AWAY di Laura Nottari


FINE SETTIMANA CON UNO ROMANCE DIVERSO DAL SOLITO FIRMATO DA LAURA NOTARI CHE SIAMO SICURE POTRA' TROVARE DIVERSE ESTIMATRICI. PIERA E IAIA L'HANNO LETTO PER NOI. 

Autore: Laura Notari
Genere: Contemporaneo/medievale, fantastico
Ambientazione: New York / Regno di Aishtale
Pubblicazione: L.Notari,  novembre 2018, pp.406, € 13
Parte di una serie: 1° serie Away
Livello sensualità: DISCRETO
Disponibile in ebook a €1,99 ( anche con Kindle Unlimited)

TRAMA: Alla ventitreenne newyorchese Hayley Jones non sembra mancare nulla: bellezza, soldi, vestiti costosi, studi brillanti e uno spazioso loft nell'Upper East Side. È tutto lì, racchiuso in lussuose mura insieme ai suoi hobby preferiti: serie tv, margarita e videogiochi. Dopo la morte dei genitori, però, Hayley si chiude in se stessa. La sua ossessione diventa Il regno di Aishtale, un videogioco GdR scovato online, nel quale si isola per mesi, costruendosi una vita alternativa lontana dal dolore, dalle responsabilità e soprattutto dalla realtà. Tutto questo, però, non può durare, ed è il gioco stesso a ricordarglielo. Per la triste gamer è giunto il momento di aprire gli occhi e crescere, e quale miglior modo per farlo se non in un altro, di mondo? Risvegliata nelle lande del videogame, Hayley si farà strada in una società medievale scandita da regole, usi e costumi incomprensibili. Inaccettabili per una donna di altri, futuri tempi. Il destino e i sentimenti della ragazza di New York si intrecceranno con quelli di Clarence, un umile fabbro. Questi, prendendola sotto la sua ala protettrice, la introdurrà nel borgo di Levongrest, un luogo agli antipodi rispetto a New York ma che, nel bene e nel male, diventerà una nuova casa. Fato e amore, fuga o accettazione, passato e futuro, si ricongiungeranno nel destino di un regno all'apparenza inesistente. La guerra, presto, busserà alle porte del regno di Aishtale. Un altro mondo, un'altra realtà, un amore in cambio di una vita e di un'identità riscritte completamente da zero.


