L'IRRESISTIBILE di Mathilda Blake (Mondadori)

Inauguriamo il mese di agosto con la recensione dello storico scritto per i Romanzi Mondadori da Mathilda Blake, pseudonimo anglosassone scelto da un'autrice italiana già conosciuta per altro genere di libri, per siglare il suo ingresso nel genere romance. La nostra Madame de Rênal ha letto il libro. Ecco le sue impressioni...

Autrice: Mathilda Blake
Genere: Storico
Ambientazione: Francia 1785 - 1792
Pubblicazione: I Romanzi Mondadori, coll.Passione nr.165, 2 giugno 2018, ebook 575 kb 
Parte di una serie: 1° serie Passione francese
Livello sensualità: MEDIO
Disponibile in ebook a € 3,99

TRAMA: La contessina Belle de Beauregard, cresciuta nello sfarzo dorato del castello del padre, non sa che lo scontento popolare di cui tutti parlano al villaggio sia il preludio della Rivoluzione pronta a infiammare la Francia. Anzi, pensa di dimostrare la magnanimità del suo ceto offrendo lavoro a uno del popolo. Non immagina che l’aitante Démon Lacroix, incaricato di gestire le scuderie, finisca per accendere le sue notti di fantasie proibite. E non immagina nemmeno che gli eventi, con la presa della Bastiglia, la costringeranno a un compromesso proprio con quell’uomo: un cittadino della nuova Repubblica, che detesta e al tempo stesso la attrae pericolosamente…


Prima prova nel romance storico di un’autrice italiana che usa uno pseudonimo e non è nuova nel mondo dell’editoria, anche se scrive altri generi.
La scrittura è abbastanza corretta, in alcuni tratti poco scorrevole. La lettura è stata abbastanza piacevole, i protagonisti abbastanza caratterizzati. Abbastanza di tutto, ma non abbastanza. L’autrice ha “confezionato” un romance: un eroe, la sua eroina, uno sfondo storico delineato per fortuna senza errori, una storia d’amore, qualche avversità tra i protagonisti e un lieto fine ma... c’è un ma e non ho usato la parola “confezionato” a vanvera.
Troppo ingenua Belle de Beauregard, anche se si è tentato più volte di dipingerla come una fanciulla istruita, volitiva e intelligente con qualche citazione di libri qua e là. Belle risulta un’eroina troppo sensibile, troppo immersa in una realtà distorta dal suo lignaggio, una ragazzina che crede di sapere e non sa ed è tanto prevedibile quanto scontata. Ogni sua azione, ogni sua frase suonano già viste e lette da qualche parte.
Démon Lacroix tradotto in italiano è “Demone la Croce” e, a parte che in francese Démon non mi pare sia usato come nome proprio (esiste Damien), è un eroe surreale tanto quanto il nome di battesimo: supponente nonostante sia un popolano, antipatico quando si dà le arie di essere irresistibile, quando vanta la sua istruzione con Belle e di aver posseduto donne in quantità visto che le suddette sono sciocche, infide e bugiarde. È un eroe “per sentito dire”, non ha doti se non il fisico prestante e il dono di “saperci fare” coi cavalli grazie a una manciata di canditi.
Nel corollario di personaggi ingenui e scontati, il padre di Belle, la madre di Démon, il curato Rosamonde, la furbetta Marguerite, la cuoca Colombe e il perfido Talon, tra i molti flash-back a volte un po’ fastidiosi, si percepisce la chiara intenzione di rifarsi, come dicevo, ai canoni di un buon romance storico ma forse, proprio perché si è voluto centrare questo obiettivo, il romanzo risulta distaccato, un po’ ingenuo in alcuni passaggi, incapace di trasportare davvero il lettore nella vicenda narrata. Un raggio di luce sono i coniugi che ospitano i nostri protagonisti, lui reduce di guerra salvato, sempre per “sentito dire”, dal virile Démon, lei comprensiva e pacata consorte che consola e sostiene Belle nel momento del bisogno.
L’autrice nel testo compie alcune ingenuità, come quando cade nel tranello del “narratore onniscente”, ovvero predice quel che accadrà togliendo suspense al lettore:
Quella sarebbe stata l’ultima volta che Belle avreb­be visto la sua amica d’infanzia. Ed era il primo di una lunga serie di cambiamenti che solo poche ore prima la dolce Belle de Beauregard non avrebbe mai potuto nemmeno ipotizzare.
O sbaglia il POV (Punto di Vista) mentre parlano due personaggi: (in questo caso un flash-back dell’amica di Belle, Marguerite):
“Allora, com’è il nuovo arrivato?” aveva domandato a Belle qualche settimana prima mentre sorseggiavano una limonata fredda in giardino. Aveva avvicinato il viso a quello dell’amica con fare complice mentre i suoi oc­chi accesi sbirciavano verso le scuderie. Belle aveva avvertito una vampata di calore salirle alle guance e aveva pregato che l’altra non lo notasse.“Oh, santi numi!” aveva detto Marguerite sorridendo come quando la trovava a nascondino. “Non ti avrà fat­to delle avance?”
(se è Marguerite a parlare, come fa a “sentire” la vampata di calore di Belle?)

