Summer in Love: "UN GIORNO PERFETTO PER AMARE" di Sarah Bernardinello


INIZIO SETTIMANA E PENULTIMO APPUNTAMENTO CON SUMMER IN LOVE.  SARAH BERNARDINELLO CON UN GIORNO PERFETTO PER AMARE, CI REGALA UNA LUNGA STORIA ROMANTICA M/M DOVE NEW YORK FA DA SFONDO A UN RAPPORTO FRA OPPOSTI CHE SI ATTRAGGONO... A VOLTE ARRENDERSI ALL'AMORE PUO' SALVARE UNA VITA...BUONA LETTURA!


Tony posò la bolletta sul tavolo. Diavolo, non ci voleva. Non adesso.
L'appartamento non era questo granché, ma, adesso che uno dei suoi coinquilini se ne era andato, risultava più difficile riuscire a rientrare nelle spese.
Mark contribuiva con il suo stipendio settimanale, ma non poteva chiedergli soldi in più. Sapeva quanto costasse il college e l'amico faceva anche due lavori.
Doveva trovare un'altra soluzione.
Amber Walsh lo ingaggiava per un paio di serate al mese, forse avrebbe potuto  proporsi per qualche serata in più.
Non gli sorrideva l'idea, alcuni clienti erano piuttosto esigenti, ma doversi trovare un terzo lavoro rischiava di lasciargli sempre meno tempo per lo studio. Era già abbastanza faticoso tornare a casa la sera tardi, dopo aver servito ai tavoli e lavato i piatti e dopo una giornata intera passata a recitare o danzare.
Tony si passò la mano sulla faccia. Ricordava bene quando Amber gli aveva detto come il suo fascino mediterraneo colpisse la fantasia di chi lo incontrava: alto, moro e con gli occhi scuri, Tony era più che contento del proprio aspetto. Lo era meno quando si trattava di utilizzare quei doni per guadagnarsi da vivere.
Però il problema di fondo rimaneva: o trovava un altro coinquilino nel più breve tempo possibile o non gli rimaneva altro da fare che chiamare Amber e offrirsi in tutta la propria, incomparabile bellezza.
Allungò la mano e prese il telefono.
  
2

Nigel gettò via la penna, con stizza crescente.
«Hai di nuovo sbagliato le date, Tim. Che cazzo ti dice il cervello?»
In piedi, dietro la scrivania, Timothy Barnes sembrava avesse ingoiato la lingua. Almeno avesse sfoderato gli attributi. Se ne stava lì, a testa bassa, facendogli crescere la rabbia.
«Chiama il signor Arnold, inventati una scusa credibile per questo contrattempo
Tim alzò la testa, sorpreso, ma Nigel fece un sorriso sghembo. Più una smorfia, a giudicare dall'espressione dell'assistente.
«Poi mi aspetto che tu rassegni le dimissioni. Questo mese è la seconda... no, la terza volta che devo scusarmi con i clienti per le tue mancanze. Non ho intenzione di farlo ancora.»
«Ma, signor Howard...»
«Niente ma. Ho bisogno di una persona sveglia, non di un fantoccio che si atteggia ad assistente. Fa' quello che ti ho detto e poi va' da Kelly.»
Kelly Adams era la segretaria dello studio. Una volta che il ragazzo fosse andato via, le avrebbe chiesto di mettere un nuovo annuncio.
«Sì, signor Howard.» Il suo, tra poco ex, assistente raccolse l'agenda.
Non lo guardò uscire. Era stanco e furioso. Da quando quella specie di segretario personale era arrivato, non c'era stato giorno che non dovesse risolvere qualche guaio causato dalla sbadataggine del giovane. Guai che non poteva permettersi.
Era un professionista quotato, non un samaritano. Lavorava sodo ed esigeva il massimo dai suoi dipendenti.
L'interfono trillò, strappandolo a quei pensieri per niente allegri.
«Sì, Kelly?»
«Posso disturbarla un attimo?»
«Ma certo.»
Nigel si appoggiò di nuovo allo schienale, mentre la porta si apriva e la segretaria faceva la sua entrata, reggendo un vassoio con due tazze e un piattino di biscotti.
Le fece posto sulla scrivania, appena un po' sorpreso.
«A cosa devo...»
La donna sorrise. Sulla cinquantina, rotondetta, sfoderava quei sorrisi nei momenti più impensati, contagiando chiunque. Lavorava con lui da quasi dieci anni.
«Ha licenziato Thimoty?»
«Gli ho detto di rassegnare le dimissioni.»
Lei alzò le spalle. «È lo stesso, alla fine.»
Gli tese la tazza di caffè e i biscotti.
«Non è il momento, Kelly» tentò lui, ma la segretaria lo inchiodò con i suoi occhi scuri.
«Non è uscito a mangiare e non sono arrivati garzoni. Presumo sia a stomaco vuoto da stamattina. Mangiare un biscotto non le ruberà troppo tempo. Inoltre, lavora troppo e si vede.»
Nigel fece per ribattere, ma si si trattenne. Non aveva senso confermare l'ovvio. Kelly aveva ragione. Esigeva il massimo dagli altri, ma non prima di averlo preteso da se stesso.
Prese un biscotto alle nocciole e lo sbocconcellò, prima di bere un sorso di caffè.
«Devo mettere un annuncio per un assistente?»
Quella donna doveva leggergli nella mente.
«È meglio» disse, dopo aver terminato il caffè.
Kelly finì il suo e raccolse le tazze.
«Mi metto subito al lavoro.»
Nigel annuì. Se avesse trovato un assistente capace la metà della signora Adams, si sarebbe detto soddisfatto. Peccato che finora fosse già il terzo che aveva dovuto licenziare. O costringere a dare le dimissioni.
Il suo telefono personale squillò, mentre Kelly faceva un gesto di saluto e usciva dall'ufficio.
Guardò il numero, mentre un lieve sorriso gli stirava le labbra.
Accettò la chiamata, mettendo in vivavoce.
«Amber. Felice di sentirti. Come stai?»
«Nigel, tesoro. Benissimo e tu? Lavori sempre come un mulo?»
Nigel scosse la testa. Amber Walsh non era famosa per la sua diplomazia.
«Sempre.» Si rilassò appena contro lo schienale. «Scommetto anche tu. O, perlomeno, i tuoi dipendenti.»
«Il lavoro va bene. Molto bene, in realtà.»
Nigel aggrottò la fronte. Aveva l'impressione che Amber non lo avesse chiamato solo per salutarlo.
«C'è qualcosa che non va, Amber?»
«Perché me lo chiedi?»
«Perché ho questa impressione.»
Ci fu un lungo silenzio dall'altra parte, tanto che Nigel pensò fosse caduta la linea. Stava per prendere lo smartphone, quando lei parlò.
«Possiamo vederci stasera, dopo le sei? Avrei bisogno di chiederti un favore.»
«Un favore? A me? Basta che tu non mi voglia assumere nella tua agenzia.»
Sentì una risata, che lo fece sorridere a sua volta.
«Saresti molto richiesto, signor Howard. Con quei tuoi capelli brizzolati e quegli occhi azzurri, hmmm... avrei la fila fuori della porta.»
Nigel si concesse una lieve risata. L'immagine evocata dalle parole di Amber era così divertente che non poté farne a meno.
«Solo se i clienti sono giovani e aitanti, Amber.»
Uno sbuffo e una risatina.
«Si potrebbe fare.» Seguì un breve silenzio, prima che lei riprendesse. «Ci sarai, allora?»
Sembrava... ansiosa.
«Ma certo. Dopo le sei. Facciamo da Hudson's?»
«Fanno un aperitivo pazzesco. Vada per Hudson's. Un bacio, Nigel. A dopo.»
La telefonata si concluse e Nigel sfiorò lo schermo.
Era davvero perplesso. Amber sembrava preoccupata e il fatto che la sua amica lo fosse preoccupava anche lui.
Si pizzicò la radice del naso: era inutile lambiccarsi il cervello. Doveva lavorare. Ci avrebbe pensato quando l'avesse vista. Gettò un'occhiata alla sveglia sulla scrivania.
Aveva altre tre ore, prima di incontrare Amber.
Si rimboccò le maniche e si alzò: il tavolo da lavoro lo attendeva.
  