Laura Nottari mi ha lasciato col fiato sospeso e parecchia ansia sul prosieguo di questa avventura  della protagonista di Away, un time-travel fantasy che è abbastanza intrigante.
In un mondo con caratteristiche medievali ma non situato temporalmente né fisicamente, c'è un regno, Aishtale, dove, nel villaggio di Levongrest, nel castello omonimo, vivono persone di diversa estrazione sociale tra cui Clarence il fabbro, Bren un vigoroso soldato, Martin un giovane nobile e tanti altri personaggi che completano la vita del borgo.
In questo luogo si  ritrova, per un violento corto circuito del pc che sta usando, Hayley, una modernissima ragazza  newyorkese  dell'Upper East Side, che ha fatto di un gioco GdR trovato online, il suo quasi unico compagno dopo che i suoi genitori adottivi sono morti.
Questo gioco racconta proprio la vita del paese immaginario di Levongrest di cui la ragazza conosce ogni angolo e che considera un po' come un luogo reale.
Hayley è abituata a vivere bene, non si nega abiti firmati e accessori di grido, mangia piatti di alta cucina e ha una vera e propria mania per la pulizia personale.
Immaginatevi cosa voglia dire essere catapultata in un ambiente sconosciuto, sporco, violento, dove tutto racconta di un'epoca in cui i forestieri vengono trattati con sospetto, soprattutto per una donna che parla in maniera sboccata e che veste in modo strano e non certo femminile: camicia sciolta, pantaloni e anfibi!
Per fortuna c'è chi la tiene d'occhio pur sapendo che la ragazza nasconde tante cose e che sebbene con qualche ammaccatura la salva dalla morte.
Il problema è che Hayley  pensa che sia tutto un gioco finchè non si rende conto che quella che sta vivendo è una realtà che può far male.
...”-Non dite niente di quello che avete detto a me. Non fate niente di cui potreste pentirvene, ve ne prego.- sussurrò il cavaliere , prima di rivolgersi ai compagni
-La signora ha battuto la testa, non è in sé.
- Sono perfettamente in me, razza di idiota-  battibeccò acidamente Hayley
-Moderate  le vostre parole femmina, siete al cospetto di tre soldati del baronato di Levongrest..”
Il suo angelo custode è il fabbro del castello, Clarence,un giovane uomo che ha una nobiltà innata e che non è solo ciò che appare.
C'è un sentimento che nasce tra i due  ma che la ragazza non vuole ammettere perchè significherebbe anche ammettere che il suo mondo non c'è più e che lei sarà costretta a vivere in un passato in cui non riesce ad integrarsi.
Ci sono scene ironiche e altre molto crude, momenti di tenerezza e altri di passione, personaggi violenti e altri che poi rivelano bontà inaspettate, avvenimenti quasi normali e altri invece che lasciano con il cuore che batte forte.
I due protagonisti non potrebbero essere più diversi: Clarence si adatta, cerca di vivere senza troppo pensare a ciò che avrebbe potuto essere e che non lo è più. 
 E' severo con il giovane che addestra ma riconosce anche il suo valore.
 Tratta Bren come un fratello e si fida di lui ciecamente.
Si innamora subito di Hayley nonostante da lei venga ferito,  ha la pazienza di aspettare che la giovane capisca e riconosca i suoi sentimenti ed è pronto a dare la vita perchè lei sia in salvo.
….”La paura che Clarence stava provando in quel momento era qualcosa di nuovo, soverchiante, primitiva e incontrollabile, ed era tutta unicamente per la sua Hayley.
 Paura per ciò che le sarebbe potuto accadere se...era un terrore così destabilizzante da avergli mozzato il fiato in gola e fatto perdere la concentrazione. 
Era la prima volta che combatteva per qualcuno oltre se stesso, una donna che aveva desiderato fin da subito  e che adesso amava sempre  più respiro dopo respiro.
Una donna per la quale avrebbe dato la vita in quel preciso istante. Era nato per lei, esisteva per lei , la sua vita con tutte le sue difficoltà e i suoi dolori, non aveva trovato senso o giustificazione  fino a quando non vi era entrata Hayley Jones.”
Hayley ha faticato a piacermi, sia per l'eccessiva libertà di parola, sia perchè è il tipo che non riflette e
continua per la sua strada pur sapendo di danneggiare se stessa e chi vuole proteggerla.
Continua a rimpiangere di non poter avere più i suoi capi firmati, il cibo più raffinato e costoso, piuttosto snobba ciò che le viene dato invece di accettarlo come inevitabile.
...”I milkshake di Starbucks, il caffè la mattina, la musica appena sveglia, il rock. Il bagnoschiuma, il balsamo per i capelli, il dentifricio, la carta igienica, i tampax. I  vestiti firmati, le borse Prada, il tacco dodici, la minigonna.
Era un modo per non perdere se stessa , per non dimenticare chi fosse in realtà sotto la maschera che Levongrest l'aveva costretta ad indossare.”
Solo dopo mesi capisce che se vuole sopravvivere deve concedere qualcosa al nuovo ambiente.
Mi piacciono le protagoniste di carattere ma qualche volta occorre anche cedere un po' soprattutto se non si capisce ciò che sta succedendo.
Bella  l'ambientazione a tratti molto “visibile”e ben descritti i personaggi...peccato , ma questo è un dato sia positivo che negativo, il finale da choc che mi fa desiderare una subitanea lettura del seguito: spero nell'autrice!







