QUESTO RACCONTO E' LA SECONDA PARTE DEL DELIZIOSO STRENNE A SORPRESA CHE HA PARTECIPATO ALLA RASSEGNA CHRISTMAS IN LOVE 2014 E VINTO COME RACCONTO "PREFERITO DELLE BLOGGER DI LA MIA BIBLIOTECA ROMANTICA".
SE NON AVETE LETTO STRENNE A SORPRESA VI CONSIGLIAMO CALDAMENTE DI FARLO PRIMA DI LEGGERE QUESTO. LO POTETE TROVARE QUI. BUONA LETTURA!
11
febbraio – Il Dubbio
«Questa valigetta comincia a darmi sui
nervi.» Susan distolse lo sguardo dalla strada e lanciò un’occhiata a Nicole.
«Sarebbe ora che ti decidessi. Prima non la vuoi, poi la rivuoi.»
«Tecnicamente
non la rivoglio. Non per sempre.»
Nicole si mordicchiò l’unghia del mignolo e si voltò a guardare fuori dal
finestrino. «Mi serve una sola volta ancora.»
«Secondo
me ci stai prendendo gusto.» Susan le diede una piccola gomitata nel fianco per
richiamare la sua attenzione. «No, dico, ma l’hai vista poi quella tizia?
Quella Nichole?» Simulò un brivido. «Con quel tailleur nero e i capelli rigidi
di lacca, scommetto che si diverte un mondo a vendere frustini e manette. Non
vorrai diventare così anche tu, vero?»
Nicole
si sfiorò automaticamente i capelli scuri, che le scendevano naturali oltre le
spalle. «Io non diventerò come lei perché non voglio diventare una venditrice
della Pure Passion.»
«Però
hai di nuovo quella valigetta in mano.»
Nicole
abbassò lo sguardo sul trolley rosso con le due P intrecciate. «Per poco.»
«Avanti,
dimmi la verità. Tu e il tuo bel notaio per san Valentino avete in mente di
provare tutti gli articoli?»
«Assolutamente
no!» Nicole si voltò di nuovo verso il finestrino, mentre davanti ai suoi occhi
prendeva forma un’immagine di Robert Stockwood a petto nudo e con i polsi
ammanettati alla testiera del letto. Ok, forse assolutamente no era una
presa di posizione un po’ troppo precipitosa. Legare un uomo all’apparenza
rigido e compassato come Stockwood poteva riservare insospettabili e
interessanti sorprese.
«Oh,
andiamo...» sbuffò Susan. «Uno che entra in un sexy shop per comprarti dei
perizomi di pizzo, una qualche inclinazione ai giochini di fantasia deve pur
averla.» Le strizzò l’occhio, mentre metteva la freccia per parcheggiare
davanti al loro appartamento. «Scommetto che fate scintille.»
«In
realtà non ci siamo ancora nemmeno baciati.»
Susan
inchiodò di colpo, facendo stridere i freni, e Nicole si sentì proiettare in
avanti. Afferrò istintivamente la valigetta, per evitare che le cadesse su un
piede, mentre la cintura di sicurezza entrava in azione e la strattonava
indietro.
«Cosa?!
Tu e Mister Notaio non vi siete ancora baciati?» Susan la guardava incredula.
Una macchina le superò strombazzando e Susan le fece un gestaccio. «Ma scherzi?
Sono passati quanti...» iniziò a contare sulle dita. «Quasi due mesi e mezzo!»
«Due
mesi, cinque giorni e...» Nicole guardò l’orologio, «sedici ore» concluse con
una smorfia.
«Be’,
da questo calcolo approssimativo direi che la cosa non ti pesa.»
«Neanche
un po’.» Nicole sollevò una spalla. «È solo che sono un tipo preciso.»
«Sì,
certo.» Susan la guardò con la fronte corrugata. «Scusa, ma perché non me l’hai
detto?»
«Perché
mi avresti fatto solo un sacco di domande.»
«Non
è vero.»
«A
no? E adesso cosa stai facendo?»
Susan
la guardò offesa. «Mi preoccupo per te. Non è normale che un uomo inviti fuori
una donna per due mesi e mezzo.» Alzò una mano. «Due mesi, cinque giorni,
sedici ore, e non la baci mai.»
Nicole
seguì con il dito la curva sinuosa delle due P sulla valigetta, senza rispondere.
«E
cosa facevate, scusa?» la incalzò Susan.
«Vedi?
Mi tormenti di domande!»
«Mi
sembra normale, accidenti. E poi mi hai raccontato un sacco di balle. Qui
quella che dovrebbe prendersela sono io, sai? Arrivavi a casa con aria tutta
sognante. Mi raccontavi di incontri romantici. E poi neanche un bacio?!»
«Erano
romantici.» Ripensò alle tre cene a lume di candela. Ai due cinema. Alle
quattro passeggiate... di cui teneva il conto sempre per amor di precisione,
ovvio!
«Come
no.» Susan la guardò con aria scettica.
«Mancava
solo la ciliegina sulla torta» insistette debolmente Nicole.
«Mancava
la torta!» Susan tamburellò pensosa sul volante. «Non sarà gay?»
Nicole
si irrigidì. «No!» esclamò di getto. «No, no, no! Assolutamente!» Un uomo come
Robert Stockwood non poteva essere gay. Con quegli occhi di cioccolato denso e
vellutato che la accarezzavano morbidi e intensi? Con quelle mani nervose e
maschili?
«Magari
esce con te come copertura. Sai, un notaio famoso. Di uno studio famoso. Di una
famiglia in vista.» Susan rigirava il coltello nella piaga.
«Ti
dico di no!»
«E
come fai a esserne sicura, se non ti ha mai baciata?»
«Sono
sicura e basta.» Nicole ricominciò a mordicchiarsi l’unghia.
«Vedo!»
Susan le lanciò un’occhiatina scettica.
«È
solo che mi rispetta.»
«Sì,
va be’.» Susan scoppiò a ridere. «Te l’ha detto lui?»
«No,
ma...»
«Secondo
me dovresti metterlo alla prova. Voglio dire, va bene rispettarti, va bene
essere un uomo d’altri tempi, ma qui la situazione sta diventando
preoccupante.»
«E
quindi?»
«La
prossima volta saltagli addosso tu! Se dietro a questi modi ottocenteschi si
nasconde un po’ di passione, non si tirerà indietro, no? Quand’è che dovete
vedervi?»
«Dopodomani.»
«Be’,
promette bene. Il tredici febbraio non è proprio San Valentino, ma tirando un
po’ per le lunghe potrebbe diventarlo.»
«Dici
che dovrei farmi avanti?»
«Dopo
più di due mesi che uscite? Direi di sì! Se è gay o non è interessato a te,
meglio scoprirlo subito no?» Susan inserì la marcia e iniziò a parcheggiare.
