontano sul marciapiede, e per fortuna stavolta non mi segue.
Rientro in taxi, la corsa verso casa mi servirà per darmi una calmata. Non posso rischiare che qualcuno mi veda in questo stato. Mentre la città scappa via, oltre i finestrini, cerco di mettermi a fuoco. E più o meno al Lungotevere dei Pierleoni, in vista dell’Isola Tiberina, afferro un pensiero confortante. Il rischio di imbattermi in familiari e servitù sarà molto basso. Papà e sua moglie Isabella sono andati alla festa di anniversario dell’avvocato Anceschi. Ed è improbabile che Maria, Clara o qualcuno del personale di servizio si aggiri per i corridoi. 
Resta giusto il rischio di incontrare lui, il debosciato.
Sto parlando di Brando Serristori, il figlio della moglie di mio padre. Da due anni lui vive nella mia casa ed è come la combinazione simultanea di una spina nel piede e di un calcio in bocca. Una specie di Kurt Cobain che si atteggia a ribelle e passa metà della sua vita a litigare con mio padre e l’altra metà a suonare con la sua band, in locali malfamati.
Ma è mezzanotte appena. Ovunque sia ad ammazzarsi di birra e musica orrenda, probabilmente la sua serata non è neppure iniziata. 
****
CHI È L'AUTRICE
Bianca Marconero è lo pseudonimo di una scrittrice di Reggio Emilia. Ha lavorato come redattrice per periodici per ragazzi e poi è approdata alla scrittura creativa. Ha scritto una saga Urban fantasy "Albion" con cui si è fatta conoscere alle lettrici ed è poi approdata ai romance contemporanei, pubblicando con Newton Compton  La prima cosa bella, L’ultima notte al mondo, Ed ero contentissimo e Un altro giorno ancora

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2 commenti:

  1. già sul kindle, mi ci dedico appena possibile!!

    RispondiElimina
  2. romanzo davvero bellissimo, ho adorato ogni riga fino all'epilogo. non sopporto i finali aperti, speriamo proprio che arrivi il seguito perchè non si possono lasciare le cose così come stanno. i personaggi sono veramente ben caratterizzati, Agnese evidenzia la mancanza di una figura amorevole durante l'adolescenza che forma una persona, diventando una specie di robot. ma Brando riesce a ridarle un po' del cuore che le è stato portato via dalla morte della madre e da un padre assolutamente assente e freddo.
    brando da parte sua ha la sua bella dose di insicurezze con cui fare i conti e che alla fine purtroppo vincono sull'amore che prova per agnese. i personaggi evolvono e crescono
    ed è un peccato che il finale sia così tragico.
    ho letto anche la novella Montreal, che è davvero dura
    e forte e mi fa ben sperare che la storia continui presto.
    l'autrice l'ho scoperta grazie a LMBR e devo dire che è subito diventata una delle mie autrici preferite.

    RispondiElimina

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