VOGLIAMO REGALARVI UN MODO DOLCE PER INIZIARE QUESTO TERZO WEEKEND DI OTTOBRE... SI TRATTA DI UN RACCONTO USCITO SUL BLOG QUALCHE ANNO FA CHE PROBABILMENTE MOLTE DI VOI NON HANNO ANCORA LETTO. E PER CHI L'HA FATTO, SARA' UN PIACERE RILEGGERLO.
ADELE VIERI CASTELLANO SI CONFERMA UNA DELLE NOSTRE AUTRICI STORICHE PIU' DOTATE ANCHE QUANDO INVECE DI ROMANI SCRIVE UNA STORIA INTENSA E PASSIONALE AMBIENTATA NELL'OTTOCENTO ITALIANO. BUONA LETTURA!
Lago di Como, tenuta di Montecorvo,
aprile 1896
Era vedova da tre anni gli avevano detto gli avvocati. Doveva essere scialba, sgraziata, insignificante.
Quando si servì, fece tintinnare più del dovuto la caraffa di vetro. Al diavolo! Si meritava un bicchiere di porto. Lo scolò d’un fiato e poi la squadrò da capo a piedi, per l’ennesima volta.
«Bevete il vostro rosolio, signora Maffei. Sembra ne abbiate bisogno.»
La donna alzò un sopracciglio, una sottile pennellata di velluto su un viso che sembrava un cammeo. Osservò il bicchiere sul tavolino davanti alla finestra, fece un passo avanti e incrociò le braccia sotto il seno.
Abbondante, rifletté Guido. Troppo, per un corpo così snello e quel movimento lo rivelò in pieno. Si impose di fissare un punto neutrale, la bocca magari.
Un altro errore.
Era rossa, succosa e vellutata e lei si stava torturando il labbro inferiore coi denti candidi. Stava per ordinarle di smetterla, di non rovinarlo. Poi Guido rinsavì, ricordando perché Laura Maffei era troppo agitata per stare seduta. Riprese a parlare, lo stesso tono che impiegava con gli stalloni ricalcitranti.
«Lorenzo è mio nipote. Come vi hanno scritto i miei avvocati e vi ho ripetuto io stesso, non ho nessuna intenzione di lasciarvi la custodia dell’erede dei Montecorvo. Non lo farei neppure se vostro marito fosse vivo, signora. E con questo, l’argomento è chiuso.»
«Beatrice mi aveva avvisato.» Replicò lei e la vibrazione bassa e pastosa della sua voce gli entrò fin sotto la pelle. Per non lasciarsi sviare, Guido serrò la mano destra e indurì lo sguardo.
«Allora sapete bene che è inutile insistere. Io ottengo sempre quello che voglio.»
Lei si riparò dietro alla poltrona di velluto rosso. Le dita si piegarono sulla modanatura del legno. Lunghe, con unghie corte e ben curate.
«Non vi siete mai occupato del bambino.»
«Sapete il perché. Beatrice ha preso la sua decisione fuggendo e sposando vostro fratello.»
«E così l’avete punita.»
La giovane non si permise di indietreggiare dopo quelle parole ma sollevò il capo, sfidandolo.
Guido fece due passi nella sua direzione. La sovrastò, non solo col corpo. Notò l’imporporarsi delle guance e il velo d’allarme nello sguardo. Ma rimase ferma dov’era.
«Punita?» La rimbeccò con tono sprezzante, storcendo la bocca. «No, signora. Non l’ho più voluta vedere, questo è vero. Ma ho sempre pagato tutti i debiti, ho sempre risollevato dal fango quell’irresponsabile di suo marito. Il gioco, l’ipoteca sulla casa, quella sulla seteria. Gesù, non erano rimasti neppure i soldi per il loro funerale!»
«Mio fratello è stato sfortunato.»
«No, la sfortuna non c’entra nulla. Vostro fratello ha sempre gestito i suoi affari e la sua vita così come ha condotto la carrozza quella notte: come un folle. Ha ucciso Beatrice. Se non fosse morto, lo avrei ammazzato io stesso.»
