ADDIO AL PASSATO di Patrizia Ines Roggero




Bannack, Montana, 24 dicembre 1867

Candidi fiocchi di neve, leggeri, quasi impalpabili. Annabel aprì la mano e lasciò che vi si posassero sopra, gelidi quanto il freddo che le serrava il cuore.
Accostò la lanterna alla lapide di fronte a sé e fissò con malinconia il nome e la data incisi sopra “Frank Davis, 10 gennaio 1864”. Erano trascorsi quasi quattro anni da quel maledetto giorno ed era come se la sua vita fosse rimasta appesa alla stessa corda che le aveva impiccato il marito.
Una folata di aria e neve le punse il viso intirizzito dal freddo. Si strinse nel cappotto, mentre formulava una preghiera perché quell’anima trovasse la pace e ne infondesse un po’ anche a lei.
«Buon compleanno e buon Natale, Frank…» mormorò, con il fiato che si disperdeva fumoso nel vento. «Nonostante tutto, ti perdono.»
E lei si sarebbe mai perdonata per non avergli impedito di fare quella fine? Forse, prima o poi, si rispose nel lasciarsi alle spalle il piccolo cimitero avvolto dalla notte.
L’ululato di un lupo risuonò nella valle, pareva distante, oltre il nucleo abitato di Bannack, ma bastò a farle accelerare il passo in direzione del cavallo. Che razza di idea andare al cimitero a quell’ora! Afferrò le redini e montò in sella, un ultimo sguardo alla tomba di Frank e un ultimo pensiero per quell’amore spezzato.
Si sarebbe mai perdonata per i sentimenti che ora la spingevano verso un altro uomo? Forse, se solo avesse trovato la forza di lasciare andare il passato.
Era questo che chiedeva a quel Natale, il coraggio di tornare ad amare.
Il lupo ululò ancora, quasi un lamento al timido affacciarsi della luna tra le nubi, poi solo il silenzio.
*  *  *

