Christmas in Love 2016: I DONI SEGRETI DEL PASSATO di Evalith Adamas


NUOVO RACCONTO INEDITO DI CHRISTMAS IN LOVE 2016 PER CHI HA VOGLIA DI  METTERSI COMODA E FARE UN BREAK CON UNA BELLA STORIA ROMANTICA. QUELLA DI OGGI, I DONI SEGRETI DEL PASSATO, FIRMATA DA EVALITH ADAMAS, CI RICORDA CHE IL NATALE E' UNA FESTA DI AMORE E CONDIVISIONE, MA ANCHE UN'OCCASIONE PER CAMBIARE PAGINA E LASCIARSI ALLE SPALLE TUTTA LA ZAVORRA NEGATIVA CHE APPESANTISCE LE NOSTRE VITE...BUONA LETTURA!


Lasciò il piccolo scatolone a terra, ai piedi dell’albero che anche quell’anno sarebbe rimasto spoglio. Andare in soffitta e tirare fuori tutti gli addobbi era l’unica concessione di Lilian al Natale e alla follia che lo accompagnava, non aveva intenzione di cedere al lato oscuro e trasformarsi in una sosia di sua sorella Margaret, la sola ad avere ereditato la passione della loro madre per le festività.
Avrebbe potuto ignorare del tutto le tradizioni e risparmiarsi la fatica di trascinare albero e scatoloni per due piani di scale solo per tenere tutto lì, in un angolo del salotto, senza il minimo desiderio di sistemare le luci colorate, le palline rosse decorate con rilievi di angeli dorati e le statuine di legno dipinte a mano da Margaret, la responsabile di quei regali indesiderati. Lilian adorava sua sorella, ma mal sopportava quando iniziava a comportarsi come se fosse posseduta da uno spirito demoniaco che la obbligava a distribuire ovunque andasse consigli su come addobbare case e giardini e sui regali più adatti per parenti e amici. Per non parlare di quando se ne stava lì, anno dopo anno, seduta sul divano di Lilian a ricordare ogni Natale vissuto nella casa dei genitori, fino all’ultimo, quando la loro madre decise di averne avuto abbastanza delle figlie e del marito e scomparve nel nulla proprio la mattina della vigilia.
Margaret aveva reagito cercando di colmare quel vuoto, mantenendo in vita ogni usanza e le piccole e grandi abitudini che erano entrate a far parte delle tradizioni familiari nel corso degli anni, conservando il vecchio ricettario della madre alla stregua di un testo sacro nel quale trovare la risposta a qualsiasi problema. Lilian, al contrario, aveva tentato di relegare ognuno di quei ricordi in un angolo della propria mente. Non avrebbe mai potuto dimenticare la donna che la aveva messa al mondo, ma non le avrebbe permesso di condizionare il resto della sua vita.
Un sospiro sconfortato accolse la solita voce nella sua mente che arrivava puntuale a farle notare che, in realtà, era proprio ciò che stava facendo. Quell’albero spoglio nell’angolo più buio del salotto era il testimone silenzioso della sua incapacità di perdonare sua madre.
Indossò il cappotto, si calcò il cappello di lana nero sui capelli castani che le arrivavano fino a metà schiena, e si avvolse la sciarpa rossa intorno al collo, unica nota di colore nell’abbigliamento nero; anche quella mattina avrebbe dovuto accontentarsi di un caffè e un muffin ai mirtilli comprato nello Starbucks vicino alla libreria nella quale lavorava come commessa da sei anni.
Superò la stazione della metropolitana di West Brompton e l’entrata del Brompton Cemetery, costringendosi a mantenere un passo sostenuto per combattere il freddo che avvolgeva Londra. Quando entrò da Starbucks, vide Emily farle un cenno di saluto con il capo da dietro il bancone mentre porgeva il resto a una ragazza con un caschetto di capelli rossi.
«Il solito?» le chiese, con il sorriso affabile che le riservava ogni mattina.
«Il solito» assentì Lilian, estraendo il portafogli dalla borsa per porgerle il denaro.
Congiunse le mani dinanzi alla bocca e soffiò piano su di esse nel tentativo di scaldarle, ma il soffio delicato si trasformò in uno sbuffo quando la pubblicità alla radio fu seguita dalle note di Winter Wonderland cantata da Michael Bublé.
«Questo periodo non passerà mai troppo in fretta» borbottò, mentre la collega di Emily le porgeva il caffè e la bustina con il suo muffin.
Salutò entrambe con un sorriso e un lieve cenno del capo e tornò a immergersi nell’inverno londinese, anche se solo per i pochi metri che la condussero all’entrata della piccola libreria gestita da una coppia di anziani sposati da oltre quarant’anni. Il signor Gunter era concentrato su una piccola matassa di lucine che avrebbe dovuto districare prima di poterle sistemare in vetrina e le rivolse un rapido saluto, chiedendole poi di aiutare sua moglie a esporre i nuovi arrivi sugli scaffali.
Lilian andò nel piccolo ufficio sul retro, lasciò il cappotto, la sciarpa e il cappello sull’appendiabiti e appese anche la borsa, dopo aver tirato fuori il cellulare. Si avvicinò al lato della scrivania di metallo cromato dove era posizionato il telefono e controllò la segreteria, sapendo che nessuno dei coniugi Gunter si sarebbe ricordato di farlo. Anche quello, col tempo, era diventato uno dei suoi compiti.