L’umiliazione era bruciante come stringere un tizzone nella mano. Laura sentì ardere le guance. Ma fuori si sforzò di mantenere la stessa espressione che teneva lontani i creditori e i corteggiatori molesti.
Ancora una volta provò quella sensazione che le aggrovigliava le viscere e le asciugava la bocca: il ricordo di Corrado, imprudente e cocciuto, la disgrazia che era costata la vita a lui e alla moglie, la certezza che Guido Odescalchi, conte di Montecorvo, non stava parlando a vanvera. L’uomo la fissò con uno sguardo minaccioso.
Nonostante Laura fosse arrivata alla tenuta decisa a dissuaderlo dai suoi propositi, si scoprì a deglutire e a sforzarsi per mantenere gli occhi fermi su di lui.
Suo cognato.
Non era preparata al suo aspetto.
Beatrice lo aveva sempre descritto come un cinico tiranno. Arrogante, irremovibile, dispotico.
Avrebbe dovuto trovarsi a fronteggiare un uomo dal volto rigido, segnato dalle rughe dell’astio, col corpo magro ingobbito dai conti e dal peso delle responsabilità. Un uomo imbruttito dalla tenacia, ripugnante nella sua spietatezza.
Niente di più sbagliato e Laura avrebbe fatto tesoro della lezione.
Era bello, così bello che al primo impatto con quella mascolinità arrogante e sensuale, era rimasta a corto di parole. E di fiato. Ogni donna sana di mente avrebbe dovuto aver paura di rimanere sola con lui.
Si muoveva con la grazia indolente di un grosso felino, alto, forte e muscoloso. I capelli gli sfioravano le spalle, lunghi e neri in modo indecente.
Gli occhi erano grigi come piombo fuso e le ciglia, le più folte e lunghe che lei avesse mai visto in un uomo, attenuavano solo a tratti quell’impressione sconcertante.
Ma il suo aspetto era solo la scorza esteriore. Rabbrividì al pensiero del bambino tra le sue grinfie.
«Cos’è tutto questo improvviso interesse per Lorenzo? Come pensate di poter allevare vostro nipote?» Gli chiese, cercando di nascondere il tremito nella voce.
«Con una folta schiera di balie, istitutrici e insegnanti. Con il denaro che a voi manca, signora Maffei. Con tutto ciò che voi non potete offrirgli, visto che siete sola al mondo e priva di mezzi.»
«Ma davvero?»
Laura si pentì subito della confessione. Lo sguardo del conte brillò di cupo interesse e fece un passo verso di lei.
«Avete trovato qualcuno disposto a rovinarsi? Cosa gli avete offerto, oltre ai debiti e all’ipoteca?»
Un altro passo avanti, un guizzo insolente negli occhi.
«Vedo che avete ereditato voi la scaltrezza che mancava a vostro fratello. Brava,» mormorò allusivo «ma non basterà. Lavorerete gratis per i prossimi tre anni, per poter uscire dal tunnel della miseria e non potrete permettervi di sfamare una bocca in più.»
«Lorenzo non è un oggetto, non ne disporrete a piacimento come fate con tutto ciò che vi appartiene.»
«Non avete né capacità né potere per tenermi testa, signora Maffei. Risparmiatevi per altre battaglie. Lasciate che mi occupi io di mio nipote. Sparite dalla sua vita. Lorenzo non ha bisogno di voi.»
«Ho perso tempo venendo qui. Non me lo porterete via, non ve lo permetterò.»
Laura sollevò l’ingombrante vestito a lutto che ancora indossava. Si diresse verso la porta. La voce le arrivò chiara, mentre afferrava la maniglia.
«Mio nipote sarà qui tra pochi giorni. Potrete vederlo ogni sei mesi.»
Laura si voltò con apparente calma.
«Come siete magnanimo, Vostra Grazia.»
La mano aperta appoggiata sul cuore, piegò appena il busto nell’imitazione di un inchino.
«Ma non ce ne sarà bisogno. Lui rimarrà con me.»
Il conte la raggiunse con due falcate. Abbatté il palmo aperto sulla porta per impedirle di aprirla. Era vicino. Troppo.