O usa avverbi a profusione, a volte brutti sia da scrivere che da leggere:
“rispose piattamente,” “il debito pubblico sia aumenta­to esponenzialmente”, “decentemente”, “temporaneamente”, “pericolosamente”...

O ancora, e qui l’editor di Mondadori ha avuto una svista, parla di padiglioni di caccia:
— Non è nulla... e poi c’è il padiglione di caccia lag­giù — disse Belle indicando un punto poco più lontano, in cui si ergeva una specie di tempietto circolare inequivoca­bilmente neoclassico, con le colonne bianche dai capitel­li ionici arricciati ai lati. — Potete lasciarmi lì al coperto e venire a riprendermi quando avrete recuperato i caval­li. — Tacque un istante. — Vi prego. Vi sarò riconoscente.
Già mi è difficile immaginare un punto “poco più lontano”, i capitelli ionici “arricciati ai lati” ma il mio sconcerto è diventato smarrimento quando lo stesso tempietto, dove l’eroina si rifugia al coperto, dopo poche pagine si trasforma:
...il portoncino del padiglione di caccia si spalancò e Démon comparve in controluce, oc­cupando praticamente tutto lo spazio della soglia con la sua altezza e l’ampiezza delle sue spalle. Di solito gli uomini di quella stazza erano corpulenti e poco grade­voli da guardare. Lui invece sembrava scolpito da un ar­tista, come se ogni fascio muscolare fosse stato cesellato alla perfezione nella proporzione e nella forma.Belle trasalì e si alzò di scatto senza appoggiare a ter­ra il piede che aveva battuto.— Lo... lo avete trovato? — domandò in un sussurro.— Certo — rispose trionfante lui passandosi una mano nei capelli. — Non mi ha resistito — aggiunse. C’era una nota allusiva nel suo tono.Belle non poteva vedergli il viso nella luce dell’unico candelabro acceso sul tavolino da tè accanto alla chaise longue, ma avrebbe potuto giurare di “sentirlo” fisica­mente sorridere.
Il tempietto circolare con colonne arricciate è diventato un piccolo edificio, ha un “portoncino”, e il nostro eroe occupa tutto lo spazio “della soglia” (non deve essere però molto grosso, visto che è sulla soglia del “portoncino”...) e la nostra Belle non solo è al “coperto” ma è davanti al tavolino da tè e accanto a una chaise-longue.
Tutto sommato l’autrice ha fatto i compiti: ha letto un po’ di romance, ha messo insieme una trama prendendo spunto (lo dichiara lei stessa) dal romanzo Un figlio della Rivoluzione* e ha scritto questa storia un po’ surreale appiccicandoci qua e là la presa della Bastiglia, Danton, la ghigliottina, l’aristocrazia francese e il popolo rivoluzionario che fa da sfondo alla trama come le tende scolorite di un teatro di paese.
Una lettrice di romance “datata” come me, che ha vissuto in prima persona gli impeccabili romance di Georgette Heyer, la novità assoluta della Woodiwiss, gli uomini prepotenti della Kleypas, quelli con un impagabile senso dell’ironia della Chase e le storie sentimentali della Balogh, non poteva cadere nell’illusorio charme di questa nuova autrice che rispetta sì i canoni immutabili del genere, ma risulta incapace di trasmettere al lettore passione, batticuore e grandi emozioni. Quelle che dovrebbero far piangere, sognare o ridere le appassionate di storie d’amore.
La prova non è del tutto negativa: correggendo alcuni difetti di scrittura, con un più attento editing da parte della CE, appassionandosi lei stessa alla storia e mettendoci meno teoria e un po’ più di sentimento, l’autrice potrebbe stupirci con il secondo lavoro che farà parte di questa serie .
Au revoir à toutes et… vive la France !