Il tepore della locanda l’accolse non appena si chiuse la porta alle spalle. No, non sarebbe dovuta uscire in quella notte nevosa, con le temperature tanto basse che persino il cavallo era parso recalcitrante nell’abbandonare la stalla.
Si spogliò del pesante cappotto, che appoggiò alla sedia della cucina, e liberò i capelli dal copricapo di pelliccia. Si sentiva inquieta, come sempre, quando i ricordi iniziavano a tormentarla nella loro crudele dolcezza.
Impiastrando d’acqua e fango le assi del pavimento, raggiunse il camino per gettarvi un ceppo. Mancava ancora parecchie ore all’alba, ma pareva inutile tornare a letto, pensò nel mettere il copricapo ad asciugare. Arrotolò le maniche dell’abito e si avviò decisa verso la dispensa, avrebbe iniziato a dare una bella pulita in giro, così forse si sarebbe riscaldata.
Quando riemerse dallo stanzino con scopa e secchio in mano, si sentì quasi ridicola. Una sguattera, ecco cos’era dopo tanto penare, tanti sogni infranti e la speranza di un futuro migliore gettata in una fossa del cimitero.
«Sei andata di nuovo da lui?» La voce alle sue spalle suonò cupa nel silenzio della notte.
«Colin… mi hai fatto prendere un colpo.» Il cuore le era saltato in gola per lo spavento e le ci volle un istante prima di riuscire a riprendere parola. Lui se ne stava impalato nella penombra, i capelli scuri a sfiorargli le spalle, la barba ordinata, gli occhi celesti che la scrutavano attenti. «Sei già sveglio?»
«Ti ho sentito uscire e mi sono alzato.» Il tono era pacato, ma teneva lo sguardo severo fisso nel suo.
«Mi dispiace, non volevo svegliarti» balbettò, con le gambe molli, come sempre, quando si trovava sola con lui. Era inutile negarlo, averlo accanto accendeva pensieri che non poteva più tacere a se stessa.
«Fuori nevica e fa freddo, Annabel. Come ti è venuto in mente di uscire nel cuore della notte?»
«È il suo compleanno ed è la Vigilia di Natale. Sai che non ci vado mai, ma oggi…»
«Ti ci avrei portato io più tardi.»
«No. Non voglio che mi vedano sulla sua tomba. È già abbastanza difficile così, ma se non do loro alcun motivo per disprezzarmi ancora, forse prima o poi dimenticheranno.»
«Tu non hai fatto niente di male. Hai solo sposato un uomo che ha fatto scelte sbagliate, nessuno dovrebbe fartene una colpa.»
«Però lo fanno» disse, tra le mani la scopa con cui spazzava rapida il pavimento. «Io lo amavo… credi non sappia cosa dicono di me?»
Colin distolse lo sguardo da quello triste di lei. Non le era mai apparsa tanto fragile quanto in quel momento. Solo il giorno prima aveva quasi rotto il naso a uno dei ragazzi della miniera Jones per le battute volgari sul suo conto e ancora gli dolevano le nocche. Lo aveva colpito senza nemmeno dargli il tempo di reagire e ciò la diceva lunga sui sentimenti che provava per lei. Ogni sorriso di Annabel, ogni sguardo, la timida gentilezza, la paura di osare, la palese voglia di nascondersi agli occhi del mondo, tutto questo aveva scavato nel suo cuore, giorno dopo giorno.
Tornò a posare lo sguardo su di lei e rimase muto a osservare le lacrime che le rigavano le guance. Non sopportava di vederla ridotta in quello stato. Annabel non era più soltanto la sua aiutante alla locanda, era diventata qualcosa di più ed era come se ne stesse prendendo atto solo in quel momento. Il cuore accelerò i battiti, il desiderio di toccarla, baciarne le labbra e proteggerla da tutto e tutti, si fece così pressante che resistergli fu impossibile.
Era la Vigilia di Natale e la malinconia gli attanagliava il petto. Ricordi di tavole imbandite, di sorrisi affettuosi. D’un tratto la solitudine di quegli ultimi anni parve insopportabile. Annabel, con la sua timida presenza, era diventata la sua unica famiglia. Cauto, le si avvicinò piano e ne asciugò le lacrime quasi in una carezza. Aveva la pelle ghiacciata, ancora reduce da quella cavalcata notturna.
«Devi riscaldarti» sussurrò, nel levarle la scopa dalle mani e perdersi nel verde di quegli occhi velati dal pianto. Le scostò una ciocca bionda ricaduta sulla fronte, sfuggita al rigido chignon, e deglutì a vuoto. «Hai mai pensato che fosse ora di iniziare a vivere… a vivere davvero?» domandò mentre ne sfregava le mani tra le sue, ma era una domanda rivolta anche a se stesso.
«Sempre.»
