Christmas in Love: CHRISTMAS IN KILLARNEY di Eva Palumbo


PER FARVI INIZIARE IL DOLCEZZA IL WEEKEND VI REGALIAMO IL NOSTRO NUOVO RACCONTO INEDITO NATALIZIO!

LA SIMPATICA VIOLA, PROTAGONISTA DI CHRISTMAS IN KILLARNEY DI EVA PALUMBO , VOLATA DA ROMA ALL'IRLANDA PER LE VACANZE DI NATALE, NON AVREBBE MAI IMMAGINATO CHE SAREBBE STATO PROPRIO IN QUEL CALDO E TIPICO PUB IRLANDESE CHE AVREBBE SCOPERTO QUANTO PUO' ESSERE PICCOLO IL MONDO...BUONA LETTURA!



"In due anni, non aveva mai litigato, scherzato, legato in qualsiasi modo con nessuno di noi. Non avevo idea di dove abitasse, di che musica ascoltasse, di cosa facesse nel suo tempo libero. E dover passare ore e ore accanto a lui, in ufficio, senza un minimo di contatto umano era, credetemi,  esasperante!"

Evvai, evvai, evvai!
Batto le mani e lancio urletti di felicità, mentre fisso la finestra che si è aperta nel programma di ricerca voli, che mi conferma "l'avvenuta emissione dei biglietti". Incurante dell'orario antelucano, allungo la mano verso il cellulare e digito il tasto di chiamata rapida.
Laura risponde al quarto squillo, con una voce che sembra provenire dall'oltretomba:
«Pronto»
«É fatta, Laura, è fatta! Ce li abbiamo!»
«Cosa? Chi sei? Che vuoi? Perché mi urli nelle orecchie?»
«Laura, sono io! Abbiamo i biglietti!»
«Viola?»
«Irlanda, aspettaci!»
«Viola, cavolo, sono le... le cinque e quaranta? Sei impazzita?»
«Te l'avevo detto che ci sarei riuscita!»

Sono stra-felice. Laura ed io stiamo pensando a questa vacanza da mesi, ormai, e il fatto di essere riuscita a procurarci due dei pochissimi biglietti a prezzi stracciati messi a disposizione dalla compagnia aerea irlandese per le feste di Natale mi rende non poco orgogliosa. Questa vendita speciale era stata annunciata sul sito alcuni mesi fa: in un giorno (non specificato) da quattro a due settimane prima di Natale, per due ore (non specificate) sarebbero stati a disposizione venti biglietti di andata e ritorno da Roma a Dublino, al prezzo simbolico e stracciato di dieci Euro a testa.
Laura era scettica e pessimista, io, come al solito, piena di entusiasmo e sicura che ci saremmo riuscite. E infatti, grazie alla mia pazienza certosina, alla mia tenace determinazione a trovare quei biglietti quasi gratuiti (altrimenti avremmo quasi certamente dovuto rinunciare alla vacanza, dati i costi proibitivi dei biglietti aerei durante le feste), e ad una discreta dose di fortuna, che mi aveva fatto azzeccare giorno e ora in cui prenotare (dopo un'ottantina di tentativi in vari intervalli temporali), noi due avremmo potuto festeggiare degnamente i miei primi trent'anni, che avrei compiuto proprio il giorno di Natale.
«Puoi richiamarmi tra due ore così mi dici tutto?», farfuglia Laura, ancora assonnata.
«Tra due ore sono per strada, oggi vado presto al lavoro», ribatto, con l'entusiasmo alle stelle (molto è dovuto anche all'overdose di caffè con cui sono riuscita a tirarmi su dal letto alle quattro del mattino e a restare sveglia davanti allo schermo del computer, aggiornando il sito ogni dieci minuti per essere sicura di accaparrarmi i biglietti appena fossero stati messi in vendita). «Devo fare circa un milione di cose, prima della partenza, e il grande capo mi ha chiesto di concludere un progetto prima delle vacanze, poi voglio andare in quel negozio vicino alla stazione per comprarmi un giubbotto impermeabile nuovo, poi credo che passerò da...».
«Ti sei dopata di caffè, dì la verità!», ridacchia Laura, poi sbadiglia.
«Ma abbiamo i biglietti, Laura!», ripeto per la decima volta. «Non è fantastico? Che ti avevo detto? Non te l'avevo detto che ce l'avremmo fatta? Grazie a me, alla mia tenacia e alla mia incrollabile fiducia nel futuro, andremo per dieci giorni in Irlanda a festeggiare il mio compleanno! Ricordati di mettere in valigia il mio regalo!»
«Mpf», bofonchia Laura.
«Buona giornata anche a te!», rispondo allegra. «Ci sentiamo stasera!»
Concludo la telefonata e mi guardo intorno. Di solito casa mia è un delirio, ma adesso ancora di più perché, con il Natale che si avvicina a grandi passi, ho preso dalla cantina le circa venti scatole di decorazioni a tema nordico che appendo, incollo, appoggio e sospendo in giro per il mio appartamento. Mi piace trasformare ogni stanza in una piccola celebrazione rosso e oro della festa imminente: Laura dice che ogni anno le sembra di entrare nella fabbrica di Babbo Natale.
Comincio a fare una lista delle cose che devo fare in preparazione alla partenza: portare il terrario con
E poi, farei bene a pensare al lavoro. Il grande capo, che a noi comuni mortali tutto concede, generoso e magnanimo, è stato molto felice per me quando gli ho ventilato la possibilità che mi prendessi una decina di giorni di ferie intorno a Natale, mi ha persino suggerito un paio di eleganti ristoranti nel centro di Dublino dove avrei assolutamente dovuto assaggiare il miglior Black Pudding (se non sapete cos'è, non potete immaginare la faccia che ho fatto io quando l'ho scoperto), ma poi ha, con noncuranza, lasciato cadere lì la battutina: «Naturalmente, saresti più tranquilla se prima di partire concludessi il progetto Zerbi, non credi? Così Mimma potrà dedicarsi al procurement con tutta calma...»
E quindi, dopo una doccia veloce e un paio di cornetti riscaldati nel microonde, eccomi a correre verso la metro, diretta verso lo studio dove lavoro.
Stick, il mio insetto stecco domestico (ebbene, sì), al negozio di animali in fondo alla strada: hanno accettato di tenerlo a pensione per il tempo in cui sarò fuori; passare a casa di mia sorella a lasciare i regali per i miei tre nipoti; andare al negozio sotto casa e in farmacia per completare gli acquisti degli indispensabili che mi porto ogni volta in viaggio (la mia sindrome da campeggiatrice, come la chiama Laura, che sfotte sfotte però poi in fondo è contenta che io abbia sempre a portata di mano, se serve, una salvietta, un cerotto o qualsiasi altra cosa - io ho tutto); e poi...