(*) Un figlio della Rivoluzione (A Child of the Revolution1932), romanzo scritto dalla baronessa Emma Orczy, famosa per la sua serie de La Primula Rossa , libri pubblicati in fascicoli agli inizi del XIX secolo. Il primo romanzo, La Primula Rossa, uscì nel 1905.










COME INIZIA IL ROMANZO...
N.B.: la forma compatta del seguente testo non è quella originale, ma una conseguenza della trasposizione dello stesso sulla pagina del blog.
1
Castello di Beauregard, Loir-et-Cher, Francia Settembre 1785
Per l’ennesima volta nell’ultima ora, Belle de Beauregard guardò con un senso di vuoto allo stomaco dalla finestra aperta della sala da tè. Eccitazione? Aspettativa? Probabilmente entrambe le cose. La vista era da mozzare il fiato. La campagne circostante si estendeva a perdita d’occhio alternando prati e bosco in un’armonia di verde quasi sovrannaturale. La luce intensa di quel tardo pomeriggio di settembre sembrava rubata a un quadro di Jacques-Louis David. Era come osservare dall’alto un paradiso, ma nonostante ci fosse nata e cresciuta, Belle provava sempre la stessa meraviglia davanti alla terra rigogliosa che costituiva il cuore delle proprietà di famiglia. Per non parlare del giardino, dove i fiori, sistemati ad arte, disegnavano intarsi geometrici che venivano cambiati a seconda della stagione e delle direttive del conte suo padre. Tuttavia in quel momento non era per la bellezza del paesaggio, né per la luce o la perfezione delle aiuole, se si sentiva così. Per una giovane aristocratica di diciassette anni relegata nell’eremo dorato del castello di Beauregard, lontano da qualsiasi cosa assomigliasse a una vera città, le occasioni di divertimento erano ben poche. E negli ultimi due anni, con tutte le voci di agitazioni e scontento popolare che carpiva da alcune conversazioni del padre, quelle occasioni si erano fatte ancora più rare. Per questo l’arrivo di due ospiti inaspettati rappresentava una novità degna di tanta emozione. La ragazza sospirò ritraendosi dalla finestra. Si rese conto che la scollatura del vestito sembrava più profonda quando si chinava in avanti, e automaticamente si coprì sollevando la camiciola di seta bianca che spuntava dal corpetto del vestito di broccato azzurro cielo. Non era ancora abituata a quanto si fosse sviluppato il suo corpo negli ultimi anni, almeno in quella zona, visto che per il resto era sempre snella e longilinea. “Una ballerina dell’Opéra” diceva sempre madame Blanchet, che le aveva fatto da balia, tutrice e mamma finché il colera non se l’era portata via. Di certo ora il suo décolleté non le sembrava più tanto da ballerina. Da un lato la cosa la intrigava, ma dall’altro la imbarazzava. — Belle, cara, sei senza pace, oggi — disse suo padre sollevando gli occhi dal tomo che stava leggendo. — La contessa sarà qui a breve con i tuoi amici. La ragazza finse di togliersi un pelucco dalla camiciola e sospirò di nuovo. All’improvviso, il rumore di zoccoli sulla ghiaia del vialetto la fece sussultare. Tornò ad affacciarsi e si illuminò. — Marguerite e Alexandre! Il conte chiuse il tomo, appoggiò sul tavolo gli occhiali a snodo che gli serravano il ponte del naso sottile e sorrise. — Oh, grazie al cielo. Visto che sono arrivati? In realtà non erano la contessa e i suoi due figli che Belle aspettava con tanta ansia, ma non poteva dirlo a suo padre...  — Belle! Belle, dove sei? — chiamò una voce da sotto. La ragazza si sporse sullo spiazzo sottostante, dove la lussuosa carrozza trainata da quattro possenti bai si era appena fermata. Agitò le braccia affusolate, mentre i lunghi boccoli biondi dell’acconciatura riccamente raccolta le ondeggiavano attorno al viso radioso. — Marguerite! Alexandre! Dal finestrino della carrozza la salutavano due facce della sua età praticamente identiche, solo che una era femminile e l’altra maschile. — Allora, è arrivato? — le domandò Marguerite qualche minuto dopo, non appena Belle raggiunse gli ospiti di sotto in una nuvola di stoffa azzurra e capelli biondi. La giovane De Signy era stata la prima a scendere dalla carrozza e le era volata accanto avvicinandole il viso con aria complice, mentre nel suo sguardo brillava il bagliore malizioso di un’adolescente annoiata. Belle scosse la testa. — Non ancora. — Non crederai ai tuoi occhi — ridacchiò Marguerite portandosi le mani al petto. Belle notò che l’amica non si faceva problemi per la scollatura, perché dal suo corpetto spuntavano le curve eburnee dei seni anche quando era in posizione normale. — Non ho mai visto statua o ritratto che... — Oh, ancora con questa storia — la
