LA MATEMATICA DELL'AMORE di Helen Hoang (Leggereditore)

IL LIBRO CHE VI PRESENTIAMO OGGI, PUBBLICATO UN PO' IN SORDINA QUALCHE MESE FA DA LEGGEREDITORE, HA VINTO IL PREMIO DEI LETTORI DI GOODREADS COME MIGLIORE ROMANCE DEL 2018, AVENDO LA MEGLIO SU OPERE DI AUTRICI MOLTO POPOLARI COME COLLEEN HOOVER, J.R.WARD E E.L.JAMES. IL PILGRIM MEDIA GROUP HA ANNUNCIATO DI AVERNE COMPRATO I DIRITTI E LO TRASFORMERA' PRESTO IN UN FILM. MEL L'HA LETTO PER NOI E CONFERMA CHE È UN LIBRO DA NON PERDERE. SCOPRIAMO PERCHÈ.

AutriceHelen Hoang
Titolo originaleThe Kiss Quotient
Traduttrice: Alice Zanzottera
Genere: Contemporaneo
Ambientazione: USA
Pubbl. originale: Berkley, 30 maggio 2018, pp. 3117
Pubb. Italiana: Leggereditore, 30 maggio 2018, pp.256, €13,60
Parte di una serie: No
Livello di sensualitàALTO
Disponibile in e-book a € 4,99

TRAMA: Stella Lane pensa che la matematica sia l'unica legge che regoli l'universo. Nel suo lavoro si serve di algoritmi per prevedere gli acquisti dei clienti, e questo le ha assicurato più denaro del necessario ma l'ha privata di un minimo di esperienza con gli uomini. Non aiuta il fatto che Stella sia affetta da Asperger e che i baci alla francese le ricordino uno squalo che si fa pulire i denti da un pesce pilota. La soluzione per i suoi problemi è una sola: fare molta pratica, con un bravo professionista. Ecco perché assume un gigolò, Michael Phan, un vero esperto nel settore, che accetta di guidarla in un articolato programma diC lezioni: dai preliminari alle posizioni più ardite. In poco tempo Stella non solo impara ad apprezzare i suoi baci, ma anche tutte le altre cose che Michael le fa provare, e la loro "insensata" collaborazione inizia ad assumere uno strano senso, tanto da insinuare in lei il sospetto che l'amore sia la logica da seguire...


Oggi voglio cominciare la mia recensione con un estratto; non lo faccio mai, ma questo libro merita davvero di essere letto per la sua bellezza e, soprattutto, per l’importante messaggio che vuole dare. 
“Lei vedeva e interagiva con il mondo in un modo diverso, ma quella era lei. Poteva cambiare modo di agire, cambiare le parole, cambiare aspetto, ma non poteva cambiarsi alla radice. Dentro di sé sarebbe sempre stata autistica. La gente lo definiva un disturbo, ma lei non lo sentiva come tale. Per lei , era semplicemente essere sé stessa.”

