Christmas in Love: DIAMANTI A COLAZIONE di Viola Villa


"Giulia esitò, tormentata dall’indecisione. Che fare? Entrare con sfacciataggine infischiandosene della buona educazione o lasciar perdere e tornare nella sala dove si svolgeva la festa?
Decise: entrare con sfacciataggine. I suoi poveri vecchietti non avrebbero passato il Natale in mezzo alla strada!"

Mentre si aggirava  tra gli  invitati che festeggiavano la vigilia di Natale  nella villa dell’imprenditore Luca Marini, Giulia si guardava intorno con aria disgustata.
“Che spreco!”, pensava.  La villa era una costruzione faraonica a tre piani  con piscina, campo da golf e pista di atterraggio. Il buffet che era stato allestito  avrebbe potuto sfamare  un intero  reggimento. Lo champagne scorreva a  fiumi  e  le pietanze erano state preparate da uno chef francese.  Considerato che c’era  gente che moriva  di fame  e   non  aveva un tetto sopra la testa,  quel  lusso era deplorevole!
Giulia faceva l’assistente sociale e ogni giorno veniva a contatto con situazioni di estremo disagio. La crisi aveva creato molti poveri e gettato in strada molti sfrattati. Lei cercava di assicurare un pasto caldo e un ricovero a chi viveva per strada. Non sempre ci riusciva, ma ogni volta si batteva con grinta per superare gli ostacoli che incontrava. Faceva quel lavoro per passione, non per avere a fine mese uno stipendio. Aveva una natura generosa e altruista. Aiutava chiunque avesse bisogno, spesso rimettendoci di tasca sua. Ma era contenta così e non avrebbe cambiato lavoro per nulla al mondo.
Per questo considerava deplorevole il lusso che la circondava. Se fosse dipeso da lei non avrebbe  mai  messo  piede nella villa di Luca Marini, un imprenditore della Roma bene noto per il suo vasto giro d’affari, per la sua mancanza di scrupoli e per il suo cospicuo conto in banca.
Purtroppo vi era stata costretta. In quei giorni si stava occupando di una causa che le stava molto a cuore:  dodici vecchietti stavano per essere sfrattati  dalla casa di riposo in cui abitavano perché Luca Marini, proprietario dell’edificio, voleva demolirlo  per costruire al suo posto un centro commerciale.
Ma prima dovrà passare sul mio cadavere!
Luca Marini era un uomo spietato e senza scrupoli, ma lei non si sarebbe fatta intimorire. Gli avrebbe parlato e avrebbe difeso la causa dei poveri vecchietti. Aveva cercato di avvicinarlo presentandosi nel suo ufficio, ma era stata ostacolata da uno sbarramento di segretarie e guardie del corpo. Allora si era intrufolata nella villa dell’imprenditore approfittando della mega festa che dava la vigilia di Natale. Si era accodata a un gruppo di invitati e in questo modo era sfuggita al controllo delle guardie di  vigilanza.
“E ora eccomi qui”.
Da lì non si sarebbe mossa se prima non avesse parlato con quell’uomo. Non avrebbe gettato in strada i suoi poveri vecchietti facendo passare loro il più brutto Natale della loro vita!  
Mentre si muoveva tra gli invitati cercava con lo sguardo il padrone di casa. A dire la verità non aveva la minima idea di chi fosse in mezzo a tutta quella gente. Non conosceva il suo aspetto, ma un’idea ce l’aveva: un uomo sulla sessantina, tarchiato, i capelli brizzolati, gli occhiali e il doppio mento. Cercò tra la folla chi corrispondeva a quei connotati fisici, ma c’erano molti uomini così e lei aveva timore di sbagliare. Fermò un cameriere.
-Mi può indicare, per favore, il signor Marini?
Il cameriere girò lo sguardo per la sala e scosse la testa.
-Non  lo vedo.
-Vuol dire che non è qui? – chiese Giulia.
-Sarà nello studio per una questione d’affari. Mi scusi, non posso trattenermi. -  il cameriere si allontanò.
Che delusione!, pensò Giulia. Luca Marini era chiuso nello studio a parlare d’affari e lei non riusciva ad avvicinarlo. Rischiava di tornarsene a casa senza aver risolto nulla. Sarebbe stato un Natale molto triste per i suoi poveri vecchietti e anche per lei sapendo che non avevano più una casa dove stare. 
                                      
