LA MIA BIBLIOTECA ROMANTICA
AUGURA
BUONE FESTE A TUTTE LE SUE LETTRICI
QUESTO RACCONTO INEDITO
DI GIUSY BERNI
E' IL NOSTRO REGALO PER VOI!
AUGURI !!!
Natale era alle porte.
Le strade del centro sembravano immerse in una luce incantata.
Le luminarie irradiavano un incantesimo che avvolgeva la città in un
manto misterioso e denso di sortilegi.
Durante il giorno molta
di quella magia scemava, anche se nell'aria aleggiava quel clima festoso
che preannuncia le Feste, le vacanze, i regali.
Pamela era tornata a casa ormai da una settimana, per festeggiare
con la sua famiglia.
Quasi un anno era trascorso
da quando era fuggita eppure quel vuoto dentro non era scomparso con
il passare del tempo. Quei sentimenti erano ancora lì, aggrappati al
cuore, senza alcuna intenzione di arrendersi.
Non aveva alcuna speranza
di poter riuscire un giorno a innamorarsi di un altro?
Impossibile. Nessuno
poteva reggere il confronto con l’uomo dei suoi sogni. Una chimera
irrealizzabile, che l’aveva portata a fuggire dagli Stati Uniti con
la scusa di un tour europeo promozionale dei suoi romanzi.
Ora era tornata.
E tutte le emozioni
erano ancora lì, forti, indistruttibili come il primo giorno in cui
i loro sguardi si erano incrociati.
Pamela non avrebbe
mai dimenticato quegli attimi drammatici. Assistere a un delitto non
era come scriverne o guardarli in televisione.
La violenza, la paura,
l’orrore, il sangue.
Erano reali, senza
effetti speciali a filtrare l’efferatezza di quell’atto privo di
umanità.
Si era ritrovata all’improvviso
in un incubo. Braccata da un assassino freddo, spietato, dalle risorse
illimitate e con nulla da perdere.
I suoi genitori avevano
cercato d'impedirle di testimoniare ma come poteva voltare le spalle
a quella povera donna? Il cui unico peccato era stato volersi liberare
di un uomo troppo asfissiante.
Quel folle l'aveva
stuprata e massacrata in un vicolo dietro alla libreria dove era andata
a firmare gli autografi del suo ultimo romanzo. Era uscita un attimo
per telefonare e mentre chiacchierava con la sua amica Maddie si era
ritrovata di fronte a quella scena agghiacciante.
Quegli occhi neri come
l'inferno la facevano ancora svegliare gridando nel cuore della notte.
L'odio e la ferocia
con cui l'aveva perseguitata, e aveva cercato in ogni modo di ucciderla,
erano stati sfiancanti.
Sempre in fuga, protetta
da agenti di Polizia, mentre le indagini continuavano. Le prove si accumulavano
contro l'assassino, anche se grazie ai soldi e alle amicizie riusciva
a restare libero, a braccarla senza tregua.
In una notte senza
luna, il giorno prima della testimonianza che lo avrebbe finalmente
fatto finire per sempre dietro le sbarre, era riuscito a scovarla nel
rifugio sicuro, dove i Marshall l’avevano nascosta. Si era nascosta
nell’armadio mentre i colpi di pistola esplodevano intorno a lei,
le grida di dolore dei feriti le rimbombavano nella testa. Il terrore
di non riuscire a vedere un'altra alba. Si era tappata le orecchie con
le mani, respirava a fatica, il desiderio di urlare era stato così
forte che si era morsa le labbra per impedirsi di farlo. Per non far
comprendere al suo implacabile nemico dove fosse nascosta.
Poi. Il silenzio.
La porta del guardaroba si spalancò con violenza. L’urlo di terrore
le si congelò in gola, mentre cercava con disperazione di nascondersi
tra gli indumenti appesi.
«Miss Burton. Sono il Detective Donovan Ramsey della Omicidi di Los
Angeles. Può uscire dall’armadio. E' tutto finito». Una voce grave,
profonda, riuscì ad attraversare gli strati di paura che si erano cristallizzati
dentro di lei. In qualche modo trovò il coraggio di alzare gli occhi
per guardare l’uomo che torreggiava sull'uscio.
Pamela rimase senza parole.
Quello era l’uomo dei suoi sogni. Colui di cui scriveva in ogni
romanzo. Alto, muscoloso ma atletico, capelli come l’inchiostro che
gli ricadevano ribelli sulle spalle. Gli occhi erano di un intenso verde
foresta, freddi, implacabili. La fissavano con durezza, troppo impaziente
per gestire un cucciolo spaventato. Indossava jeans neri consumati e
un maglione scuro. In mano la pistola, vigile anche in quel momento
di calma.
«Si sente bene? Riesce a parlare?». Il tono stizzito le fece capire
che non era un tipo accomodante. Stava per rispondere, ma l’arrivo
dei paramedici le impedì di farlo. Poi fu un susseguirsi d’interrogatori,
verbali, visite mediche.
Alla fine riuscì a riabbracciare i genitori.
