PETITE, LA PERLA DEL MULIN ROUGE di Anna Bonacina (ELit)

OGGI VI PRESENTIAMO UNA NUOVA AUTRICE - ANNA BONACINA - CHE SECONDO NOI E' DA TENERE D'OCCHIO. IL SUO PRIMO ROMANZO (PUBBLICATO DA HARPER COLLINS) CI HA CONVINTO. E  L'AMBIENTAZIONE NELLA PARIGI DEI RUGGENTI ANNI '20  E' MOLTO INTRIGANTE...

Autrice: Anna Bonacina
Genere: Storico
Ambientazione: Parigi anni '20
Uscita: 30 ottobre  2017
Lunghezza: 254 pagine
Editore: Harper Collins, collana E-Lit
Parte di una serie: No
Disponibile SOLO in ebook a €3,99

TRAMA: Nella Parigi degli Anni Venti essere donna è la fortuna più grande che possa capitare!
Francia, 1920-1926.La sera in cui prende il treno, l'aria odora di mosto e di frutti troppo maturi. Ma Juliette, con le gambe tremanti e i riccioli sfacciati dei suoi diciassette anni, non sente altro che il profumo della libertà. E come spesso accade a chi ha la sfrontatezza di osare, per Juliette si spalanca un mondo dorato dove fortuna e bellezza si mescolano indissolubilmente. In poco tempo non solo la sua vita cambia ma è lei stessa a cambiare la vita del mondo che la circonda. E dall'istante in cui approda al Moulin Rouge con il suo audace tango, Parigi non è più la stessa!



Juliette, soprannominata Petite, è una ragazza di 17 anni che è insofferente nel dover vivere in un piccolo paese di provincia e che desidera ardentemente andarsene e raggiungere Parigi. L'unico legame che la trattiene è il padre che stravede per lei e che la vizia nei limiti delle sue possibilità, mentre con la madre e le due sorelle c'è una distanza emotiva notevole. Ma quando il suo genitore muore a seguito dell'epidemia della "Spagnola", nel 1920, dopo 
pochi mesi decide di coronare il suo sogno e scappa. In treno conosce un giovane uomo, Fabien, e ne diventa subito l'amante. Si sente libera, ma non del tutto, tronca la relazione e va a lavorare al Moulin Rouge e inizia una carriera come ballerina. Avrà modo di incontrare nuovi uomini tra cui Beau Lester con cui stringerà una profonda amicizia fatta di litigi e di confidenze.
Un libro particolare dove tutto è incentrato su questa giovane donna smaniosa di vivere libera e ricca e che non si fa scrupolo di essere considerata "cortigiana". Ha anche una relazione con una donna e si può immaginare come ciò può far storcere il naso... Ma Petite va avanti per la sua strada, aiutata dal suo fascino e dalla sua bellezza perfetta.
Scritto bene, fluido, l'autrice fa entrare il lettore in un ambiente particolare, in cui la protagonista, insieme a pochi altri personaggi, mostra la propria intensa capacità di prendere quello di cui ha bisogno relegando l'ipocrisia agli altri.
Lo consiglio proprio perché è un romanzo diverso dal solito.









COME INIZIA IL ROMANZO...