Nicole
ci rifletté su, mentre Susan faceva manovra. Meglio continuare a uscire con un
uomo affascinante ma che non si faceva mai avanti, o cercare di forzargli la
mano e rischiare di ritrovarsi di nuovo a passare il sabato sera a guardare Britain’s Got Talent con un pacchetto di
Oreo in mano?
Ripensò
agli occhi di Robert, alle sue labbra, alle sue mani. E subito sentì disegnarsi
sulla schiena un grande brivido a forma di SÌ!!!!!!!
«Hai
ragione» dichiarò decisa. «Ha detto che dopodomani è un’occasione importante.»
Rivolse a Susan una strizzatina d’occhio. «Io la farò diventare
indimenticabile.»
Susan
spense il motore. «Così ti voglio! E già che ci sei, infilati uno di quei
babydoll che ci sono lì dentro» fece un cenno con la testa in direzione della
valigetta. «Non si sa mai che una volta scaldati i motori, il tuo Robert non
ingrani la quinta e vi ritroviate a fare cose folli sul sedile posteriore del
suo maggiolone!» Corrugò la fronte. «A proposito. Non mi hai ancora detto
perché abbiamo di nuovo quella valigetta tra i piedi.»
«Domani
devo fare una piccola dimostrazione.»
«Allora
vedi che ho ragione? Stai pensando di diventare una venditrice della Pure Passion. Chissà se si sapesse in
giro.» Scosse la testa con una risatina. «L’integerrimo notaio che esce con una
venditrice di vibratori!»
«Smettila.
Lo devo fare una volta sola.»
«E
per chi?»
«Una
tizia dello studio di Robert. Sta organizzando un addio al nubilato per
un’amica. Ma è molto timida e non se la sente di entrare in un sexy shop a
comprare tutti quei gadget che si usano adesso.»
«E
perché non manda qualcun altro?»
«Perché
la sposa è la sua migliore amica e si aspetta che faccia tutto lei.» Nicole
aprì la portiera, scese e aspettò che Susan chiudesse la macchina.
«Quindi
ha chiesto aiuto a te?»
«Be’,
la storia del vibratore che balla la hula ha fatto il giro dello studio.» Le
sfuggì un sorrisino al ricordo. «E lei pensava che potessi ancora recuperare
qualche articolo. Sai, della serie che una volta che entri nel giro...»
«Ti
ha preso per una specie di spacciatrice di frustini e stimolatori clitoridei?»
«Qualcosa
del genere. Non piazzerei io l’ordine. Devo solo farle vedere gli articoli.
Compiliamo il modulo e poi riportiamo tutto a Nichole con la H. Sandy preferisce
parlare con me, visto che mi conosce già. Per lei sarebbe meno imbarazzante,
dice.» Guardò Susan con un gran sorriso. «Per questo avrei bisogno di un altro
favore da te.»
Susan
alzò gli occhi al cielo. «Un altro?»
«Piccolissimo!»
«Spara.»
«Sandy
mi ha chiesto di vederci durante la pausa pranzo. Potresti tenerci libero un
tavolino nel tuo locale?»
«Durante
la pausa pranzo? Con tutto il viavai che c’è? Non mi sembra il posto adatto per
far vedere dei perizomi commestibili a una che ha paura di entrare in un sexy
shop.»
«Un
tavolino d’angolo» insistette Nicole.
Susan
sbuffò e Nicole lo prese per un sì.
12
febbraio – La presentazione
«Ecco,
e questo è un bellissimo...»
«Metti
via, metti via!» Sandy agitò le mani come un uccellino che cerca di spiccare il
volo.
Nicole
represse un sospiro e contò fino a dieci.
«Ok,
allora guarda questo.» Teneva la valigetta sulle ginocchia, semichiusa, e
cercava di tirare fuori un cerchietto con la scritta Sex in cima a due antennine colorate, che volendo si illuminavano
di lucine intermittenti.
«Metti
via, metti via!» ripeté Sandy, sempre con lo stesso frullio d’ali.
«Sandy»
cominciò Nicole, un po’ esasperata.
«Ecco
qui, ragazze! Un bel tè caldo e la specialità della casa.» Susan appoggiò sul
tavolo due tazze e due piattini con della torta di mele.
Nicole
accolse quel diversivo con un sospiro di sollievo. Durante la pausa pranzo, lei
e Sandy si erano incontrate come da programma nel bar dove lavorava Susan, che
aveva mantenuto la parola e aveva riservato loro il tavolino più appartato
della sala. Nonostante ciò, la dimostrazione degli articoli della Pure Passion si stava svolgendo con
qualche difficoltà, perché ogni volta che lei cercava di tirare fuori un
articolo, Sandy iniziava ad agitare le mani, bisbigliando metti via, metti via! e guardandosi attorno rossa di imbarazzo.
Come se tutto il locale stesse facendo caso proprio a loro!
Si
voltò verso la sala. Com’era prevedibile non le stava guardando nessuno.
Quasi nessuno.
Un
paio di tavolini più in là, una donna sorseggiava il suo tè e le osservava pensierosa.
Era sulla sessantina, forse anche qualcosa in più. La tipica signora bene, di
quelle con il twin-set e la collana di perle.
«Allora,
come procedono gli acquisti?» Susan si appoggiò il vassoio vuoto su un fianco.
«Nicole ti ha già fatto vedere il pezzo forte? Con un vibratore così, chi ha
più bisogno di un uomo?» E diede un colpetto di gomito a Sandy, che si era
appena portata la tazza alle labbra.
Nicole
lanciò un’occhiataccia a Susan che gliela restituì, come a dire che c’è?, mentre Sandy si guardava
attorno per l’ennesima volta a occhi spalancati e un rossore violento su tutto
il viso.
Quando
abbassò la tazza, le tremavano tanto le mani che si sentì la porcellana rimbalzare
un paio di volte sul piattino.
«Io...
non credo di farcela...» sospirò poi. «Non posso comprare quella... roba...»
aggiunse, quasi senza nemmeno sfiorare con lo sguardo la valigetta rossa che
Nicole teneva ancora sulle gambe.
«Ehi!»
esclamò Susan, «non stiamo mica parlando di droga, qui. Stiamo parlando di
giochini, di oggetti divertenti. Non prenderla tanto sul serio.»
«Lo
so, è che io...»
«Avanti,
Nicole.» Susan indicò con il mento la valigetta rossa. «Tira fuori la belva.»
«La
belva?» domandò Sandy, che sembrava sul punto di farsi il segno della croce.
Susan
strizzò l’occhio a Nicole. «Sì, la belva. Se regali questo alla tua amica,
potrebbe addirittura decidere che un marito non le serve più! Vero Nicole?»
