IL ROMANZO MISTERIOSO - NONA PARTE

SE AVETE PERSO LE PARTI PRECEDENTI, 
LE POTETE TROVARE QUI. 
NB: I capitoli sono presenti in ordine decrescente, quindi scrollate infondo per andare ai primi.

*Il contenuto di questo libro è adatto ad un pubblico adulto.*

CAP. 8
Fu il secondo venerdì di novembre che tutto cambiò. Una voragine si aprì sotto i miei piedi e mi inghiottì tutta, per poi spararmi fuori dall’altra parte, a guardare l'universo sotto sopra.
Tesoro, lessi quella notte, mi è arrivata una notizia e non so come la prenderai.
Mi è stata concessa la libertà condizionale.
Mi si fermò il cuore.
Si fermò come si ferma il respiro prima di un tuffo nell’acqua gelida. Mi tremavano le dita, le mani e le braccia.
Avrei dovuto dirtelo appena l’ho saputo. La mia udienza è stata ai primi di settembre e ho ricevuto la notizia ufficiale tre settimane fa. Non mi sarei mai aspettato succedesse. Il mio avvocato mi aveva già detto chiaro e tondo  che avevo mandato a puttana le mie possibilità di ottenerla anni fa, quando dissi a tutti che non mi pentivo di quello che avevo fatto e che l’avrei rifatto esattamente nello stesso modo. Non ti ho detto dell’udienza perché non  mi piaceva pensare a come avresti potuto reagire. Ho immaginato che tu potessi nutrire speranze e che poi la libertà sulla parola mi venisse negata, o che tu potessi aver paura di sapere che sarei potuto uscire. Poi, quando l’ho saputo, ho avuto semplicemente paura di dirtelo. Paura che avresti smesso di scrivermi. Ho ancora paura che tu lo faccia. Odio doverti dire di questa cosa. Odio immaginarti spaventata perché esco. Forse sono parole al vento. Forse sei contenta quanto me. Ma non ne ho davvero idea, e so cosa fa questo posto alla tua testa e che è stupido tenere alte le speranze su come andranno le cose.
In ogni caso, se tutto va come deve, sarò rilasciato il martedì dopo quello che viene alle otto del mattino.
« Oddio…Oddio…»  Il mio corpo era confuso, sentivo troppe cose allo stesso momento e troppo intensamente.  Il martedì dopo quello che viene. Undici giorni. Undici giorni.
E’ buffo che non parliamo mai delle ragioni per cui sono qui, anche dopo che te l’ho detto. Immagino tu debba averlo accettato. O averlo accettato abbastanza da continuare a parlare con me come facciamo. Ti ho mentito solo una volta, quando ti ho fatto scrivere quella prima lettera. Voglio continuare ad essere sincero su tutto. So che per te è importante.
Spero tu non pensi che ti abbia mentito in queste ultime tre settimane, riguardo alla mia scarcerazione. Non sono stato bugiardo di proposito, se non te l’ho detto prima è stato solo per vigliaccheria.  Mi piace talmente tanto quello che abbiamo. Sono stato egoista, non volevo che finisse.
Ma più di quello, voglio che tu sappia che non ti verrò a cercare una volta fuori. Non sono stupido, so che questo cambierà tutto. La maggior parte delle donne che scrivono ai detenuti li trovano tramite un programma specifico. Lo fanno di proposito. So che tu non hai iniziato questa cosa di proposito. Non voglio che ti preoccupi sulle aspettative che posso avere su di noi. Non è che ci stavamo mentendo a vicenda, con le cose che ci siamo detti. E’ più come se ci raccontassimo favole della buona notte. Non sono scemo e so che non mi stavi facendo nessuna promessa in quelle lettere.
Penso che ci sia un lavoro che mi aspetta quando uscirò, farò manutenzione del verde, ma all’inizio sarò soprattutto impegnato a spazzare neve o a fare quel genere di cose per la città, fino alla fine dell’inverno. Ne sono contento, perché significa che starò molto all’aperto. Vivrò a Darren.
« Mer…da!»
So che ci vivi anche tu, ma se mi vedrai in giro non sarà di proposito. E’ stato il supervisore per il lavoro post rilascio a scegliere quell’occupazione per me ed è meglio di qualsiasi cosa potrei trovare da solo, soprattutto dalle mie parti. Se lasciamo le cose in sospeso per quando uscirò, prometto che se ti vedrò in giro non verrò a parlarti a meno che non sia tu a farlo per prima. Prometto che non verrò alla biblioteca a cercarti. Se dovessimo incontrarci per caso e tu avessi voglia di salutarmi e di andare prenderci qualcosa da bere, o di fare qualsiasi cosa, non avrai che da chiederlo. Ma se tutto questo è stata solo una tua fantasia, lo accetto. L’ultima cosa che voglio è che tu abbia paura di me.