*****

Hayley Jones, appassionata di video games, tornando a casa da una serata di baldoria, si mette davanti al PC per giocare, ma nel mettere a posto un filo scoperto prende la scossa, sviene e quando si riprende si ritrova nel regno di Aishtale. Crede di star sognando e man mano che la storia prosegue capisce che New York deve dimenticarla e uniformarsi alla vita di quella terra intrisa di medioevo. Conosce Clarence Huxley e pian piano se ne innamora .
A dire il vero non sono stata molto colpita dalla sinossi, ma ho voluto iniziare la lettura.
Purtroppo non sono stata soddisfatta per vari motivi. Primo fra tutti il libro non è autoconclusivo e non mi sembra che ci sia, da parte dell'autrice, l'avvertimento che il romanzo intero è a puntate, quindi penso che prima di proseguire questa avventura devo digerire bene il primo impatto che mi ha deluso e non mi ha lasciato la curiosità di proseguire, causa lo smacco del racconto non concluso.
Altra cosa che non mi è piaciuta è che negli ultimi 3/4 capitoli, alternativamente si è andati molto indietro nelle vicende. Ad esempio: un capitolo riguarda il decorso di una battaglia e il capitolo successivo si parla di un incontro avvenuto tra il protagonista ed un suo fraterno amico prima del viaggio che li porterà a combattere in un campo a loro sconosciuto: il mare. Non ho capito a cosa sia servito questo salto temporale. Se fosse stato impaginato al momento giusto avrebbe avuto un senso, ma così, secondo me, è sembrato qualcosa per allungare la storia, in alcuni tratti la stesura mi è sembrata lenta.
A chi piace il fantasy e i romanzi a puntate auguro loro buona lettura, altrimenti aspettate che il romanzo sia completo.











COME INIZIA IL ROMANZO...