«Ehm...
sì» Nicole vedeva il panico negli occhi di Sandy. La ragazza le faceva pena, ma
d’altra parte non potevano stare lì tutto il pomeriggio a parlare di articoli
che Sandy non riusciva nemmeno a guardare, figurarsi comprare. Tanto valeva
mettere delle crocette a caso sul modulo d’ordine e buonanotte. E in effetti
nemmeno lei si sentiva molto a suo agio, al momento. Con la sua voce squillante
Susan stava richiamando l’attenzione della gente, che cominciava a guardarle
incuriosita. Il che era esattamente quello che Sandy avrebbe voluto evitare. E,
tutto sommato, lei anche.
Si
voltò e incrociò lo sguardo della Donna-con-le-perle. Che stavolta le osservava
molto meno meditabonda. Forse per via di quel sopracciglio inarcato? Sembrava
proprio una di quelle signore che non sorseggiano il tè, lo sorbiscono. Che non
mangiano una fetta di torta, la degustano.
«Susan,
puoi abbassare la voce?» le chiese, mentre rovistava nella valigetta alla
ricerca dell’articolo che avrebbe di sicuro dato il colpo di grazia a Sandy.
«Sto
urlando?»
«Non
proprio. Però la gente ci guarda.»
«E
qual è il problema? Avanti, da’ qua» insistette Susan, allungando la mano.
«Tieni,
ma...» non sventolarlo in giro. Ecco,
appunto.
Susan
brandì il vibratore rosa Big Babol come fosse un microfono e lo agitò davanti
agli occhi di Sandy. «Questo è il Santo Graal di tutti i vibratori, cara la mia
ragazza!» poi lanciò un’occhiata a Nicole come a dire guarda e impara. «Osserva che linea elegante, che dimensioni.»
Sfiorò il materiale liscio e colorato. «Questo capolavoro è stato pensato fin
nei minimi particolari per diventare un compagno insostituibile per qualsiasi
donna!»
E
mentre agitava il vibratore, Nicole cercava di portarglielo via di mano.
«Susan»
sibilò, «smettila! Ridammelo! Cosa diavolo ti è preso? La gente ci guarda!»
Susan
le regalò un sorrisino divertito. «Scommettiamo che te ne esci da qui con
almeno tre o quattro ordini in più del previsto? Guarda come ci osservano interessate
le signore presenti. Un aggeggio così se lo sognano tutte. E ora, grazie a te,
hanno l’occasione di acquistarlo. Vero Sandy?»
Nicole
approfittò del momento di distrazione di Susan per strapparle di mano il
vibratore e si girò verso Sandy. Negli ultimi secondi la ragazza aveva smesso
di emettere i suoi soliti pigolii. Sembrava non avere più le forze per esalare
un solo metti via. Probabilmente era
svenuta dall’imbarazzo.
Invece
no.
Sandy
fissava qualcosa alle loro spalle. Lo fissava terrorizzata. Cosa poteva essere?
Nicole
si voltò, seguendo la direzione del suo sguardo, e si trovò davanti la
Donna-con-le-perle, impettita come un manico di scopa, i gelidi occhi verdi puntati
con disgusto sul vibratore. Nicole si
sentì come una bambina colta in fallo. Appunto!,
quasi le sfuggì una risatina isterica. E si rese a malapena conto di Sandy che
si alzava di scatto in un tintinnio di tazze, piatti e cucchiaini.
«Io,
io devo andare. La pausa è finita» mormorò Sandy.
Anche
Nicole si alzò, cercando di capire. «Ma, l’ordine...»
«Mi
spiace, ti ringrazio ma troverò qualcos’altro.» Sembrava avere di colpo una
fretta folle di andarsene. E continuava a guardare in direzione della signora
impettita e scandalizzata dietro di loro. Incespicò nella gamba di una sedia e
allungò la mano per trovare un appiglio. Inavvertitamente si aggrappò al
vibratore che si mise in funzione. Sandy ritirò subito la mano con un lamento,
come se il vibratore fosse una sbarra di ferro incandescente, e scappò di corsa
dal locale.
Nicole
la seguì perplessa con lo sguardo, mentre il vibratore continuava ad agitarsi
allegramente nella sua mano.
Cosa
diavolo le era preso?
Le
persone attorno a lei ridacchiavano fra l’imbarazzato e il divertito,
osservando più o meno apertamente il vibratore che metteva volenteroso in
mostra tutte le sue qualità. L’unica che sembrava volerlo incenerire era la Donna-con-le-perle.
13
febbraio – Che fatica la seduzione
«Ciao,
Nicole.» Robert le aprì la portiera del maggiolone con fare galante.
O
era più da gay?
Cioè,
i gay aprivano galantemente le portiere alle donne? Forse sì. Sarebbe stato un
gesto molto premuroso e si sa che i gay erano persone sensibili. Però aprire la
portiera era anche un gesto da gentiluomo. Un po’ d’altri tempi. E Robert era
un uomo d’altri tempi: non l’aveva ancora baciata! Il che poteva solo dire che
era un cavaliere. O un gay.
Nicole
alzò gli occhi al cielo mentre Robert faceva il giro della macchina e si sedeva
vicino a lei, portando con sé uno sbuffo di aria fredda e un vago sentore di
muschio. Il profumo di Robert. Così virile. Nicole non vedeva l’ora di annusarlo
direttamente sulla sua pelle, non attraverso strati di vestiti.
Senza
dare troppo nell’occhio, si agitò un po’ sul sedile per far scostare i lembi
del cappotto e permettere a Robert di sbirciare le sue gambe.
Ma
Robert era intento a guidare.
Si
agitò ancora un po’, in modo che l’orlo del vestito nero risalisse di qualche
centimetro.
«Qualcosa
non va?» le chiese lui, senza staccare gli occhi dalla strada.
«No,
no.»
Forse
il buio dell’abitacolo non aiutava.
Alzò
una mano alla ricerca della lucina. «Posso?»
«Certo,
devi cercare qualcosa?»
«Sì,
sai, nella borsetta.»
Robert
la precedette e le loro dita si sfiorarono. Calde quelle di Robert. Gelide le
sue.
Colpa
dell’ansia.
Certo
che Robert avrebbe potuto collaborare facendo qualcosa di vagamente
sconveniente. Tipo abbassare lo sguardo.
Afferrò
la borsetta, finse di rovistare, poi l’appoggiò sul fondo della macchina. E
accavallò le gambe.
Le
scavallò.
Le
riaccavallò.
Niente.
«Dove
andiamo?» chiese, agitandosi ancora un po’, in modo che l’orlo del vestito risalisse
di qualche millimetro.
«Sorpresa.»
Nicole
appoggiò una mano sul ginocchio e iniziò a tamburellare con le dita, per
richiamare l’attenzione di Robert.