«E cosa ti trattiene? La paura?» La vide annuire, il volto illuminato dalla fiamma danzante nel camino, i capelli che parevano oro. «Quando ti ho dato questo lavoro, l’ho fatto per pietà, nessuno voleva avere a che fare con la donna di uno della degli Innocenti e Frank lo sapeva… per questo mi ha fatto promettere che avrei badato a te. Hai ragione, ti hanno marchiata con colpe che non sono tue, ma potresti avere ancora tutto dalla vita, se solo lo volessi.»
Titubante, accostò il viso al suo ed ebbe l’impressione di vederla sussultare. Era ovvio che non si fosse aspettata quella mossa, dopotutto, nemmeno lui se l’era aspettata, ma non si lasciò vincere dal timore e ne saggiò le labbra morbide che sapevano di lacrime. Lacrime che lei aveva versato per un altro amore, eppure non gli sfuggì la languida risposta di quel bacio al suo.
Come se d’un tratto l’incantesimo tra loro si fosse spezzato, Annabel di ritrasse. Negli occhi lo stesso senso di colpa che anche lui provava.
«Non voglio più niente dalla vita… solo vivere in pace.» La voce di lei uscì in un sussurro e suonò come una preghiera a lasciarla stare.
Deluso, Colin si ritrasse, ma non ebbe nemmeno il tempo di sentirsi abbastanza idiota, che il fragore di una raffica di spari ruppe il silenzio, e i vetri della finestra andarono in frantumi gettando schegge nell’aria.
«Merda!» imprecò, mentre d’istinto faceva scudo ad Annabel con il proprio corpo e un proiettile gli trapassava la spalla. Non era proprio così che aveva pensato di trascorrere quella Vigilia di Natale, si disse mentre la trascinava a terra con sé, sotto i fischi delle pallottole che tagliavano l’aria.
«Dietro al bancone, presto!» sbraitò, con il sangue che colava lungo il braccio e il dolore che si faceva via via più intenso.
«Colin Baker!» udì gridare dalla voce di Vincent Jones, impastata d’alcool, nel mentre in cui trovavano riparo dietro il bancone e lui metteva le mani sul suo fucile. «Manda fuori la cagna di Davis! Io e miei fratelli abbiamo qualcosa per lei.»
Le risate che risuonarono là fuori gli fecero accapponare la pelle. Vide Annabel sussultare. Erano lì per lei e non ci voleva molto a immaginare quel che avevano in mente.
«Sta’ giù!» ordinò, nel vederla scattare in piedi e tentare di abbandonare il nascondiglio.
«Vogliono me, fammi andare.»
«Sei impazzita?» domandò, mentre la trascinava di nuovo accanto a sé, i suoi occhi tuffati in quelli smeraldi che lo scrutavano colmi di terrore. «Riesci a immaginare cosa ti faranno se andrai là fuori? I fratelli Jones sono cinque… sono sbronzi e non si faranno scrupoli con te.»
«Ci ammazzeranno entrambi se non vado…» singhiozzò, con la voce carica di paura e angoscia.
«Non muoverti da qui.» La lasciò andare, appoggiò la canna del fucile sul bancone e guardò attraverso il mirino. Inutile, era troppo buio là fuori per poter sparare con precisione.
«Che vuoi Jones?» gridò, nel silenzio che ora circondava la locanda. «Perché ci spari addosso?»
«Hai rotto il naso a mio fratello per difendere una puttana che ancora oggi porta i fiori sulla tomba di quel maledetto!» sbraitò Vincent di rimando. «Davis ha fatto fuori mio padre e tanti nostri amici… erano anche amici tuoi, Colin, te lo ricordi, o te lo ha fatto scordare tra le sue gambe?»
Colin scosse il capo e lanciò un’occhiata a Annabel. Se ne stava rannicchiata con le ginocchia contro il petto e la paura a scuoterne le membra.
«Che gran figlio di puttana» sussurrò, mentre cercava di scorgerne la figura nel buio della notte.
«Mandala fuori, ce la spasseremo un po’ anche noi, mentre te ne torni a dormire.»
Un altro scoppio di risa, agghiacciante e spietato. La vita di Annabel per quegli uomini valeva niente.
«Perché invece non ve ne andate a casa a smaltire la sbronza e dimentichiamo questa faccenda? È Natale, per Dio!» Sentiva il sangue colare dalla ferita e strinse i denti per resistere al dolore.
«Ti avverto Baker, aspetto la vendetta da troppo tempo… se Annabel non uscirà da sola, la verrò a prendere.»
«Lei non ha colpe, Vincent!»
«Era sua moglie!» ringhiò l’altro, come se questo giustificasse ogni cosa.
Non ci sarebbe stato modo di farlo ragionare, non quella notte. Colin guardò le assi di legno sotto le proprie ginocchia, non aveva molto tempo per studiare un piano, sapeva solo di avere un’unica via di fuga.
