THE PLAYER (L’amore è un gioco meraviglioso) di Vi Keeland (Sperling e Kupfer)

ANCHE SE ABBIAMO PASSATO LA BOA DI META' AGOSTO, L'ESTATE E' SEMPRE NEL SUO PIENO E SI HA VOGLIA DI LETTURE POCO IMPEGNATIVE. QUESTO DI VI KEELAND E' IL LIBRO GIUSTO. MEL SI E' DIVERTITA A LEGGERLO E CI RACCONTA PERCHE'. 


Autore: Vi Keeland
Titolo originale: The Baller
Traduttrice: Rosa Prencipe
Genere: Contemporaneo
Ambientazione: New York
Pubbl.originale: 
Pubbl.italiana: Sperling & Kupfer , pp.309, 12 giugno 2018, € 9,90
Livello sensualità:  ALTO
Parte di una serie: No Romanzo autoconclusivo
Disponibile in ebook a  € 6,99

TRAMA : La prima volta che Delilah incontra il famoso quarterback Brody Easton è in uno spogliatoio maschile, al termine di una partita. È la sua prima intervista come commentatrice sportiva. Un incarico importante e conteso, per il quale sono stati presi in considerazione molti altri giornalisti uomini , ma sui quali Delilah ha avuto la meglio, dopo molta gavetta e molti sacrifici. Figlia di un famoso giocatore di football, Delilah è praticamente cresciuta in questo mondo, una mosca bianca in un universo di testosterone, sa come muoversi e non è facile metterla in un angolo. Eppure, quando Brody Easton già alla prima domanda decide di mettersi a nudo, letteralmente, lasciando cadere l'asciugamano che lo copre, lei non sa proprio che fare. A metterla in difficoltà non è tanto la statuaria bellezza, quanto l'atteggiamento provocatorio e la sfacciataggine dell'atleta che, fin da subito, inizia infatti a flirtare con lei. Ma Delilah non esce con i giocatori. O meglio, non esce con quel tipo di giocatore: di bell'aspetto, forte, arrogante, che vive di vittorie e conquiste, dentro e fuori dal campo. E Brody Easton in questo è un vero giocatore.


Ad ogni nuovo libro, la Keeland si conferma una delle mie autrici preferite, e anche The Player, non fa eccezione. La storia tra Brody Easton, lo sfacciato quarterback dei New York Steel e Delilah Maddox, la bella giornalista sportiva, rispetta lo stile al quale ci ha abituate. L’incontro/ scontro , una serie di dialoghi frizzanti e spassosi, il tutto narrato con l’alternanza dei due pov. 
Verso metà libro, però, le cose cambiano, l’autrice ci rivela cose del passato che hanno cambiato la vita dei protagonisti. Delilah è una donna energica e realizzata professionalmente, che non ha mai superato davvero un lutto che l’ha colpita anni prima. Brody, dietro l’apparenza da sbruffone superficiale e sexy latin lover, dimostra di essere una persona leale verso i suoi affetti, nonostante una donna del passato l’abbia disilluso riguardo le relazioni. Sarà proprio quella donna, Willow, ritornata in città, a sconvolgere il loro equilibrio. In realtà la sua comparsa, ha sconvolto anche me, devo ammettere che non ho molto apprezzato l’inserimento di un terzo pov nella narrazione, soprattutto perché il suo personaggio scompare nella parte finale del romanzo, senza approfondimento, come una questione lasciata in sospeso. Attraverso il punto di vista di Willow, l’autrice ci fa scorgere una realtà difficile- e per molti versi triste- quale può essere raccogliere i cocci di un’esistenza dopo anni passati a drogarsi, ma anche in questo caso, credo sia stata un’occasione sprecata, troppo da dire e troppo poco spazio per farlo bene. In compenso la storia tra Brody e Delilah è ben sviluppata, la caratterizzazione dei protagonisti è curata, anche l’ambientazione, tra partite e interviste negli spogliatoi è molto realistica, insomma un ottimo lavoro. Per quanto abbia trovato irresistibile Brody, è stato il personaggio di Delilah a conquistarmi. Il voto finale ha risentito un po’ di quello che spiegavo prima, ma è comunque un bel romanzo che consiglio di leggere.
 