  
In quel momento una voce alle sue spalle la fece trasalire.
-E tu quale regalo desideri per Natale?
Giulia si voltò infastidita. Quella gente considerava il Natale solo un’occasione per fare regali e sperperare il denaro in frivolezze. Non gliene importava niente di chi moriva di fame o non aveva un tetto sopra la testa. Giulia voleva fare una battuta pungente e dire a quel bellimbusto che si togliesse dai piedi.
Ma la battuta le rimase sulla punta della lingua.
Davanti a lei c’era un Babbo Natale interamente vestito di rosso con tanto di barba bianca, cappuccio e  occhiali dalla montatura dorata.  Ecco un povero disgraziato che sta peggio dei miei dodici vecchietti, pensò Giulia. Non contento di aver organizzato quella festa sontuosa, l’imprenditore aveva ingaggiato un disoccupato perché recitasse la parte di Babbo Natale. “Che bastardo!” si indignò Giulia  “Sfruttare un pover’uomo per far divertire i suoi ospiti!”.
-Allora? – insistette il finto Babbo Natale – Non dici niente?
E che doveva dire?, sospirò  Giulia. Non certo  quello  che  le passava per la testa, perché  sarebbe stato umiliante per lui.  Poveraccio,  guarda com’era ridotto: si era  dovuto mettere addosso  quel  ridicolo  costume per  guadagnare qualche soldo.
Giulia  si  sentì travolgere da un’ondata di compassione e sentì per lui un  trasporto  che  non aveva mai provato per nessun  altro.  Quel pover’uomo era  sfruttato nel peggiore dei modi.  Per  fortuna c’era lei a dargli una mano e a impedire che  perdesse  anche  quello straccio di lavoro che aveva trovato. 
-Senti, -  bisbigliò  prendendolo per un braccio e tirandolo in disparte  -  stai andando bene, bravo. Però non perdere tempo con me. Se il bastardo  si accorge che  anziché lavorare  ti sei messo a chiacchierare  ti  licenzia  e domani ti ritroverai a  spasso.
Gli occhi dorati che la fissavano dietro gli occhiali  scintillarono divertiti.
-Chi è  il bastardo?
-Il  padrone di casa.
-Perché pensi questo di lui?
-Non vedi come ti sfrutta?  -  si  indignò  Giulia   -  Ti  ha  ingaggiato per far divertire i suoi ospiti, ti ha messo addosso questo ridicolo costume da Babbo Natale e ti fa fare il  buffone. 
-Veramente…
-Scusa, - si  rammaricò  Giulia, dispiaciuta  -  non  volevo offenderti. Capisco. Hai preso  il primo lavoro che hai trovato.  E hai fatto bene, perché con la crisi che c’è  bisogna prendere quello che si trova. Per questo ti dico: vai,  continua  il tuo giro, non perdere tempo con me.  Questo sarà  pure uno schifo di lavoro, ma non ti puoi permettere il lusso di perderlo.
Il finto Babbo Natale sembrò sul punto di  andarsene,  ma  ci  ripensò.
-Non mi hai detto  quale regalo desideri per Natale.
-Ancora qui? -  si accigliò  Giulia.
-Allora?  Il tuo regalo?
-Dobbiamo proprio recitarla fino in fondo questa farsa? E va bene,  vorrei una collana di diamanti.
-L’avrai.
-Si, quando gli asini voleranno. Su, va’, non perdere tempo con me, va’!
L’uomo sparì  nella folla e  Giulia lo seguì con lo sguardo scuotendo la testa. Poverino, era ridotto  proprio male se per  campare  aveva accettato  di  indossare  quel  ridicolo  costume da  Babbo  Natale.
Però  che  uomo! Era alto  come  minimo  un metro  e  novanta. Aveva spalle  così larghe che  le cuciture della giacca  erano tese come le corde di un violino. Le sarebbe piaciuto togliergli gli occhiali. Aveva occhi  bellissimi, color nocciola con increspature dorate.
“Ma che idee ti vengono in testa,  Giulia?” si rimproverò   “Non  sei qui  per  ammirare  gli occhi  di  un  finto  Babbo  Natale,  ma per parlare con il  padrone di casa di dodici vecchietti che  stanno per  essere sfrattati!”.
                                                 
