TITANIC 3D di James Cameron, con Leonardo Di Caprio, Kate Winslet
Se
avete trascorso gli ultimi quindici anni in qualità di abitanti del
terzo pianeta dal Sole, non vi serve che riassuma la trama.
Che cosa si può dire di questo film? Sicuramente che è
monumentale, grandioso, magniloquente. Lo era già prima, al momento
della sua uscita originale, quattordici anni fa, in 2D, ragion di più lo
è ora, in tutta la magnificenza del 3D che rende giustizia agli
stupefacenti effetti speciali. Insomma, per riassumere, una vagonata di
soldi spesi bene.
Esercita ancora, a tutt'oggi, un fascino intramontabile
e palpabile, secondo me destinato a durare nei secoli dei secoli, come
per altri grandi film (pietre miliari tipo Casablanca, A qualcuno piace caldo, Gilda, La fiamma del peccato),
ma, in sostanza, a che cosa si deve questo magnetismo? Fatalmente, la
risposta sarà parziale e non risolutiva, come tutte le cose o le persone
affascinanti, deve gran parte del proprio carisma al mistero. Comunque,
si può provare ad azzardare qualche ipotesi.
A parte i già citati contributi tecnici di eccezionale qualità,
direi che una parte importante in questa misteriosa miscela magica, la
gioca la storia d'amore; d'accordo, sarà anche un luogo comune (la bella
e infelice aristocratica, ingessata in un mondo in via di estinzione,
che scopre l'amore e la passione, anche per la vita, grazie ad un
ragazzo povero, di ceto sociale inferiore, ma dotato dell'animo
sensibile dell'artista), però, forse anche proprio per questo,
inossidabile al passare del tempo, delle mode e delle generazioni.
Inoltre, questo inaspettato e spontaneo innamoramento tra i due ragazzi
protagonisti è anche un po' l'emblema del secolo, il '900, che, secondo
una convenzione storica, si aprirà proprio due anni dopo il mitico
affondamento del transatlantico, nel 1914, con lo scoppio della Grande
Guerra. Un secolo che, appunto, in seguito a due guerre
mondiali, assisterà a epocali rivolgimenti storici, culturali, economici
e sociali.
Anche la sfida, insita sia nella traversata in sé (gente che in
Europa era considerata meno di niente e faceva la fame partita alla
ventura in cerca di fortuna, riscatto e di un futuro e i ricchi, quelli
che ce l'avevano fatta e che potevano testimoniare in prima persona che
l'America era veramente la terra delle opportunità) che nella
mastodontica nave, allora considerata inaffondabile perché frutto delle
più avanzate tecniche costruttive al tempo disponibili, costituisce un
irrinunciabile elemento di fascino e di attrattiva.
Ma, secondo me, l'aspetto forse più intrigante e che renderà il film un evergreen,
è quel senso di ineluttabilità, quella malinconia sospesa che pervade
tutto ciò che è al capolinea e sta per finire. Eh già, perché loro, i
personaggi del film e immortali passeggeri della traversata più famosa
del Storia, ancora non lo sanno, ma tutto il loro mondo sta
per affondare, non solo quello fisico e limitato del Titanic, ma anche e
soprattutto quello ben più ampio e articolato che comprende un sistema
di valori, una certa mentalità, un intero stile di vita. Si trovano
sull'orlo dell'abisso, ma ancora non lo sanno, quando lo scopriranno
ormai sarà tardi, per tutto.
In definitiva, a mio parere, il fascino del film è, in gran parte,
dovuto al particolare momento storico che coglie come se fosse una
fotografia, un'istantanea di un mondo, la Belle Époque, che di lì a poco
non esisterà più. GUARDA QUI il trailer del film.
BEL AMI di Declan Donnellan e Nick Ormerod, con Robert Pattinson, Uma Thurman, Christina Ricci, Kristin Scott Thomas
Tratto dal famosissimo romanzo di Maupassant, si svolge verso la fine
dell'800 ed è, in buona sostanza, la semplice cronaca della scalata
sociale di un misero soldatino, congedato dall'esercito e figlio di
contadini di un paesino della Normandia, che arriva a Parigi povero in
canna e, alla fine, si ritrova marito di un'ereditiera.
Georges Duroy vive a Parigi in miseria, sbarca il
lunario con un modesto impiego presso le ferrovie, però ha dalla sua tre
caratteristiche vincenti per emergere nella vita, da qualsiasi livello
si parta: una sconfinata ambizione, un'incrollabile fiducia in sé stesso
ed una rapace abilità nell'approfittarsi di qualsiasi situazione,
afferrando al volo quelle anche minimamente favorevoli e volgendo a
proprio vantaggio quelle sfavorevoli. Questo, ovviamente, valeva allora
come vale ora ed è proprio questo aspetto a rendere il romanzo di
Maupassant buono per tutte le stagioni.