LEGGI UN ESTRATTO...
Delilah
Era il mio secondo servizio con i New York Steel, ma la prima volta negli spogliatoi. Stavo fuori con una decina di altri inviati e cercavo di apparire disinvolta come loro. La 
grande porta azzurra era piena di ammaccature, probabilmente vittima della frustrazione dei giocatori. Le svariate vittorie del campionato la incorniciavano, e il simbolo di quella del Super Bowl dell’anno precedente campeggiava fiero al centro, sotto il logo della squadra. Dopo qualche minuto, un addetto alla sicurezza aprì la porta e fece segno a tutti di entrare. Alcuni giornalisti mostrarono il tesserino, altri, a quanto pare, non avevano bisogno di presentazioni. Henry, come diceva la logora targhetta sulla divisa, li salutò chiamandoli per nome. Alcuni gli chiesero notizie della figlia. A quanto pare, Larissa si era di recente rotta un braccio giocando a basket. Era un gruppo molto affiatato. Ero ansiosa di entrare, ma non avevo tutta questa fretta. La folla si diradò presto, lasciandoci solo in quattro nel corridoio. Feci un respiro profondo e marciai verso la porta, sforzandomi di non dare a vedere la paura. Sorrisi e sollevai il tesserino, indicando il suo: Henry Inez. «Hi.» 
«Hi», annuì lui.
«Le sue iniziali. Hi, come il saluto.»
Davvero un ottimo lavoro. Tendevo a sparare cavolate quando ero nervosa.Lui mi guardò dall’alto, con la fronte aggrottata. Poi prese il mio tesserino, si tastò il petto come alla ricerca degli occhiali, infine sospirò e lo tenne a distanza per leggerlo. «Ce l’hai un secondo nome, Delilah Maddox?»
«Anne.»
«Dam», ridacchiò. Diga.
Lo sciocco scambio di battute riuscì a calmarmi, e cacciai fuori il respiro che non mi ero resa conto di trattenere.
Mi riconsegnò il tesserino. «Sei la figlia di Tom, giusto?»
Annuii.
«Lavoro qui da trent’anni. Non li fanno più quelli come lui. Uno dei migliori atleti che siano mai entrati in questa stanza. Non una primadonna. Un vero gentiluomo. Mi dispiace per la tua perdita. È stata una perdita per tutto lo sport.»
«Grazie.»
Indicò dentro lo spogliatoio. «Questi ragazzi? Nient’altro che primedonne. Non farti fregare. Okay, Dam?»
Ripresi le mie credenziali con un cenno di assenso e un sorriso speranzoso. «Non lo farò.»
La prima cosa che mi sorprese mentre entravo nel sancta sanctorum furono le sue dimensioni. Avevo visto abbastanza foto per sapere che gli spogliatoi erano grandi ma, osservandolo dall’interno, il vasto spazio mi lasciò di stucco. Ampi armadietti ricoprivano l’intero perimetro; il centro era perlopiù aperto, con alcuni salottini. Ciascun salottino aveva quattro comode poltrone di pelle e un tavolino di vetro in mezzo. Tutto era perfetto e ben organizzato. Faretti illuminavano i nomi su ciascun armadietto e i giocatori chiacchieravano con i giornalisti. L’atmosfera era leggera e spontanea, probabilmente per via del risultato della partita. Gli Steel avevano vinto ventotto a zero. Nessuno pareva fare caso a me, una donna sola al centro della stanza. O, se mi avevano notata, non sembravano affatto seccati. Le mie spalle rigide si rilassarono un pochino.
Trovai Nick, il mio cameraman, che era già entrato, e vidi che il kicker degli Steel era libero, così andai da lui a fargli qualche domanda. Aveva addosso ancora la divisa ma, mentre parlavamo, si tolse il resto delle imbottiture. Fu una prima intervista facile da portare a casa e la cosa mi infuse sicurezza.
«Grazie per il tuo tempo, Aaron», dissi quando la telecamera si spense.
«Quando vuoi. E benvenuta. Hai sostituito Frank Munnard, giusto?»
«Esatto.»
«Un tizio orrendo. Sono contento che sia andato in pensione. Sbagliava metà dei nostri nomi anche se ce li avevamo stampati proprio sopra la testa.» Alzò il mento per indicare la grossa scritta sull’armadietto. «E grazie per quell’ultima domanda sul fatto che alleno la squadra di mio figlio. Sarà entusiasta di sentirmi dire il suo nome in tv.»
Sorrisi, ricordandomi di quando ero piccola e mio padre mi nominava durante le interviste. Mi sentivo una celebrità. Non ci avevo pensato, ma è possibile che quei ricordi c’entrassero parecchio col fatto che concludevo sempre le interviste con una domanda personale. Guardando mio padre settimana dopo settimana, l’argomento statistiche faceva presto a diventare trito. Ma i piccoli scorci di vita personale di un giocatore catturavano sempre la mia attenzione. Li facevano sembrare di più persone reali e meno atleti fenomenali.
Passai oltre e osservai la stanza. Un’area della gigantesca rotonda era gremita di giornalisti al punto che non riuscivo a vedere il giocatore neanche di sfuggita. Ma sapevo chi stavano aspettando senza neanche dover leggere il nome sull’armadietto.
Brody Easton.
Ovunque quell’uomo andasse, i media lo seguivano, soprattutto perché era un arrogante showman che dava loro qualcosa da raccontare. Non guastava che l’obiettivo amasse la sua bella faccia e il suo corpo, così come le donne che spesso lo attorniavano nelle foto.
Intervistai qualche altro giocatore, saltando quelli in vari stadi di nudità. C’era parecchia pelle in mostra, ma la gran parte era di petti e sederi. Quasi tutti gli uomini erano voltati verso l’armadietto mentre si cambiavano. È possibile che i miei occhi avessero indugiato un secondo o due sul sedere sodo di Darryl Smith – accidenti, quello sì che è un didietro muscoloso – ma mi ripresi alla svelta. Dovevo comportarmi da professionista, soprattutto se volevo che i giocatori facessero altrettanto con me.