«Nervosa?»
le chiese lui.
Nicole
represse un moto di esasperazione. La seduzione era una dannata seccatura.
Proprio a lei doveva capitare un gentiluomo d’altri tempi? O un gay?
Basta!
Da
quando Susan le aveva messo quella pulce nell’orecchio, non aveva più pace.
Lo
sbirciò da sotto le ciglia. Profilo severo, capelli scuri che sfioravano il
cappotto nero, una bocca maschile, un filo di barba. No, Robert Stockwood era
uomo fino al midollo. Doveva solo imparare a sciogliersi un po’. Poverino, da
piccolo doveva avere avuto una balia tedesca, doveva aver frequentato uno di
quei college dove ti inamidano perfino le mutande, e certo passare tutto il
giorno in quello studio, dove anche i ritratti sui muri si davano del lei, non
doveva aiutare ad avere un atteggiamento rilassato.
«Sai,
ogni tanto ripenso a come ci siamo conosciuti.»
Lui
arricciò un angolo della bocca. «Anche io.»
«Voglio
dire, avresti potuto pensare chissà cosa di me...»
«Infatti
l’ho pensata.»
Davvero? O bella.
«E
cos’hai pensato?» Si mosse ancora un po’ e il lembi del cappotto lasciarono
scoperti altri centimetri di gamba.
«Che
eri buffa.»
Ah. Poco promettente, direi.
«Buffa?»
«Adorabile?»
ci riprovò lui, lanciandole un’occhiata divertita, ma senza abbassare
abbastanza lo sguardo per notare lo spettacolo di cui avrebbe potuto godere un
po’ più sotto.
Nicole
si agitò ancora per mettersi leggermente di fianco. Se la gonna fosse salita
più di così, Robert si sarebbe fatto un’idea piuttosto precisa della biancheria
che indossava. Il che a ben pensarci non sarebbe stato un male.
«Continui
ad agitarti. Sicura che vada tutto bene?»
No che non va tutto bene!, avrebbe
voluto urlare Nicole. Invece si immobilizzò. Non voleva passare per una che
aveva l’orticaria. Voleva essere seducente. Certo, lui non le stava rendendo la
vita facile. Ma decise di non darsi per vinta. Quella sera Robert Stockwood non
se la sarebbe cavata con due complimenti e qualche gesto cavalleresco.
«Adorabile
va meglio» sussurrò, appoggiandogli una mano sulla gamba.
Sentì
il muscolo irrigidirsi e lo prese per un buon segno. Se ad azione corrispondeva
reazione, lei avrebbe fatto in modo che nel giro di un quarto d’ora fossero
entrambi senza più un solo capo di abbigliamento addosso!
«E
non hai mai pensato di usare con me i giocattoli che ti mostravo?»
Di
nuovo la coscia di Robert si contrasse. Lui abbandonò la strada con lo sguardo
e si voltò verso di lei. Serio. Poi, lentamente, i suoi occhi scivolarono verso
il basso. Il maggiolone sbandò e Nicole soffocò un sorrisino. Poi si coprì la
bocca con una mano.
«Oh,
scusa! Con tutto quell’agitarmi mi è risalita la gonna...» Prese l’orlo e lo
tirò giù, rivolgendo a Robert un’occhiatina contrita.
Lo
vide deglutire e di nuovo avvertì il muscolo della coscia contrarsi.
«Questa
ti serve ancora?» le chiese lui con voce roca, accennando a spegnere la luce.
«No
grazie.» Gli sorrise, attese qualche secondo, poi si slacciò un bottone del
cappotto, mettendo in mostra uno scorcio di scollatura e sventolandosi con la
mano.
«Hai
caldo?» Subito Robert regolò la temperatura dell’abitacolo.
No,
che non aveva caldo. Anzi, con quell’abitino che aveva sotto il cappotto, in
cui alla scollatura sarebbe bastato allungare la mano per fare amicizia con
l’orlo della gonna, aveva decisamente freddo. Sentì l’aria condizionata contro
la gola e sperò che la serata valesse una polmonite.
Poi
si accorse che avevano abbandonato la strada principale e avevano imboccato un
lungo viale costeggiato da grandi alberi spogli. Il terreno gelato appariva e
scompariva davanti alle luci dei fari. Sembrava una proprietà privata.
E
Nicole ebbe un’illuminazione improvvisa. Inquietante.
«Stiamo
andando a casa tua?» La voce era una via di mezzo fra un pigolio strozzato e
un’unghia che gratta sulla lavagna.
No, no, no!
Robert
si voltò e le sorrise.
«Esatto!»
Di
colpo Nicole avvertì un caldo soffocante.
«Ehm...
e ci saranno anche i tuoi?» Non l’aveva nemmeno ancora baciata e già la presentava
ai suoi?
«Come
ti ho detto, è un’occasione molto importante. Mia nonna compie novantacinque
anni.»
La
temperatura di Nicole raggiunse livelli da magma. Non poteva entrare a casa
Stockwood. Non con quel vestito addosso! Era un vestito pensato per sedurre
Robert, non per festeggiare i novantacinque anni della nonna!
Maledizione!
Quanto
mai aveva dato retta a Susan. Fatti avanti, seducilo. Certo! E adesso si
sarebbe ritrovata lei davanti agli Stockwood, con un vestitino da coniglietta
addosso. Cioè, non proprio da coniglietta. Però sufficientemente scollato e
corto da far alzare più di un sopracciglio.
Represse
un gemito.
La festa della nonna! Di tutti gli
uomini che potevano capitarle, le era capitato uno che la vigilia di San
Valentino la portava alla festa della nonna!
Era
una cosa da gay?
Al diavolo, a chi importava? Gay o non
gay, lei non poteva entrare in casa Stockwood vestita com’era vestita.
Osservò
il viale con apprensione. Quando mancava alla villa? Perché in fondo a quel
giardino sterminato non poteva esserci che una villa.
E
infatti, pochi istanti dopo, Robert fermò il maggiolone davanti a un’imponente
struttura vittoriana. Sicuramente di proprietà degli Stockwood da generazioni.
Quante minigonne si erano viste in quelle stanze? Poche, c’era da scommetterci.
E probabilmente neanche un perizoma.
Doveva
fare qualcosa. Assolutamente!
Rimase
ferma ad aspettare che Robert le aprisse la portiera e quando scese dalla
macchina fece in modo che il cappotto si aprisse ancora di più, mostrando tutto
il mostrabile.
Robert
si irrigidì.
Peggio per lui. Se mi avesse detto dove
saremmo andati, mi sarei vestita diversamente. E se mi avesse baciata prima,
ora non mi troverei in questa situazione imbarazzante.
«Spero
che in casa abbiano acceso tutti i camini» le disse lui, senza staccare lo
sguardo dalle sue gambe, ancora con quella voce roca.