Sensibile agli odori, Laura rimase sconvolta dal profumo che percepì. Una mescolanza calda, muschiata, satura di sfumature mascoline che non le riuscì di definire appieno. Si tirò indietro il più possibile, appiattendo le spalle contro l’anta di legno scuro.
«Lasciate che vi accompagni, cognata. »
«Non sprecatevi, cognato e non illudetevi. Non l’avrete vinta. Non questa volta.»
Sei mesi dopo
Laura rabbrividì. La carrozza sulla quale viaggiava imboccò il viale di aceri, dalle foglie rosse e arancio. L’immagine colorata dell’autunno sfilava dal finestrino della carrozza. Un paesaggio che lei aveva visto l’ultima volta nell’irruenza fiorita del mese di aprile. Si sistemò il manicotto di lana intorno alle mani. Non riusciva a scaldarsi.
Le lettere erano arrivate firmate da uno studio legale di Como e, una alla volta, avevano scandito quei sei interminabili mesi. Lorenzo gioca.
Mangia.
Ha imparato a leggere.
E’ un ottimo cavallerizzo. Ha ricevuto in dono un pony. Lorenzo aspetta la sua visita.
Era la lista della spesa. Laura non aveva dormito per tre notti. E’ felice? Avrebbe voluto sapere. Piange ancora la notte, chiamando la mamma? E il tic all’occhio sinistro quando è agitato? E quando ride, gli viene ancora il singhiozzo?
La rabbia per l’imminente incontro con quell’uomo che l’aveva umiliata e sconfitta, si mescolava all’ardente aspettativa di poter rivedere il nipote.
In quei mesi aveva pensato spesso a Guido Odescalchi. Al suo viso dal taglio regolare, armonico nelle linee e nei rilievi. Allo sguardo d’acciaio, un’arma irresistibile e per questo più insidiosa.
L’aveva sconfitta ma non spaventata. A spaventarla e a mandarla in collera era stata l’intensità della sua reazione. Persino dopo ciò che lui le aveva fatto, restava senza difese al ricordo del suo fascino.
Lo trovò irritante.
Le dita gelate si strinsero sui palmi, confortate dalla morbidezza della lana. Quella era l’occasione per dimostrargli che un legame d’affetto non poteva essere spezzato dal vile potere del denaro.
La carrozza rallentò l’andatura. Laura udì lo scricchiolio della ghiaia sotto le ruote, il gorgoglio della fontana. E vide la scalinata che portava al portone.
Rabbrividì, illudendosi che fosse ancora per il freddo. Richiuse le tendine con uno scatto e il rumore della stoffa che si strappava la irritò ancor di più.
Non poteva permettere a quell’uomo di trattarla come un sacco di stracci, di cui liberarsi senza rimpianti. La ritirata di qualche mese prima era stata solo una vittoria momentanea e il suo imminente arrivo alla tenuta rappresentava un aggiustamento, in vista della battaglia finale.
Non poteva permettergli di vincere di nuovo. Dimenticare era impossibile. E anche lasciar perdere. ...
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E BUON WEEKEND!
Questo racconto fu quello che mi fece conoscere la Castellano, prima ancora del primo Rufo. È stato poi inserito nell'unica raccolta di racconti da lei pubblicata.
RispondiEliminaChe sorpresa Francy! E' un'emozione per me rileggere, oggi, un racconto scritto tanto tempo fa. Sembrano secoli, forse è colpa del tempo o forse di tutto ciò che nel frattempo è accaduto, o è stato scritto. Quanta strada da allora, quante amiche incontrate, quante avventure vissute attraverso la carta. La mia vita è cambiata molto, in positivo naturalmente e un po' lo devo anche a te, amica carissima e a questo tuo blog, che ci accompagna per mano nel mondo affascinante della lettura. Grazie anche alle meravigliose amiche che, con il loro tempo e la loro passione, rendono vivo questo blog! Un abbraccio forte a tutte!
RispondiEliminaGrazie a te per la tua amicizia e le belle storie che scrivi.
EliminaBellissimo! peccato si interrompa sul più bello. La Castellano è sempre una grandissima, anche nei racconti. L'adoro, c'est vrai
RispondiEliminaA quando altri racconti???? Meraviglioso!!!! Ottavia
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