Quando la folla attorno a Easton finalmente si diradò, mi avviai verso di lui. Aveva un asciugamano attorno alla vita e nient’altro. Porca miseria. Forse questa storia della depurazione non era un’idea così furba. Era come andare al supermercato quando non mangiavi da giorni. E visto che avevo un debole per gli atleti, era un giro pieno dei miei cibi preferiti. Devo darmi un contegno.
Il cameraman davanti a me mise le luci in posizione per filmare, dirottando la mia attenzione dalle titaniche spalle di Brody alla faccia che finiva su così tante pagine di giornale il lunedì mattina. La mandibola era vigorosa e cesellata, con appena un’ombra di ricrescita di barba sulla pelle baciata dal sole. Seguii la linea scolpita degli zigomi, sorvolando labbra peccaminosamente generose e un imperioso naso romano,raggiungendo il più incredibile paio di occhi che avessi mai visto. Gesù, è ancora più sexy di persona.
Verde chiaro, quasi a mandorla, i suoi occhi scintillavano sotto ciglia folte e scure. Erano così ipnotici da spaventarmi. Scossi la testa per scollegarmi dalla visione magnetica che avevo davanti. Per fortuna, Nick riportò la mia attenzione alla realtà.
«Easton è stato esplicito riguardo la presenza delle donne negli spogliatoi. Secondo lui non andrebbero ammesse. Non aspettarti che sia cordiale con te quanto con i vecchi cari ragazzi.» Nick si occupava di riprendere la squadra da più di dieci anni; il suo avvertimento era frutto più di esperienza che di dicerie.
Sapevo anche della polemica tra Brody e Susan Metzinger, giornalista di un’emittente rivale. Lo aveva attaccato pubblicamente per l’uso di un linguaggio scurrile negli spogliatoi, e l’accaduto era diventato una guerra lunga un mese su certi giornali. Lui affermava che comunque lei non c’entrava niente con gli spogliatoi e che i giornalisti maschi non trovavano nulla da ridire. Lei aveva risposto con un commento a tutta pagina dedicato alle citazioni di Easton, il cui linguaggio trovava degradante per le donne. Le citazioni erano alquanto decontestualizzate, ma l’articolo era accompagnato da una mezza dozzina di fermoimmagine che immortalavano il suo sguardo puntato su un sedere o una scollatura femminili. Da lì le cose non avevano fatto che peggiorare. Era successo più di un anno prima, ma mi preparai mentalmente all’atteggiamento del famigerato quarterback.
«Pronta?» Nick si mise la borsa in spalla e sollevò la telecamera. Il giornalista che ci precedeva concluse l’intervista e strinse la mano a Easton.
Più che mai. «Certo.»
Mi feci avanti e gli tesi la mano. «Sono Delilah Maddox della WMBC Sports News.»Lentamente un sorrisetto si disegnò sulla faccia di Easton. Mi sorprese protendendosi a baciarmi sulla guancia. «Piacere di conoscerti.»
Non ero sicura se mi stesse provocando, aspettandosi una mia violenta reazione per quel bacio quando al giornalista maschio si era limitato a stringere la mano, o se stesse cercando di usare la sua sfacciata sessualità per spiazzarmi. A ogni modo, non sarei stata al suo gioco. Mi schiarii la voce e raddrizzai la schiena, nonostante il leggero tremolio alle ginocchia.
«Ti dispiace se ti faccio qualche domanda?»
«Per quale altro motivo saresti qui?»
Ignorai il suo sarcasmo. Continuava a sorridermi. A dire il vero, era più una smorfia compiaciuta e mi fece sentire un giocattolo col quale si apprestava a divertirsi. «Pronto, Nick?» Il mio cameraman finì di regolare le luci, poi puntò la telecamera e mi fece un segno con la mano.
«Congratulazioni per la vittoria di oggi, Brody. Come va il ginocchio dopo il rientro?» Sollevai il microfono, sapendo che Nick stava riprendendo a distanza ravvicinata.
«Be’…» Con nonchalance, diede uno strattone all’angolo dell’asciugamano attorno alla vita, il quale cadde a terra. «Alla grande. Va alla grande. E tu? È la tua prima volta negli spogliatoi, vero? Ti piace quello che hai visto finora?» Curvò le labbra in quello che era a tutti gli effetti un sorriso malizioso.
Prima che riuscissi a trattenermi, gli occhi mi caddero sulla sua metà inferiore nuda. Merda. Penzolava al vento. Mi feci distrarre totalmente da quanto in basso penzolasse quell’affare. Subway. Il soprannome era più che azzeccato. Probabilmente passò un minuto intero prima che rispondessi alla sua domanda. Un intero minuto di riprese a vuoto. Grandioso. «Sì. Ehm… lo spogliatoio è… ehm… carino.» Feci la figura della svampita. In onda.
Lo stupido continuò a intervistarmi. «È grosso come te lo aspettavi?»
«Ehm… molto più grande di quanto immaginassi.»
Il suo sorriso si fece ancora più largo.
Ugh.
Dovevo tornare in carreggiata, altrimenti la mia prima intervista negli spogliatoi rischiava di farmi diventare lo zimbello di tutti. Gli spettatori non sapevano che era nudo dalla vita in giù. «Pensi di essere stato al cento per cento oggi?»
Rimase interdetto. «Se ti riferisci alla partita di oggi, senz’altro. Ho dato il cento per cento sul campo. Ci sono altri ambiti in cui ho un sacco di potenziale di crescita, ma il ginocchio oggi era al cento per cento.»
I suoi chiari occhi verdi si scurirono e vidi le lunghe ciglia abbassarsi. Seguii la linea del suo sguardo e, d’un tratto, mi ritrovai a guardare la sua nudità. Di nuovo. Maledizione! Riportai su gli occhi alla velocità della luce ma sentii le guance avvampare. Dovevo troncare, altrimenti sarei stata viola in onda.
«Allora bentornato. E congratulazioni per la vittoria di oggi.»
Aspettai che Nick abbassasse la telecamera e spegnesse la luce. Poi guardai Brody dritto in faccia. «Sei uno stronzo, lo sai?»
I suoi occhi scintillarono. «Sì, lo so.»
Udii le risatine e le mani che battevano il cinque alle mie spalle mentre uscivo dagli spogliatoi come una furia. 
****
USCITE RECENTI DI VI KEELAND
BEAUTIFUL MISTAKE (Beautiful Mistake) - Sperling & Kupfer, 2018 

