CHRISTMAS IN LOVE: "LA TRACCIA DELL'ARMONIA" DI FERNANDA ROMANI



STATE RIEMERGENDO SOLO ORA DAI FESTEGGIAMENTI NATALIZI? NOI SIAMO GIA' PRONTI PER IL NOSTRO RACCONTO GIORNALIERO! 

NE LA TRACCIA DELL'ARMONIA, FERNANDA ROMANI E' PRONTA A TRASPORTARCI IN UNA REALTA' PARALLELA IN CUI UMANI E CREATURE FANTASTICHE CONVIVONO E...S'INNAMORANO....BUONA LETTURA!


Dalla tradizione orale del Popolo dell’acqua

La dea Terra, sposa del Sole, alla notizia che la figlia prediletta, Sirenide, era caduta in mare ed era annegata, pianse per giorni  e giorni finché suo fratello Acqua, per lenire il suo dolore, decise di far nascere una creatura da ognuna delle sue lacrime. Così ebbe origine il popolo che poteva vivere nell’acqua e sulla terra.

§

Venezia – 21 dicembre 2014

L’arsura che lo divorava gli aveva seccato la gola, ma Danivio non voleva chiedere qualche sorso d’acqua per dissetarsi.
Non voleva chiedere pietà.
Nessuno dei suoi carnefici lo avrebbe mai visto umiliarsi. La dignità era ormai l’unica cosa che gli restava.
Da quando lo avevano incatenato al grande disco di pietra, sul pavimento all’ultimo piano di Palazzo Dorian, i guardiani si erano fatti vedere solo per controllare la robustezza dell’acciaio che lo teneva inchiodato a quell’inquietante rappresentazione del sole.
Erano passato cinque giorni ormai e non gli avevano dato una sola goccia d’acqua. Sapevano che per quelli del suo popolo la disidratazione era una delle torture peggiori.
Dal lucernario sopra di lui vide un chiarore diffuso, il giorno si preparava a sostituire la notte.
L’alba era vicina.
Percepì il sangue che iniziava a scorrere nelle vene in maniera sempre più frenetica. Il suo istinto sapeva qual era il momento giusto. Da millenni ogni individuo della sua specie sentiva il richiamo irresistibile del nascere del sole. Nessuno di loro avrebbe mai rinunciato a quei pochi attimi in cui innalzare la propria lode all’Astro della Vita.
Ma per lui sarebbe stato l’ultimo canto.
Il Solstizio d’inverno ormai era giunto.
Gli Adoratori del Sole avrebbero avuto la loro vittima sacrificale per celebrare quella data, ma forse lui poteva ancora fare qualcosa per proteggere Olisana. Se lei lo odiava a tal punto da dargli la caccia, c’era la possibilità che rinunciasse sapendo che stava per morire.
Sarebbe stata  al sicuro, lontana da Venezia e da chi la voleva uccidere.
Ma Danivio la voleva anche sentire un’ultima volta. Per due anni si era rifiutato di ascoltare la limpida armonia che scaturiva dalla gola di lei. Si era chiuso nella propria solitudine, lasciando fuori il dolore per l’assenza dell’unica persona che avrebbe voluto vicino a sé.
In quell’ultimo giorno voleva impregnare ogni fibra del proprio essere della voce di Olisana e vivere le sue ultime ore nell’abbraccio senza pari di quei suoni ai quali aveva rinunciato.

Il chiarore attraverso il lucernario assunse il colore perlaceo che anticipava l’oro dell’astro nascente.
E il canto universale ebbe inizio.
La musica che gli umani non potevano udire proveniva dal mare, ma anche dalla terraferma. Nessuno che appartenesse al Popolo dell’Acqua rinunciava ad abbandonarsi al proprio istinto in quell’irripetibile momento della giornata. Migliaia di voci si fondevano l’una nell’altra, ognuna portava con se emozioni intime, felicità privata e dolori personali, ma anche l’immensa gioia di ritrovarsi tutti insieme, ancora una volta per celebrare il sorgere del sole.
Danivio, per la prima volta dopo due anni, aprì il proprio udito a quella voce che aveva voluto dimenticare.
Ma lei non c’era.
Quella certezza  lo colpì come una pugnalata nel petto.
Non aveva mai pensato che Olisana potesse negarsi al suo orecchio.
Mi odia fino a questo punto…
Quell’idea gli era insopportabile. Eppure, sparire nel silenzio non era ciò che aveva fatto lui?
Il suo istinto divenne tutt’uno con il dolore e da quel connubio intriso di disperazione nacque il suo canto.
La gola arida si sciolse un’ultima volta, modulando note di infinita tristezza. Un’armonia dove la sofferenza danzava in mille rivoli che si espandevano nell’aria, penetravano nell’acqua, celebrando l’eredità atavica che da secoli univa ogni creatura degli abissi.
Ma la voce di Danivio cercava lei, anelava un ultimo contatto nella disperata certezza di non poterle fare del male.
Olisana era al sicuro.
Ormai lui non poteva fare altro che smettere di nascondersi, smettere di rifiutarsi a lei, per poterle dire addio.
Lasciò che la musica fluisse dalla gola in ondate sempre più potenti unendosi a quelle di tutto il Popolo dell’Acqua. Molti non avrebbero capito, altri avrebbero pensato a una naturale conclusione della vita.
Lui voleva soltanto che Olisana udisse la sua voce.
Il suo canto di morte.    ....


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