                                           
“Che accidenti mi ha preso?”,  si  chiese  Luca Marini al  tavolo del  buffet,   sorseggiando un bicchiere di  champagne dopo aver abbassato la finta  barba  da  Babbo   Natale   che   gli copriva mezza faccia.  Non era da lui abbordare  una donna,  di solito  erano le donne a  dargli  la  caccia.
Ma quando aveva visto quella biondina dall’aria spaesata  non aveva esitato a raggiungerla. Era molto carina.  Aveva i capelli corti tagliati a  caschetto  e  due occhi  a mandorla  dalle  iridi  verdi.  Non solo era bella, era anche dolce e gentile. Lo aveva preso per un disoccupato costretto a recitare la parte di Babbo Natale e si era dispiaciuta per lui. Nessuna donna si era mai dispiaciuta per lui. A nessuna donna era mai importato di lui come uomo. Le donne lo cercavano solo per i suoi soldi. Essere amato per se stesso era un sogno irrealizzabile.
-Gradisce altro? – gli chiese il cameriere che serviva al buffet.
-No,grazie. – rispose Luca restituendogli il bicchiere dopo averlo vuotato.
Voleva togliersi il costume da Babbo Natale che aveva indossato per vivacizzare la serata, ma prima si sarebbe fumato una sigaretta. Aveva bisogno di raccogliere i pensieri e di chiedersi cosa ci fosse di diverso quell’anno nel Natale. Era  Natale come tutti gli altri anni.
Però aveva la sensazione che quello fosse un  Natale speciale e che non lo avrebbe dimenticato per il resto della sua vita.                                                 
                                                
                                                 
  
