Il Racconto di San Valentino: AD ALTO RISCHIO di Laura Gay

CONTINUIAMO A FESTEGGIARE INSIEME LA FESTA PIU' DOLCE DELL'ANNO E IL NOSTRO COMPLEANNO CON UN RACCONTO DI LAURA GAY INTITOLATO AD ALTO RISCHIO CON UN' INCONSUETA AMBIENTAZIONE STORICA: LA GERMANIA DEL 1943.
IN PIENA SECONDA GUERRA MONDIALE. UN UOMO, UNA DONNA...UN INCONTRO FORTUITO E UNA PASSIONE EROTICA PRONTA A DIVAMPARE E A FAR DIMENTICARE PER POCO I VENTI DI GUERRA E LO STRAZIO INTORNO A LORO...PUO' UN AMORE NATO TRA LE MACERIE SPERARE IN UN DOMANI MIGLIORE? BUONA LETTURA E AUGURI A TUTTE LE ROMANTICHE!

Berlino, febbraio 1943

Kristen Böhm si avviò verso la scala mobile della U-Bahn, accelerando il passo. Era in ritardo. Dopo il lavoro aveva perso tempo a parlare con quella petulante della sua principale e ora avrebbe dovuto affrontarne le conseguenze: Anja non sarebbe stata affatto contenta.
     Anja era sua cognata. Kristen viveva da lei, da quando era rimasta vedova. Purtroppo non si sopportavano. Avrebbe voluto trovare un altro posto dove stare, ma gli affitti erano troppo alti e non poteva permetterselo.
     Frugò nella borsa alla ricerca del biglietto e qualcuno la spinse. A quell’ora della sera la metropolitana era sempre affollata. I berlinesi facevano ritorno a casa, dopo la consueta giornata di lavoro; i visi pallidi e stanchi di chi non vede l’ora di rinchiudersi fra le mura domestiche, per consumare un pasto caldo e fingere che la guerra non esista.
     – Chiedo scusa – disse una voce a lei sconosciuta. Era dell’uomo che l’aveva spinta. Si voltò con aria distratta per ritrovarsi a fissare un paio di occhi scuri, incredibilmente penetranti.
     Stava per replicare, quando lui si fece più vicino per accostare le labbra al suo orecchio. – La prego, faccia finta di essere una mia amica. La sto accompagnando a casa.
     Kristen rabbrividì, ma non per il freddo di quella giornata d’inverno. Poteva sentire il fiato dello sconosciuto sfiorarle la guancia. Sapeva di tabacco e menta, un aroma che a lei parve delizioso.    
     – Lei è pazzo. Nemmeno conosco il suo nome…
     – Se glielo chiedono, dica che mi chiamo Mark Hoffmann.
     Il respiro le si fermò in gola. – È un nome falso?
     In quei tempi bisognava fare molta attenzione a chi si concedeva la propria amicizia. Dichiarare il falso era pericoloso. Estremamente pericoloso. Lo sconosciuto la afferrò per il gomito, sospingendola verso il binario dove si era appena fermata la metropolitana. Le porte si aprirono.
     – La prego… - tentò di protestare Kristen, ma si ritrovò schiacciata all’interno del vagone. La stretta dell’uomo era salda contro il suo braccio, come se avesse avuto dita d’acciaio.
     – Shh… non dica una parola – sussurrò lui contro il suo orecchio. – È questione di vita o di morte.
     Kristen deglutì. Il cuore le batteva in petto come un tamburo, lo avvertiva in gola e persino nelle orecchie. Tentò di calmarsi e riacquistare la propria lucidità, ma proprio quando fece per aprire bocca lo sconosciuto l’attirò a sé e coprì le sue labbra con le proprie. Fu come un elettroshock. Le prese il labbro inferiore fra i denti, accarezzandolo con la punta della lingua. Da quanto tempo qualcuno non la baciava più in quel modo? Kristen si sentì le ginocchia molli, mentre la temperatura si alzava considerevolmente. Aprì la bocca in un muto invito e lui la invase con la sua lingua, calda e sensuale. Un brivido di piacere le percorse tutto il corpo. Si aggrappò al suo collo, stringendosi a lui come per appagare un bisogno primordiale, il sangue che le scorreva più veloce nelle vene.
     Infine lui si staccò. Ebbe la sensazione di essere privata di qualcosa di prezioso, irrinunciabile, e si ritrovò a protestare con un mugolio. Lui le lanciò un’occhiata intensa. Aveva intuito quello che le passava per la testa?
     Dio mio, che vergogna!
     Si era comportata come una cagna in calore. Cosa le era preso?
     – Io… – esclamò con un filo di voce, ma lo sconosciuto si era già allontanato. La metropolitana si fermò alla Anhalter Bahnhof e lui scese, senza voltarsi a guardarla neppure un istante. In un attimo scomparve alla sua vista, quasi fosse stato un sogno. Un incredibile ed eccitante sogno.