Prologo
Parigi, 1926 A chi le avesse chiesto quale fosse la cosa che amava di più, di certo Petite avrebbe risposto: le perle. Allungata su un divano e coperta di seta, avrebbe sospirato la risposta con voce annoiata ma occhi avidi, consapevole che la combinazione sarebbe stata fatale.
     Aveva imparato tutti i trucchi, leciti e non leciti, per indurre gli uomini a fare quello
che voleva e li usava senza pudore né rimorso. Il pensiero di vivere di quello che il senso comune definisce come peccato la aveva abbandonata, con suo gran disinteresse, già da anni. E se ogni tanto si ricordava che di certo sua madre l'avrebbe guardata con orrore e vergogna, scrollava le spalle, scuotendo la testa sorpresa non tanto della sua stessa noncuranza quanto dal fatto che ancora riusciva a ricordare quel viso severo e dolente. E il pensiero di quando, da bambina, se ne faceva quasi un cruccio, di quel viso severo, le provocava un sorriso di compassione e di lieve disprezzo per quella fanciulla che era stata.
      A quei tempi il suo nome era Julie Bonnet, e tutti la chiamavano Petite Juliette. Se questo fosse per la sua corporatura esile che la faceva sembrare sempre una bambina o per la sua inclinazione ai capricci non se l'era mai domandato. Suo padre, Pierre Bonnet, un mercante di vino del sud della Francia, aveva iniziato a chiamarla così e da allora nessuno aveva più smesso.
     Juliette era la sua ultimogenita, la più bella del paese, sosteneva con orgoglio Pierre. Juliette era cresciuta vezzeggiata, sicura della sua bellezza e certa di poterla avere sempre vinta grazie a una bocca particolarmente adorabile se atteggiata in un broncio. Mentre le sue due sorelle passavano le loro giornate prodigandosi per imparare a piacere prima di tutto alla madre e poi all'intero corpo delle zie, uniche giudici di ciò che era giusto o sbagliato, Juliette aveva imparato ben presto che gli unici esseri a cui valeva la pena di piacere erano gli uomini. E che, al contrario di ciò che viene spacciato per vero, il non prodigarsi per loro era di certo la strada giusta per ottenere un rapido risultato. Avendo così facilmente raggiunto lo scopo col padre in tenera età, non vedeva la difficoltà nel continuare a seguire una strada così piena di soddisfazioni.
     Il biasimo delle donne non la sfiorava. Bene attenta a mantenersi sempre all'interno del consentito, seppure ai suoi margini, sapeva che tutto ciò da cui doveva guardarsi erano le malelingue e le occhiatacce. Niente di cui essere spaventata dunque. Non essendo per nulla interessata alle amicizie femminili, non si faceva certo un cruccio nel ritrovarsi lasciata in disparte. Sapeva, anzi, fin troppo bene che una ragazza isolata è ben meno irraggiungibile per i giovanotti di paese, sempre troppo timorosi. Le ragazze che cercavano la protezione del gruppo prima di attirare lo sguardo di un uomo la lasciavano perplessa, come se si trovasse di fronte a un'arma che ha tutte le potenzialità per fare fuoco e centrare il bersaglio ma sceglie invece di usare cartucce a salve.
     Invece Petite Juliette sapeva bene quali mosse fare per portare un giovane fino al punto da lei desiderato. Non un passo prima di quello, non un passo oltre quello. Dotata di un'intelligenza intuitiva e veloce, comprendeva che la sua bellezza e la grazia naturale di cui era fin troppo provvista non sarebbero certo bastate, da sole, a farle avere ciò che desiderava. Ma di certo erano la chiave che apriva molte porte. Come da bambina aveva imparato che fare il broncio rendeva a suo padre impossibile negarle qualcosa, aveva da ragazza affinato l'arte, aggiungendo a quella del broncio l'arte del sorriso, delle lacrime e della collera. E, ovviamente, quella potentissima della noncuranza. A quindici anni Petite Juliette poteva condurre un uomo alla follia.   
Sua madre Marie la guardava storcendo la bocca e si convinceva che era tutta colpa della cometa del 1903, quella che era certa di avere visto la notte del parto. Ripeteva, come per scusarsi di quella figlia tanto avida di tutto, che era passata proprio fuori dalla finestra, che era una notte di luglio troppo calda e che, Dio la perdonasse, l'aveva messa al mondo stando completamente nuda. L'indecenza del momento, data di certo dal dolore e dall'afa, e la cometa che aveva illuminato la stanza erano le colpevoli. Poco importava che nessun altro avesse visto quella cometa e tanto meno la luce che inondava la stanza in piena notte.    Lungi dal mostrarsi mortificata, a Juliette importava ben poco di quali storie la madre si sentisse in dovere di inventare per giustificare la sua ultimogenita. Anzi, l'idea di essere associata a una cometa le aveva sempre dato un sottile piacere. Le comete erano, a volte, ancora viste come segno di sventura fra la gente semplice... ma quanto erano belle.