Vivendo la realtà dell’autismo quotidianamente, mi sono accorta di quanta confusione e disinformazione ci sia a riguardo, quindi, se quello che all’apparenza sembra un semplice romance può aiutare a fare luce su una delle tante sfumature dell’autismo, che ben venga.
La matematica dell’amore è un romanzo dolcissimo, una storia d’amore tra due protagonisti insoliti e originali, che rimane sempre fedele alla realtà, forse perché – come l'autrice scrive nei ringraziamenti – lei stessa vive questa 'condizione', non 'malattia', questa differenza è fondamentale. 
Stella, la protagonista, è un’ econometrista che ama profondamente il suo lavoro al quale dedica tutte le sue energie. La matematica è da sempre la sua passione, passione che ha trasformato in professione e che rappresenta la “parte” facile della sua vita. Lo stesso non si può dire delle interazoni sociali, fonte di stress e profonda insicurezza per lei. Stella è una donna forte ed estremamente pragmatica, non si lascia scoraggiare facilmente e affronta ogni situazione con la sua “speciale” logica matematica : raccoglie informazioni, le analizza e poi prende una decisione. Seguendo questa logica, decide di assumere un gigolò, una persona competente che sappia insegnarle come comportarsi, che l’ aiuti a capire come flirtare e sedurre un uomo. Il personaggio di Stella è insolito per un romance ed è certamente diversa dalla maggior parte delle protagoniste femminili, ma io l’ho adorata. In lei e nelle sue piccole manie, ho rivisto una persona che, in tanti modi, mi ha stravolto in positivo la vita, senza la quale non sarei riuscita a capire tanto di me stessa… Ma torniamo al romanzo. Il gigolò prescelto è Michel Phan, un uomo con origini miste vietnamita e svedesi che lo rendono estremamente affascinante, grazie alla sua esperienza e a un attento piano di lezioni e obbiettivi da raggiungere stilato da Stella, cominciano la loro avventura. 
L’unica cosa che posso dirvi è che vi innamorerete di Micheal, non c’ è
possibilità di resistere al suo fascino, al suo senso dell’umorismo, alla sua gentilezza e alla sua sensualità. È un protagonista con mille sfaccettature che nasconde un animo sensibile, un uomo che in un momento di difficoltà ha dovuto fare una scelta che l’ha privato di sogni e aspirazioni, ma che è servita a tenere unita la sua famiglia. La sua vita è diventata una prigione fatta di obblighi e sensi di colpa, sogni frustrati e bocconi amari da mandare giù. Stella, con la sua eccentricità, rappresenta un raggio di sole in un realtà ormai difficile da sopportare per Micheal; lei è l’unica cliente che lo tratta diversamente, che lo fa sentire importante e considerato come uomo, non come un pezzo di carne affittato a ore. Il loro percorso per quanto bello non sarà facile, dovranno imparare a conciliare le loro personalità, ad affrontare segreti taciuti e realtà scomode e, poco per volta, si accorgeranno che il sentimento che li lega è diventato davvero importante. 
La matematica dell'amore è un romanzo dolcissimo ed estremamente toccante, due protagonisti ben caratterizzati, uno stile fluido e scorrevole e un perfetto mix tra sensualità e sentimenti. Leggetelo e fatevi un’idea, io lo consiglio assolutamente.