interruppe il fratello, sistemandosi la giacca. — È solo un vile popolano, sorella. Non capisco proprio come il conte si sia dato tanta briga per lui — aggiunse rivolgendosi a Belle. Lei distolse lo sguardo, perché l’idea non era stata del conte. Era stata sua. Marguerite intanto squadrò Alexandre da capo a piedi, soffermandosi sul viso incipriato e pingue nonostante la giovane età, sul collo poco slanciato, reso ancora più tozzo dal colletto di pizzo, per scendere lungo la linea tondeggiante del busto che si allargava sempre di più verso la vita, fino a stringersi di nuovo in modo quasi morboso nelle gambe fasciate dalle braghe al ginocchio. — Sarà un vile popolano, ma è un vero Adone — puntualizzò lanciando un’altra occhiata complice a Belle. — E se mi rapisse, non protesterei. Le due fanciulle scoppiarono a ridere mentre il giovane scuoteva la testa. Marguerite prese Belle da parte, a braccetto. — Non ti spiacerà se verrò qui più spesso, vero? — le sussurrò all’orecchio in quel suo modo allusivo. — Sai che il tuo popolano ha una certa reputazione... Belle non sapeva di cosa stesse parlando, ma promise a se stessa di scoprirlo. — Marguerite, è solo un ragazzetto! L’amica la guardò sollevando un sopracciglio scuro. — Un ragazzetto? — A quel punto sorrise scuotendo la testa. — Santi numi, Belle, a volte mi sembri fuori dal mondo. — Cosa avrete tanto da confabulare... — borbottò intanto la donna che accompagnava i ragazzi. Ma il conte di Beauregard, comparso a sua volta sullo spiazzo dall’ingresso principale del castello, catalizzò subito la sua attenzione. — Mia cara contessa De Signy! La donna si inchinò e i tre ragazzi ne approfittarono per correre tra risatine eccitate verso le scuderie. — Noi andiamo a giocare, padre — gridò Belle prendendo a braccetto Marguerite. In realtà avrebbe voluto approfondire con lei il discorso interrotto appena prima e magari chiederle altre notizie riguardo a ciò che era accaduto in paese, a Cellettes. Dopotutto era l’unica di loro che non aveva visto quel ragazzo e la curiosità continuava a crescere. Ma appena raggiunsero il prato accanto alle scuderie, Alexandre tirò fuori un fazzoletto di seta bianca da un taschino e glielo sventolò sotto il naso. — Mosca cieca, mia cara. Dobbiamo rifarci dall’ultima volta. Non aspettavo altro. Lei roteò gli occhi, però Marguerite sembrava d’accordo con il gemello una volta tanto. — Sì, ci eravamo interrotti proprio quando toccava a te! — La ragazza prese il fazzoletto dalle mani del fratello e la bendò, annodandoglielo dietro la nuca. — Pensavo voleste vedere Nero... — protestò Belle tastando la seta che le copriva gli occhi con le lunghe dita bianche. — Ancora con quel cavallo. Sei una donna ormai, non puoi continuare a giocare nella stalla! — la rimproverò Marguerite. — Anche mosca cieca è un gioco da bambini — borbottò lei. Marguerite schioccò la lingua. — Però ci gioca anche Maria Antonietta a corte, a quanto dicono. — Comunque non vedo più nulla... — È questo l’intento — intervenne Alexandre. — E ora... — Marguerite si allontanò di qualche passo. — Vieni a prenderci! — disse poi fuggendo via fra le risate mentre il fratello si dirigeva dalla parte opposta. Belle stese le braccia in avanti sorridendo. Con la vista oscurata, il senso dell’udito si espanse: il cinguettio degli uccellini sembrò più intenso, persino il fruscio della brezza fra i rami circostanti. Riuscì addirittura a sentire delle voci davanti a casa, probabilmente
qualcuno della servitù. Mosse qualche passo incerto, poi con una mano sollevò la gonna del vestito per non incespicare. — Dove siete? — Di qua! — rispose Marguerite davanti a lei. La voce arrivava da molto più in là. — Qui! — disse invece Alexandre alla sua destra. Lei rise di nuovo. I suoi amici continuarono a chiamarla da una parte e dall’altra per qualche istante. Poi all’improvviso calò il silenzio. Belle avrebbe dovuto capire che qualcosa non andava, ma pensò a uno scherzo: Marguerite e Alexandre avevano smesso di chiamarla apposta. Mosse altri passi sentendosi in una specie di bolla: la incuriosiva quanto cambiasse la percezione del mondo senza la vista. Aveva l’impressione di non essere nemmeno sui suoi piedi, come se dovesse perdere l’equilibrio da un momento all’altro. Lasciò la gonna, tese di nuovo in avanti anche il braccio con cui la teneva e sfiorò qualcosa. Un muro. Tastò con le dita avvertendo la pietra ruvida sotto i polpastrelli. Era la parete esterna delle scuderie, certo. Si girò verso destra e cominciò a seguirla facendo scorrere la mano sinistra sulla superficie. Stese di nuovo l’altro braccio in avanti e sorrise pregustando il momento in cui avrebbe acchiappato Alexandre. Era sempre molto divertente quando toccava a lui.
***** 
L'AUTRICE
Mathilda Blake  ha un nome inglese, ma è italianissima e quando le domandano come mai si chiami così, le piace mantenere un’aura di mistero, rispondendo enigmaticamente che forse è per via della sua doppia personalità (anche se non è così sicura che sia solo doppia!).
Cresciuta in una famiglia disillusa dai sentimenti, Mathilda invece ha sempre creduto nell’Amore con la A maiuscola e il suo uomo è proprio come i protagonisti maschili dei suoi romanzi: pericolosamente affascinante, ma all’apparenza insopportabile.
Vive con lui fra una vecchia casa rurale sulle colline attorno al lago di Bolsena, nel cuore della Tuscia, e la sua oasi per la salvaguardia di alcune specie in via di estinzione alle Canarie. Grande appassionata di animali, ama leggere, suonare il piano, danzare, concedersi lunghe passeggiate a cavallo e, soprattutto, trovare sempre nuovi sogni da realizzare.

