Summer Loving: CHICAGO SUMMER di Sarah Berardinello


PER IL WEEKEND CLOU DELL'ESTATE ARRIVA UN NUOVO RACCONTO DI SUMMER LOVING  .

Quella di oggi è una storia che vi terrà con il fiato sospeso. CHICAGO SUMMER di SARAH BERNARDINELLO è un lungo racconto M/M con sfumature paranormal, ambientato nelle calde notti di Chicago. Seguirete il private eye Angel Mallory in un'indagine che lo porterà ad incontri fuori dalla norma, uno dei quali lo colpirà diritto al cuore... Buona lettura!

*Attenzione!* Per gli argomenti trattati, questo racconto è riservato ad un pubblico adulto.

Angel riceve una visita
Si soffocava. Stravaccato sulla sedia, i piedi posati sulla scrivania, Angel cercava di trovare ristoro da una bottiglia di birra ghiacciata scovata nel frigo.
Nonostante le finestre aperte, non entrava un filo d'aria e la temperatura si era fatta rovente. L'estate si faceva sentire alla grande.
Sospirò e ingollò un sorso di birra.
Il condizionatore era deceduto il giorno prima, giusto in tempo per la settimana più calda del secolo. E lui non aveva un centesimo. Anche quello giustissimo.
Di casi interessanti e fonte di guadagno non se ne vedevano da settimane.
L'ultimo era già datato. Era un bel casino, niente da dire.
Se solo qualcuno avesse bussato alla porta, gli avesse offerto un incarico interessante e lo avesse pagato profumatamente... Se. Solo.
Si raddrizzò, controllò il cellulare e sbuffò.
«Al diavolo!» sbottò, rivolto alle quattro mura dell'ufficio. Se lo sarebbe andato a cercare, il lavoro.
Si alzò in piedi, e in quel momento qualcuno bussò.
Angel sorrise. Quando si dice tempestività.
Si avvicinò alla porta e aprì, trovandosi davanti uno dei più begli uomini che avesse mai visto. Il respiro si bloccò, la bocca divenne arida. Restò fermo a guardare quell'Adone in completo Armani scuro con gli occhi sbarrati.
Il tizio tossicchiò e lo riportò al presente. «Si sente bene?»
Angel si riscosse, conscio di aver fatto la figura del cretino. «Benissimo». Guardò quegli strani occhi colore dell'ambra e si impose di non lasciarsi andare a pensieri sconci. «Desidera?»
Il visitatore fece un passo e lui si spostò per farlo entrare nell'ufficio. Si accorse con disappunto che l'altro si guardava attorno, ma il volto impassibile non lasciava capire se l'ambiente lo disgustasse o meno. Si sentì in dovere di giustificarsi per il caldo torrido che gli aveva incollato la maglietta alla schiena.
«Il condizionatore non funziona, mi spiace per...»
Il nuovo arrivato lo interruppe e si girò a guardarlo. «Domani chiamerà qualcuno per aggiustarlo.» Si avvicinò a una sedia e si sedette, sollevando appena i pantaloni. Accavallò le lunghe gambe e mise in mostra un paio di mocassini Gucci che doveva costare quanto un anno di stipendio. Sempre se avesse trovato abbastanza clienti.
«Chi diavolo è lei?» gli chiese Angel, infastidito. Fece il giro della scrivania e si sedette rigido. «Se ha a che fare con la mafia, può anche andarsene.»
Lo sconosciuto lo sorprese scoppiando in una breve risata, che gli fece scorrere deliziosi brividi lungo la schiena. Mafia o no, quell'uomo era un vero attentato ai suoi sensi. Si immaginò passare le mani in quei lunghi capelli lisci, o sbottonare la camicia candida e accarezzare quella pelle dorata. Il suo corpo aveva già cominciato a reagire.
Basta! Aveva altro a cui pensare, altri problemi. Doveva sentire cosa voleva questo tizio e poi mandarlo via.
Si accorse che lo stava guardando con un lieve sorriso. Il pensiero che gli potesse leggere in faccia cosa stava provando lo agghiacciò. E lo eccitò. No, lo spaventò.
«Mi dica cosa vuole, signor...»
«Adonais Malthus.»
Angel aprì la bocca e la richiuse. «Malthus. Quel Malthus?»
«Se intende le industrie, la Borsa, i dollari, sì.»
E un uomo del genere, grondante denaro, aveva bussato alla sua porta? Doveva esserci un errore. Un grosso, madornale errore.
«Credo proprio abbia sbagliato porta e palazzo. E zona, signor Malthus.» Si alzò in piedi, fissandolo. «Noi due non abbiamo granché in comune.»
«Se mi fa il favore di sedersi, le spiegherò perché sta sbagliando, Angel. Lei è proprio l'uomo che cercavo.»
Angel si sedette, continuando a fissarlo. Malthus cercava lui? Valeva davvero la pena di sentire il perché.

L'incarico
«È stato Wulf Saroyan a parlarmi di lei.»