1
Svegliati. Adesso!Tuonò la voce dentro la testa. Una voce talmente familiare che la riconobbe al volo. Come non avrebbe potuto? Era la sua.
Hayley le obbedì subito, aprendo gli occhi. Dal petto le risalì un profondo respiro, i muscoli del ventre e quelli che fasciavano le costole le lanciarono fitte come coltellate, lacrime le offuscarono la vista. Faticò nel prendere aria ma si sforzò di farlo: doveva, se non voleva soffocare.
Sentì il cuore battere irregolare, veloce e insicuro.
Quel piccolo e vitale muscolo aveva perso il suo naturale ritmo, ma stava testardamente cercando di ritrovarlo, riuscendoci poco dopo. Venne scossa da tremori sui quali non ebbe alcun controllo; crampi simili a frustate le attraversarono ogni muscolo, rendendoli duri come pietra.
Hayley urlò per il dolore, o almeno era quello che avrebbe voluto fare, ma dalla bocca irrigidita dagli spasmi, uscì solo un rantolo.
Studiava medicina da anni, le nozioni conosciute bastarono per farle capire ciò che le stava succedendo: elettrocuzione meglio conosciuta come 'folgorazione'. In parole povere aveva preso la scossa per colpa di un maledetto cavo scoperto, del suo stramaledetto computer.
Non era stato particolarmente doloroso. In realtà, quando era accaduto, lei era così ubriaca da non essersi resa conto di nulla, neanche aveva urlato. Ma al di là del fatto assurdo, incredibile e fortunato che ne era sopravvissuta, al di là del dolore, che sapeva che presto sarebbe sparito, portando con sé anche gli spasmi, al di là del fatto che il cuore già stava riprendendo il suo normale battito; la cosa che preoccupò maggiormente Hayley in quel preciso istante, fu il sole a picco sulla sua testa.
Le tre e un quarto, questa era l'ora in cui era avvenuto l'incidente. Hayley ne era certissima, perché ubriachezza a parte si ricordava di aver controllato la sveglia sul comodino, appena rientrata in camera.
Le tre di notte, non le tre di pomeriggio. Ed era stata colpita in casa dentro la sua stanza, non all'aria aperta o su un terrazzo che tra le altre cose neanche aveva. Inoltre ricordava di essere crollata a terra, accanto al suo letto.
Se la fortuna non l'aveva abbandonata, l'incidente non le avrebbe fatto riportare danni neurologici, ma sapeva di doversi recare in ospedale il prima possibile.
Cercò di mantenere la calma. Agitarsi in questi casi era inutile, quindi chiuse gli occhi, fermamente decisa ad attendere che i dolori le passassero, che il formicolio agli arti facesse il suo decorso, e che il suo corpo scombussolato riacquistasse coscienza di sé.
Una brezza leggera però, venne a istigarla accarezzandole il viso, e il tocco esile di fili d'erba le fece compagnia, solleticandole le guance. In un attimo tutte le sue promesse di stare calma, di non agitarsi e respirare, andarono a puttane. Io in casa ho il parquet, che sta succedendo?” pensò riaprendo gli occhi, riuscendo finalmente a voltare la testa.
Erba.
Era distesa in un campo di stramaledetta e fittissima erba alta, e non aveva idea del perché, o di come ci fosse arrivata. Il canto delle cicale le inondò lentamente orecchie, prendendo il posto del fischio sordo di cui erano ovattate.
Fastidiosi e schifosi insetti pensò di nuovo, muovendo finalmente braccia e gambe, riacquistando lentamente il controllo del suo corpo. Decise di provare ad alzarsi lentamente, d'altro canto non poteva certo rimanere lì: ovunque si trovasse in quel momento, avrebbe dovuto chiamare un'ambulanza. Forse era stesa proprio nel bel mezzo di Central Park.
Barcollando, Hayley riuscì nel suo intento, ma si tenne in piedi per puro miracolo. Era come una giraffa appena nata che stava facendo i primi passi nella savana, sghemba e scoordinata.
Abbassò la testa, scostando i lisci e lunghi capelli corvini, e si rese conto di avere ancora indosso i vestiti che aveva scelto per la serata; la camicia bianca di Prada, i pantaloni di pelle nera e un paio di anfibi alti. La borsa MiuMiu nera, a tracolla sulla spalla. Non se l'era tolta quando era rientrata in casa e lei, da brava borsa preferita, l'aveva accompagnata fin lì.
Ma fin lì dove?
Si guardò attorno stordita e confusa, si dovette tenere la testa con una mano perché le girava ancora come una giostra impazzita. Gli effetti dell'alcool, trangugiato almeno in teoria poche ore prima, non erano ancora del tutto spariti, ma la confusione era dovuta per lo più all'incidente.
Il livello di sobrietà, fu purtroppo abbastanza elevato da farle capire che non si trovava affatto in un luogo familiare. Altro che Central Park; non c'erano grattacieli attorno a lei. Si trovava nel bel mezzo del niente, circondata da erba alta e cicale, cicale che cantavano nascoste, cacofoniche e stressanti.
Girò più volte su se stessa, rischiando di finire a terra.
Erba, erba, erba.