«Vieni, ce ne andiamo» disse e, con il solo braccio sano, sollevò la botola sulla quale poggiava un attimo prima.
Annabel lo guardò stupita. Dove dovevano andare? Quella lì sotto non era soltanto una cantina? Afferrò la lampada a olio che lui le stava porgendo e guardò in basso. Una scala di corda scompariva nel buio, non era sicura di voler andare laggiù.
«Inizia a scendere» ordinò Colin, mentre accendeva altre due lampade. «Non abbiamo molto tempo.»
No, non ne avevano. I fratelli Jones sarebbero entrati da un momento all’altro e ciò bastò a farle vincere ogni altra paura. La scala di corda era molle sotto i suoi piedi, ebbe l’impressione di cadere, e vi si aggrappò con tutte le forze, poi udì il rumore del vetro andare in frantumi e scorse il bagliore del fuoco attraverso l’apertura della botola.
«Cos’è successo?» gridò, mentre toccava terra con i piedi.
«Le lampade a olio, le ho rotte, il fuoco li terrà lontani dalla botola per un po’» rispose Colin, sofferente, nel raggiugerla.
«Ti hanno colpito?» domandò preoccupata, ma lui non rispose, afferrò una sacca e prese a riempirla alla rinfusa. Cartucce, denaro, whisky e tutto ciò che di utile capitava a portata di mano.
«Là dentro» disse lui indicando una vecchia cassapanca. «Ci sono delle coperte, prendile, ne avremo bisogno.»
Il soffitto scricchiolò, sinistro. Annabel fece come le era stato ordinato, rapida, quanto il battito frenetico del cuore.
«Come usciremo da qui?» si sentì soffocare all’idea dell’incendio che stava divorando il piano superiore, ma il modo in cui lui fece segno di seguirlo riuscì placarne l’ansia. Come sempre, si sentiva al sicuro accanto a Colin, persino ora, con l’inferno che bruciava sulla sua testa.
Strinse le coperte al petto. La lanterna gettava bagliori rossastri sulle pareti scavate nella terra. Un tunnel angusto, largo abbastanza da permettere il passaggio di due persone. Non sapeva dove portava, ma Colin pareva così sicuro di sé nel procedere, che smise subito di porsi domande.
Da sopra le loro teste, il crepitare del fuoco si era fatto tanto intenso che non era difficile immaginare la sorte dell’intera locanda. I sogni di un uomo, il suo lavoro, la fatica d’ogni giorno, andati in fumo a causa sua. Sebbene consapevole che la colpa era dei fratelli Jones, non poteva fare a meno di provare una stretta al cuore all’idea che lui avesse perso tutto per lei.
«Qualsiasi cosa accada, continua a camminare» ordinò Colin, un istante prima che un tonfo rimbombasse nel tunnel. «Dobbiamo raggiungere l’uscita prima che il fuoco si faccia strada anche qui.»
Annabel si guardò alle spalle, nel buio che si lasciavano dietro. La paura ora rendeva molli le gambe, le lacrime s’affacciavano sulla soglia delle ciglia, nell’aria pregna di umidità, odore di terra e di fumo che s’insinuava nel tunnel a ricordarle quanto vicina fosse al pericolo.
«Forza, tesoro, ci siamo quasi!» la esortò la voce di Colin. Le dita forti che s’intrecciavano alle sue, quasi a trascinarla in quel tratto ripido e così stretto che camminare fianco a fianco non era più possibile.
Aveva l’impressione che la terra le si fosse chiusa sulla testa. Un respiro profondo, poi un altro ancora, mentre lui si fermava e sollevava la botola di legno con la fatica di chi sa che non può cedere al dolore. Soffriva e lei non sapeva in che modo aiutarlo.
Dapprima fu il freddo ad avvolgerla nelle sue spire, poi il gelo della neve che cadeva dal cielo candido di nubi le accarezzò il viso. Ora poteva tornare a respirare, pensò nell’accettare l’aiuto di Colin per uscire dal cunicolo. L’aria fresca entrò nei polmoni, mai le era parso tanto intenso e buono l’odore di bosco: muschio resina e terra bagnata. Avrebbe baciato la neve, tanto era felice di averla sotto i piedi e attorno, ovunque posasse lo sguardo.
«Dove siamo?» domandò nel voltarsi verso la direzione dalla quale erano venuti e si sorprese nel vedere la locanda avvolta dalle fiamme, più vicina di quanto avesse creduto.
«Non troppo lontano come vedi.» Colin afferrò una delle coperte che lei ancora teneva strette al petto e gliela gettò addosso, un gesto che le scaldò il cuore per la premura con il quale era stato fatto.
«Andiamo» riprese a dire lui. «Abbiamo un bel po’ di strada da fare e io ho bisogno di farmi ricucire.»