Pamela si rendeva conto
di essere stata fortunata, se Donovan non fosse stato l’incaricato
del caso, se non fosse stato il mastino che era, se non avesse seguito
il sospettato.
Grazie a tutti quei se, lei era
sopravvissuta.
Poi avvenne quanto
di più bizzarro potesse accadere. La signora Ramsey, madre di
Donovan, era una sua fan, pertanto pretese dal figlio che le chiedesse
di autografarle i romanzi in suo possesso.
Pamela ancora non riusciva
a credere a quel bizzarro evento che lo riportò di nuovo nella sua
vita. Fu un periodo penoso e meraviglioso.
All'improvviso si ritrovò
catapultata in una dimensione irreale, in cui tutto ruotava intorno
a quell'uomo troppo attraente per essere vero. Dalla virilità eccessiva
che minava la sua pace mentale sin nelle fondamenta.
Per una donna goffa
e in carne trovarsi a contatto con Donovan Ramsey era una tortura per
i sensi. Bastava che la sfiorasse per puro caso e il sangue bolliva,
i capezzoli diventavano dritti e doloranti, anelanti di essere toccati
da quelle mani grandi.
Essere vergine a venticinque
anni era imbarazzante ma ancor di più essere continuamente eccitata.
Si ritrovò a uscire
con lui, senza comprenderne il motivo. Era una ragazza banale, con capelli
castani e occhi nocciola. Sovrappeso di almeno una decina di chili,
bassa al punto di sembrare un pesce palla.
Per la prima volta
andava al cinema con un uomo, e non uno qualunque, ma tanto attraente
che le altre donne lo seguivano con gli occhi. Immaginava che dentro
di loro si domandassero cosa ci trovasse in una triste creature come
lei. La portava con sé anche alle serate ufficiali della Polizia, la
presentava agli amici, e si era imposto persino in casa sua. I genitori
lo adoravano. Dopo tutto le aveva salvato la vita.
Ma erano le serate
passate a guardare la televisione che trovava meravigliose. Seduti sul
divano, mangiando popcorn, commentando ad alta voce le scene più ridicole
dei film action che entrambi amavano.
Donovan prese possesso
della sua vita, dei suoi orari, e persino dei suoi interessi. Le impose
di andare in palestra, di mangiare con regolarità. Non per diventare
bella, ma per essere in salute.
Se ti fossi ritrovata a dover fuggire quella notte. Con quell’assassino
che t’inseguiva, saresti riuscita a scappare? Oppure dopo qualche
metro il fiatone, il dolore al fianco, il bruciore dei muscoli e dei
polmoni, ti avrebbe lasciato in sua balìa?
Quella frase le ritornava
in mente di continuo. Aveva ragione ma Pamela odiava fare attività
sportiva. Detestava doversi confrontare con tutte quelle ragazze snelle
e atletiche, che non facevano che mettersi in mostra dinanzi a lui.
Era peggio quando doveva
farle vedere un esercizio e pertanto la toccava, in quei momenti avrebbe
voluto sprofondare, nascondere quell'imbarazzante calore che la avvolgeva.
Il disagio che avvertiva tra le gambe, le mutandine umide di eccitazione.
Arrossiva ogni volta sperando che lui non si accorgesse di nulla.
Donovan sbuffava spazientito
ogni volta che lei si scansava al suo tocco.
«Merda Pam! Non ti allontanare ogni volta. Cosa temi che ti violenti
davanti a tutta questa gente?». Le parole crude di Donovan rimbombarono
nella sala pesi, le risatine la misero in imbarazzo e il viso divenne
in un attimo rosso.
«Potresti evitare di gridare certe sconcezze». Sibilò irritata
con quell'uomo esasperante che invece di scusarsi scoppiò a ridere
di gusto. Dopo di che la afferrò per la vita e la costrinse a sedersi
a terra, dove senza troppi complimenti la obbligò a mettersi prona,
per farle fare le flessioni.
«Forza lavativa. Tieni il tronco rigido, devi fare leva con le sole
braccia». Alle parole seguì una pacca sul sedere e poi quelle mani
insolenti finirono per toccarla con un'intimità che la lasciò senza
fiato. Per tenerle il busto fermo, i palmi vennero posizionati sul ventre
e la schiena. Un calore la avvolse dalla testa ai piedi. Sentì quell'umidore
traditore tra le gambe, che involontariamente strinse.
«Non ci riesco». Il tono della voce affannoso era dovuto alla sua
vicinanza che la lasciava senza fiato.
Una pacca le arrivò sul posteriore a quelle parole. Pamela emise
un grido e onde evitare ulteriori imbarazzi cercò di compiere quell'allenamento
da inquisizione spagnola.
«Concentrati. Devi controllare il tuo corpo. Inspira ed espira».
Quel tono rauco rimbombava sui nervi surriscaldati di Pamela. Solo la
forza della disperazione le fece eseguire l'esercizio al punto di soddisfarlo.
Qualunque sforzo era il benvenuto pur di far cessare la tortura di averlo
vicino.
«Basta. Odio le flessioni». Sentenziò mettendosi a sedere e rifiutandosi
di continuare.