Non ho la minima idea di quello che tu possa pensare di tutto questo, perciò non ti scriverò una lettera per la prossima settimana. Cercherò invece di renderti le cose più semplici possibile.
Se sai già che non vuoi vedermi dopo che uscirò, vestiti di nero. Non mi arrabbierò, giuro. So che nessuno di noi si sarebbe aspettato che la cosa andasse avanti coì tanto.
Se invece vuoi che ti venga a cercare in città, vestiti di verde.
Se ancora non sai quello che vuoi, non metterti addosso nessuno di quei due colori. Mi terrò distante finchè non mi darai qualche segno che hai preso una decisione. Se non sentirò niente dopo il primo di gennaio, farò del mio meglio per dimenticarti. O almeno cercherò di dimenticare di  poter stare con te. Probabilmente non dimenticherò mai come mi hai fatto sentire in questi ultimi mesi. E’ stato davvero come avere  improvvisamente una finestra aperta dopo anni senza la luce del sole o l'aria fresca.
Comunque. Ci vediamo venerdì. Per l’ultima volta qui dentro, e forse per l’ultima volta per sempre. Se sai per certo che non vuoi più vedermi PER FAVORE vestiti di nero. Preferisco ricevere subito una delusione piuttosto che vivere nella falsa speranza, se tu hai già deciso. Sembri quel genere di ragazza che odia ferire i sentimenti di un uomo. Però puoi ferire i miei. Non è un problema. Ne ho passate tante e fin ora sono sempre sopravvissuto.
Con rispetto,
Eric
Rilessi la lettera una seconda volta, poi la misi giù. Il clacson di una macchina fuori mi fece sobbalzare.
Mi sfregai con forza le mani sulla faccia. « Oh cazzo!»
“Oh cazzo", sul serio? Era così che avrei dovuto sentirmi? 
Chi se ne fregava di come avrei dovuto sentirmi. Come mi sentivo, davvero? Cercai di ascoltare il mio corpo, ma l’adrenalina era assordante quanto un vento di tempesta.
Ero spaventata, sicuramente. Avevo paura di Eric? Forse. O forse ero spaventata dal fatto che nel breve intervallo di una lettera, la mia piacevole fantasia senza forma si era solidificata ed era andata in mille pezzi e che tutto quello che mi rimaneva erano brandelli. Spaventata perché le mie due scelte mi terrorizzavano perfettamente nello stesso modo.
Prima scelta: vestire di verde, gettarmi tra le sue braccia. Per poi scoprire che non avevamo nulla in comune al di là di quelle lettere. O scoprire che lui era pericoloso al di là di quell’uomo che aveva assalito. Forse non immediatamente. Forse avrebbe rivelato se stesso lentamente, come era successo con Justin.
Finalmente feci quello che avrei dovuto fare fin dall’inizio, quando mi aveva dato quella prima lettera. Cercai perché era stato condannato.
Aggressione aggravata con arma impropria, con intenzione di lesione personale. Condanna da 5 a 8 anni nel Carcere Correzionale di Cousins e multa di cinquemila dollari.
Porca puttana.
Da cinque a otto anni? Chiaramente Jake aveva parlato in generale quando mi aveva detto dieci anni. Ma i dettagli non mi erano d’aiuto in quel momento. Ne avrei avuto bisogno mesi fa. Ne avrei avuto bisogno ma li temevo. Avevo messo il piacere di questa pazza fantasia al di sopra la mia stessa incolumità.
Seconda scelta: vestire di nero e stare alla larga. Per poi scoprire che non rispettava la parola data di lasciarmi stare. O scoprire che lo faceva e allora quello che avevamo avuto, semplicemente, sarebbe … finito.
Le scelte sono tre, ricordai a me stessa. Terza scelta: non vestire né di verde né di nero e rassegnarmi invece all’incertezza. Non era molto meglio che scegliere il nero, a parte offrire a entrambi il crudele dono della speranza.
Avevo bisogno di risposte. E quello significava che avrei dovuto fare delle domande, domande che a quell'uomo ero decisa non avrei mai fatto.