Il protagonista è dotato di un notevole fascino personale innato e
non esita ad esercitarlo sui rappresentanti dell'alta società parigina
che comincia a frequentare grazie ad un incontro fortuito con un vecchio
compagno d'arme, a sua volta fortunosamente e giudiziosamente
ammogliato bene. Benché Duroy entri nel Bel Mondo grazie agli uomini, è
soprattutto verso le donne che egli dirotta il proprio carisma, fatto di
sex-appeal, aggressività e dolcezza in parti uguali e spregiudicatezza.
Inoltre, è dotato di un tratto particolare della personalità, molto
utile in certi frangenti, l'assoluta e perfetta amoralità, che gli
permette di manipolare senza rimorsi le donne con cui entra in contatto,
sfruttandole serenamente per raggiungre i propri scopi.
Dopo un turbinio di amanti, sempre nella giusta posizione per
fruttargli qualcosa ed un primo matrimonio, coronerà finalmente
il proprio sogno di ricchezza e potere sposando una giovane, ingenua e
ricchissima ereditiera, tutto questo ignorando, senza la minima remora,
le timide e dignitose richieste d'aiuto da
parte dei genitori indigenti.
D'altronde, come dice lui stesso, chi non è mai stato povero non sa
cosa significhi. Sicuramente c'è una parte di verità in questa
affermazione, il problema è che la conquista della ricchezza, attenzione
non del giusto benessere dato dal lavoro e dall'impegno personale, ma
di quell'opulenza che consente inutili ostentazioni di dubbio gusto,
comporta, senza fallo, la perdita della propria anima. Bisogna esserci
tagliati per farsene una ragione.
Non mi pare neanche necessario sottolineare la similitudine di
questa che è, a tutti gli effetti, una parabola morale, con
l'accanimento ferino di tanti che, oggigiorno, probabilmente senza mai
aver sperimentato la miseria cui si riferiva Duroy, mirano unicamente
all'appagamento materiale, ai soldi, possibilmente tanti e subito, non
importa come e a quale prezzo, a riprova che non c'è proprio mai niente
di nuovo sotto il sole.
Per finire, a costo di rischiare l'incolumità personale per mano di
qualche minorenne talebana di
Twilight, ma siamo sicuri che Robert
Pattinson non abbia un serio problema di masticazione invertita?
GUARDA QUI il trailer del film.
TO ROME WITH LOVE di Woody Allen, con Woody Allen, Judy Davis, Pénelope Cruz, Alec Baldwin, Roberto Benigni
Si
tratta di un film corale, un po' nello stile di Altman, su un gruppo di
personaggi, sia americani che italiani, variamente collegati tra loro,
le cui vicende si svolgono a Roma, perché alcuni ci abitano e altri vi
si trovano in vacanza o per altri motivi.
Forse il mio giudizio non sarà un fulgido esempio di
obiettività (d'altro canto, quando mai un giudizio lo è?) per due
semplici motivi: la struttura tipica dei film corali è una delle mie
preferite e adoro Woody Allen, il suo modo da fare cinema e il suo senso
dell'umorismo un po' acido. Con questo non voglio dire che il film, oltre agli indiscutibili
pregi, non abbia anche qualche difetto. Cominciamo dai pregi: oltre a
quelli già citati di un'architettura corale sapientemente orchestrata
(non è per niente facile tenere in piedi tante storie e tanti intrecci
tutti insieme, dando a tutti la stessa rilevanza senza perdersi per
strada) e di un senso dell'umorismo caustico e sempre nuovo, pur nel
rispetto dei propri canoni e delle proprie "ossessioni", si avverte
anche la mano del grande regista nella sicura direzione degli attori
(m'è piaciuto persino Benigni che, in genere, tende ad irritarmi, qui
abbastanza sobrio e misurato) garantendo così interpretazioni di alto
livello da parte di tutti (da notare Albanese, sempre grande pur nel
ruolo cameo di un attore di grido viscido come una saponetta bagnata),
non ultimo lo stesso Allen, che si riconferma grande interprete
dei propri film.
Forse, gli aspetti che mi sono piaciuti meno sono una certa
tendenza a presentare alcune situazioni un po' trite e alcuni
personaggi con qualche sospetta inclinazione macchiettistica,
insomma come gli americani pensano che dovrebbero essere gli italiani,
il tutto corredato da una visione di Roma un filino cartolinesca.
Comunque, rimane una bella commedia di ottimo livello che assicura
un'ora e mezzo di svago piacevole e intelligente, senza essere
inutilmente cervellotica.
GUARDA QUI il trailer del film.
ciao lady Macbeth
RispondiEliminaMarigold hotel vorrei vederlo. mi incuriosiva fin dal trailer ma me lo sono lasciata sfuggire. sicuramente lo cercherò in futuro per vederlo.
per Benigni, invece, sì mi è piaciuto ma non tantissimo. comunque è un film piacevole
Ciao Pupottina, troverai sicuramente tra qualche mese il dvd di Marigold Hotel.
RispondiEliminaDi solito Benigni, se lasciato a se stesso, tende a strafare, qui c'era qualcuno che teneva le redini.
A presto.