Una gigantesca, collinosa distesa di erba alta fino alle ginocchia. Steli che si muovevano ondeggiando dolcemente sotto il soffio del vento, come un immenso e coordinato mare. In lontananza a centinaia di metri, si stagliava un vasto, uniforme e fitto bosco di alberi dalla scura chioma.
«Ehiii!» urlò più volte a gran voce, ma nessuno le rispose. Nessuno a parte il sordo silenzio, e il frusciare quieto di quel verde oceano.
Capì di essere sola, sola con le cicale e il sole che picchiava sulla testa, sola nel mezzo del nulla più sconfinato.
«Porca puttana,» mormorò passandosi una mano sulla bocca, sbavando il rossetto Dior che si era passata sulle labbra prima di uscire.
Quando lo sguardo le cadde sul palmo, si accorse della bruciatura che il cavo del computer le aveva lasciato come ricordo. Era un segno rosso e poco profondo, sulla sua pelle diafana, tuttavia, risaltava come un neon acceso.
Frugò subito nella borsa in cerca di un fazzoletto, trovandolo insieme alla boccetta di disinfettante per mani; il Santo Graal di ogni newyorchese che si rispetti.
Hayley spruzzò con soddisfazione tutto il cristallino liquido sul palmo, strofinò la ferita, poi tornò di nuovo alla borsa, stavolta in cerca del cellulare. Non trovandolo si guardò attorno, lo scovò per terra a pochi passi, lo raccolse, ma era stranamente spento. Pigiò a fondo il pulsante di accensione, aspettandosi di veder comparire il suo volto sorridente, stretto accanto a quello dei genitori Margareth e Jack, in quella spensierata foto che avevano scattato insieme durante la vacanza alle Seychelles, la scorsa estate. Due settimane meravigliose, da sogno. Esattamente quello in cui si erano trasformati i suoi genitori: sogno e ricordo.
Il display però non ne volle sapere di illuminarsi. Rimase spento, morto, defunto, kaputt. Hayley premette il tasto più e più volte, con crescente disappunto, ma quell'aggeggio non diede alcun segno di vita.
«Ma come è possibile?» bofonchiò inebetita, tornando a guardarsi attorno, come se tra i fili di erba potesse miracolosamente trovare la risposta al suo smarrimento. Di casi simili al suo ne aveva studiati e letti a dozzine: gente affetta da sonnambulismo che si ritrovava a vagare dispersa fuori casa in pigiama o mutande, per risvegliarsi poi a isolati o miglia di distanza. Racconti per spaventare i bambini più che verità scientifiche fondate: cazzate. Lei non soffriva di sonnambulismo, lei era stata colpita da una scarica elettrica, lo ricordava chiaramente. E per fortuna era ben vestita, non in pigiama.
Hayley ricordava il blackout, esattamente come ricordava ogni momento della giornata appena trascorsa.
Non che avesse fatto molto, dato che l'aveva passata mangiando cibo spazzatura, e friggendosi gli occhi davanti al suo dannato videogioco. In pratica la solita routine che conduceva da mesi: reclusa in casa come una reietta.
Dopo cena però, diversamente dal solito, si era preparata per uscire. Seppur controvoglia, avrebbe dovuto raggiungere le sue amiche Bettany e Claire in un pub al Greenwich Village. Aveva cercato di dissuadere più e più volte Bettany a lasciarla stare, ma quella aveva insistito fino alla nausea.
«Non puoi chiuderti anche stasera su quel fottuto computer!» le aveva urlato al cellulare. «Basta! La tua vagina si seccherà e cadrà, se non ti deciderai a darla a qualcun altro!»
Come no. Come se il problema fosse Stephan, il suo ex che aveva fatto le valigie un mese prima, mollandola a un passo dalla laurea, prima dell'ultimo esame. Quel bastardo, lui e i suoi riccioli biondi da cuoco fallito.
Bettany era stata comunque così stracciapalle e insistente, che alla fine lei aveva ceduto. Sarebbe uscita per poche ore facendo felice quella mangia uomini, ma sapendo già che sarebbe rientrata poche ore dopo, magari fingendo di rimorchiare qualcuno per non destare attenzione. Avrebbe preso un taxi, e una volta in casa si sarebbe infilata il pigiama, e avrebbe continuato a giocare indisturbata al computer. Non si era ancora staccata da quel videogioco che già le mancava, era una droga. E il suo un ottimo piano, infallibile. E infatti aveva funzionato, forse anche troppo.
Sotto sotto, Hayley sapeva che le sue amiche avevano ragione. Dopo la morte dei suoi genitori, da ragazza solare e vispa, lei si era chiusa sempre più in se stessa diventando cinica, scorbutica e scontrosa, la brutta copia di quello che era un tempo.
Margareth e Jack non erano i suoi genitori biologici. Lei era figlia di una madre e di un padre spariti nel nulla. Due medici affermati l'avevano adottata, crescendola nel miglio e dei modi con amore e dedizione, e insieme avevano creato una famiglia.
Appena finito il college Hayley era andata a vivere da sola, a New York. La sua eccellente media scolastica le aveva garantito un posto alla NYU, avrebbe studiato medicina e sarebbe diventata un dottore, esattamente come i suoi.