«Hai
paura che abbia freddo?» Nicole gli si avvicinò. «Be’, potrei sempre tenere addosso
il cappotto.» Gli sfiorò con un dito la manica. «Oppure potresti scaldarmi tu.»
Nota mentale: le scene di seduzione mi fanno
sentire una cretina.
Lo
sguardo di Robert si incatenò al suo, mentre chiudeva la portiera con un colpo
secco.
«Sai
come scaldare una donna?» insistette Nicole, piegando la testa di lato. Doveva
convincerlo ad andarsene. Doveva fargli capire che la serata sarebbe stata
molto più interessante se non avessero oltrepassato quella porta.
Robert
aveva la mascella contratta. Si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli
quel tanto che bastava per sembrare ancora più sexy.
«Allora?
Sai farlo?»
Lui
rimase a fissarla in silenzio qualche secondo, lo sguardo una colata di
cioccolato fuso così ardente che lei quasi ne percepì il calore e il sapore
sulle labbra.
«Sì.»
Nicole
gli credette sulla parola. Era bastata quella sillaba per farle andare a fuoco
il perizoma.
«Presentami
tua nonna un’altra volta e dimostramelo.» Gli andò ancora più vicino e insinuò
le mani all’interno del suo cappotto, sospirando soddisfatta quando sentì il
tepore del corpo di Robert. E la sensazione compatta dei suoi addominali.
Però!
Robert
le mise le mani sulle spalle. Nicole pregò che non la respingesse. Ma invece
sentì le sue dita stringersi e improvvisamente le labbra di Robert furono sulle
sue.
Erano
calde, morbide. Maschie al punto giusto. Proprio come piacevano a lei. Le sentì
scivolare su di sé e rabbrividì fino all’ultimo millimetro di pelle.
Sfilò
le mani dal cappotto di Robert e gliele insinuò nei capelli, strappandogli un
mormorio soddisfatto. Il battito del cuore le vibrava dentro come una specie di
tamburo lontano. Si strinse a lui.
«Andiamo
da qualche parte, Robert...» Chi se ne fregava del vestito, chi se ne fregava
della nonna. Voleva finire quello che avevano cominciato e basta.
«Robert!»
C’era
l’eco? Probabilmente sì. Con tutto quello spazio attorno... Certo che era
un’eco strana. Aveva un certo ritardo. E sembrava un tantino scandalizzata.
«Robert!»
L’eco
insisteva.
Nicole
sentì Robert che si staccava da lei.
«Mamma...»
Nicole
emise un mormorio contrariato. «Se cominci a chiamarmi mamma al primo bacio,
non credo che il nostro rapporto andrà avanti molto, sai?»
Silenzio.
Nicole
mise il broncio e aprì gli occhi.
E
lì si accorse che Robert non stava guardando lei, ma un punto oltre le sue
spalle.
Si
voltò e provò quasi un mancamento, davanti alla Donna-con-le-perle.
Accidenti!
La
signora Stockwood si irrigidì immediatamente come un soldatino di piombo. La
faccia le si accartocciò in un’espressione disgustata che durò meno di un
nanosecondo, poi si ricompose in un sorrisino tirato, a beneficio del figlio.
«Robert, tesoro. Sei in ritardo!»
Sei. Non siete.
La
serata prometteva molto bene. Nicole inspirò a fondo e immaginò che faccia
avrebbe fatto la madre di Robert alla vista del suo vestitino.
13
febbraio – Antenata a sorpresa
Nicole se ne stava in un angolo del
grande salone, vicino al camino. Il vestitino con cui avrebbe dovuto sedurre
Robert non era certo adatto per una serata in un’antica magione fatta di saloni
che non si sarebbero riscaldati nemmeno durante un incendio. Inoltre, Robert
era sparito con Rockwood e Stonewood, i due soci più anziani dello studio, per
parlare di chissà quale atto notarile di cui non avevano potuto parlare al
lavoro.
Bell’appuntamento!
Buttò
giù un sorso di whisky che le bruciò la laringe e l’esofago e guardò in
direzione del crocchio di donne che da diversi minuti parlottavano fra loro.
C’erano le signore Rockwood, Stonewood e Stockwood, tutte con il filo di perle,
tutte con lo stesso taglio di capelli, tutte con lo stesso tubino scuro.
Le
aveva già sentite bisbigliare almeno quattro volte oggetti disgustosi, mentre a turno le lanciavano un’occhiata di
sottecchi.
Befane!
Lei
non trattava oggetti disgustosi. Lei trattava penne, agende e calendari. Si era
trovata fra le mani quella dannata valigetta rossa per caso. La prima volta. La
seconda no, certo, se l’era cercata. Ma questo non dava diritto a quelle tre di
fare tanto le sostenute.
E
comunque non si stavano dimostrando per niente ospitali. Pensava che fra la
gente altolocata la forma fosse fondamentale. Invece la signora Stockwood si
era limitata a stringerle la mano quando Robert le aveva presentate e poi le
aveva voltato le spalle per rientrare in casa.
Quando
si era sfilata il cappotto, Robert le aveva lanciato un’occhiata divertita.
«Sarà meglio che ti versi una bella dose di whisky.»
«La
colpa è tua» aveva borbottato lei, imbronciata.
«Mia?»
«Se
mi avessi detto che mi portavi alla festa di compleanno di tua nonna mi sarei
vestita diversamente!»
Che
poi, festa di compleanno!
Dov’era
la festa?
Niente
palloncini, niente torta, niente candeline, niente auguri.
C’erano
solo tre uomini chiusi in uno studio a parlare di lavoro. Tre donne in un
angolo a parlare male di lei. E la nonna.
Si
girò verso la signora Stockwood senior. Vista la nuora, si era immaginata che
la suocera dovesse essere una specie di regina madre. Tutta etichetta e buone
maniere. Invece...
Era
seduta su un divano enorme, anche lei con un bicchiere di whisky in mano. I
capelli, candidi come una matassa di zucchero filato, si arrotolavano in
riccioli ordinati attorno alla testa. Aveva le palpebre truccate con un
ombretto madreperlato azzurro, la bocca rosa e un abito blu con le maniche
lunghe stretto sotto la gola da un cammeo.
E
la stava guardando con un luccichio divertito nello sguardo.
Poi,
con un dito, le fece cenno di avvicinarsi.
Se
il salone fosse stato più affollato, Nicole si sarebbe guardata intorno per verificare
che la nonna di Robert chiamasse proprio lei. Ma visto che non c’era nessun
altro, non c’erano dubbi.
Si
staccò dal camino e dopo tre passi avvertì nettamente la temperatura abbassarsi
di un paio di gradi. Un altro passo e i gradi diventarono tre. La nonna di
Robert doveva evidentemente avere le mutande e la maglia di lana, sotto quel
vestito blu, per starsene seduta in poltrona a più di un metro dall’unica
evidente fonte di calore della stanza.