***
Il venerdì successivo non indossai nemmeno un’ombra di nero o verde, e dubito di essere mai stata così nervosa, mentre attraversavo la sala ricreazione dietro Shonda. Non mi ero sentita così neanche il mio primo giorno di lavoro lì a Cousins. Non cercai il suo sguardo, ma avvertii comunque la sua presenza. Non mi ero mai sentita tanto male in vita mia, mentre gli passavo davanti a lunghi passi, ignorandolo, troppo spaventata per guardarlo in faccia, pur sapendo come doveva essersi sentito morire tutta la settimana, pregando di vedermi vestita del suo amato verde. Da qualche parte a pochi passi da me, un uomo stava soffrendo. Un uomo che avevo amato. Un uomo che non avevo mai davvero conosciuto. Un uomo che mi doveva delle spiegazioni.
Non lo cercai con lo sguardo in cortile, durante la mia pausa pranzo, e non lo vidi durante la Discussione sui Libri. Avrebbe dovuto farmi sentire meglio, no? Ma sapere che lui non era nella stanza non mi faceva respirare meglio. La sua attenzione era diventata come una specie di strana, oscura, privata ricompensa che illuminava il giorno più difficile di tutta la mia settimana ed ero arrivata a desiderarla con tutta me stessa.  La sua assenza mi lasciava un gran vuoto nello stomaco, che riuscivo a sentire nonostante il nervosismo.
Tenni d'occhio l’orologio durante tutta la lezione di Risorse del pomeriggio, tamburellando con il piede, con il cuore in gola. Se non si fosse presentato ero proprio nella merda. Non avevo idea di cosa aspettarmi dopo che fosse uscito. Né di cosa pensasse della mia indecisione sul nero e sul verde. Se fosse triste, arrabbiato o lo avesse accettato senza problemi.
Brutto e violento. Ecco come aveva definito lui stesso il suo crimine. I crimini brutti  e violenti erano commessi solo da uomini brutti e violenti? Un uomo fondamentalmente cattivo poteva far sentire una donna come mi aveva fatto sentire Eric Collier in tutte quelle settimane?
Certo che può. Justin l’aveva fatto. Milioni di brutti soggetti facevano stare bene milioni di donne che si sentivano sole. Era come una droga, piacevole, da irresponsabili, e così difficile da abbandonare dopo che hai iniziato a vivere per la tua dose. Mi massaggiai le tempie, lisciai più volte la mia coda di cavallo, mi morsi un labbro ed emisi lunghi e nervosi sospiri di fiato inacidito. Probabilmente sembravo una drogata del cavolo.
Fu con un misto di orrore e sollievo che lo vidi arrivare durante Risorse. Prima del solito, come se avesse saputo che avevo bisogno di parlare. Mi liberai del detenuto che stavo aiutando e, anche se non era educato, mi diressi verso dove era seduto Eric, oltrepassando uomini che stavano aspettando che dedicassi a loro la mia attenzione.
Mi lasciai cadere sulla sedia proprio di fronte a lui, e non sprecai nemmeno un secondo.
«Congratulazioni,» gli dissi con voce tesa, le mani serrate davanti a me.
Anche se sorrideva, era un po’ trattenuto. Dal mio tono si capiva che non ero pronta ad organizzare il nostro primo rendez-vous extra carcerario.
«Grazie.»
«Che notizia fantastica sapere della tua scarcerazione e del tuo lavoro,» dissi, poi abbassando il tono della voce gli chiesi: “Per cosa esattamente sei stato messo dentro?” Adesso lo sapevo, ma volevo sentire come l’avrebbe racconta lui.
«Aggressione aggravata con arma letale, con intenzione di lesione personale.»
Esattamente quello che avevo letto su Internet, parola per parola. Era meglio o peggio che non avesse provato ad indorare la pillola?
«Oddio,» sospirai, serrando gli occhi. Poi mi trattenni, sapendo che avrei dovuto mostrarmi calma prima che detenuti e secondini si incuriosissero un po’ troppo su quello che stavamo dicendo. Presi un plico a caso di fogli fuori dalla mia borsa e li misi fra noi, come oggetti di scena.
«E’ quello che il giudice ha deciso fosse, comunque.» Emise un sospiro mozzo, lasciando cadere un attimo lo sguardo sulle mie mani per poi tornare al mio viso.
«Vuoi che te ne parli?»
«No. Ma penso di dovertelo chiedere. Parlamene.»
«Ho mezzo ammazzato uno con una chiave inglese.»
Oddio…Oddio….Oddio…Oddio. Era decisamente peggio di una scazzottata da bar finita male. Così istintivo. Così violento.
Dopo dieci secondi di muto stupore, riuscii a chiedergli: «Chi era?»
«Un tizio delle mie parti.»
«Ed era quella la tua intenzione?» Intenzione! Mi aveva detto che era stato un atto d’impulso. «Fargli… male?»
«Non avevo nessuna intenzione. Sapevo solo che doveva soffrire…Ma probabilmente l’avrei ammazzato se non mi avessero fermato.»
«Oh, cazzo!» mimai con le labbra. Abbassai lo sguardo sulle mie mani e le trovai indaffarate con il plico di fogli, li piegavano e ripiegavano lungo una linea di mezzo sempre più sottile. Li lasciai stare e lo guardai negli occhi. «Ti penti di averlo fatto?»
«No, non mi pento.»
«Anche se hai dovuto rinunciare a cinque anni della tua vita?»