Dopo  aver  gironzolato tra gli invitati e aver ammirato le luci che scintillavano sul monumentale albero di Natale collocato in fondo alla sala, Giulia decise di tentare il tutto per tutto. Sarebbe andata nello studio a parlare con il signor Marini. Era molto probabile che l’avrebbe messa alla porta, ma non poteva starsene con le mani in mano aspettando l’occasione favorevole per parlargli. Doveva prendere l’iniziativa e andare da lui.
Non perse altro tempo. Chiese a una cameriera dove fosse lo studio.
-La terza porta in fondo imboccando quel corridoio. – le spiegò.
-Grazie mille. – disse Giulia e si avviò in quella direzione.
Quando raggiunse la porta dello studio bussò con decisione. Inutile farsi prendere dal panico proprio adesso.
-Signor Marini. – chiamò – Posso entrare? 
Nessuno rispose.
Giulia esitò, tormentata dall’indecisione. Che fare? Entrare con sfacciataggine infischiandosene della buona educazione o lasciar perdere e tornare nella sala dove si svolgeva la festa?
Decise: entrare con sfacciataggine. I suoi poveri vecchietti non avrebbero passato il Natale in mezzo alla strada!
Aprì con impeto la porta.
-Signor Marini, io…!
Non c’era nessuno. La stanza era immersa nella penombra.
“Dove sarà quell’uomo?”, si chiese interdetta Giulia.
Non ebbe molto tempo per farsi quella domanda. Qualcuno si avvicinava. Sentiva il rumore dei suoi passi farsi sempre più vicini. O mio Dio, si angosciò Giulia. Che avrebbero pensato di lei, che fosse una spia intrufolatasi nello studio per carpire i segreti del padrone di casa? Come avrebbe potuto giustificarsi? Dire  mi sono persa oppure  cercavo il bagno? 
Tentò di allontanarsi, ma era troppo tardi, non faceva più in tempo.
Lottando contro il panico,  Giulia entrò nello studio, si guardò  intorno cercando freneticamente un posto dove nascondersi  e  non  trovando  niente  di meglio  corse a rannicchiarsi dietro il divano.
Appena  in tempo.  La porta si aprì, la luce si accese e  qualcuno entrò nella stanza.
Sbirciando oltre il bordo del divano, Giulia strabuzzò gli occhi.
Era entrato Babbo Natale, ossia l’uomo vestito da  Babbo  Natale che aveva visto prima. Ma che ci faceva lì? Non doveva essere nel salone a recitare la parte di Babbo Natale per cui era stato ingaggiato?
Sbarrando gli occhi, Giulia lo vide accomodarsi nella spaziosa poltrona rivestita di pelle nera che stava dietro la scrivania, togliersi il cappuccio, la barba e gli occhiali, fare un profondo respiro, prendere una sigaretta dal pacchetto che stava sul portacenere di cristallo, aprire un cassetto ed estrarre un accendino d’oro. Fece scattare la fiamma, si accese la sigaretta e si mise l’accendino in tasca.
Ah no, si disse Giulia. Questo no. Passi sbarazzarsi dell’umiliante vestito da Babbo Natale che aveva dovuto indossare, passi volersi dare arie da padrone di casa, ma l’accendino doveva rimetterlo al suo posto!
Balzò in piedi uscendo allo scoperto.
-Fermo!- gridò.
L’uomo si voltò immobilizzandosi con la sigaretta sospesa in aria.
-Rimetti quell’accendino dove l’hai trovato - lo ammonì furiosa Giulia - e non azzardarti a rubarlo! 
Luca non sapeva se arrabbiarsi o ridere per quell’improvvisa apparizione. Mai si sarebbe aspettato di trovare nello studio la bella biondina che aveva visto nel salone. Ma come era finita lì?
“Che importa come ci è finita.”, si disse “E’ qui e basta”. Era contento di rivederla. Ringraziava il destino che l’aveva messa di nuovo sulla sua strada.
-Ciao. – le disse con un ampio sorriso -  Ti sei persa o cosa?
-Non cambiare  discorso! –   lo ammonì  Giulia – Stavi rubando quell’accendino!
-Veramente…