Quando
le fu vicina, la donna le indicò il posto accanto a sé. «Siediti, cara.»
Nicole
tentennò. «Grazie ma...» e si guardò la gonna, con un brivido. «Non vorrei
scandalizzare qualcuno.»
«Io
non mi scandalizzo per così poco, te l’assicuro.»
«Ma
sua nuora...» Nicole si girò verso la padrona di casa e provò il bisogno di
mandare giù immediatamente un altro sorso di whisky.
«Quelle!»
la signora Stockwood senior emise un poco raffinato sbuffo dal naso, rivolgendo
al crocchio di donne un’occhiata molto simile a quella che la signora Stockwood
junior aveva rivolto al vibratore rosa, nel bar. «Credimi, vorrebbero anche
loro poter mettere un vestitino così, invece di andare in giro con le calze
contenitive.» Le fece l’occhiolino. Aveva gli stessi occhi scuri del nipote, scintillanti
come biglie.
Nicole
lanciò un’occhiata alle sei gambe in questione, coperte da pesanti collant
color carne.
«Lo
vorrei poter mettere ancora anche io!» aggiunse l’anziana signora.
«Ancora?»
Nicole la osservò. In che senso ancora.
Quella donna non voleva farle credere di essere davvero andata in giro in
minigonna!
«Robert
non ti ha raccontato di me?»
«No,
signora Stockwood.» Altrimenti col cavolo che si sarebbe ritrovata in quella
specie di freddo mausoleo.
«Chiamami
Claire. Avanti siediti!» La donna batté di nuovo sul divano. «E non
preoccuparti. Violet è tanto rigida, ma in questa famiglia siamo abituati agli
scandali.»
Nicole
la guardò incerta. Doveva sentirsi rassicurata o offesa?
E
Robert dov’era andato?
Come
festa era uno schifo. Come appuntamento era uno schifo. Come vigilia di San
Valentino era uno schifo.
E
faceva freddo.
Si
lasciò sfuggire un brivido.
«Davvero?»
chiese, dopo aver buttato giù dell’altro whisky. Non correva certo il rischio
di ubriacarsi, visto che l’alcol si trasformava in calore non appena le arrivava
nello stomaco.
«Oh,
io ne ho dato parecchio, di scandalo, da ragazza. E tu ne hai di strada da
fare, prima di raggiungermi!»
Oh bella!, pensò Nicole, sedendosi.
Subito
Claire si chinò verso di lei. «Ho sentito che vendi giocattoli» bisbigliò, con fare cospiratore.
Nicole
si irrigidì. «In realtà vendo agende.»
«Agende?»
Claire rimase perplessa. Il suo sguardo scivolò di nuovo verso la signora
Stockwood junior. Evidentemente, nel breve tempo che Nicole aveva impiegato per
togliersi il cappotto, la madre di Robert era corsa a spifferare a tutti la
notizia. Impicciona. «A me hanno parlato d’altro.»
«Si
è trattato di un equivoco.»
«Scusa,
ma non eri tu ieri nel bar vicino allo studio, con in mano un vibratore?»
Nicole
sussultò. Sentire la parola vibratore
sulle labbra di una donna di novant’anni faceva un certo effetto.
«Sì,
ma...»
«E
non è che nei hai qualcuno qui nella borsetta?»
«No!»
la risposta le sfuggì con una tale enfasi, da far girare per un istante verso
di lei le teste delle signore Stockwood, Stonewood e Rockwood. Che subito
ricominciarono a confabulare fra loro.
«Peccato»
commentò Claire, prima di bere un altro sorso di whisky. «Gli avrei dato
volentieri un’occhiata. Sai, ai miei tempi certe cose non c’erano.»
Ci scommetto!
«Cioè»
si corresse Claire, inclinando la testa. «C’erano eccome. Certi giochini ci
sono sempre stati. Ma chissà cosa non hanno inventato al giorno d’oggi. Faranno
meraviglie, vero?»
Nicole
rimase in silenzio. Non sapeva bene come partecipare a quella conversazione.
«E
come mi sarebbero tornati comodi. Avrei fatto impazzire gli uomini, con certi
aggeggi. Già ero brava così, figurarsi con uno di quelli.»
Di
cosa stava parlando? Nicole osservò il cammeo, l’abito di lana pesante blu, le
scarpe raffinate ma chiaramente ortopediche.
«E
dimmi» continuò Claire, «cos’altro vendi, oltre ai vibratori?»
«Non
vendo vibratori, io...»
«Sì,
sì, va bene, chiamale pure agende. Avanti, cos’altro tieni di bello in quella
valigetta? E non dirmi penne, matite e quaderni, perché alla mia età so come
gira il mondo.»
«Ehm...
manette?» si arrese Nicole.
Sul
viso di Claire si dipinse un’espressione estatica. «Oh, manette! E poi?»
«Babydoll?»
Claire
liquidò l’articolo con uno sbuffo. «Di quelli ne avevo quanti ne volevo. Cuciti
a mano. Con dei ricami di perle meravigliosi. Gli uomini se li mangiavano con
gli occhi.»
«Che
fortuna.» Nicole non sapeva bene come reagire a quella notizia. Che diamine di
lavoro faceva quella donna, da giovane? E come aveva fatto a diventare la
signora Stockwood senior?
«Avanti,
e poi?» la incalzò Claire.
Nicole
frugò nella mente alla ricerca di qualche articolo che non fosse troppo
imbarazzante. I lubrificanti erano esclusi. Gli stimolanti clitoridei idem.
«Delle piume.»
«Piume?»
Claire appoggiò il bicchiere vuoto sul tavolino accanto al divano. Prese una
pesante bottiglia di vetro smerigliato e la sollevò in direzione di Nicole.
«Ancora un goccio di whisky?» Poi, senza aspettare risposta, gliene versò tre
dita buone. «Quindi? Piume per fare cosa?»
«Per
accarezzare.»
«Accarezzare?»
«Sì,
ecco.» E lei che pensava che fosse stata dura presentare i sexy toys a Robert
Stokwood, nel suo ufficio. Ancora non sapeva che avrebbe dovuto parlarne con
sua nonna! Si portò il bicchiere alle labbra e in un colpo solo fece sparire
due delle tre dita di whisky che Claire le aveva appena versato.
«Ah!
Vuoi dire da passare sulla pelle nuda? Fantastiche! Quelle mi sarebbero
piaciute moltissimo.» Claire batté le mani deliziata. «Avrei fatto di quei
numeri! Sarei diventata la star!»
«Di
cosa, Claire?» Nicole quasi temeva la risposta.
«Dello
spettacolo!»
