LA TEORIA DEL PETTIROSSO di Cristiano Pedrini

Autore: Cristiano Pedrini
Genere: Contemporaneo M/M
Ambientazione: Stati Uniti
Pubblicazione: Youcanprint,  16 agosto 2017, pp.154, cartaceo a € 11,40
Livello sensualità: BASSO
Disponibile in ebook a € 2,99

TRAMA: Nathan è un giovane senzatetto. Ross è il direttore di una grande biblioteca che ama con tutto se stesso.Quando le loro strade s'incroceranno, Nathan sarà accusato di furto e Ross immediatamente attratto dalla vulnerabilità del ragazzo lo prenderà sotto la sua ala protettrice. Sentimenti nuovi e dolcissimi li sconvolgeranno entrambi come se fossero fatti di musica, una melodia simile a quella del violino che Nathan ama suonare, un ricordo, un prezioso cimelio del suo oscuro passato.Perché questo ragazzo nasconde qualcosa, un terribile segreto che rischierà di allontanare i loro cuori che ormai si stanno avvicinando sempre di più.Potrà l'amore redimere ogni errore? E potrà il destino ricongiungere quello che ha separato sanando antiche ferite?

Il direttore di una biblioteca e un giovane senzatetto: questi i protagonisti de “La teoria del pettirosso”. Una storia d'amore in cui l'anima generosa di Ross Stuard, il direttore del Byron, si prende a cuore quella tormentata di Nathan Collins, un giovane uomo accusato all'inizio di furto. Una storia come ce ne potrebbero essere tante, ma che qui si evolve dalla diffidenza di chi si è ritrovato per strada, senza colpe, e che viene accolto come mai si sarebbe aspettato, non solo da colui il quale gli offre un posto caldo dove stare e successivamente un lavoro e l'amore, ma anche dalle persone che girano intorno al direttore della biblioteca.
Un po' inverosimile, dal mio punto di vista, soprattutto considerato che di Nathan non si sa nulla, a parte il cognome e l'amore per la musica. Inverosimile e surreale, in qualche punto, così come la famosa teoria che Ross propina a Nathan per giustificare il proprio interesse verso il suo benessere. Il direttore dice di sé di non essere un illuso e di avere ben chiaro come vada il mondo, ma resta il fatto che il dipanarsi della storia rasenta il fiabesco. Niente di male in questo, tutti vorremmo che fosse così, con una persona ferita da chi dovrebbe essergli e stargli più vicino e che trova la propria strada senza perdere di identità.
Nonostante ciò, e malgrado la scorrevolezza del testo, la mancanza di vero realismo mi ha fatto un po' dubitare. Non che non mi sia piaciuto, ma avrei preferito maggiore attinenza alla realtà che ci circonda, a cominciare dal linguaggio e finendo con alcune scene che sanno di '800 londinese.
Una storia moderna che ha un sapore antico e che non fa che ribadire il contesto a tratti quasi irreale.
Per quanto riguarda il testo vero e proprio, ho notato diversi refusi e il cambio spesso repentino di POV nella stessa scena, così da dovermi fermare per capire chi fosse a parlare, associato a qualche comparsata di narratore onnisciente. Scelte stilistiche? Lo spero.