3

Amber era seduta a un tavolo d'angolo. Quando lo vide entrare, gli fece un cenno con la mano e Nigel le si avvicinò.
Si chinò a baciarla su una guancia, prima di prendere posto a sua volta.
«Scusa il ritardo. Hai già ordinato?»
Lei scosse la testa e Nigel fece un cenno alla cameriera, tornando a guardare l'amica.
«Tutto bene?»
Il bel volto di Amber si aprì in un sorriso.
«Benissimo, per quanto mi riguarda.»
La cameriera arrivò, sembrò illuminarsi mentre lo guardava, umettandosi le labbra e sbattendo le ciglia. Quando lui la ignorò, raccolse le loro ordinazioni con una faccia scura e si allontanò verso il bancone, mentre Nigel si appoggiava allo schienale della poltroncina, sotto lo sguardo corrucciato di Amber.
«Che c'è?»
«Sei sicuro di essere gay?»
«Come lo sono di essere qui insieme a te.»
Lei fece un gesto con la mano. «Hai distrutto quella povera ragazza.»
Nigel alzò gli occhi al cielo. «Oh, andiamo. Le donne non mi interessano, non in quel modo.»
«Potevi almeno essere gentile.»
«Lo sono stato. Ho detto grazie.»
Amber ridacchiò. «Sei il solito.»
«Per questo mi vuoi bene.»
«Credo di essere una delle poche.»
Nigel ripensò al suo ex assistente e a quelli prima di lui e non poté che assentire.
La cameriera portò i cocktail e alcuni piattini con finger food e patatine, poi si eclissò. Niente ammiccamenti o sbattere di ciglia, questa volta.
Nigel bevve un sorso, dopo aver fatto tintinnare il bicchiere contro quello dell'amica, poi la guardò in faccia.
«Allora, che succede?»
«Subito al sodo, eh?» sbottò lei, prendendo una tartina con acciuga.
«Non vado matto per i preliminari.»
Amber tossì. «Avvertimi quando vuoi fare una battuta a sfondo sessuale.»
Nigel sorrise appena. Erano secoli che non usciva con qualcuno, le sue erano davvero solo battute. Aveva troppe commissioni in quel periodo, non aveva tempo né per una relazione né per rimorchiare in qualche bar.
A dirla tutta, l'età si faceva sentire, qualche volta, soprattutto quando era stanco morto dopo una giornata di lavoro.
«A che stai pensando?»
«A niente» mentì. Ci mancava solo che fosse lei a combinargli un incontro. Capacissima di farlo, se avesse saputo della sua solitudine auto imposta.
«Di cosa volevi parlarmi?» Meglio accelerare, forse avrebbe potuto finire la pianta dell'albergo quella sera stessa.
Amber deglutì il boccone e bevve un sorso di liquido arancione, prima di asciugarsi la bocca con il tovagliolino, stando bene attenta a non sbavare il rossetto.
Nigel aggrottò la fronte: quella non era l'amica del college. La Amber che conosceva si sarebbe buttata a blaterare aggiungendo una serie di imprecazioni. Questo quando non era immersa nel suo ruolo di maîtresse 2.0.

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4 commenti:

  1. bello :)
    curiosa la scelta della foto per la copertina...
    marzia

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