Quando Rachel incontra per caso, nel pub dove la sera lavora come cameriera, l'uomo che ha ammaliato la sua migliore amica senza confessarle di essere sposato, lei proprio non riesce a nascondere il suo disappunto. E così, quando lui, sentendosi osservato, le si avvicina, Rachel gli riversa addosso chiaramente quello che pensa di tutti gli uomini del suo genere: bugiardi, imbroglioni ed egocentrici. Peccato che ci sia stato un errore, e l'affascinante uomo in questione non sia quello giusto.
Rachel vorrebbe scomparire. Per fortuna, le probabilità di rivederlo sono pressoché nulle. In teoria. Perché, quando il mattino dopo Rachel arriva in università per affrontare la sua prima lezione come assistente del professor Caine West, beh, lui altri non è che la vittima della sua scenata.
Il primo sguardo tra i due, nell'aula gremita di studenti, è come una scarica elettrica. E, nonostante tutto, il professor West si ritroverà presto a infrangere tutte le regole del campus per lei. Leggi QUI la ns. recensione.  Ti interessa questo romanzo? Lo puoi trovare QUI.



BOSSMAN (Bossman) - Sperling & Kupfer, 2017
È durante il peggior appuntamento della sua vita che Reese incontra per la prima volta Chase Parker. Lei è nascosta nel corridoio del bagno di un ristorante e sta disperatamente chiamando la sua migliore amica perché la salvi da quella serata da incubo. Mentre lui, affascinante, brillante e sfacciato quel tanto che basta, sta ascoltando tutto. Dopo qualche battuta tagliente, i due tornano ai rispettivi tavoli. Reese è molto infastidita, eppure non può fare a meno di spiare di nascosto l'indisponente sconosciuto, seduto all'altro capo della sala. Quando improvvisamente lui si alza e si presenta al tavolo di Reese, è convinta che voglia smascherarla; invece, a sorpresa, lui si siede e, fingendosi un amico d'infanzia, si unisce a lei e al suo accompagnatore, che ancora non ha smesso di parlare della madre. D'un tratto la cena prende tutta un'altra piega. Ma, a fine serata, Reese è decisa comunque a ignorare l'interesse e l'attrazione verso l'intraprendente sconosciuto e a non rivederlo più. È convinta che sia un addio. In fondo, quante possibilità ci sono di imbattersi di nuovo in Chase Parker in una città di otto milioni di persone? Ma soprattutto... quante probabilità ci sono che lui finisca per essere il suo capo un mese dopo? La vita saprà sorprendere Reese con una tentazione irresistibile e una struggente prova d'amore.  Ti interessa questo romanzo? Lo puoi trovare QUI.