COME INIZIA IL ROMANZO...
CAPITOLO PRIMO

Benvenuti al Byron 

 
Ross percorse il lungo corridoio che conduceva all’atrio principale della biblioteca con le parole ansiose di Margaret che gli risuonavano nella mente come un disco inceppato. «Per favore, puoi scendere subito? Abbiamo un problema», gli aveva detto al telefono. Sapeva che quella donna era in gamba. Era attenta e scrupolosa, ma talvolta, nelle situazioni che si allontanavano dalla stretta quotidianità, si lasciava prendere dal panico. Forse, con il senno di poi, l’averla trasferita alla reception non era stata una grande idea, ma, in fondo, credeva che le facesse bene stare in mezzo alla gente.  Dopo la morte del
marito, c’erano volute settimane per riuscire a convincerla a uscire di casa e altrettante per trasferirla dall’ufficio dell’amministrazione al suo nuovo incarico. Credeva che per lei quella sarebbe stata la scelta migliore e che avrebbe in tal modo avuto la possibilità di stare in mezzo alla gente e trascorrere le giornate all’insegna di una maggiore vivacità, anziché restarsene chiusa in un ufficio da sola. Ross giunse davanti al banco dove Margaret lo attendeva, in piedi, quasi sull’attenti. I grandi occhi castani della donna erano seri e un po’ atterriti. «Eccomi qui. Che cosa abbiamo di tanto grave?» Con discrezione gli fece cenno di seguirla, percorrendo il bancone. «In mediateca Luke ha bloccato un taccheggiatore. Ora ci sta aspettando nella sezione di musica antica.» «Un taccheggiatore? Un ladro, vuoi dire…» Margaret annuì dopo essersi sincerata che nessuno potesse vederla. Ross raggiunse la mediateca che si trovava al piano terra, adiacente alla sala d’ingresso, scortato dalla donna. Che strano che qualcuno rubi qui al Byron. Tendenzialmente gli utenti si dividono in due categorie: i topi da biblioteca e chi non ha un altro posto dove andare. Per i primi quello che c’è qui dentro è un patrimonio inviolabile, per i secondi arredamento di un luogo dove trovare rifugio  Entrando nella sala Ross fu abbagliato dalla tonalità intensa delle pareti. Si era ripromesso di far coprire quell’assurdo colore aragosta con uno più chiaro e meno opprimente, ma ogni volta si scontrava con l’architetto che aveva progettato la struttura. A lui quella tinta piaceva. Improvvisamente, esaltata dallo sfondo, si trovò davanti l’imponente figura di Luke dietro alla quale si nascondeva il presunto ladro. Quando vide il direttore, Luke si scansò e chiese alla donna di chiudere la porta. «Che cosa è successo?», domandò Ross. «L’ho sorpreso mentre cercava di rubare uno dei nostri cd», sentenziò il collaboratore, fissando il colpevole. Luke era un funzionario molto disponibile con il pubblico. Amava profondamente il suo lavoro e dedicava cure quasi maniacali alla sezione di mediateca, spesso sforando il budget annuale. Tra i suoi difetti più fastidiosi c’era però un’eccessiva sicurezza in se stesso, che talvolta lo portava ad assumere atteggiamenti presuntuosi. Avere una buona dose di autostima era quanto mai importante, ma non se ciò rasentava la cieca e incondizionata fiducia nelle sole proprie capacità e nel proprio intuito, ignorando ogni possibile alternativa. Forse proprio per questo era il solo responsabile della sezione; difficilmente Ross avrebbe potuto affiancargli qualcuno abbastanza paziente da sopportarlo. Quando finalmente Luke si spostò, Ross si accorse che l’uomo fermato era un ragazzo che poteva avere a malapena diciotto anni; seduto su una delle poltrone dedicate all’ascolto della musica, il giovane se ne stava immobile fissando il pavimento.  Ross si presentò: «Sono Ross Stuard, il direttore del Byron.»  Il ragazzo sollevò lo sguardo, rimanendo nel più assoluto silenzio. «Il mio collaboratore le ha lanciato un’accusa molto grave. Vuole cortesemente dirmi come sono andate le cose?» Il ragazzo si alzò, lanciandogli uno sguardo alquanto contrariato. “È qui per ascoltare la mia versione o, semplicemente, per giustificare un patetico e grossolano errore?” «Io sono qui per ascoltarla, signor…» «Nathan», rispose semplicemente. «Bene, signor Nathan. Vuole dirmi perché Luke l’accusa di furto?» «Mi guardi. È molto semplice lanciarmi un’accusa simile», ribatté quello allargando le braccia. Nathan indossava una giacca logora, dei jeans strappati e delle scarpe da tennis oramai consumate, eppure, nonostante l’abbigliamento, appariva pulito e in ordine. Forse era per questo che Ross non aveva subito fatto caso agli abiti dismessi del ragazzo.  «Ti ho visto chiaramente nascondere un cd nella tasca del giaccone dopo averlo sottratto dall’espositore», s’intromise Luke, avvicinandosi ai due. «Si riferisce a questo?», affermò il ragazzo mostrando la custodia di un compact disk. L’uomo glielo strappò di mano raggiante. «Avete visto, avevo ragione!» Ross lo osservò con attenzione e poi si rivolse al collaboratore facendogli candidamente notare che quella custodia non apparteneva a nessuna delle loro collezioni: «Non ha neppure la targhetta di riconoscimento.» Luke era visibilmente perplesso. “Non è possibile. Deve averlo scambiato. Io l’ho visto prenderlo.” «È vero», ammise il ragazzo, «l’ho guardato solo per confrontarlo con il mio. Avete una versione di Brahms di quartetti per pianoforte e archi in sol minore che non avevo mai sentito. Ma osservandolo meglio ho pensato che non sarebbe stato molto diverso dall’esecuzione che avevo già ascoltato.» Ross si voltò incontrando l’espressione sorpresa di Margaret, che, fino a quel momento, era stata convinta di avere a che fare con un senzatetto entrato al Byron per trovare rifugio e godersi un po’ di caldo, preferendolo al freddo pungente di quella mattina d’inizio dicembre. Ma, a quanto pareva, quel tipo sapeva il fatto suo musicalmente parlando e non era affatto un ladro all’apparenza.  Poi il direttore rivolse lo sguardo a Luke, che, gesticolando, propose di chiamare la polizia. A suo dire quel ragazzo stava prendendo in giro tutti, facendo solo perdere tempo. «Luke, forse ti sei sbagliato. E non ci vedo nulla di drammatico in questo. A meno che tu non voglia perseverare nell’errore», Ross sorrise, poggiando la mano sulla spalla del suo dipendente. «Io non mi sbaglio. Lui ha
rubato quel cd perché non si trova più al suo posto.» Il ragazzo, indispettito da quell’insistente accusa, si chinò verso il suo zainetto nero e l’aprì, svuotandone il contenuto per terra. Davanti ai suoi piedi riversò quaderni, un paio di penne, un maglione scuro, una sciarpa, una bottiglietta d’acqua mezza vuota e qualche carta di caramelle. Senza interrompersi si tolse anche il berretto di lana, poggiandolo sulla poltrona che aveva alle sue spalle. Dei folti capelli neri gli scesero sulla fronte facendo risaltare ancor di più il suo viso a punta. Ross fu colpito dai lineamenti così delicati di quel volto, modellati con fine semplicità e impreziositi dall’intenso verde degli occhi. Era come se sino ad allora qualcuno avesse coperto il volto del ragazzo con una benda, nascondendo così a chiunque lo guardasse la verità. E la verità era che Nathan era così irresistibile da impedire a Ross di non esserne attratto, forse anche per via dai suoi modi sfrontati e decisi, e dal suo essere incurante di chiunque avesse intorno. La voce di Margaret riportò il direttore al presente. «Ma cosa sta facendo?», chiese, mentre il ragazzo si toglieva  il giaccone a mo’ di sfida abbandonandolo sulla poltrona alle sue spalle. «Credo voglia dimostrare la sua innocenza», rimbeccò Ross, a tratti divertito e a tratti coinvolto oltremodo da quello che stava guardando. 
*****
L'AUTORE
Lo scrittore emergente Cristiano Pedrini nasce negli anni Settanta. Lavora in una biblioteca della provincia di Bergamo e a causa dei suoi difetti, che lui come ogni altro essere umano ha, si considera un perfetto imperfetto… anche se qualche volta tende un po’ troppo al fatalismo. Nell’agosto del 2014 ha iniziato l’esaltante e incredibile avventura a cui conduce la scrittura. Qualcosa che lo spinge a ritrovare se stesso, a fare i conti con ciò che si è e a immaginarsi un mondo diverso, forse migliore o forse peggiore, a seconda degli occhi di chi vede e legge ciò che esprimi. Le sue sono storie di persone, innanzitutto, provenienti da esperienze di vita diverse ma tutte accomunate dal desiderio di accettarsi e di vivere la vita alla continua ricerca di se stessi e di ciò che li circonda. Nelle trame dei suoi libri – di cui ricordiamo La teoria del pettirosso e Klein Blue – vi è l’esigenza inalienabile di ciascun individuo di andare alla scoperta e di far propri i sentimenti come il rispetto, l’amicizia, l’affetto e l’amore, punti cardine che lui si augura sappiate comprendere e riconoscere.
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