«Detesti ogni sport». Dichiarò Donovan con ironia. «Mi domando
se c'è qualche tipo di attività fisica che potresti trovare interessante».
Le sussurrò nell'orecchio in modo che solo lei potesse sentire quella
che era di sicuro una provocazione. Un brivido di piacere le attraversò
la schiena. Lo fissò con occhi sgranati, incredula per quelle parole
ambigue.
«Cosa avresti in mente?». La domanda le era salita alle labbra prima
che potesse collegare il cervello. Se ne pentì subito.
Una luce demoniaca illuminò lo sguardo
torbido come la foresta equatoriale. Pamela tremò al pensiero di quello che poteva passare per la
mente perversa di quell'uomo.
«Difesa personale». Sembrava un gatto che aveva appena ingoiato
un uccellino. Soddisfatto. La ragazza invece rabbrividì al pensiero
del contatto fisico ravvicinato a cui sarebbe stata sottoposta.
Abbassò la testa e la scosse sconsolata.
«Non ce la posso fare. Non ce la posso fare». Un mantra? Una preghiera?
No. Era disperazione vera e propria. Quello era il giorno della sua
morte. Se lo sentiva.
Donovan la prese per mano e la trascinò dall'altra parte della palestra,
dove erano esposti in bella vista i nuovi strumenti di tortura.
Una pedana in parquet si trovava in un angolo. Su tre lati le pareti
erano tappezzate di lastre di specchi che mettevano in evidenza le differenze
tra di loro.
Si sentì in imbarazzo con la sua tuta verde bosco, che non nascondeva
il suo corpo abbondante. Donovan, dal canto suo, era magnifico. Alto,
muscoloso. I pantaloni neri calati sulla vita e la canotta dello stesso
colore che fasciava i pettorali scolpiti e mostrava i bicipiti muscolosi.
Lo fissò sconsolata.
«Cosa c'è? Prometto di non farti del male». Cercò di rassicurarla
con un sorriso assassino che non prometteva niente di buono.
«Donovan perché non alleni anche me?». La nuova arrivata era la
classica bionda dal corpo scolpito e le tette rifatte. Pamela la odiò
subito. Con quella vocina melensa, cosa credeva di ottenere?
L'uomo la osservò freddo.
«Ci conosciamo?». Il tono sembrava uscito da un surgelatore o un
igloo. Pamela si sarebbe seppellita per l'imbarazzo se fosse stata al
posto di quella ragazza. Ma quest'ultima era troppo piena di sé per
rendersi conto che era stata liquidata. Con andatura languida si avvicinò
a Donovan e si spalmò contro di lui con l'intento di fargli sentire
le sue curve mozzafiato.
Pamela approfittò di quegli istanti nauseanti per darsi alla
fuga. Ora che il suo aguzzino era distratto, poteva correre via e nascondersi
nello spogliatoio, cambiarsi e andarsene a casa. A nascondersi.
Senza ascoltare la voce dell'uomo che la chiamava, schizzò via, zigzagando
tra le macchine e schivando gli atleti sudati. Mai era stata così veloce.
La disperazione riusciva a tirar fuori risorse fisiche che non si credeva
di possedere.
Invece di farsi la doccia, si vestì in fretta e fuggì via.
In auto riuscì a trattenere le lacrime di rabbia che minacciavano di
allagarla.
Stupida. Stupida. Stupida.
Era gelosa. Era innamorata.
Era infelice. Quell’amore sarebbe stato sempre a senso unico.
Per Donovan era un’amica,
che portava a casa per la gioia di sua madre. E basta.
Come poteva rivaleggiare
con donne dal corpo flessuoso, dai capelli dal colore intenso e definito.
Lei era una banalissima castana, senza alcuna attrattiva. Sovrappeso.
Pigra e indolente. Gli unici momenti in cui si dava da fare era quando
doveva scrivere. Allora, nulla poteva smuoverla dal computer.
Attenta a ciò
che desideri, potrebbe avverarsi.
Quel detto mai era
stato più vero. Quanto aveva desiderato poter incontrare l'uomo
dei suoi sogni, quello di cui parlava in ogni romanzo che scriveva.
Ora, era lì, nella sua vita. Se n'era appropriato, l'aveva scombussolata.
Catturato il suo cuore e la sua anima. A distanza di un anno nulla era
cambiato.
Come dimenticare quegli
attimi. Se pensava che l'esperienza di essere braccata da un killer
fosse stata spaventosa. La paura di perdere Donovan era stata paralizzante.
La signora Ramsey le aveva telefonato in lacrime. Hanno sparato a
Donovan. E' in ospedale. Vieni subito, ti prego.
Pamela era rimasta con la cornetta del telefono in mano. La testa
completamente vuota. Solo quella frase che rimbombava all'infinito.
Lacerando anima e cuore.
Hanno sparato a Donovan. Hanno sparato a Donovan. Era una litania
che ripeteva ad alta voce senza rendersene conto.
Ebbe un sussulto quando una mano si posò sulla sua spalla. Si
girò di scatto con un urlo, le lacrime che scendevano silenziose.