Luca voleva chiarire l’equivoco e dire che lui non era un disoccupato ingaggiato per recitare la parte di Babbo Natale, ma poi si disse ma si, lasciamoglielo credere, vediamo cosa succede. Quella donna lo divertiva e lo intrigava. Le altre donne lo annoiavano. Quella invece era diversa. Era fresca, spontanea, stimolante. Gli accendeva dentro delle emozioni, fatto insolito per uno come lui abituato ad avere tutto e quindi a non emozionarsi per niente.
 –Non stavo facendo nulla di male, non volevo rubare, avrei rimesso l’accendino al suo posto dopo aver finito di fumare.
-Sul serio? – gli chiese Giulia, sospettosa.
-Hai la mia parola. Ho preso solo questa sigaretta. Dubito che il padrone di casa se ne accorgerà.
 “Pover’uomo”, si dispiacque Giulia “E’ avvilito, amareggiato. Perché non mi sono cucita la bocca quando l’ho rimproverato?” Non voleva infierire contro quel poveraccio già così tanto provato dalla malasorte.
-Caro, -  proseguì dolcemente -  capisco che tutto questo lusso ti mette addosso un profondo senso di frustrazione, capisco che quell’accendino d’oro è una tentazione irresistibile e che vendendolo potresti ricavarci un bel po’ di soldi e passare anche tu un buon Natale, ma tu sei un brav’uomo, non fare cose che vanno contro i tuoi principi e i tuoi valori.
“Quali principi e quali valori?” si chiese Luca. Aveva sempre prevaricato, truffato, imbrogliato. Si era sempre comportato con disonestà. Per arricchirsi non aveva badato a niente e a nessuno. Aveva calpestato molte persone.
-Caro, - proseguì Giulia - non ti andrà sempre male. Vedrai che le cose si sistemeranno. Sono un’assistente sociale, ti farò avere un sussidio con il quale potrai tirare avanti. Abbi fiducia in me. Non sei più solo. Io mi prenderò  cura di te.
Io mi prenderò cura di te. Quanto aveva desiderato sentirsi dire quelle parole!, pensò con amarezza Luca. Aveva nove anni quando i suoi genitori erano morti. Aveva sperato che uno dei suoi quattro zii lo prendesse a vivere con sé, ma nessuno di loro lo aveva fatto. Nessuno di loro aveva voluto accollarsi il suo mantenimento. Lo avevano mandato in un orfanotrofio, condannandolo a un’infanzia solitaria e priva del calore di una famiglia.
Quell’esperienza gli aveva lasciato un segno indelebile. Per questo aveva deciso che da grande si sarebbe comportato come gli zii si erano comportati con lui: con freddezza, distacco, egoismo e crudeltà. Occhio per occhio, dente per dente.
E così era stato, per tutti quegli anni.
Ma in quella straordinaria notte di Natale Dio gli aveva mandato un angelo per  dirgli basta odiare, basta vivere per la vendetta. Natale era pace, perdono, amore. Doveva perdonare i suoi zii. Doveva lasciar andare il passato. Doveva riaprire il suo cuore all’amore.
Io mi prenderò cura di te.
Seppur a distanza di tanti anni eccole le parole che aveva tanto sperato di sentirsi dire. Il gelo che per tanto tempo aveva congelato la sua anima si sciolse e il suo cuore riprese a battere.
-Lo so, caro.  -   riprese Giulia in uno slancio appassionato  -  Lo so quello che provi. Sei avvilito, arrabbiato, frustrato.  Pensi  che non è giusto che al mondo ci sia chi ha tanto e chi invece non ha niente. Ma anche chi ha poco può essere felice. La felicità non consiste nelle cose materiali. Chi è ricco non è detto che sia felice. Prendi il padrone di questa casa: è un uomo che ha tutto quello che si può desiderare al mondo, ma chi ti dice che sia felice?
“Infatti non lo sono”, pensò Luca. Ripensò alle proprie inquietudini, segnali a cui non aveva mai dato peso, ma che ora assumevano un significato preciso e inconfutabile: la ricchezza non lo aveva ricompensato di quello che non aveva avuto e non aveva riempito il vuoto della sua vita. In fondo era rimasto quel bambino povero, triste e solo che fissava con le mani avvinghiate all’inferriata della finestra la lunga strada davanti all’orfanotrofio sperando di veder arrivare un giorno o l’altro uno dei suoi zii per portarlo via.