Giusto, dello spettacolo.
«Che
spettacolo?» Nicole finì l’ultimo dito di whisky.
«Cara,
io ero una soubrette. La migliore delle soubrette.» Le diede un piccolo
colpetto di gomito. «Allora ci chiamavano così.»
Quasi
Nicole si strozzò con il liquore che stava mandando giù.
«Mi
esibivo in uno di quegli spettacolini, sai, un po’ disinibiti, diciamo. Ma era
tutto molto artistico, tutto molto elegante.»
«Come
i calendari» commentò Nicole, fra un colpo di tosse e l’altro.
«Scusa?»
Claire
annuì. «Una vera danzatrice esotica. Dove lavoravo, gli uomini facevano la fila
per venirmi a vedere. Tutte le sere il tutto esaurito!»
Nicole
non poté fare a meno di lanciare un’occhiata in direzione della signora
Stockwood junior.
«Oh,
lei...» Claire sventolò di nuovo la
mano. «Non sa cosa voglia dire divertirsi! Io e te sì, però, vero cara?»
«Veramente
io non ho mai fatto la soubrette e vendo...»
«Agende,
sì. Comunque, una bella sera è entrato in sala un uomo meraviglioso. Il più
affascinante che avessi mai visto. E a fine spettacolo in camerino ho trovato
cento rose rosse. Da parte sua.»
«Il
signor Stockwood?»
La
signora Stockwood senior voltò la testa verso destra. Nicole seguì il suo
sguardo, lungo una fila di ritratti appesi al muro, in tutto e per tutto simili
a quelli appesi nello studio. Solo che la sua attenzione fu attratta da un
ritratto leggermente diverso. Quello di un bell’uomo, i cui lineamenti
ricordavano molto quelli di Robert, e nei cui occhi scuri scintillava un luce
divertita. Sembrava quasi prendersi gioco delle espressioni serie e compite dei
suoi compagni di parete.
La
voce di Claire si addolcì, e quando si girò verso di lei il suo sguardo era
lontano, sognante. «Il mio William. Un vero gentiluomo. E molto aperto per
l’epoca.»
Eh già.
«Abbiamo
cominciato a frequentarci contro il volere della sua famiglia. Ovviamente.» Lo
sguardo di Claire tornò a scintillare malizioso. «E alla fine ci siamo sposati.
Quell’uomo aveva fegato.» Le rivolse un’occhiatina d’intesa. «E sangue nelle
vene. Se capisci cosa intendo.»
«Credo
di sì» replicò Nicole. Stava raggiungendo livelli di imbarazzo mai contemplati
da essere umano.
«Robert
gli assomiglia.»
Come no!
Nicole
scoppiò a ridere suo malgrado. Ecco la prova definitiva che a Claire Stockwood
mancava qualche rotella. Chissà cos’avrebbe detto se avesse saputo che il suo
focoso nipote ci aveva messo due mesi e mezzo per baciarla. E solo perché lei
gli si era praticamente gettata fra le braccia.
«Oh,
lo so che non sembra. Ma credimi, conosco il mio Robert. Assomiglia a suo
nonno. Gli uomini della famiglia Stockwood sono tutti passionali.» Si voltò
verso la nuora. «Quasi tutti. E infatti mio figlio avrebbe proprio avuto
bisogno di una ragazza come te. Spigliata, spiritosa.» Le strizzò l’occhio. «Una
venditrice di agende, insomma!»
In
quella, la porta della sala si aprì e Robert comparve sulla soglia, seguito
dagli altri soci dello studio. Nicole alzò lo sguardo e i loro occhi si
incrociarono.
Subito,
sulle labbra di Robert si dipinse un sorrisino divertito. Si avvicinò a grandi
passi e si fermò davanti a loro.
«Nonna,
stai raccontando a Nicole tutto il tuo scandaloso passato?»
«Se
non sfrutto l’occasione quando posso. In questo mausoleo tua madre porta solo
noiose presidentesse di associazioni benefiche e quelle sue amiche più insipide
del riso bollito, che si irrigidiscono sempre come gufi imbalsamati quando apro
bocca.» Coprì con una mano ossuta quella di Nicole. «Ma con questa ragazza ho
potuto affrontare argomenti molto più interessanti. Io e lei ci intendiamo!» E
le strizzò l’occhio. «Vero, cara?»
«Sì,
certo» replicò Nicole, titubante.
«Anzi,
qualche volta potresti venire qui, con quella tua valigetta.»
«Nonna!»
«Oh,
Robert, cosa vuoi che me ne faccia, alla mia età! È solo per vedere, no? Per
divertirmi. Magari potremmo invitare anche tua madre.» Claire si girò di nuovo
verso Nicole. «Allora, cara, siamo d’accordo?» E di nuovo un occhiolino.
Nicole
annuì, mentre pensava che mai e poi mai sarebbe entrata in quella casa con
la valigetta della Pure Passion in
mano. Però poteva sempre mandarci Nichole con la H.
«E
adesso vi lascio da soli a fare i piccioncini.» Claire rivolse a entrambi un
sorriso candido. «Questa festa annoia me, figurarsi voi. Andate, andate. Tanto
so già che tua madre fra pochi minuti farà portare la solita Saint Honoré. Dopo
quarant’anni, ancora non ha capito che odio la panna. Almeno voi, risparmiatevi
la sofferenza! Anzi...» lanciò un’occhiata al crocchio di Stonewood, Stockwood
e Rockwood stretti vicino al camino, «fossi in voi approfitterei che non
guardano per andarmene senza salutare. Via, via!»
Diede
qualche colpetto sulla mano di Nicole, che si alzò con un sorriso riconoscente
sulle labbra.
«Ah,
Robert!» Claire richiamò il nipote. «E scalda un po’ questa ragazza. Ha le mani
gelate!»
13
febbraio – Due mesi, sette giorni, ventitré ore
Robert aspettò di aver chiuso dietro di
sé la pesante porta del salone, poi spinse Nicole in un angolo buio.
«Mia
nonna ha ragione» bisbigliò, sentendola tremare. «Sei gelida.»
«Be’,
i casi sono due, o mi dimostri che sul piazzale parlavi con cognizione di causa,
oppure vammi subito a prendere il cappotto.»
Robert
avanzò di un passo. L’idea di andare a prenderle il cappotto non lo sfiorò
nemmeno. Erano mesi che si tratteneva. Il perché non lo sapeva nemmeno lui. Forse
era l’abitudine. Il fatto di essere sempre controllato, sul lavoro. L’avere
sempre attorno persone rigide. La paura che se si fosse lasciato andare, non
sarebbe più riuscito a fermarsi. Ma dopo il bacio di prima, non fermarsi gli
sembrava un’ottima idea.