LEGGI UN ESTRATTO DEL PRIMO CAPITOLO...
n.b.: l'estratto non ha questo formato sul libro.
«Lo so che odi le sorprese, Stella. Al fine di comunicare le nostre aspettative fornendoti delle tempistiche ragionevoli, dovresti sapere che noi siamo pronti per dei nipotini.» Lo sguardo di Stella Lane si spostò di colpo dalla colazione al volto piacevolmente invecchiato della madre. Una sottile traccia di trucco attirò la sua attenzione su quegli occhi combattivi color caffè. Non promettevano nulla di buono per Stella. Quando sua madre aveva una cosa in mente, era come un tasso del miele in una faida: aggressivo e tenace, ma senza ringhio né pelo. «Lo terrò a mente» disse Stella. Lo shock cedette il passo a una raffica di pensieri scombussolati dal panico. Nipotini significava figli. E pannolini. Montagne di pannolini. Pannolini esplosivi. E i bambini piangevano, con lamenti da banshee che irritavano l’anima e che neanche le cuffie più insonorizzanti al mondo avrebbero potuto smorzare. Come facevano a frignare tanto a lungo e con tanta forza essendo così piccoli? Tra l’altro, bambini significava mariti. Mariti significava fidanzati. Fidanzati significava frequentanti. Frequentanti significava sesso. Ebbe un brivido. «Hai trent’anni, Stella cara. Siamo preoccupati per il fatto che sei ancora single. Hai provato a usare Tinder?» Afferrò l’acqua e ne buttò giù una sorsata, ingoiando accidentalmente un cubetto di ghiaccio. Dopo essersi schiarita la gola, rispose: «No, non l’ho provato.» Pensare proprio a Tinder e al conseguente appuntamento che questo strumento puntava a combinare le provocò un’improvvisa ondata di sudore. Odiava tutto degli appuntamenti: deviare dalla sua comoda routine, la conversazione a volte vuota, a volte disorientante, e di nuovo il sesso... «Mi hanno offerto una promozione» esordì lei, nella speranza di sviare l’attenzione della madre. «Ancora?» chiese suo padre, abbassando la copia del Wall Street Journal tanto da rendere visibile la montatura di metallo degli occhiali. «Ti hanno promossa appena sei mesi fa. Fenomenale!» Stella si rianimò e si sedette in fretta sul bordo della sedia. «Il nostro ultimo cliente, un grosso venditore online che non può essere menzionato, ci ha fornito dati davvero strabilianti con cui posso giochicchiare tutto il giorno. Ho progettato un algoritmo per agevolare le loro proposte d’acquisto. A quanto pare, sta funzionando meglio del previsto.» «Da quando sei effettivamente promossa?» chiese il padre. «Be’...» Nei suoi tortini di granchio con uova alla Benedict la salsa olandese e il tuorlo si erano mischiati e così tentò di separare i rossi con la punta della forchetta. «Non ho accettato la promozione. Era un posto da capo econometrista con cinque sottoposti da gestire che richiedeva molta più interazione con i clienti. Io voglio soltanto lavorare sui dati.» La madre ignorò la dichiarazione con un cenno noncurante della mano. «Ti stai adagiando sugli allori, Stella. Se continui a non metterti alla prova, non farai altri progressi nei tuoi rapporti sociali. E questo mi ricorda... Non c’è nessun collaboratore nella tua azienda con cui vorresti uscire?» Suo padre posò il giornale, giunse le mani incrociando le dita sulla pancia rotonda. «Sì, che ne pensi di quel tizio... Philip James? Quando l’abbiamo incrociato alla tua ultima festa aziendale mi è sembrato piuttosto carino.» Le mani di sua madre si agitarono davanti alla bocca come piccioni in picchiata verso le briciole. «Oh, perché non ci ho pensato? È stato così gentile. E anche uno spettacolo per gli occhi.» «Lui va bene, suppongo.» Stella passò la punta delle dita sulla condensa formatasi sul bicchiere d’acqua. A essere sincera, Philip l’aveva considerato. Era pieno di sé e
irritante, ma era uno che diceva le cose in faccia. Apprezzava davvero questa qualità nelle persone. «Credo che abbia vari disturbi di personalità.» La madre le accarezzò una mano. Fatto ciò, poi, anziché rimettersela in grembo, la poggiò sulle nocche della figlia. «Allora magari è la persona giusta per te, tesoro. Avendo problemi da risolvere, potrebbe essere più comprensivo per la tua sindrome di Asperger.» Benché le parole fossero state pronunciate con tono pragmatico, suonarono artificiose e troppo rumorose alle orecchie di Stella. Un’occhiata veloce verso i tavoli accanto nella veranda del déhors del ristorante la rassicurò sul fatto che nessuno avesse sentito e così abbassò lo sguardo verso quella mano poggiata sulla sua, trattenendosi consapevolmente dal tirarla via. Il contatto indesiderato irritava Stella e sua madre lo sapeva. Lo faceva per farla ‘acclimatare’. Il più delle volte la faceva uscire di testa. Era possibile che Philip fosse in grado di capirlo? «Ci farò un pensierino» disse Stella, e ci credeva davvero. Odiava dire bugie ed essere evasiva ancor più di quanto odiasse il sesso. E, in fin dei conti, voleva rendere orgogliosa e far felice sua madre. Indipendentemente da cosa facesse, era sempre a un passo dall’avere successo agli occhi di sua madre e, di conseguenza, anche ai suoi. Un fidanzato sarebbe stato la mossa giusta, lo sapeva. Il problema era che lei non riusciva proprio a tenersi un uomo. La madre sorrise a trentadue denti. «Eccellente. La prossima cena di beneficenza che organizzo è tra un paio di mesi e voglio che ti porti un ragazzo. Mi piacerebbe veder uscire con te il signor James, ma se, con lui non dovesse andare bene, troverò qualcuno io.» Stella strinse le labbra. La sua ultima esperienza sessuale era stata con un ragazzo degli appuntamenti al buio combinati da sua madre. Era attraente, questo doveva concederglielo, ma il suo senso dello humour l’aveva confusa. Essendo lui un investitore e lei un’economista, dovevano avere molto in comune. Lui però non aveva voluto parlare propriamente del suo lavoro, ma, al contrario, aveva preferito disquisire delle politiche aziendali e delle strategie di manipolazione, lasciandola spaesata al punto da darle la certezza che quell’appuntamento fosse stato un fiasco. Quando, senza giri di parole, le chiese se avesse voglia di fare sesso con lui, era stata colta completamente alla sprovvista. Siccome odiava dir di no, aveva detto di sì. Ci furono dei baci, che lei non apprezzò. Lui aveva il sapore dell’agnello che aveva mangiato a cena. A lei non piaceva l’agnello. La sua colonia l’aveva nauseata e poi l’aveva toccata dappertutto. Come sempre nelle situazioni intime, il suo corpo si era bloccato. Ancor prima di rendersene conto lui aveva finito. Aveva gettato il preservativo usato nel cestino accanto