* * *

La capanna di Billy O’Byrne odorava di birra e pemmican. Colin fece vagare lo sguardo sulle due mogli indiane del vecchio irlandese e sui tre marmocchi che gironzolavano in quell’unica angusta stanza. Trovava assurdo voler vivere in quel modo, ma Billy pareva soddisfatto, lontano dalla civiltà e dai suoi inganni.
«Ah, ragazzo! Ti avevo detto di prendere una di queste come moglie e di venire sui monti» disse infatti, nel ripulirgli la ferita.
Colin strinse i denti. Faceva male, ma il vecchio sembrava non curarsi troppo della sua sofferenza. Lo osservò prendere la polvere da sparo e con essa riempire il solco che gli deturpava la spalla. Il bello doveva ancora venire, pensò cercando di vincere l’istinto di sfuggire alle cure dell’amico.
«Parlano poco, ti rispettano… e ti scaldano il letto.» continuò Billy.
«E due non sono troppe?» domandò soltanto per distrarsi dal bruciore che ora si irradiava a tutto il braccio.
«Scherzi vero?» sghignazzò l’altro.
«Be’, per quel che ricordo, una mi bastava» quasi gli scappò un sorriso al fiorire di vecchi ricordi.
«Tua moglie era bella e sapeva il fatto suo» Billy gli rivolse uno sguardo furbesco e abbassò la voce. «E pure quella che ti sei portato dietro non è male.»
«È la vedova Davis.» Come se questo già dicesse tutto.
«Buon per te, e anche per lei. Quel bastardo si è meritato la fine che ha fatto.»
«Frank era mio amico» prese a dire, mentre con gli occhi percorreva la figura delicata di Annabel. Scompigliata e stanca, pareva ancora più bella. «Mi ha fatto promettere che mi sarei occupato di lei, ma non credo intendesse infilarmela nel letto.» Questo era poco ma sicuro.
«Che importanza ha ormai? Lui è morto.»
Colin incrociò lo sguardo di Annabel, limpido come il cielo di quella giornata ormai sgombra di nubi. Frank era morto, ma aleggiava come un’ombra tra loro, anche ora, in quel loro guardarsi senza saper dire ciò che il cuore suggeriva. Era come se il suo fantasma li avesse tenuti lontani, troppo spaventati dal senso di colpa che avrebbero provato nel trovare la felicità sulle ceneri di un marito defunto.
«Dà retta a me una buona volta» fece l’irlandese nell’accendere il fiammifero. «Prendi quella femmina e portala lontano da qui. Non era una famiglia ciò che volevi una volta?» disse infine, mentre accostava la fiamma alla polvere da sparo.
Colin non riuscì a trattenere un grido rabbioso. Lo scoppio gli fece vibrare i muscoli del braccio, la carne sfrigolò impestando l’aria del suo odore nauseante, per un attimo tutto parve vorticargli attorno.
«Cristo…» imprecò, agguantando la bottiglia di whisky per farne un sorso, ma non servì a placare gli spasmi che lo trapassavano come lame.
«Ah! Lascia stare Cristo quando sei in casa mia. Sarò un vecchio brontolone, ma sono Irlandese e resto sempre un buon cattolico.»
«E il tuo Dio cosa ne pensa delle due mogli pagane che ti sei preso?» Resistere alla tentazione di stuzzicarlo fu impossibile.
Billy sorrise sotto i baffi rossastri e fece spallucce.
«Dice che sono un peccatore, ma non smetto un attimo di chiedere perdono.» Spalmò la ferita con un impiastro d’erbe che la più giovane delle donne aveva preparato e riprese a parlare. «Passerete con noi il Natale, poi andrete via. Non siete al sicuro qui, siamo troppo vicini a Bannack e ai fratelli Jones.»
Colin annuì. Non sapeva dove sarebbero andati, né cosa ne sarebbe stato di lui e Annabel. La sola cosa che sapeva era che non avrebbe più permesso al fantasma di Frank di mettersi tra loro.