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7 commenti:

  1. Io sono di bocca buona e quuindi confesso che il romanzo mi è piaciuto.
    Aggiungo soltanto che in questo volume l'autrice non si rifà alla Primula rossa, ma al Figlio della rivoluzione, sempre della Orczy.

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    1. Grazie Maria Teresa per la precisazione. In entrambi i libri, in ogni caso, c'è
      la Rivoluzione francese come sfondo, che è un periodo molto affascinante. Buona scelta storica da parte dell'autrice.

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  2. Per me è stata una piacevole lettura. Amo molto il periodo storico della rivoluzione francese e ritrovarlo come scenario mi ha incuriosito,purtroppo la storia scorre troppo velocemente. Anch'io ho avuto la sensazione che mancasse qualcosa... Spero che il seguito mi conquisti di più.

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  3. Francamente preferirei che nei RM continuassero a pubblicare gente.del calibro di Mariangela Camocardi, Maria Masella, Miriam Formenti, Ornella Albanese e Roberta Ciuffi.
    Stefania

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  4. Ho letto il libro e concordo con la recensione: non mi ha coinvolto e i personaggi troppo costruiti. Spero nel prossimo.

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  5. Le premesse per Mathilda Blake erano buone: l'autrice scrive da molti anni, anche se altri generi e per tutt'altro pubblico, una padronanza che si intuisce leggendo e che non dispiace. Quello che dispiace - e qui concordo in pieno con la recensione - è che ha lavorato unicamente intorno a dei cliché senza aggiungere niente di suo, nemmeno con lo stile. Insomma, non voglio l'originalità a tutti i costi, ma almeno sapermi confezionare la cosa in modo che non sappia solo di operazione commerciale, trita e ritrita, studiata a tavolino, come una trafila di déjà vu che vanno messi "per forza" in un romance storico perché "tanto le lettrici vogliono quello." Insomma, da un'autrice promettente voglio di più. Confido che faccia un salto di qualità, perché credo che la stoffa ci sia. Deve solo uscire dai sentieri già tracciati e prendere il volo.

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  6. Abbandonato dopo pochi capitoli. Ho avuto l'impressione che fosse troppo ingenuo nella trama e che i protagonisti fossero poco delineati e al quanto standardizzati. Non mi ha fatto appassionare a sufficienza da finirlo. Anche la Mondadori è caduta nel baratro delle pubblicazioni mediocri. Si vede che non possono più permettersi autrici di altro calibro, come un tempo. Amen, passerò ad altre letture
    Raffaella_M

    RispondiElimina

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