«Tesoro. Cosa succede?». Suo padre l'abbracciò preoccupato e rimase
sconvolto nel sentirla ripetere con voce convulsa: Hanno sparato a Donovan.
Hanno sparato a Donovan.
Il viaggio in auto sino all'ospedale era come un sogno.
Non ricordava nulla se non il trascorrere del tempo, lento, infinito.
Quei venti minuti sembrarono durare ore.
Quando giunse a destinazione era ormai un fascio di nervi. Sudata,
scarmigliata, in lacrime, disperata.
Nel corridoio dinanzi alla camera che le aveva indicato l'infermiera,
c'era una folla di poliziotti, in divisa o in borghese. Uomini e donne
preoccupati per un collega e amico.
Molti di loro li conosceva. Come la rossa che stava entrando in quel
momento nella stanza. La folla la lasciò passare. Come in trance si
avvicinò all'uscio. La signora Ramsey era accanto al figlio, che osservava
con fastidio la donna che senza alcun ritegno si era appiccicata a Donovan,
piangendo disperata senza che il trucco si sciogliesse. Impeccabile
e bellissima. La degna compagna di quell'uomo.
«Vicky, dai smettila è stato solo un colpo di striscio. Qualche
punto e basta. Domani sarò a casa». Donovan cercava di consolarla.
Battendole una mano sulla schiena. Poi, alzò lo sguardo e la vide.
Pamela non riuscì a sopportare oltre, senza dire nulla girò i tacchi
e andò via. Seguita a ruota dal padre confuso per quello strano comportamento.
Senza tener conto delle grida di richiamo di Donovan.
Quella sera stessa
era partita per il tour europeo. Senza salutarlo, senza dirgli una parola.
Con l'intento di dimenticarlo, di rimettere ordine nel suo cuore.
Ora era tornata a casa.
Durante l'anno aveva perso il peso superfluo, aveva sfruttato le palestre
degli hotel in cui alloggiava durante il tour.
Per quanto odiasse fare sport, non poteva dimenticare le parole
di Donovan.
Se ti fossi ritrovata a dover fuggire quella notte. Con quell’assassino
che t’inseguiva, saresti riuscita a scappare? Oppure dopo qualche
metro il fiatone, il dolore al fianco, il bruciore dei muscoli e dei
polmoni, ti avrebbe lasciato in sua balìa?
Inoltre, in quei momenti
era talmente impegnata a sudare e a faticare con pesi e macchinari,
che riusciva a non pensare a lui. La mancanza di appetito non l'aveva
messo in conto, ma alla fine era riuscita per la prima volta in vita
sua a indossare una taglia 44.
Non era diventata bella ma almeno adesso non era costretta a usare
abiti extra large per nascondere le sue forme abbondanti.
Si era anche divertita
a rifarsi il guardaroba, in giro per negozi a Parigi, Londra, Roma e
Milano. Anche se in ogni città si era immaginata insieme a Donovan.
Il nuovo aspetto le
aveva procurato dei corteggiatori. Per quanto fossero affascinanti lei
era rimasta insensibile al loro charme.
Rifiutando uno dopo
l'altro quegli inviti che avrebbero dovuto servire a scacciare dal cuore
la presenza di Donovan.
Impossibile. Sembrava
che quel sentimento si fosse aggrovigliato al suo cuore, le radici si
erano radicate così in profondità che non era riuscita neanche
ad accettare una semplice cena.
Si era sentita come
una moglie nell'atto di tradire il proprio marito.
Era solo una sciocca.
Adesso, nella solitudine dalla sua camera da letto nella casa della
sua infanzia. Circondata dalle testimonianze del suo passato, si ritrovava
a distanza di un anno, più vecchia ma con gli stessi dubbi, sentimenti
e sensazioni.
Nulla era cambiato.
Donovan Ramsey continuava a essere l'uomo dei suoi sogni. Un'irraggiungibile
chimera.
Sfiorò con le
dita gli oggetti che nel corso degli anni si erano accumulati, ognuno
con il suo ricordo congelato nel tempo.
Gli occhi di Pamela
si posarono sul grosso gorilla di peluche. Lo prese tra le braccia e
lo strinse a sé. Era morbido, dal folto pelo sfumato di grigio e nero.
Lo sguardo di ossidiana sembrava umano, comprensivo, come a volerla
confortare.
«Non capisco perché siamo venuti al Luna Park». Si lamentò Pamela.
Si sentiva a disagio a passeggiare come una coppietta con Donovan.
«Perché è una vita che non ci vengo. E tu dovevi prenderti
una pausa. Non puoi restare tappata in casa per una settimana senza
vedere nessuno. Le persone normali hanno una vita sociale». Replicò
con sarcasmo.
«Ho delle scadenze da rispettare. Un libro da finire». Continuò
la ragazza per nulla intenzionata ad arrendersi a quelle argomentazioni
che trovava illogiche.
«Se anche ritardi di un giorno non muore nessuno. Ogni tanto c'è
bisogno di staccare. Fermarsi a respirare il profumo dei fiori, a vedere
il sorriso dei bambini. I colori del mondo». Continuò imperterrito
con il suo tono da professore in cattedra.