* * *

Il cielo era puntellato di un’infinità di stelle quella notte. Da sola, appena fuori dalla porta della stalla nella quale avrebbero trascorso la notte, Annabel si strinse nella coperta che l’avvolgeva. Dentro, aveva lasciato Colin in compagnia di una sigaretta e, dal sonoro russare che proveniva dalla casa, pareva fossero i soli a non aver ancora chiuso occhio.
Aveva bisogno di respirare un po’ d’aria e di chiamare a raccolta i pensieri, ma nonostante i suoi sforzi, andavano tutti a dirigersi verso il ricordo di un paio d’occhi chiari che più di una volta quel giorno l’avevano guardata carichi di significati impossibili da ignorare. Il silenzio tra loro, quella sera era stato assordante, l’imbarazzo palpabile. Quanto accaduto la notte prima riusciva ancora a incendiarle le guance e a riempirle il cuore di una sensazione che non provava da troppo tempo. Un bacio il cui ricordo sarebbe rimasto per sempre dentro di lei.
Colin la voleva, forse tanto quanto lei voleva lui. Il solo pensiero le rubò il respiro. Alzò lo sguardo al cielo e portò le mani alle labbra gelide.
«Ti prego perdonami, Frank…» mormorò, con gli occhi chiusi, oppressa dal senso di colpa.
«E cosa ti dovrebbe perdonare?» La voce di Colin risuonò calda, ma riuscì comunque a farla sobbalzare.
Si voltò per rispondere, ma lui le posò due dita sulla bocca e piantò gli occhi nei suoi.
«Frank sapeva ciò che rischiava e se n’è infischiato. Sapeva che ti avrebbe lasciata sola, ma non gli è importato nemmeno questo.»
Annabel scosse il capo. Non voleva sapere, né sentire quelle cose, voleva solo tornare dentro e nascondersi sotto la coperta fino al sorgere del sole, ma Colin le impedì di fuggire. Ne avvertì le dita artigliarle il mento, possessive, mentre la obbligava a reggerne lo sguardo.
«Ho freddo e voglio rientrare» mormorò nel tentativo di sfuggirgli.
«Come vuoi tu. In effetti al caldo si parla meglio.» Colin non aggiunse altro e fu così rapido a sollevarla da terra e caricarla in spalla, che lei non ebbe nemmeno il tempo di protestare.
Quando la rimise giù, erano avvolti dal buio della stalla. L’aria satura del profumo di fieno, il tepore emanato dai cavalli a scaldarle le membra, Annabel si sentì quasi felice per il coraggio con il quale lui aveva deciso di infrangere il muro tra loro.
«Per tre anni ho rispettato la memoria di un amico che mi aveva affidato ciò a cui più teneva» prese a dire Colin, il tono pacato, le labbra troppo vicine alle sue per poterle ignorare. Annabel chiuse gli occhi quando ne avvertì le dita affondare tra i capelli, calde e forti. «Ma da un po’ ho smesso di vedere in te soltanto la sua vedova. Ho aiutato Frank ogni volta che ha avuto bisogno, gli ho offerto rifugio, ho cercato di fargli capire che non era quella la strada giusta e, al tempo stesso, sono stato suo complice nelle fughe…»
«Complice?» lo interruppe, sbalordita.
«A cosa credi servisse quel tunnel sotto la locanda?» le rispose, con gli occhi tuffati nei suoi. Nel buio della stalla parevano brillare come stelle. «Lo abbiamo scavato insieme, una via di fuga perfetta per sparire nella notte. Tesoro, era come un fratello per me, ho messo a repentaglio la mia vita per lui, e oggi non ho nulla da rimproverarmi se mi sono innamorato di sua moglie.»
«E perché, invece, io mi sento in colpa? Quel che provo per te mi fa sentire sporca... una traditrice.»
«Non c’è niente di sporco in tutto questo.»