Riordinò i fogli in un angolo della scrivania e chiuse il registro dove la signora Gunter aveva segnato alcuni ordini in vista dell’avvicinarsi del periodo in cui le librerie venivano prese d’assalto, con il Natale ormai alle porte.
Sbocconcellò il muffin ai mirtilli e aveva quasi finito il caffè quando Edith Gunter la raggiunse, con una pila di libri tra le braccia. Lilian lasciò la sua colazione sulla scrivania e si avvicinò alla donna per aiutarla, posando i volumi sul divanetto a due posti di velluto verde posizionato accanto alla porta.
«Questi non vanno sistemati tra i nuovi arrivi?» chiese Lilian, con la fronte corrugata mentre osservava la copertina di uno dei romanzi. Era certa di averlo visto tra le nuove uscite della settimana in uno dei tanti blog che seguiva.
«Non ho intenzione di mettere quei libri accanto a quelli per i ragazzini» replicò l’anziana, rinforcando gli occhiali dopo averli puliti con il fazzoletto che infilò di nuovo nella manica del maglione rosso che indossava.
«Comprensibile, ma sa bene che negli ultimi tempi sono quelli che vendono di più. Non possiamo permetterci di non esporli, signora Gunter» cercò di farla ragionare. L’idea di sistemare dei libri erotici nello scaffale accanto ai classici per bambini e ragazzi non entusiasmava neanche Lilian, ma bisognava adeguarsi alla moda del momento o prepararsi a fronteggiare l’eventualità di un fallimento. «Posso pensarci io, se preferisce.»
«Hai ragione» farfugliò, distogliendo i suoi occhi azzurri da Lilian e rivolgendoli alla pila di libri sul divano. «Ma sono ancora dell’idea di non metterli su quello scaffale» aggiunse, decisa.
«Me ne occupo io, mi dia solo l’autorizzazione a cambiare la disposizione di alcuni reparti e le assicuro che non dovrà preoccuparsi di vederli gli uni accanto agli altri.»
«Benissimo, allora, procedi pure. Non so proprio come faremmo senza di te, Lilian» sospirò, lasciando una carezza sul braccio della giovane.
Trascorse il resto della giornata a svuotare scaffali e impilare volumi a terra, per poi risistemarli in modo da tenere ben distanti i reparti di fantasy e di libri per bambini da quello riservato alla letteratura erotica. Propose anche la creazione di un angolo con piccole sedie colorate e tavolinetti dove poter intrattenere i piccoli clienti con letture e giornate a tema. Era un’idea che aveva in mente da un po’, ma non si era mai decisa a parlarne con i signori Gunter, da sempre poco inclini ad accogliere cambiamenti e novità. Edith si mostrò più disponibile a valutare l’idea, mentre il marito continuava a tirare fuori ogni scusa gli venisse in mente pur di non ammettere che il suo rifiuto era legato soprattutto alla possibilità di ritrovarsi circondato da bambini urlanti incapaci di starsene seduti ad ascoltare una storia.
«Con la vecchiaia è diventato insofferente. E odia la confusione più di ogni altra cosa» borbottò la signora Gunter, scuotendo la testa mentre indossava il giubbino. «Ma a me l’idea di quell’angolo per i bambini piace, quindi dico di procedere.»
«È sicura che a suo marito non dispiacerà?» chiese Lilian, sistemandosi la sciarpa intorno al collo.
«Se ne farà una ragione. Se fosse stato per lui non avremmo mai aperto questa libreria, ma come vedi è ancora qui e adora questo posto quanto me. A volte bisogna forzare un po’ la mano alle persone che amiamo, quando ci rendiamo conto che la paura di cambiare qualcosa impedisce loro di ottenere ciò che desiderano.»
Uscirono dal piccolo ufficio sul retro e raggiunsero il signor Gunter, impegnato a sistemare accanto alla cassa i segnalibri con il logo della libreria con in quali omaggiava i clienti.
«Hanno lasciato questo per te» disse a Lilian, porgendole un pacchetto rosso con un fiocco dorato.
«Chi?»
«Un corriere. È appena andato via.»
Lilian si rigirò il regalo tra le mani, alla ricerca di qualsiasi cosa potesse aiutarla a capire chi fosse il mittente. «Non c’era un biglietto?»
«No» rispose in un borbottio il signor Gunter, mentre apriva la porta e invitava le donne a uscire.
«A domani, cara» la salutò Edith, quando il marito aveva ormai chiuso a chiave e si apprestava ad attraversare la strada. Abitavano in un appartamento nel palazzo dirimpetto alla libreria, per la tranquillità del signor Gunter che poteva tenere d’occhio l’attività semplicemente affacciandosi alla finestra.
Infilò il pacchetto nella borsa e, con le mani nelle tasche del cappotto, si incamminò lungo la Old Brompton Road, superò l’incrocio sulla destra che la avrebbe ricondotta a casa e, dieci minuti dopo, si ritrovò nel piccolo ristorante italiano che suo padre gestiva insieme alla donna che aveva conosciuto tre anni dopo la separazione da sua moglie e con la quale stava ormai da venti anni. Laura era una donna affascinante, con i lunghi capelli castani raccolti in una coda e le rughe a impreziosire un volto che non perdeva mai l’espressione affabile che le rivolgeva anche adesso, mentre attraversava la sala vuota del ristorante e la stringeva in un abbraccio.

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