Trasferirsi nella Grande Mela era stata una separazione dolorosa ma necessaria, così suo padre le aveva lasciato il lussuosissimo loft nell'Upper East Side, quello che usava quando si recava in città. Hayley in cambio tornava a trovare entrambi a ogni festività e in ogni weekend libero dagli studi. Poi tutto era finito di colpo. A gennaio, un giorno freddo, un giorno qualunque. Due poliziotti le avevano detto ciò che una figlia unica non vorrebbe mai sentirsi dire: che c'era stato un incidente, che da quel momento era sola al mondo. Sola. Come non lo era mai stata in tutta la sua vita. Quel giorno, insieme a Margareth e Jack morì anche il desiderio di studiare, di diventare qualcuno, di aiutare il prossimo. Poter seguire le orme dei genitori era sempre stato motivo di vanto per Hayley, mentre ora provava solo pena. Pena per loro, pena per se stessa.
Aveva smesso così di uscire, e ridotto al minimo le frequentazioni con le sue amiche, il suo umore era peggiorato almeno tanto quanto il suo carattere. Stephan non aveva retto e l'aveva mollata, lasciandola sola in quell'immenso loft, sola con la sua acredine, con la sua reclusione, con il suo alcool, serie tv e cibo da asporto.
L'incontro avvenne in un pomeriggio piovoso di metà marzo. Con un bicchiere di vino di troppo, e una buona dose di noia in corpo, Hayley si era trovata a gironzolare su Facebook e l'occhio le era caduto su una pubblicità banner. Una di quelle che normalmente non si notano mai, una che sponsorizzava in maniera triste e priva di entusiasmo un videogioco RPG* gratuito.
Aveva cliccato su quel link senza neanche rendersene conto, e si era ritrovata subito a scaricare un gioco che prometteva in maniera poco originale:
'Un'avventura incredibile in una terra sconosciuta!
Costruisci il tuo eroe e vivi una vita in un mondo medievale fedelmente ricreato nei singoli dettagli.
Perditi nella vastità delle foreste della Contea di Rovshire, ammira i tramonti dai bastioni di Levongrest.
Crea, allena, forgia il tuo eroe! Preparalo ad affrontare temibili nemici, intrighi e giochi di potere. Salva il Regno di Aisthale dalla minaccia incombente, sii il faro che riporterà la luce in queste terre! Pegi 18'Si doveva trattare dell'ennesimo giochino di bassa lega, pieno di bug e caricamenti decennali. Le immagini di repertorio sembravano belle, ma lei sapeva che il gioco stesso sarebbe stato un altro paio di maniche, e non si era sbagliata poi di molto. Il Regno di Aishtale, questo era il poco fantasioso titolo, non aveva niente a che vedere con opere come 'The Witcher' o 'Skyrim'**, non c'era niente della qualità grafica di quei titoloni. Ma da subito, non appena creato il personaggio e mosso i primi passi in quel regno dai pixel esageratamente sgranati, Hayley si era innamorata perdutamente di lui. Amore forse era esagerato. Non esagerato anzi, poco esatto: Hayley si ossessionò così tanto con quel videogioco, le creò così tanta dipendenza da non lasciarla uscire di casa per giorni.
Mangiò a malapena, e rispose il minimo indispensabile al telefono, tutto pur di non staccarsi dal suo pc e dal suo eroe.
Quel gioco era grezzo, semplice ed elementare, non spiccava certo per grafica o intelligenza, anzi a tratti era a dir poco imbarazzante. Le missioni erano così semplici che praticamente si risolvevano da sole, i nemici erano stupidi e prevedibili, il livello di difficoltà una bazzecola, dialoghi, grafica, era tutto abbozzato. L'ingenuità di quel titolo era disarmante, pessima. Il comparto audio sembrava uscito dal peggior incubo elettronico anni '90, una roba cacofonica e spesso soggetta a blocchi e imprecisioni. Hayley non capiva come qualcuno fosse stato così coraggioso da mettere online un gioco simile, proprio non se ne capacitò.
Così come non riusciva a comprendere come mai non poteva staccarsene neanche per un giorno. ...

****
L'AUTRICE
Laura Nottari vive a  Roma, è gastronoma  e nel tempo libero legge e scrive. Laura  non si arrende a vivere in un solo mondo. Away, primo volume di una breve serie ambientata in un un medioevo fantastico,  è il suo  primo romanzo. 
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1 commento:

  1. potrei passare sul fatto che non amo leggere i Fantasy
    e/o gli storici, ma qui il grosso problema è il fatto che non sia autoconclusivo. se anche poi ci fosse un seguito,
    quando uscirà avrò già dimenticato la maggior parte di quello che è accaduto in questo episodio e avrò difficoltà a ricostruire la storia iniziale. non mi piace proprio finire un libro in sospeso, mi sembra di aver perso tempo. non è una critica al romanzo nè all'autrice, che non conosco, ma è proprio un mio limite personale

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