* * * * * * * * * *

Jacob fissò il convoglio che si allontanava con un rumore assordante. Doveva essere impazzito. Era pervaso da una smania febbrile che non aveva mai provato in vita sua. La donna della metropolitana era bellissima. Fresca e succosa come un frutto maturo, tutto da mordere. Appena aveva posato le labbra sulle sue lo aveva eccitato all’istante. Erano secoli che non si sentiva così attratto da una donna. E pensare che non l’aveva neppure vista nuda! Al contrario, era vestita di tutto punto, con una gonna al ginocchio, una camicetta accollata e una giacca pesante di lana. I capelli biondi erano stati raccolti sulla sommità del capo, ma qualche ricciolo le era sfuggito alla pettinatura, ricadendole lungo il collo.
     Sospirò. Invece di concentrarsi sulla sua missione e sforzarsi di mantenersi lucido e vigile, si stava abbandonando a un’irrealizzabile fantasia erotica, in cui quella donna terribilmente sensuale si sbottonava la camicia, mettendo a nudo la sua pelle serica e invitante.
     Scrollò il capo, nel tentativo di schiarirsi le idee. Se voleva restare vivo doveva ritrovare il proprio autocontrollo. Subito. Per fortuna era riuscito a nascondere ciò di cui gli premeva liberarsi. Se ne sarebbe riappropriato in un secondo momento.
     Uscendo dai sotterranei della U-Bahn, attraversò la strada per intrufolarsi in un locale. L’interno odorava di caffè e fumo di pipa. Era piccolo e con le finestre piombate, dalle quali si sentiva lo sferragliare incessante dei treni della metropolitana.
     Si sedette a un tavolo e ordinò una cioccolata calda, lo sguardo sempre attento, rivolto all’entrata. Sperò che la persona con cui aveva appuntamento si facesse viva al più presto. Ogni minuto che trascorreva in quell’orribile città, per le strade polverose e percorse quasi esclusivamente da donne, per lui il pericolo aumentava. Considerevolemente.
     La porta si aprì e una raffica di vento lo investì, improvvisa. Alzò lo sguardo sull’uomo avvolto in un cappotto grigio e la sigaretta in bocca, che era entrato in quell’istante.
     – Mi scusi, ha da accendere? – chiese il nuovo arrivato, avvicinatosi al suo tavolo.
     Jacob infilò la mano nella tasca della giacca. Tirò fuori un accendino e glielo porse, senza staccare gli occhi dai suoi. L’uomo si accese la sigaretta con una lentezza esasperante e finalmente ricambiò lo sguardo. – Posso farle compagnia?
     Annuì, ficcandosi nuovamente l’accendino in tasca e indicandogli la sedia vuota, accanto alla propria. Lo osservò prendere posto accanto a lui e aspirare una boccata di fumo.
     – Ho trovato quello che mi ha chiesto – disse il suo contatto, le labbra tese in una linea dura.
     Gli occhi di Jacob si fecero più attenti. – Quando potrò averlo?
     – Ha con sé i soldi?
     – Certamente. Lei mi dica l’ora e il luogo dello scambio.
     L’uomo lo studiò per un istante. – Fra tre giorni, al caffé di Savignyplatz, a mezzogiorno. Sia puntuale.
     Jacob si rese conto di sudare freddo. – Ci sarò.
     Avrebbe dovuto recuperare i diamanti che aveva infilato nella tasca della donna, mentre la baciava. Ma quello era il problema minore. ...

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1 commento:

  1. Bella l'atmosfera fine anni '40! Inusuale in un romance e intrigante il racconto proprio per quel senso del pericolo che i protagonisti percepiscono in ogni passo in strada e che rende un amore così improvviso più vero.

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