Saroyan. Era stato il suo ultimo incarico in ordine di tempo. Una figlia rapita, una questione di eredità, un'imboscata nei bassifondi. Ricordava ancora il sangue. Saroyan si era vendicato dell'affronto in modo
alquanto truculento. La polizia non era stata nemmeno interpellata. Angel aveva scoperto dove si trovasse la ragazza, e il padre aveva fatto il resto. Lui aveva visto il risultato, e gli era bastato.
Aveva etichettato tutta quella faccenda come una resa dei conti mafiosa, e si era ripromesso di non voler avere più niente a che fare con la malavita.
Quel lavoro gli aveva  fruttato una corposa parcella, ma nel giro di poco aveva speso tutto per pagare i debiti. E si era trovato da capo. Fino a ora.
Al suo commento su una qualche appartenenza mafiosa, Malthus aveva riso. Questo lo faceva ben sperare.
«Ebbene?» Angel appoggiò i gomiti sulla scrivania. Lo incuriosiva comunque che avessero fatto il suo nome. Saroyan era ricco, ma non era neanche paragonabile all'uomo che gli si trovava di fronte. C'era qualcosa sotto, e non aveva alcuna voglia di trovarsi invischiato in qualche losca faccenda.

Adonais guardava l'uomo seduto alla scrivania con un misto di curiosità e desiderio. Quando Wulf gli aveva fatto il suo nome, aveva preso qualche informazione su quell'investigatore privato. Aveva seguito le orme del padre, poliziotto in pensione che aveva aperto un'agenzia investigativa. Mallory senior aveva fama di essere incorruttibile, zelante e ligio al dovere, e il figlio non era da meno.
Oltre a essere un affascinate miscuglio ispano-irlandese. Quegli occhi verdi non lo avevano abbandonato un attimo, e splendevano nel volto abbronzato. Se Angel avesse saputo che gli aveva letto nella mente ciò che pensava di lui... Sorrise tra sé. Forse, quando tutto fosse finito, avrebbero potuto stringere qualcosa di più di un'amicizia. Chissà.
Ma ora doveva risolvere quel problema. Quell'enorme problema. E Angel Mallory sembrava il tipo adatto.
Si appoggiò allo schienale, rilassato solo in apparenza, e sollevò le mani, congiungendo le dita e picchiettandosi le labbra. Il tutto senza smettere di guardare l'investigatore.
«Qualcuno ha rubato una cosa molto preziosa dalla sede di Chicago,» esordì. «Preziosa e importante. Oserei dire che il suo ritrovamento è vitale, e non solo per me e la mia azienda, ma anche per parecchie altre persone.»
Angel lo fissava. Aveva aggrottato la fronte, sembrava molto interessato. Sentì i suoi pensieri, le domande che si accumulavano. La prima e più ovvia era già arrivata alla superficie, ma non venne espressa. Fece quella che Adonais si aspettava da una persona intelligente.
«E lei sa chi è il ladro.»
Annuì. Non gli aveva chiesto cosa fosse stato rubato. Molto bene.
«Una persona che ritenevo fidata, ma che si è rivelata senza scrupoli e mi ha tradito. Quello che vorrei sapere è se ha ancora quello che ha rubato, o se l'ha già consegnato a chi ha commissionato il furto. Se fosse così, diventerebbe tutto più complicato.»
«E io cosa dovrei fare, esattamente?» chiese Angel Mallory.
Malthus sorrise.«Trovare il ladro e il maltolto e consegnarmeli.»
«Scommetto che lei ha già qualche idea su dove si potrebbe nascondere.»
Annuì di nuovo. Scoprirlo non era stato un problema. Il problema era scovare il responsabile di quella che avrebbe potuto diventare una catastrofe di dimensioni globali.
«Ammesso e non concesso che riesca a trovare il giuda e glielo consegni, chi mi garantisce che non finirà come il caso Saroyan?»
Capì cosa intendeva, non aveva bisogno di leggergli nella mente. Sapeva bene com'era finita. Wulf era famoso per il suo carattere sanguinario, soprattutto se aveva subito un torto. Tuttavia quell'umano, per quanto desiderabile fosse, non aveva alcuna voce in capitolo su come avrebbe gestito poi la faccenda, una
volta avuto tra le mani il traditore. Era una sua prerogativa, e ne avrebbe fatto buon uso.
«Signor Mallory, lei mi garantisca la riuscita dell'incarico, e io le farò avere un assegno a sei zeri. Per quanto riguarda il dopo, quello sarà solo affare mio.»
«Non voglio avere niente a che fare con spargimenti di sangue,» ribatté Angel. Si era irrigidito alle sue parole. Ma quello che doveva ritrovare era troppo importante, e l'affronto troppo grande perché potesse finire bene.
«E non ci avrà a che fare, stia tranquillo. Mi basta che recuperi quello che è mio.» E mi consegni il traditore, terminò fra sé.
Si alzò in piedi ed estrasse un blocchetto dalla tasca interna. Era già compilato, e gli bastò strappare il foglio, appoggiandolo sulla scrivania davanti all'investigatore.
«Questo è un anticipo. Per il condizionatore e altre cose di cui sentirà il bisogno. Il resto a lavoro finito. Domani le farò avere tutte le informazioni che le serviranno. Per ora la saluto.»
L'altro si alzò. «Non ho ancora...»
«Sono certo che sarà una collaborazione proficua,» lo interruppe Adonais senza tanti preamboli. Si diresse alla porta e uscì sul pianerottolo male illuminato. L'ultima cosa che vide prima di chiudersi la porta alle spalle fu Angel raccogliere l'assegno e guardarlo. L'esclamazione sbalordita lo fece sorridere, mentre lasciava quel palazzo fatiscente. ...



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3 commenti:

  1. Wow !!! Non amo particolarmente la letteratura MM ma avrei letto un libro di 300 pagine con questi personaggi senza fermarmi un attimo pur di arrivare al finale :-)

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  2. Bellissimo. Peccato fosse solo un racconto.

    RispondiElimina

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