-Accontentati di quello che hai e non desiderare quello che non puoi avere. Vieni, caro. – Giulia gli tese la mano – Andiamo via. Se il signor Marini scopre che ci siamo intrufolati nel suo studio, che tu ti sei seduto sulla sua poltrona, hai preso una delle sue sigarette e ha usato il suo accendino  chiama le guardie e ci fa arrestare.
-Non lo farà. – disse Luca.
-Come fai a esserne sicuro?
-E’… occupato con i suoi ospiti.
-Da quell’uomo ti devi aspettare di tutto. Se tu sapessi che uomo è non parleresti così.
-Davvero?
-Ma non li leggi i giornali? E’ un uomo senza scrupoli!
-Tutti possono redimersi.
-Ma non lui!
-Perché no? Tutti hanno diritto a una seconda possibilità. Anche lui.
Ora Luca aveva l’assoluta certezza che gli angeli esistevano e che lui ne aveva incontrato uno in quella magica notte di Natale. Un angelo molto, molto  carino. Si alzò e con un movimento del braccio l’attirò a sé.
-Non parliamo del padrone di casa.  - le sussurrò  - Parliamo di noi.
-Di noi? – balbettò Giulia – E che cosa c’è da dire di noi?
-Tu mi piaci. E credo di piacerti anch'io.
-Cosa te lo fa pensare?
-Non mi aiuteresti se non fosse così.
-E va bene. – sospirò Giulia – Hai indovinato. Mi piaci. Ma… ehi, aspetta un momento, non volevo dire che…
Luca le aveva chiuso la bocca con un bacio.
-Be’… -  disse Giulia quando il bacio finì, gli occhi sognanti -  vai un po’ di fretta, però sei simpatico.
-Simpatico è il più bel complimento che mi sia mai stato fatto. – le sussurrò Luca.
Riprese a baciarla. E Giulia gli passò un braccio intorno alla nuca attirandolo a sé. Era proprio un bell’uomo. Ora che lo vedeva senza il cappuccio, la barba e gli occhiali si rendeva conto che non si era sbagliata quando aveva intuito che sotto quel costume da Babbo Natale si celava un uomo di notevole fascino. Era bruno, con un viso dai tratti virili e occhi dorati che brillavano come l’oro.
-Però -   aggiunse impetuosamente tra un bacio e l’altro –  voglio mettere in chiaro che sono una ragazza perbene.
-Lo so.
-E che  non bacio il primo che incontro.
-Lo so.
-Con te mi sono lasciata andare perché sei diverso.
-Davvero?
-Sei uno sfigato. Come me. – sospirò Giulia -  Sei un poveraccio che tira a campare come può. Nemmeno a me, sai, - confessò –  le cose vanno bene. Vivo in un monolocale che è la metà di questa stanza e faccio i salti mortali per arrivare alla fine del mese. Vivo di quel poco che ho, ma se mi avanza qualche soldo lo do ai poveri e ai senza tetto del mio quartiere. La vita è dura, ma dobbiamo pensare anche a chi sta peggio di noi.  
“Com’è adorabile!”, pensò Luca  “Una così non me la lascio scappare”. 
-Però adesso, caro, dobbiamo andarcene.
-Restiamo qui.– disse Luca tirandola sul divano.
-Non possiamo restare.
-Pochi minuti. Vieni qui, lasciati baciare. – riuscì a farla sedere e riprese a baciarla.
Giulia non protestò più e dimenticò tutto tra le sue braccia. Dimenticò il padrone di casa, dimenticò il pericolo che potesse scoprirli, il lusso che la circondava, la mega festa, la villa faraonica, la vigilia di Natale e persino i suoi dodici vecchietti. Dimenticò il mondo fuori dalla porta dello studio. Dimenticò tutto, tranne quell’uomo che la stringeva tra le sue braccia e le faceva battere forte il cuore.
Ma era stanca. E poi si era fatto tardi. Le palpebre le si abbassavano. Il sonno minacciava di sopraffarla, complice l’ora tarda e la morbidezza di quel  comodo divano.
-Chiudo gli occhi, solo un momento. – disse. Li chiuse e si addormentò.