     E più la bambina cresceva, e più la madre se ne vergognava, e più suo padre se ne innamorava e più Juliette decideva che, se la sua vita doveva quindi essere associata al passaggio di una cometa, allora lei l'avrebbe fatta diventare proprio come quell'astro: splendente, veloce, affascinante. E, perché no, fatale per chi l'avesse incrociata.
     A quindici anni era stata l'unica nel paese a tagliarsi i capelli, decretando così il suo completo isolamento. Quella figurina dai capelli bruni tagliati appena sotto le orecchie, quel collo troppo bianco e troppo lungo mostrato così impudicamente, quegli occhi inquieti blu cupo la rendevano una creatura da trattare quasi con timore – come si fa con tutto ciò che è diverso – anche se non evitata del tutto, per rispetto e compassione verso Pierre e Marie.
     Juliette non se ne interessava. Sfogliava i giornali di moda, sospirando su quei nuovi vestiti con la cintura bassa da portare senza busto e cercava di escogitare il modo di andarsene. Lei voleva Parigi, le sue luci, la sua eccitazione, le sue perle. La sottile tristezza di dover lasciare il padre era l'unica cosa che scalfiva la sua determinazione. Ma se solo immaginava lo srotolarsi dei suoi anni futuri in quelle campagne si faceva prendere dal terrore e faticava a respirare. Si vedeva sposata a un giovanotto del luogo, con le mani da lavoratore sempre sporche, e immaginando il proprio corpo guastato dalle continue gravidanze rabbrividiva. In definitiva, se il problema si poneva fra la scelta della felicità del padre e la propria, Juliette non aveva dubbi: la propria.
     Era una creatura senza rimorsi e sprovvista della capacità di provare sensi di colpa, qualità che non facevano che accrescere il suo fascino. E ancora dopo molti anni, quando aveva ottenuto tutto quello che aveva sempre desiderato, Juliette – ormai solo Petite – raramente si abbandonava ai ricordi. Il periodo della sua infanzia e le persone che
l'avevano abitata erano quasi scomparsi. Non certo per una scelta consapevole o per la deliberata decisione di rinnegarli: Petite non era semplicemente interessata al passato, trovava il futuro molto più stimolante. Quando un uomo a caccia di complimenti le chiedeva con voce speranzosa quale fosse stato il suo giorno più bello lei invariabilmente rispondeva: forse domani.
     Col tempo aveva cercato di trasformare l'avidità dei suoi occhi in languore, riuscendoci solo parzialmente, e rendendo l'alternarsi inevitabile dei due un'arma che poteva mettere in ginocchio chiunque. Aveva fatto del suo corpo bianchissimo uno strumento di piacere infinito. E il fatto che, a differenza delle cortigiane comuni, in quell'epoca che ormai stava facendo loro dimenticare le arti più raffinate, Petite non si limitasse a donarlo, quel piacere, ma pretendesse di riceverlo, l'aveva fatta diventare una leggenda fra i ricchi parigini.
     Quei rampolli annoiati in cerca di qualcuno che sapesse dire loro di no, una capacità che Petite aveva sviluppato fin troppo bene; i vecchi alla disperata ricerca di un brivido che ormai credevano perduto per sempre; e poi i suoi preferiti: i signori che avrebbero potuto avere tutto per essere felici ma che, nonostante questo, non riuscivano a starle lontani.
     Sì, Petite, avvolta fra le spire delle infinite perle che aveva ricevuto in dono e col corpo languido coperto di seta, era perfettamente felice in quella primavera parigina del 1926. A soli ventitré anni, la Petite Juliette teneva fra le dita tutto quello che aveva sempre sognato.
     Mai avrebbe immaginato che, nello spazio di una notte, tutto sarebbe cambiato.
**** 
L'AUTRICE
Nata in Friuli, Anna Bonacina cresce circondata da storie e libri intuendo fin da bambina che essi sono le porte per un altro mondo. Dopo essersi laureata in Lingue e Letterature Straniere e aver conseguito un dottorato in Letterature Comparate, diventa bibliotecaria, rimanendo dunque circondata da storie e libri. Adesso vive a Udine, e al lavoro in biblioteca unisce la passione per la scrittura, la lettura, il suo gatto nero e il cioccolato.
VISTA LA SUA PAGINAFACEBOOK:


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1 commento:

  1. Interessante l'ambientazione di inizio secolo scorso, mi avete proprio messo voglia di leggerlo.

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