Le labbra di Colin ancora più vicine alle sue, Annabel deglutì a vuoto in attesa di quel bacio che, ne era sicura, avrebbe distrutto anche l’ultima barriera tra loro.
«Ogni giorno passato accanto a te, è servito a farti mettere radici nel mio cuore» confessò lui. «Quindi non prendermi per pazzo se dico che ti amo, perché è la verità.»
Annabel si lasciò sfuggire un sorriso. Erano le sole parole che voleva sentire. Le mani di Colin l’attirarono a sé, il suo odore le era famigliare quanto lo sguardo di quegli occhi che conosceva meglio di chiunque altro. Loro due, da sempre così vicini che unirsi in un bacio pareva la sola cosa naturale.
Colin non attese un istante di più. Le parole di Billy risuonarono nella sua mente “Prendi quella femmina e portala lontano da qui. Non era una famiglia ciò che volevi una volta?”, e lo voleva ancora, si rispose nel catturarle le labbra.
La coperta che Annabel teneva addosso scivolò a terra, sotto le dita di Colin rimase solo la sottile stoffa dell’abito. Fu impossibile non seguire la linea dei fianchi e risalire la curva morbida del seno, la mano vi si chiuse sopra, il pollice stuzzicò il turgore del capezzolo. Non avrebbe atteso un'altra infinità di tempo per averla, sarebbe stata sua quella sera stessa.
«Sei pronta a lasciare il passato nel passato?» le mormorò sulle labbra. «Sei pronta ad amarmi?»
Annabel annuì, le loro labbra si unirono di nuovo, questa volta però non c’era alcuna esitazione in quei baci, solo il bisogno di sentirsi parte uno dell’altra.
La mano di Colin scese a farsi strada tra la stoffa della gonna. La sollevò, sfiorò l’orlo delle calze alte sopra al ginocchio e si scontrò con la biancheria. L’unico suono che si udiva era quello dei loro respiri. Il cuore accelerò un battito quando lei si scostò per sbottonare il corpetto dell’abito e inginocchiarsi sul fieno, il candore del seno che spiccava nel buio della stalla. Non si era aspettato tanta audacia, pensò nel raggiungerla su quel giaciglio di fortuna, l’eccitazione lo attraversò in un brivido, mentre il sangue fluiva verso il basso, come impazzito.
Si spogliò della camicia. Il bisogno di sentire la pelle di Annabel sulla sua era più forte persino del freddo. Quando la mano di lei gli si posò sul cuore, sorrise sopraffatto dall’emozione di quell’attimo tra loro. Non c’era più nulla attorno a lui, solo un paio d’occhi verdi che lo scrutavano bisognosi di certezze.
«Ricominceremo insieme, è una promessa» disse, nel portare la mano di Annabel alle labbra per baciarne le dita esili.
«E non la tradirai?»
«Potrei mai tradire una promessa fatta la notte di Natale?»
«Credo di no.» Un sorriso le accese il volto, mentre gli si buttava tra le braccia e gli donava le labbra.
Gli abiti finirono sparpagliati sul fieno, la coperta li avvolse nel suo tepore. Colin trattenne il respiro quando il seno di Annabel gli sfiorò il petto, caldo e morbido, impossibile resistere all’istinto di baciarne la pelle e lambire il capezzolo con baci che finirono per strapparle un sospiro di puro piacere.
Aveva pensato mille volte a come sarebbe stato fare l’amore con lei, aveva fantasticato sul suo corpo, su come lo avrebbe sfiorato, sui sospiri che le avrebbe strappato e ora, mentre lei lo accoglieva in sé con un gemito, riusciva solo a pensare che la realtà aveva di gran lunga superato le aspettative.
La vita era strana, aveva perso la locanda, rischiato la vita, e l’incertezza del futuro avrebbe dovuto farlo tremare, invece si sentiva davvero felice dopo tanti anni.