alla scrivania della stanza d’hotel (cosa che l’aveva infastidita, di certo doveva sapere che robe del genere andavano in bagno, no?), le aveva detto che doveva lasciarsi andare ed era uscito. Poteva solo immaginare che delusione sarebbe stata per sua madre sapere che disastro era sua figlia con gli uomini. E ora voleva dei bambini. Pure. Stella si alzò e prese la borsetta. «Adesso bisogna andare al lavoro.» Benché fosse in anticipo su tutte le scadenze, ‘bisogna’ era comunque la parola giusta. Il lavoro l’affascinava, incanalava quella brama furiosa nel suo cervello. Era anche terapeutico. «Eccola la mia ragazza» disse suo padre, alzandosi e spazzolandosi la camicia di seta hawaiana prima di abbracciarla. «Quel posto diventerà presto tuo.» Quando gli diede un veloce abbraccio (non le dispiaceva il contatto quando era lei a cercarlo o aveva il tempo di prepararsi mentalmente alla cosa), respirò il profumo familiare del suo dopobarba. Perché tutti gli uomini non potevano essere proprio come suo padre? Lui pensava che lei fosse bella e brillante e il suo profumo non le dava il voltastomaco. «Sai che il lavoro è una malsana ossessione per lei, Edward. Non incoraggiarla» disse sua madre prima di spostare l’attenzione su Stella, emettendo un sospiro materno. «Dovresti uscire con della gente nel week-end. Se incontrassi più uomini, sono certa che troveresti quello giusto.» Il padre le schioccò un bacio sulla tempia e sussurrò: «Anche io vorrei essere al lavoro.» Stella scosse la testa verso di lui mentre sua madre l’abbracciava. I fili delle onnipresenti perle della madre compressero lo sterno di Stella, che fu inondata di Chanel N°5. Tollerò quella fragranza stucchevole per tre interminabili secondi e poi si tirò indietro. «Ci vediamo il prossimo week-end. Vi voglio bene. Ciao ciao.» Sventolò la mano ai suoi genitori prima di uscire dal lussuoso ristorante nel centro di Palo Alto e camminò lungo marciapiedi fiancheggiati da alberi e boutique di lusso. Dopo tre isolati sotto al sole, raggiunse un palazzo commerciale di pochi piani che ospitava il suo posto preferito al mondo: il suo ufficio. Sulla sinistra, al terzo piano, la finestra d’angolo apparteneva a lei. La serratura della porta d’ingresso scattò aprendosi quando avvicinò la borsetta al sensore e avanzò a grandi passi nell’edificio deserto, godendosi l’eco solitaria dei suoi tacchi alti sul marmo mentre superava il banco della reception vuoto in direzione dell’ascensore. Una volta in ufficio, diede il via alla sua amatissima routine. Prima di tutto, accese il computer e inserì la password nella finestra di dialogo. Quando si avviò il software, lasciò cadere la borsetta nel cassetto della scrivania e andò in cucina a riempirsi d’acqua la tazza. Le scarpe volarono via, al solito posto sotto il tavolo. Si sedette. Accensione, password, borsetta, acqua, scarpe, seduta. Sempre in questo ordine. Il SAS, alias Statistics Analysis System, si caricò in automatico e i tre monitor presenti sulla sua scrivania si riempirono di flussi di dati. Acquisti, clic, accessi, modalità di pagamento: cose semplicissime, davvero. Eppure dicevano sulle persone più di quanto avessero mai fatto le persone stesse. Allungò le dita e le posò sulla tastiera nera ed ergonomica, impaziente di perdersi nel suo lavoro. «Oh, ciao Stella, ho pensato che fossi tu.» Si guardò alle spalle e fu scossa dalla spiacevole vista di Philip James, che sbirciava da dietro lo stipite della porta. Il taglio serio dei capelli fulvi ne sottolineava la mascella squadrata e portava una polo aderente sul petto. Pareva raggiante, raffinato e intelligente; esattamente il genere di uomo che i suoi genitori desideravano per lei. E l’aveva beccata a lavorare per piacere durante il week-end. Lei avvampò in viso e tirò su gli occhiali sul naso. «Che cosa ci fai qui?» «Dovevo prendere una cosa che mi sono dimenticata ieri.» Lui tirò fuori una confezione da un sacchetto e gliela sventolò davanti. Stella notò la parola ‘Trojan’ scritta in lettere giganti. «Divertiti questo week-end. Io lo farò di certo.» Le sfrecciò nei pensieri la colazione con i suoi genitori. Nipotini, Philip, la prospettiva di altri incontri al buio, aver successo. Si leccò le labbra e si affrettò a dire qualcosa, una cosa qualsiasi. «Ti serviva davvero una confezione risparmio di quelli?» Quando le parole le uscirono di bocca, subito trasalì. Lui le lanciò quel sorrisetto da stronzo che più stronzo non si può, ma il fastidio fu mitigato dallo spettacolo dei suoi bei denti bianchi. «Sono abbastanza certo del fatto che me ne serviranno almeno la metà questa sera visto che la nuova stagista del capo mi ha chiesto di uscire.» Stella, suo malgrado, rimase colpita. La ragazza nuova sempre così timida. Chi avrebbe pensato che avesse tanto coraggio? «Per cena?» «E altro, credo» fece lui, con un luccichio negli occhi nocciola. «Perché hai aspettato che ti chiedesse lei di uscire? Perché non l’hai invitata prima tu?» Aveva avuto l’impressione che agli uomini piacesse essere ‘intraprendenti’ in questioni come queste. Aveva torto? Con gesti impazienti, Philip rinfilò nel sacchetto un intero esercito di Trojan. «È fresca di triennale. Non volevo essere accusato di pedofilia. Tra l’altro, mi piacciono le ragazze che sanno cosa vogliono e se lo prendono... specialmente a letto.» La squadrò valutandola dalla testa ai piedi, sorridendo come se potesse vederla attraverso i vestiti tanto che lei si irrigidì per l’imbarazzo. «Dimmi un po’ Stella... Sei ancora vergine?» Lei si rigirò verso gli schermi del computer, ma i dati si rifiutavano di apparire comprensibili. Il cursore della finestra di programmazione lampeggiò. «Non sono affari tuoi, ma no, non sono vergine.» Philip entrò nel suo ufficio, si poggiò con un fianco alla scrivania di Stella e la scrutò con aria scettica. Lei si aggiustò gli occhiali anche se non ce n’era bisogno. «Quindi la nostra star dell’econometria l’ha già fatto. Quante volte? Tre?» Per nessuna ragione al mondo gli avrebbe detto che ci aveva indovinato. ...
****
CHI È L'AUTRICE
Helen Hoang è quel genere di persona timida che non parla mai. Fino a quando non lo fa. E dalla sua bocca escono le peggiori cose. Ha letto il suo primo romanzo alle elementari e da allora ne è sempre stata dipendente. Nel 2016 le è stato diagnosticato un disturbo dello spettro autistico in linea con quello che era precedentemente noto come sindrome di Asperger. Il suo viaggio ha ispirato La matematica dell'amore. Attualmente vive a San Diego con il marito, i due figli e un pesce domestico.