 SCRITTO IN COLLABORAZIONE CON PENELOPE WARD

UN PERFETTO BASTARDO (Stuck-up Suit) - Newton Compton, 2018
Era una mattina qualunque, il treno era affollato e tutto sembrava noiosamente normale. A un certo punto sono stata come ipnotizzata dal ragazzo seduto vicino al corridoio. Urlava contro qualcuno al telefono come se avesse il diritto di governare il mondo. Ma chi credeva di essere con quel suo completo costoso? In effetti, gli conferiva un’aria da leader, ma non è questo il punto. Non appena il treno si è fermato, è saltato giù così in fretta da dimenticarsi il telefono, e io… potrei averlo raccolto. Potrei anche aver spiato tutte le sue foto e chiamato alcuni dei suoi numeri. Okay, potrei persino aver tenuto il telefono dell’uomo misterioso fino a che non ho trovato il coraggio di restituirlo. Così ho raggiunto il suo ufficio da snob… e lui si è rifiutato di vedermi. Ho consegnato il cellulare alla reception dell’ufficio di quel bastardo arrogante. Ma potrei, diciamo per ipotesi, avergli lasciato qualche foto sul telefono. Foto non esattamente angeliche.Leggi QUI la ns. recensione.   Ti interessa questo romanzo? Lo puoi trovare QUI.  
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L'AUTRICE
Vi Keeland è un'autrice americana di romance con all'attivo milioni di libri venduti, presenti per oltre sessanta volte nelle principali classifiche dei best seller e tradotta in dodici lingue. Vive a New York con il marito e i loro tre figli, portando avanti il suo personale '...e vissero felici e contenti' con il ragazzo che ha incontrato a sei anni.
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2 commenti:

  1. Sono d'accordo con la recensione di Mel. E' una storia piacevolema non superficiale come potrebbe sembrare.

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  2. Vi Keeland per ora non mi ha mai deluso

    RispondiElimina

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