Pamela lo fissò torva, per nulla convinta. Poi, la sua attenzione
venne calamitata dal tiro a segno. Sul bancone, in bella vista, splendido
specchietto per le allodole, c'era il pupazzo di peluche più bello
che avesse mai visto. Un gorilla. S'innamorò a prima vista di quel
giocattolo. Un folle desiderio di averlo la invase.
«Quanti punti per lo scimmione?». Sentì la voce di Donovan chiedere
al gestore.
«Mister, nessuno può riuscirci. Deve fare
cinquanta centri». Il sorriso furbo con cui lo affermò le fece comprendere che lo considerava impossibile.
Dopo quindici minuti, Pamela stringeva tra le braccia il suo gorilla.
Doveva smetterla di
immergersi in quei ricordi. Si stava solo torturando.
Era tornata a casa
per Natale. Era fuggita l'anno prima poco prima delle Festività. Ora,
doveva alla sua famiglia l'attenzione che meritava. La sua vigliaccheria
era ricaduta anche su di loro. Si era resa conto che li aveva fatti
preoccupare, soffrire con il suo insensato comportamento.
Dall'Europa aveva portato
un pensiero per ognuna delle persone che amava, non aveva saputo resistere
a quegli oggetti che sembravano rappresentare coloro a cui sarebbero
stati destinati.
Per sua madre uno splendido
scialle che aveva comprato a Siviglia. Un pizzo delicato e quasi trasparente.
In una strada nel centro storico di Roma, a pochi passi da Piazza di
Spagna aveva trovato una penna a edizione limitata per suo padre. Una
Montegrappa in argento realizzata pensando al cervello umano.
Anche per Donovan.
In un negozio d'antiquariato di Monaco di Baviera aveva trovato un pugnale
della misericordia del diciassettesimo secolo, in ottime condizioni.
Sarebbe stato un pezzo pregiato nella sua collezione di armi antiche.
Trovare il coraggio
di chiamarlo era un altro discorso. Come si affrontava un amico che
si era abbandonato senza una parola?
Era passata una settimana
e ancora non riusciva a fare quel numero di telefono. Osservava il cellulare
come se fosse una vipera. Era una vigliacca.
Si era ripromessa che
sarebbe cambiata. Che questa volta avrebbe avuto il coraggio di affrontare
la tempesta che si scatenava dentro di lei ogni volta che era con Donovan.
Eppure, rimandava.
Da una settimana.
Il bussare alla porta
la riscosse dai suoi problemi. La madre entrò e la guardò
come se riuscisse a leggere dentro di lei. Come sempre. Doveva essere
un potere da mamma.
«Pamela, potresti
andare al supermercato? Ho dimenticato di comprare alcune cose». Una
richiesta semplice, che però implicava muoversi, uscire, interagire
con il mondo. Doveva farcela.
Salì in macchina e come ogni volta in quegli ultimi giorni tutto
le sembrò surreale, riabituarsi alla routine e ai luoghi dell’infanzia
dopo un anno, non credeva fosse così difficile.
Il tragitto fino al
negozio non era molto, i limiti di velocità però lo rendevano
di circa quindici minuti. Forse avrebbe dovuto andare a piedi, prendere
l'autobus. Non era più abituata a guidare.
Il suono di una sirena
le fece gettare un occhio allo specchietto retrovisore. Un’auto senza
contrassegni, ma con il lampeggiante acceso, stava arrivando a tutta
velocità nella corsia di sorpasso. C’era di sicuro qualche emergenza
in atto. Si fece da parte per dare spazio, tenendosi il più possibile
verso sinistra.
L’auto la superò
e le tagliò la strada con uno stridio di freni.
Pamela inchiodò
sul posto. Rimase con le mani strette al volante. Stordita e spaventata.
Cercavano lei. Perché?
Era sicura di non andare
troppo veloce. La macchina della madre era in perfette condizioni. Forse
si trattava di un malinteso.
Fissò sconvolta
la portiera aprirsi con violenza e dall’anonima auto bianca scese
un gigante, visibilmente infuriato.
Si avvicinò a
passo di marcia. Un toro bizzoso. Pamela rimase chiusa dentro l’abitacolo.
Spaventata ma anche eccitata da quello sguardo furioso.
Non fece in tempo a
mettere le sicure, lo sportello fu spalancato.
«Scendi». Un sibilo
come quello di un serpente, carico d’ira a stento trattenuta.
«Dono…». Il nome
le morì in gola, Donovan la afferrò per un braccio e la trascinò
fuori. Pamela si ritrovò prigioniera, incastrata tra l'auto e il corpo
possente dell’uomo, che fremeva di rabbia.
Ogni cellula le si
risvegliò a quel contatto. La pelle cominciò a formicolare,
e brividi bollenti le attraversavano il corpo come scia di lava incandescente.
Desiderio. Oscuro,
pulsante, torrido. Nulla era cambiato, bastava che lui la toccasse e
lei prendeva fuoco. La sua unica salvezza era fuggire via da quella
situazione. Posò le mani su quei pettorali scolpiti, spinse ma spostarlo
era impossibile.