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4 commenti:

  1. già messo in lista, già la sinossi è molto invogliante, ma la recensione di Mel me l'ha fatto desiderare! E' sempre importante non nascondere la testa sotto la sabbia e confrontarsi con i problemi quotidiani, non si può sempre far finta che le difficoltà sono sempre altrove e non ci riguardano.
    ritengo importante che nei romanzi si affrontino argomenti
    seri perchè c'è troppa disinformazione e menefreghismo in giro

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    Risposte
    1. È davvero bellissimo. Una storia d'amore molto molto dolce. Michael è un sogno di uomo che sa come rapportarsi ad una donna speciale. La sindrome di asperger è una patologia sempre più frequente e spesso fraintesa e rapportarsi con stella non è quindi semplice ma lui lo fa semplicemente mettendo le esigenze di stella al primo posto. È solo grazie a questa sensibilità che stella si sblocca e riesce a godersi un po' di più la vita. l'autrice è stata molto brava a non rendere pietosa la storia e stella ne esce con un bel carattere forte e determinato pienamente consapevole delle sue difficoltà che però affronta ma non le subisce. come già dicevo è importante parlare di argomenti seri anche nei romanzi d'amore, soprattutto se fatto con sensibilità e senza appesantire l'animo del lettore

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    2. Isabella mi fa pacere che anche tu l'abbia apprezzato.

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  2. Mel ha ragione un piccolo gioiellino passato in sordina e assolutamente non pubblicizzato dalla CE.
    Leggetelo!

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