Le
sollevò una mano e le baciò le dita gelate. Il contatto con la pelle fredda lo
fece rabbrividire come se avesse preso la scossa.
«Il
guardaroba è troppo lontano. Rischi di congelarti prima» le disse.
«Allora
dovrai pensarci tu. Tua nonna dice che gli Stockwood hanno il sangue caldo.»
Robert
si portò la sua mano sul petto, dove si sentiva andare a fuoco. Nicole gli era
sempre apparsa buffa, divertente. Ma quella sera... Oh, quella sera era uno
spettacolo. E sì, era decisamente arrivato il momento di perdere il controllo.
«Saranno
i nostri antenati guerrieri.» Le sfiorò le labbra con le labbra. Poi le depose
un bacio sulla mandibola, vicino al lobo. Percepì l’aroma tenue del suo profumo
e il suo sospiro. «Ho aspettato questo momento per settimane» le confessò.
«Due
mesi, sette giorni e ventitré ore.»
Robert
rise. «Un tempo interminabile.» Iniziò a deporle altri baci sul collo, dove il
profumo era più intenso.
«Non
dirlo a me» la sentì ansimare. «E sono al perizoma numero dieci. Di quelli che
mi hai regalato, intendo.»
Quel
tono sussiegoso lo divertì ancora di più. Perché oltre a tutto il resto, Nicole
riusciva sempre a sorprenderlo. «Ogni volta che siamo usciti ti sei messa uno
dei miei perizomi?» Si staccò da lei, la voce improvvisamente più roca.
«Non
potevo certo lasciarli lì a prendere polvere. Pensavo che me li avessi regalati
per qualcosa. Pensavo fossero un segnale.»
«Quindi
anche adesso ne indossi uno?»
«Se
avessi saputo che mi portavi qui, mi sarei messa le mutande di lana come tua
nonna. Cioè, immagino che tua nonna le abbia, anche se ora che la conosco mi
viene qualche dubbio. E comunque, come fai a vivere in una ghiacciaia come
questa? Voi ricconi fate tanto i superiori e poi risparmiate sul
riscaldamento.»
«Non
vivo qui.» Le sfiorò una ciocca e con il dito scivolò lungo la guancia. «Quindi?»
Indossi uno dei miei perizomi?»
«Impegnati
a scaldarmi e potresti scoprirlo.»
Giusto. Basta chiacchiere.
La
premette con impeto contro il muro, le serrò la nuca fra le dita e la baciò
come un uomo che finalmente si arrende dopo una lunga resistenza. Le appoggiò
una mano sulla gamba e risalì lungo la coscia.
Nicole
si strinse a lui con un gemito, gli insinuò le dita fra i capelli e glieli
strinse nel pugno.
Con
un vertiginoso sfarfallio nello stomaco, Robert le sfiorò la curva della natica
e in quel momento la pendola nell’ingresso batté la mezzanotte.
«Buon
san Valentino» mormorò, labbra contro labbra, mentre dal salone accanto
arrivava la voce della signora Stockwood junior.
«Chi
vuole una fetta di Saint Honoré?»
FINE
CHI E' L'AUTRICE
EDY TASSI dice di sè...Sono nata in provincia di Como e da che mi ricordo ho sempre amato i libri: leggerli, tradurli, scriverli.A nove anni mio nonno mi regalò la mitica Lettera 22 mai regalo fu più profetico. Conservo ancora bozze di romanzi scritti a macchina, con gli errori corretti con il bianchetto. Da più di dieci anni traduco romanzi e saggistica per Harlequin Mondadori, Piemme e Feltrinelli. Nel 2013 ho pubblicato il mio primo romanzo, Ballando con il fuoco, proprio per Harlequin. Nel corso del 2014 ho scritto racconti per alcuni blog, ho partecipato alla rassegna di EWWA E dopo Carosello tutte a nanna e ho completato la stesura del mio secondo romanzo, che verrà pubblicato nel 2015. Nel frattempo continuerò a tradurre e a scrivere, magari per regalare qualche sorpresa a chi mi segue e ha piacere di leggermi.
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VI E' PIACIUTO QUESTO RACCONTO? VI PIACEREBBE LEGGERE QUESTA STORIA SE L'AUTRICE DECIDESSE DI FARNE UN ROMANZO?
Molto carino Edy. Degna seconda puntata .....a quando la terza, quarta ecc.??? Milena
RispondiEliminaMa dai bellissimo voglio un librooooooo!!!!!!!!!
RispondiEliminaUn romance tutto per questi due (e la nonna libertina) lo vorrei di certo.
RispondiEliminawow fortissimo intrigante wow voglio un libro subito ora adesso forza veloce!!!!
RispondiEliminaSto scherzando però un bel librino non ci starebbe proprio male per niente
brava davvero
Due mesi, sette giorni e ventitré ore! Ecco il tempo che ci hai fatto aspettare, ma noi aspettiamo volentieri... il libro. FANTASTICA EDY!
RispondiEliminaEh, ma io un pensierino ce lo faccio davvero, perché questi due stanno simpatici anche a me! E poi, c'è ancora tutto Robert da scoprire, vero? Lo abbiamo visto così, un po' schivo, un po' combattuto... E Nicole? Può pensare di entrare in una famiglia così? Insomma, la nonna è dalla sua parte, ma ha pur sempre novantacinque anni...
RispondiEliminaVedremo, vedremo!
Intanto grazie dei vostri commenti e grazie a Francy di avermi ospitata in una data così significativa. Vi abbraccio tutte e tanti tanti auguri a questo bellissimo blog.
molto divertente, degno proseguimento del primo.... io adoro le storie romantiche che si mescolano all'ironia....
RispondiEliminaSTUPENDO! Edy, devi assolutamente dedicare un romanzo a questi due personaggi. Li adoro.
RispondiEliminaSi Edy quando un libro questi due personaggi mi piacciono ne verrebbe una bella storia nn farci aspettare troppo! !!!
RispondiEliminaCara consorella Edy, perdonami se sono riuscita solo adesso a leggere il tuo prezioso contributo alla Festa dell’Amore. Ho trovato questa sorta di sequel di “Strenne a sorpresa” davvero spassoso, il tuo umorismo mi diverte e mi hai strappato diverse risate. Leggerei sicuramente un romanzo tratto da queste idee, anche perché il sodo pare ancora da sospirare. Che la Dea ti benedica, Anonima Strega
RispondiEliminaCara Anonima, be', che dire, grazie! Non c'è un limite di tempo entro il quale il racconto scomparirà dal blog (ma gli incantesimi sono più il tuo campo, vero?). Perciò grazie di essere comunque passata a leggere e di aver voluto lasciare un commento. Mi ha fatto molto piacere!
EliminaOh! Io mi occupo solo di magia bianca, non farei mai un dispetto come quello di far scomparire un bel racconto :)
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