* * *

La luce del sole filtrò attraverso la finestrella della stalla. Era la mattina di Natale e Annabel non si sentiva così serena da tempo, anzi, a pensarci bene, forse da sempre.
Posò lo sguardo su Colin, ancora addormentato accanto a lei. La barba le solleticava la pelle della spalla e non riuscì a trattenersi dallo scostare la ciocca di capelli che gli ricadeva sul viso rilassato.
Sospirò al ricordo della notte appena trascorsa. Alla luce del giorno i baci e le promesse che si erano scambiati, parevano ancora più veri e i progetti più concreti. C’era una proposta di matrimonio, il sogno di creare una nuova vita in una delle città che sorgevano lungo il tratto della Union Pacific, era come se quel Natale avesse voluto regalare a entrambi una seconda possibilità e non se la sarebbero lasciata scappare.
Felice restò a fissare il destarsi di Colin, gli occhi azzurri trafitti da una lama di luce, e la felicità che li accese non appena incontrarono i suoi.
«Buon Natale» disse, con un sorriso seducente a incurvarle le labbra.

«Oh, lo sarà di certo» rispose lui, attirandola a sé, le mani che già ne esploravano le curve armoniose. «Lo sarà di certo…»

FINE

CHI E' L'AUTRICE...

Patrizia Ines Roggero nasce a Genova nel 1979. È un'autrice di romance storici. Ad oggi ha pubblicato il romanzo Sono solo un marinaio (Triskell Edizioni), la trilogia Paradise Valley, il racconto Asso di cuori (collana Passioni romantiche - Delos Digital) e il romanzo Il brigante di Corte.
Alcuni suoi racconti sono presenti nelle antologie di Puntoacapo Edizioni, Delos Books, nei progetti delle Amiche di Penna e di EWWA European Writing Women Association, associazione della quale fa parte dal 2013.
Sposata e mamma di una bambina, è appassionata di storia americana, soprattutto per quanto riguarda l’epopea western e la cultura dei Nativi Americani.Insieme ad altre tre autrici, amministra il gruppo Facebook Io leggo il romanzo storico


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22 commenti:

  1. Forte, intenso, immediato. Una storia dolce e violenta al tempo stesso. Colin e Annabel decisamente meritano un bel lieto fine!

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  2. Svelto e struggente al tempo stesso questo racconto. Avevo già letto altro di ambientazione western della consorella Patrizia e trovo l'accoppiata evocativa, che la Dea la benedica

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  3. Adoro Patrizia e le sue storie ambientate in mondi ormai lontani. Annabel e Colin sono tratteggiati con sapienti tocchi. Molto bello. Ledra

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  4. Grazie a tutte! Sono contenta che vi sia piaciuto ^_^!!!

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  5. non amo gli storici, ma il western mi è sempre piaciuto.
    storia molto romantica ed intensa. bella.

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  6. Una storia intensa e romantica, la speranza di un nuovo inizio, una promessa fatta durante la notte di Natale...
    Ottimo racconto!

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  7. Bellissimo, credo rientri tra i miei preferiti!!! :D

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  8. Dolce, intenso, romantico e tenero. Un bel racconto storico dove l'amore e la passione si avvertono chiaramente.

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  9. Molto bello! Appassionante, pieno di emozioni. Lo stile di Patrizia è sempre efficace.

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  10. Un bel racconto, nel tipico Far West. L'ambientazione è primitiva e cruda insieme ai personaggi ben delineati e tipici di quel periodo storico. Molto molto carino. Un'unica pecca: i refusi.

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    1. Hai ragione iaia e mi scuso per i refusi! Credevo fossero sviste, invece mi sono accorta di aver inviato il file sbagliato :-(. In quei giorni ero alle prese con il "trasloco" dei file dal vecchio pc al nuovo e ho fatto un guaio!

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    2. Adesso però i refusi sono stati sistemati.

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  11. Molto carino! Mi è piaciuto per il ritmo incalzante e il protagonista forte e passionale :)

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  12. molto tenero,un bel racconto, Complimenti alla Roggero

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  13. Questa rassegna natalizia offre una scelta davvero diversificata per ambientazioni e stili narrativi! Questo racconto rispecchia perfettamente l'ambientazione, è rude e passionale, e i sentimenti si indovinano prima che vengano espressi. Mi è piaciuto molto anche il personaggio di Billy.
    Ornella A.

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  14. Vorrei fare i miei complimenti a Patrizia perché dalla prima volta che l'ho letta ha fatto passi da gigante. Questo racconto è molto bello, scritto bene e con personaggi credibili che ti conquistano fin dalle prime righe. Brava, davvero!

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    1. Grazie Laura, mi fa molto piacere sentirtelo dire!!!

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  15. Non amo l'ambientazione western (adesso vorrai strozzarmi), ma tu sei davvero brava. Racconto molto intenso..."lo è stato di certo"!

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  16. L'ho tenuto per ultimo perchè non amo l'ambientazione western. Scritto bene ma come temevo non mi ha coinvolto :-(

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  17. Un grazie di cuore a chi ha letto e commentato!!!

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  18. Delizioso davvero! Non avevo mai provato il genere, ed è interessante, tutto nuovo per me. Bello come sei entrata nello stato d'animo dell'epoca, nei pudori che oggi non ci sono più, e bella la storia diversa dal classico romance. Mi è piaciuto molto.

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  19. Letto e apprezzato e votato. Complimenti all'autrice

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