«Quante volte devo
dirti di smetterla di scansarmi». La rabbia contenuta in quelle parole
la lasciò senza fiato.
«Cosa ti prende? Sei impazzito? Non capisco il motivo di questa
tua aggressione». La migliore difesa è l’attacco, glielo aveva insegnato
lui.
«Cosa mi prende? Hai
il coraggio di chiedermelo? Una settimana. Sei tornata da una settimana
e non ti sei degnata di chiamarmi?». La accusò con furia, serrandola
contro di sé tanto che nulla separava i loro corpi se non i vestiti.
Pamela avrebbe desiderato che non ci fossero.
«Chiamarti?». Lo
guardò imbambolata, incredula. Per un anno non si erano né visti né
sentiti. Quante volte aveva preso il cellulare con il folle desiderio
di sentire la sua voce. Quante volte aveva sperato che lui la chiamasse
per chiedere una spiegazione per la sua repentina partenza. Invece il
silenzio.
Si rendeva conto che
il torto era dalla sua parte ma qualcosa d'illogico e selvaggio la fece
scattare.
Gli incuneò un
dito nel petto e incollerita reagì al suo attacco, intenzionata una
volta per tutte a scaricare tutto il dolore che dentro di lei aveva
scavato un baratro incolmabile.
Quell'amore la stava
distruggendo, era ora che anche lui portasse un po' di quel peso.
Donovan la afferrò
per le spalle, la strinse a sé. Il bacio fu devastante, carico di bramosia.
Bagnato, profondo.
Sembrava volesse divorarla. Pamela accolse quella lingua famelica, non
riuscì a impedirsi di accettare quell’imposizione. Per lei un
sogno che si avverava.
L’uomo dei suoi sogni
la stava baciando. Con passione. Con desiderio.
Gli allacciò
le braccia al collo, si strinse a lui. Quello che era cominciato come
una punizione, si era trasformato in una bramosia devastante.
Il suono di un clacson
li risvegliò dal torpore dei sensi. Si fissarono ancora increduli.
«Merda Pam. Sai l'inferno
che mi hai fatto passare in questo ultimo anno?». La accusò con stanchezza
passandosi una mano tra i capelli.
«Perché lo hai fatto?
Perché mi hai baciato? Per farmi tacere?». Gli domandò. Per la prima
volta trovò dentro di sé il coraggio di reagire, di affrontare i sentimenti
di quell'uomo. Un taglio netto se fosse stato necessario. Basta essere
viva solo a metà.
«Porca puttana Pamela.
Per mesi ci siamo frequentati e tu di punto in bianco parti per l’Europa.
Così, senza nessuna parola. Come credi che mi sia sentito?». Il dolore
che avvertiva in quelle parole le fece comprendere che erano reali.
Non stava sognando.
«Eravamo solo amici.
Non mi hai mai fatto capire…». Non riuscì a continuare la frase.
Si ritrovò di nuovo zittita dalla bocca famelica di Donovan, per nulla
intenzionato a sentire le sue ragioni. Quella lingua maliziosa la stava
saccheggiando, la stringeva così strettamente contro di sé che si
rese conto immediatamente dell'erezione che premeva contro di lei.
La rivelazione la lasciò
sgomenta. Le lacrime scesero senza che se ne accorgesse. Sollievo. Amore.
Speranza.
«No. Non piangere.
Dannazione Pamela». Le sussurrò tra i capelli. Lei non riusciva a
smettere. Un anno buttato via, perché era stata troppo insicura da
poter pensare che lui la trovasse interessante. Che Donovan potesse
amarla.
«Eri appena uscita
da una situazione disperata. Come potevo importi le mie attenzioni.
Ti osservavo da quando ti sei presentata come testimone. Con coraggio.
Sei stata disposta a lasciare tutta la tua vita, per rendere giustizia
a una sconosciuta. Hai sopportato per mesi lo stress, la mancanza di
sicurezza, le fughe continue per proteggerti da quel maniaco. La paura
che ti trovasse prima che riuscissimo ad arrestarlo. E quell’ultima
notte. Ho tremato al pensiero di non arrivare in tempo». Parlava continuando
ad accarezzarle i capelli, i singhiozzi di Pamela si affievolivano,
mentre l’incredibile verità si annidava dentro di lei. Germogliava
in una felicità che il cuore non riusciva a contenere.
«Ma, come potevo pensare
che fossi interessato a una come me. Sono partita perché non riuscivo
più a vivere in quel modo. Vederti, ma non averti». Bisbigliò con
coraggio.
«Allora siamo stati
due sciocchi. Abbiamo perso un anno di vita insieme, per non aver parlato
chiaro». La scostò da lui, la fissò con dolcezza dritta negli occhi.
«Ti amo Pamela». Tre semplici parole che però racchiudevano tutto
il mondo. Quanto aveva sognato di sentirle pronunciare da Donovan.
«Ti amo Donovan».
Rispose felice, quello sarebbe stato il più bel Natale di tutta la
sua vita.