                                                  
                                                    
Quando si svegliò dalle persiane filtrava la luce del sole. O mio Dio!, sussultò Giulia. Recuperò in fretta le scarpe, si tolse di dosso la coperta che l’uomo le aveva posato addosso e balzò in piedi.
Era sola. L’uomo se n’era andato. Giulia provò una forte delusione, ma poi si diede della sciocca. Che altro poteva fare quel pover’uomo se non andarsene? Se il padrone di casa lo avesse scoperto nel suo studio  lo avrebbe fatto arrestare!
Ma che peccato! Non lo avrebbe rivisto mai più. Come poteva rintracciarlo? Non sapeva neppure il suo nome. La sua storia d’amore era finita. Era durata, ahimè, solo una notte ed era svanita con la luce del sole.
Doveva sbrigarsi! Se Luca Marini l’avesse beccata in casa sua avrebbe chiamato la polizia e l’avrebbe denunciata per violazione di domicilio!
Giulia aprì la  porta  e  sgusciò  nel corridoio. Nessuno  nei paraggi.
Bene. Via  libera!
Attraversò  correndo  il corridoio  e scese a precipizio le scale. Tanta fu la fretta che  per poco non  cadde.  Ringraziò il cielo per non aver fatto un  capitombolo.  Immaginò i titoli sui giornali: Assistente sociale si intrufola senza invito  nella villa dell’imprenditore Luca Marini e  ruzzola  dalle scale.
Se non fosse  morta  per la caduta, sarebbe morta per la  vergogna.
Arrivata  giù,  attraversò  furtivamente  il  vestibolo  cercando  di guadagnare la porta. Le guardie di vigilanza dovevano essere in  giro. Con un po’ di fortuna avrebbe  cercato di  filarsela  prima che si accorgessero di lei.
Ma un cameriere sbucato da una porta laterale  la bloccò.
-La  colazione è pronta, signorina.
Lei   battè le palpebre.
-Come, prego?
-La colazione.  Da questa parte.
-Mi  avete  confusa con qualche altra, io stavo giusto per andarmene .
 Ma  il cameriere le  fece  cenno di seguirlo.  Rassegnata,  Giulia gli andò dietro  con il morale a terra.  Non ce l’aveva fatta.  Era stata beccata. 
Almeno, grazie a Dio, lui era in salvo!
Ma  seguendo il  cameriere,  entrò  in un’ampia sala e lo vide seduto a una tavola imbandita  che  stava facendo tranquillamente colazione.
Oh  no,  gemette. 
Lui  era  ancora  alla  villa.
-Che  stai facendo? -  gridò  raggiungendolo  e tirandolo per il  braccio per farlo alzare  -  Alzati,  vieni  via, andiamocene prima che  arrivi  il padrone di casa  e ci  faccia  arrestare!
Non tutto era perduto, si disse. Facevano ancora in tempo. Se saltavano da una finestra  sarebbero riusciti a seminare le guardie di vigilanza e ad arrivare al cancello. Non si sarebbe arresa. Doveva  aiutarlo.  Povero caro, non avrebbe retto  il  carcere e tutto  il  resto. Lei  era forte, lei ce l’avrebbe fatta. Ma  lui no.  Lui non ci stava con la testa.  Perché solo uno che non ci stava con la testa poteva fare  quello  che  aveva fatto lui:  entrare nello studio del padrone di casa, usare la sua poltrona, prendere le sue sigarette,  infilarsi in tasca il suo accendino, sedersi alla sua tavola, mangiare la sua colazione. 
Se non gli avessero dato il carcere gli avrebbero dato il manicomio. Doveva  proteggerlo.  A  tutti i  costi.
-Vieni,  caro. -  pregò -  Vieni via  con  me.
 Ma l’uomo  liberò  il braccio  e  continuò come se nulla fosse a  mangiare. Anzi  disse
-Siediti e mangia anche tu.
-Sei impazzito?
-Perché? 
-Questa  non è casa tua!
-Lo è.
-Che dici?
-Sono  Luca Marini.
Giulia si  impietosì. Poverino, stava persino peggio di quello che pensava. Credeva di essere nientemeno che Luca Marini.
Lo avrebbe fatto curare. Qualsiasi farmaco, qualsiasi terapia. Tutto, pur di alleviargli la confusione mentale di cui soffriva e dargli un po’ di sollievo.
Lo avrebbe portato a casa sua, a vivere con lei. Nel suo monolocale sarebbero stati stretti, ma si sarebbero arrangiati. Per le spese si sarebbe data da fare. Avrebbe fatto gli straordinari, avrebbe fatto qualche lavoretto extra, avrebbe saltato qualche pasto, ma non gli avrebbe fatto mancare niente. Non le importava che fosse un uomo povero e malato. Lo amava. Anzi lo amava proprio perché era povero e malato.
-Caro, - lo  pregò  -  vieni via con me.
-Se non mi credi guarda sotto quel tovagliolo. -  replicò   lui.  
Giulia non voleva guardare, ma per  farlo  contento lo assecondò. Sollevò il tovagliolo e  vide un  astuccio.
-Aprilo. -  disse lui.
Giulia  lo  aprì e rimase di stucco. Dentro  brillava una collana di diamanti così luminosa che dovette chiudere gli occhi per proteggerli da  tanto splendore.
-E’  tua. -  le disse lui – Non è il regalo di Natale che volevi? 
-Ma… - balbettò Giulia.
-Mi credi, adesso?
-Ce.. certo che ti credo. – balbettò Giulia, che non poteva non arrendersi all’evidenza   -  Sei… sei Luca Marini.
-E tu sei la donna più bella e più dolce che abbia mai incontrato. – le sussurrò lui prendendola tra le braccia – Mi sono innamorato di te.
-A…anch’io. – balbettò lei – Ma tu… tu sei…
-Dimentica chi sono. – sussurrò lui - Anzi chi ero, perché dopo questa notte non sono più lo stesso uomo. Rimedierò agli errori che ho commesso. Userò la mia ricchezza per fare del bene e finanzierò progetti di assistenza per i poveri, i malati, i senza tetto e chiunque abbia bisogno che qualcuno gli  tendi una mano. Comincerò una nuova vita. Con te. Sei una donna straordinaria e ringrazio il cielo per averti messa sulla mia strada. Ora sono io che ti prego. Non andartene, Giulia. Resta con me.
Giulia non chiedeva di meglio. Le girava la testa e il cuore le batteva forte. Nel calore delle sue braccia, nell’ardore dei suoi baci si sentiva mancare. Ma c’era una cosa che doveva assolutamente fare prima di lasciarsi andare.
-C’è una cosa che devo dirti.
-Cosa? – chiese lui mentre le baciava l’incavo del collo.
-Ci sono dodici vecchietti che stanno per essere sfrattati da una casa di riposo…
Lui non la lasciò finire.
-Resteranno dove sono, ma ora pensiamo a noi due. Buon Natale, angelo mio.