«Non è stata una scelta, com’è andata.»
«Eri….»
«Drogato o roba del genere? No. Pulito come un fischio.»
«E… gestiresti le cose diversamente se dovessi rifarlo?»
Lui scosse di nuovo la testa, poi disse le parole che temevo. Parole che avevo letto scritte di suo pugno, ma che pronunciate ad alta voce ferivano molto di più. «Non cambierei una virgola.»
Porca puttana. Non potevo voler bene a quest’uomo. Un uomo che aveva usato una chiave inglese per colpire un altro essere umano, non importa cosa gli avesse fatto quell’altro. Io odiavo Justin, per quello che mi aveva fatto a mani nude. Avrei dovuto provare ribrezzo per Eric Collier. Avrei dovuto. Ma non riuscivo, non prima di avere la risposta alla domanda più importante di tutte.
«Perché?»
«Non posso dirtelo.»
«Perché cavolo non puoi?»
« Perché il perché riguarda anche gli affari di un’altra persona. Affari che non sta a me raccontare.»
«Se non me lo dici… non posso elaborare tutto questo se non mi puoi dire perchè è successo.»
«Mi spiace. Lui ha fatto del male a qualcuno, e io ho fatto male a lui. E’ tutto quello che posso dirti.»
«Allora…Allora penso che non potrò vederti, quando sarai fuori,» sussurrai.
Lui annuì, ma un’evidente delusione, come un’ombra nera, gli oscurò il volto.
«Sapevo che sarebbe potuto succedere. La scelta spetta a te.»
Cosa cazzo avrei dovuto dirgli, adesso? Non era così che si chiudevano le storie nel mondo normale. «Quello che abbiamo avuto…»
Lui sospirò, appoggiandosi allo schienale della sedia.
«Sì…Sì. E’ stato davvero bello anche per me.»
Stavo per continuare il discorso, ma lui spinse indietro la sedia e si alzò, con movimenti rapidi, attenti, ma non aggressivi.  E io mi accorsi da come il suo viso e il suo collo erano diventati rossi… che avrebbe potuto piangere. Se ne stava andando così non si sarebbe messo a piangere davanti a me. Mi si strinse il cuore, come se davvero due mani lo stessero torcendo e strizzando. Mi faceva così male che faticavo ad immaginare che le cose che Eric aveva fatto a quell’uomo avessero potuto fargli altrettanto male. Era quasi impossibile.
Mise a posto la sedia, senza guardarmi.
«Grazie per tutto il suo aiuto, signorina Goodhouse.»
Il mio cognome mi colpì con la stessa forza di un pugno. «E’ stato…è stato un piacere.» Non andare. Non andare. Ma lui si era già allontanato, era uscito da quella bolla di complicità che ci aveva avvolti tante altre volte, in quella stanza.
«Buona fortuna,» gli augurai. «Per tutto.»
Lui fece un mezzo cenno con la mano mentre si voltava e dirigeva verso la porta, un saluto fiacco e sprezzante.
Il petto mi faceva così male che ci appoggiai sopra il palmo della mano.
Avevo appena spezzato il cuore a un uomo.
Gli avevo spezzato il cuore, ma lui aveva picchiato quasi a morte un altro essere umano. A l’avrebbe rifatto. Me l’aveva detto. Senza un briciolo di pentimento.
Un altro detenuto si sedette impaziente al posto di Eric e io continuai con la routine del mio lavoro. Ma nella mia testa sentivo solo le sue parole, quelle che avevo letto talmente tante volte da imprimerle  nella memoria.
Non sono il migliore degli uomini ma ce la metterei tutta per essere come tu mi vuoi.
E’ così che penso a te, ora. Come alla mia innamorata.
E alla fine: farò del mio meglio per dimenticarti.
Mentre andavo a casa in macchina, quella sera, sperai di poter fare lo stesso. Dimenticami di lui e di tutta quella relazione, salvo per le cose che avevo creduto di aver perso e che erano di nuovo in me. Tutte le emozioni che ero di nuovo in grado di provare. Passione e desiderio… e, forse, persino amore.
Speravo solo che un giorno avrei provato a me stessa di aver torto circa certe preoccupazioni, che avrei scoperto di essere in grado di sentire certe cose per un uomo che lo meritasse davvero. Naturalmente quel pensiero mi riportò a Eric e al dimenticarlo. Mi aveva talmente coinvolta, che non avrei avuto spazio per nessun altro finché non lo avessi bandito da ogni parte di me.
C’era però un’altra ben più grave e pressante questione di cui avrei dovuto occuparmi. Cosa sarebbe successo se avesse deciso che non voleva essere dimenticato?
Adesso è triste. Ma cosa succede se si arrabbia?
Ora sapevo cosa succedeva quando Eric Collier si arrabbiava.
Ed era molto peggio del pugno di un tizio ubriaco su un orecchio.
Eppure, non era paura quella che mi pesava sullo stomaco mentre guidavo verso casa quella sera. La paura mi prendeva, ogni tanto, ma non rimaneva. Non durava. Non quanto il dolore.
E quello mi fece pensare a quelle ragazze che delle loro presunte cotte dicevano: mi ha presa di brutto. Avrei voluto dir loro: Tesorucci, non avete la minima idea come ci si senta a "prenderla di brutto".
 *****
QUESTO CAPITOLO E' L'INIZIO DI UN CAMBIAMENTO NON DA POCO NELLA VITA DEI PROTAGONISTI... VI SEMBRA ASSURDA LA REAZIONE DI ANNE? COME VI SARESTE ASPETTATE RISPONDESSE? COSA SUCCEDERA' POI?