«Lo so. Sono l’uomo
dei tuoi sogni. Come puoi non amarmi». Dichiarò con un sorriso furbo.
«Come…come…».
Non riuscì di nuovo a finire di parlare. Donovan la zittì con un bacio
impetuoso, colmo di dell’amore che le aveva confessato.
Anche lei aveva ricevuto
un regalo e non vedeva l’ora di scartarlo. Fu l’ultimo pensiero
coerente prima di perdersi tra le braccia dell’uomo dei suoi sogni.
L'AUTRICE
Giusy Berni vive in provincia di Modena, con un marito scienziato e Miele, una vecchia gatta sclerotica. Scrive ciò che ama leggere. Storie d'Amore dense di avventure, misteri e anche qualche omicidio. Il suo motto: senza un cadavere non c'è una storia.
Per San Valentino usciranno due suoi racconti:
- 365 Storie d'Amore (23 Febbraio - Insieme per Sempre) Ed. Delos Books
- Romance Magazine 11 (Amore Proibito)
Sul suo Blog, www.giusyberni.it, troverete le altre pubblicazioni e suoi racconti, oltre che le notizie su futuri libri e racconti.
SPERIAMO CHE IL NOSTRO REGALO VI SIA PIACIUTO E CHE ABBIA CONTRIBUITO A RENDERE PIU' DOLCE LA VOSTRA FESTA!
Giusy sono rimasta veramente senza fiato,dire che il tuo racconto mia sia piaciuto e basta è un eufemismo.Mi piacerebbe leggere un libro scritto da te,il tuo modo di scrivere i romantic suspense è tutto quello che sogno quando comincio un libro di quel genere.Finalmente un'eroina normale,con i suoi difetti e le paure e un uomo che riesce a vedere oltre.Stupendo,complimenti e speriamo di leggere al più presto un tuo libro.
RispondiEliminaBuon natale a tutte!!!
Buon Natale a tutti!!!
RispondiEliminaConcordo con Rita, che mi ha preceduto nel commento,per il racconto di Giusy.
Il miglior racconto che ho letto sul blog!!! Letto e finito in pochi minuti tanto è scorrevole e intenso. Dire solamente che sei stata BRAVA è un eufemismo, mentre leggevo la storia, pensavo alle autrici che sono ai vertici delle classifiche mondiali, per lo stile e la suspance che hai saputo creare.
I complimenti non li faccio per "buonismo" perchè è Natale ma perchè te li meriti proprio, cara Giusy!!!!
Non vedo l'ora di leggere altro di tuo! Brava, brava ancora, mi sei piaciuta molto.
Rinnovo gli auguri a te Giusy e a tutta LMBR.
AnnaB
veramente molto bello mi sarebe piaciuto anche a a me un romanzo con questi due èrotagonisti!!!!
RispondiEliminaAUGURI A TUTTE.
Racconto pulito. Simpatico, anche se ricorda un po' troppo quelli vecchi degli anni '90! Dover solo il pensiero della protagonista veniva considerato.
RispondiEliminaL'interazione tra i due personaggi è poca quasi concentrata alla fine.
Anche come carica erotica appena abbozzato, e in un periodo in cui ci siamo abituate a linguaggi più spinti, sembrava quasi di leggere la Cartland.
Nel complesso però molto scorrevole e piacevole per una lettura natalizia.
Scusate mi sono dimenticata di firmarmi.
RispondiEliminaBarbaraB
brava Giusy non avevo mai letto niente di tuo!!!!
RispondiEliminalettura piacevolissima!
p.s.
a me la cartland non dispiace sempre meglio delle 50 ecc ecc.....
Non conosco la Cartland, però concordo con Barbara che parla di scrittura di altri tempi. Come alcuni "sottiletta" che mi son passati tra le mani.
RispondiEliminaBeh tutto sommato per Natale va bene, no?
Nonostante tutto il rosso che si vede in giro, è un periodo da letture azzurro cielo.
Buon Natale a tutte.
L.
Brava Giusy! E' molto carino e ben scritto ^.^
RispondiEliminaA me non dispiace la mancanza di sesso sfrenato, credo che ci siano contesti più adatti per dar sfogo a scene passionali; questo è un racconto natalizio e l'atmosfera va benissimo così: dolce.
Complimenti, e buon natale! :)
Cassie
Cara Giusy,
RispondiEliminagrazie a te e a LMBR per questo graditissimo regalo di Natale.
Il tuo racconto mi è piaciuto molto!
E' stato facile immedesimarsi nel personaggio femminile perchè Pamela, con le sue paure e insicurezze, potrebbe davvero essere una di noi.
Spero di poterti leggere ancora presto.
Auguri di buone feste!
Tina
Non amo molto i racconti brevi perchè non lasciano il tempo di affezionarsi ai protagonisti ma questo l'ho divorato in poco tempo.
RispondiEliminaBella l'ambientazione. Belli i passaggi da passato a presente. Finalmente un protagonista che parla chiaro, è diretto e non si scioglie per la solita bellona di turno.
La diversità dei personaggi risulta un'attrattiva in più che caratterizza con brio e spirito creativo l'intera storia.