FINE

CHI E' L'AUTRICE
Viola Villa è lo pseudonimo che l’autrice ha scelto per vivere nel mondo della fantasia e per ritagliarsi uno spazio in cui evadere dalla realtà.
E’ nata a Brindisi, dove vive tuttora con un marito e tanti libri e dove lavora come impiegata presso un’amministrazione pubblica.
Ha sempre scritto fin da bambina, ma solo da poco ha deciso di pubblicare quello che scrive. Alcuni mesi fa ha autopubblicato su Amazon il romanzo Intrighi e segreti (vedi QUI).
Adora le storie d’amore che hanno una trama vivace e frizzante, ma anche personaggi con una spiccata profondità interiore.

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5 commenti:

  1. Cara consorella Viola, purtroppo stavolta il narrare non mi ha convinta quanto quello degli altri racconti... mi spiace :( Buona festa di Giano bifronte! Che la Dea ti benedica, Anonima Strega

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  2. L'idea del racconto è molto carina. La storia della ragazza di buon cuore, pronta ad aiutare gli altri, ma che poi finisce per conquistare un imprenditore ricchissimo e senza scrupoli funziona alla grande. Peccato per alcune ingenuità, dovute forse all'inesperienza dell'autrice. Comunque voglio complimentarmi con te, Viola, perché hai scritto un racconto molto dolce e romantico. Con qualche miglioria, questo potrebbe diventare un ottimo plot per un romanzo.

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    1. Ti ringrazio per i complimenti, Laura, e terrò conto dei tuoi suggerimenti.
      Auguro a tutti un felice 2015.
      Viola

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  3. Concordo con gli altri commenti, la storia è molto dolce e romantica ma ho trovato la protagonista di un'ingenuità poco credibile e anche il repentino cambio di comportamento di lui è poco approfondito.
    Comunque Buon Anno.

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  4. Però la storia di Cenerentola ha un fascino inossidabile! Un figlio di buona donna vestito come Babbo Natale?! Mmm, comincio a pensare che i figli di buona donna nn esistano! ;-)

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