CHRISTMAS IN LOVE : QUASI UNA PRINCIPESSA



Le fiamme danzano nel caminetto, ed ogni cosa è sfavillante: i lampadari di cristallo, i candelieri, le luci sull’albero di Natale.
Lo scenario è di quelli che si definiscono da fiaba: un antico palazzo, i soffitti affrescati, musica e bella gente. Ma io mi sento soltanto a disagio, e indossare un abito di foggia ottocentesca, composto da svariati chilogrammi di velluto bordeaux, lacci e merletti, non fa che peggiorare la situazione, nonostante alcune bimbe della scuola di musica abbiamo mormorato incantate che sembro proprio una principessa. Solo tre giorni ci separano dalla Vigilia, e in una piccola città questa festa di beneficenza diventa sfilata di moda, dimostrazione di status e vetrina delle proprie possibilità: ufficialmente, però, questi signori dall’aria troppo sicura di sé, le matrone imbellettate e le ragazze dallo sguardo ansioso e rapace sono intervenuti per sostenere un ospedale infantile in Africa, ascoltare i bimbi cantare e suonare, e comprare qualcosa alla “tradizionale vendita di idee dono”.
Mi ritrovo con una cascata di boccoli oscillanti in testa, perché mia zia è una delle organizzatrici, e mi ha chiesto di mettermi in costume e consegnare mini profumi alle signore ospiti, dal momento che tutta la serata è ispirata al diciannovesimo secolo. Sorrido meccanicamente, e osservo.
Da piccola, trascorrevo qui tutte le vacanze, amavo il viale sonnolento, i piccoli riti provinciali di mia zia, l’incontrare ovunque persone che mi salutavano e mi chiedevano immancabilmente se ero la nipote di Olga, e come andava la scuola. La scuola andava sempre bene, e l’accademia di belle arti è andata anche meglio. Io ho iniziato ad andare in cerca di luoghi stimolanti per la mia pittura, di mostre e di opportunità, trasformandomi in un’estranea. O qualcosa si è incrinato anche in questo minuscolo universo. Nemmeno adesso sarei tornata, se Franz non mi avesse piantata senza neppure sforzarsi di alzare gli occhi dalla macchina fotografica che stava controllando…se non avessi sentito la necessità di un rifugio rassicurante, molto lontano dalle sue seduzioni di bohemien dell’obbiettivo.
Il presidente del circolo locale si prepara a porgere i saluti d’apertura; è un uomo alto, castano chiaro, sui quarantacinque anni. E il suo cognome mi ricorda una bella villa, dove forse fui invitata ad un compleanno. Andrea Lazzari. Non faccio molto caso a quanto dice, saranno parole di circostanza; però devo ammettere che ha il fascino un po’ sfrontato dei ricchi da generazioni, ingentilito da un sorriso contagioso.
A richiamare la mia attenzione è un improvviso tremito nella sua voce: ha fatto cenno alla “memoria di una moglie e di una donna meravigliosa”? Dunque è vedovo? L’applauso sommerge la conclusione, e lui va a sedersi in prima fila. Il saggio dei bambini, per fortuna, scivola via veloce; dopo il rinfresco potrò riassumere le mie consuete sembianze. Rimango in disparte, come vuole il mio compito di comparsa, eppure, di tanto in tanto, mi ritrovo a guardare verso Andrea Lazzari, circondato da donne pigolanti che sembrano non concedergli tregua. Io, bardata da bambola di porcellana, desto l’ammirazione dei giovanissimi musicisti, massimo dieci anni, che mentre fanno onore al buffet mi scrutano incuriositi. Forse, penso, potrei riaccendere il cellulare. Subito arriva un messaggio.
“Franz…” mormoro, anche se già so di non volerlo richiamare. “ Ma allora tu…sei la principessa Sissi???”esclama una bambina “No, tesoro, non…ecco…mi chiamo Lisa”rido“ e ho detto una sciocchezza!…sono buoni questi dolcetti?” Nello stesso istante, mi accorgo che vicinissimo a me c’è un bimbo piccolo, di circa quattro anni. Ha l’aria stanca, un po’ sofferente, ed i suoi occhi lucidi suggeriscono gran sonno o febbre. D’istinto, lo prendo tra le braccia, e lo cullo, chiedendogli che succede. Il suo profumo di sapone infantile e camicia inamidata smuove emozioni che credevo non mi appartenessero.
“Il fratellino di Carlotta!” precisa la bambina, gettando una larga occhiata al salone,“Saresti così gentile da andare a chiamare sua sorella, o meglio i suoi genitori?” Non avverto la risposta, perché sono entrata in un salotto laterale, dove almeno c’è tranquillità.
Il bimbo mi ha rivolto un sorrisino, e si è accoccolato contro di me. Gli carezzo la testolina bionda…dopo un paio di minuti la porta si apre. Devo trattenermi dal balzare in piedi, perché sulla soglia è comparso Lazzari…cioè Andrea.
“ Mi scusi…ero così preso dai miei doveri di ospite che ho perso di vista mio figlio…forse è troppo piccolo per questi eventi, anche se credevo si sarebbe divertito a vedere il saggio della sorella…”
“Temo abbia un po’ di febbre”. Sfiora la fronte del bambino, e all’improvviso vedo solo tenerezza e sollecitudine, un uomo diverso dal presidente mondano e rampante. Mi sorprende davvero, quando rialza gli occhi, e appoggia la mano sulla mia:
“Lisa! La nipote di Olga! Non ti ricordi?”
“Andrea?”. Il piccolo si stringe ancora sul corpetto vellutato, nonostante i tentativi di staccarlo.
“Credo proprio che dovremmo concludere insieme la serata…parleremo dei tempi andati…?”
Mi perdo nel suo sorriso così accogliente. Non sento il bisogno di ricordare. E avverto appena la voce di una bambina entrata nella stanza:
“Papà…è così bella…non sembra quasi una principessa?”.

MARIA STELLA (*)



(*) Questo è uno pseudonimo, il vero nome dell'autrice che verrà svelato a fine concorso.


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