APPUNTAMENTO ALLA PROSSIMA SETTIMANA PER UNO DEI MIEI CAPITOLI PREFERITI... QUANDO LO LEGGERETE CAPIRETE PERCHE' :-) .


7 commenti:

  1. Ehi...così però non vale!Mi lasci con il fiato sospeso fino alla prossima settimana...uffa!Reazione forse un po'esagerata?Mi si è stretto lo stomaco nel cogliere la delusione di Eric. Certo adesso Anne ha un bel dilemma da risolvere, cedere alla tentazione di conoscere a fondo Eric e rischiare di scoprire che potrebbe davvero essere "cattivo", o bandirlo per sempre dal suo cuore e rinunciare ai propri sentimenti? Il tempo delle favole è finito Anne...
    Deborah

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  2. Secondo me non è assurda la reazione di Anne. È spaventata e non le si può dare torto. Però il dolore di Eric spezza il cuore. Inutile dire che spero con tutta me stessa che Anne cambi idea e decida di dargli una possibilità. Bellissima puntata, comunque. Grazie, Francy.

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  3. Capisco la reazione di Anne, è prudente e ha ascoltato il cervello ,a chissà come si evolverà. Spero che scopra cose positive su Eric , che ne so , ha picchiato il tipo perchè era un pedofilo o un tipo del genere, nel libro sarebbe coerente con il suo modo di essere.
    Voglio il lieto fine e anche se ci sono queste evoluzioni per raggiungerlo è giusto così, altrimenti sarebbe piatto e scontato come libro
    Grazie per questo nuovo assaggio, sempre un lavoro magnifico

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  4. Lei stessa ha detto che lui si è reso vulnerabile parlandole a cuore aperto!!! poi si ritira fa una figura meschina come se lo avesse usato!!! la capisco ,ma non condivido forse perchè non avuto la sfortuna di incontrare un bastardo sulla mia strada.... Aspetto con ansia il prosieguo della storia!! Grazie Angela

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  5. Sono assolutamente d'accordo con i commenti precedenti. Sarebbe stato sciocco per la protagonista non fermarsi a riflettere di più. Certo che l'ammissione di Eric nella lettera circa il timore piú che fondato di perderla e il 'quasi' suo mettersi a piangere lascia veramente una brutta sensazione. Attendo ancora di più con ansia la traduzione del prossimo capitolo. Grazie Francy

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  6. è diventata una droga, si contano i giorni per il prossimo sabato e la prossima puntata. che dire, sempre più emozionante e ora anche un po' triste.... c'erano senz'altro delle buone ragioni per l'atto di Eric,
    per cui lei andrà ad indagarle, non si può rinunciare ad un uomo così!!!! alla prossima

    RispondiElimina

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