Ecco un racconto che deve essere sviluppato in un romance. Voglio leggere di più.
Brava è dire poco
Brava Giusy, questo racconto incarna i desideri di tante di noi che si ritrovano in Pamela...chi non ha mai avuto un uomo dei sogni?Una bella lettura per iniziare un altro giorno di festa, complimenti!
RispondiEliminaDavvero molto bello, personaggi reali e una scrittura pulita e dolce, lettura piacevolissima
RispondiEliminaGiusy sei stata brava,racconto breve scritto in modo semplice,hai saputo concentrare rabbia,paura,amore,insicurezza.Tu sai benissimo che tipo di lettura a me piace,quindi complimenti, questo è un bel regalo di natale.
RispondiEliminaBrava Giusy!!!mi è piaciuto molto!!
RispondiEliminaTAntissimi auguri di buon Natale..
Un racconto molto carino e accattivante, con una prosa fluida.
RispondiEliminaAnch'io ho notato, però, che è quasi tutto imperniato sul punto di vista femminile, i pensieri e sentimenti di lui sono quasi inesistenti e i due protagonisti interagiscono brevemente e quasi solo alla fine; qs caratteristiche mi inducono a pensare che lui, più che un personaggio vero e proprio, sia da considerarsi una specie di simbolo, la rappresentazione dell'Amante Ideale, dell'Uomo dei Sogni appunto, che ognuna di noi vorrebbe incontrare, amare e da cui sapersi amata, un'idealizzazione dell'Amore.
Il racconto mi è piaciuto ma l'ho trovato meno d'impatto da altre cose tue che avevo letto, più spigliate e incisive. Si riconosce la tua mano e la freschezza del tuo narrare quando sei nel tuo stile, in altri punti, dove magari ci sono descrizioni più "classiche" si vede meno, però nel complesso è scorrevole, coinvolgente e con una protagonista diversa dal solito. Ed è sempre un piacere leggerti.
RispondiEliminaGrazie a tutte coloro che hanno letto e apprezzato questo racconto!
RispondiEliminaUna sperimentazione, provo sempre a fare qualcosa di diverso dalla moda del momento.
Però devo dire che non è il mio genere scrivere con questo sistema anni 90 (cito la BarbaraB di cui mi è piaciuta la recensione accurata. Grazie), o come afferma la mia Stalker personale Monica P. (sei tu vero? Mica sto scrivendo una stronzata! ^^) con stile "classico"! Però devo dare ragione anche a chi ha affermato che è un racconto adatto al Natale...classico e sentimentale.
Questo racconto resterà tale, anche perchè non sono particolarmente affascinata da Pamela, che per me rappresenta quel tipo di donna che preferisce fuggire piuttosto che affrontare rischi e sentimenti. Per fortuna che il suo Uomo dei Sogni ha deciso di non arrendersi!
E voi? Come avreste gestito una simile situazione? Sareste fuggite per un anno in un tour europeo oppure avreste messo in tavola le carte e chiesto le intenzioni all'affascinante Donovan? ;)
Continuate a seguirci...perchè il 01/01/2013 vi svelerò un segreto! ^^
Allora aspetteremo la sorpresa ;) e sì, sono io cara Giusy, ma ormai non ti stalkero più da tempo... e in ogni modo con Mister Jason Behr sulla cover come non rimanere conquistate (brava Francy come sempre)
RispondiElimina@Monica P.Bellissimo in questa foto eh Jason, Monica? Concordo! egrazieper i complimenti, mi sono divertita molto a fare questa cover per il racconto di Giusy!
RispondiEliminaBellissimo racconto, Giusy! Io sono d'accordo con chi afferma che, in un racconto natalizio, anche se non ci sono scene troppo hot va bene lo stesso. A parte il fatto che, se si scrive bene, riuscendo a coinvolgere chi legge, il sesso non è necessario. Può esserci come no.
RispondiEliminaNella situazione di Pamela forse un tempo anch'io sarei fuggita. Ora invece avrei affrontato la situazione.
Complimenti ancora per il racconto!
Ancora grazie a tutte voi per le critiche positive...le uniche due che ho ricevuto un po' così!!! LOL!! Vi presneto L. alias Libera Schiano Lomoriello...e BarbaraB alias Giusy Berni. Si...mi sono criticata da sola! Per me quelli erano alcuni punti deboli che ho riscontrato nel racconto...visto da lettrice...badate ne ho scritti solo alcuni...non vogliatemene ma non sono riuscita a infierire su me stessa più di tanto!! ^^ Buon Anno! ;)
RispondiEliminaCara Giusy, il racconto è bellissimo, tanto che ogni tanto vado a rileggerlo. Ti ho anche cercata sul tuo sito ed anche lì ho letto gli altri racconti, ma questo , per ora, rimane il mio preferito tra quelli da me conosciuti. Pensi ad un seguito o ad un romanzo vero e proprio con una Pam più consapevole di sé come donna e un Donovan, sempre sexi, ma più addomesticato e meno introverso. Tanto anche l'aspetto thriller non mancherebbe. Ciao e complimenti. Un abbraccio.FILOMENA
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