Mi piace tanto lavorare in un open space.
Qui alla "Stella Archidesign" siamo come una grande famiglia. Siamo un gruppo eterogeneo di sette trentenni (più o meno) e lavoriamo insieme da quasi cinque anni, ormai. Formiamo una bella squadra, ed è bello lavorare tutti insieme in questo grande spazio condiviso. Ognuno ha il suo angolo, una bella scrivania doppia con lo spazio per il computer, i fascicoli, i pantoni e i campionari, disposti in bell'ordine o alla rinfusa a seconda dello spirito del momento, o del livello di organizzazione di ciascuno di noi.
Mimma, la mia vicina di scrivania, scova quello che desideriamo, ricerca nuove ditte, confronta le offerte, gestisce i rapporti con i venditori, insomma rende la vita facile a noi che progettiamo talvolta con troppa fantasia. Valeria è l'arredatrice. I mobili non hanno segreti per lei: sa tutto di cassettiere, divani con chaise-longue, letti contenitori, armadi a muro e tutto il resto. Nico1 e Nico2 sono due dei tre architetti che si occupano dei progetti e delle ristrutturazioni in senso stretto. Veramente, si chiamerebbero Nicola Dotto e Nicola Innocenzi, rispettivamente, ma da sempre e per (quasi) tutti sono Nico1 e Nico2, perfino per il grande capo, Davide Stella, che è l'unico a non condividere il nostro spazio, ha il doppio dei nostri anni (e della nostra esperienza), ama (nell'ordine) il vino, sua moglie e fare tanti soldi prendendo contratti e lasciando fare a noi giovani il lavoro. Ci paga bene, ci lascia esprimere artisticamente e in cambio chiede solo che i tempi dei contratti siano rispettati. Non si fa vedere quasi mai al lavoro, e quando c'è si chiude nel suo ufficio con i clienti sempre più selezionati che lo studio riesce ad accaparrarsi. Che si vuole di più da un capo?
E poi ci sono io. Preceduta dal suono di una o due delle sessantaquattro (no, sessantacinque, le ho ricontate ieri sera) collane che indosso immancabilmente sui miei vestiti colorati, di solito arrivo tardi al mattino (tranne in questi giorni, in cui sto anticipando la sveglia per finire tutto quello che devo prima della partenza) e canticchio incessantemente mentre lavoro. Sono la specialista in tessuti e accessori, adoro le stoffe etniche, l'argento e le pietre dure, i colori forti e accesi, accostati in modo ardito, e detesto con tutte le mie forze il beige. Ma che razza di colore è? Non è un colore. Il beige è la morte dei colori. Mettetemi addosso qualcosa di beige e io avvizzirò, come una pianta abbandonata in un angolo.
Va beh, non è questo il punto.
Dicevo, è bello lavorare in un open space, specialmente quando formiamo un così bel gruppo e andiamo d'amore e d'accordo e non c'è spazio per i conflitti e...
«Era il mio pranzo! Mio!».
Le urla di Nico1 oltrepassano la porta della sala riunioni, una grande stanza affacciata sui tetti, dove ci riuniamo per i brainstorming insieme al cliente, mostriamo le nostre idee al capo e mangiamo. C'è un piccolo frigorifero in un angolo, ed è lì davanti che Nico1 e Nico2 stanno litigando. Nico1 è furioso, Nico2, molto più alto di lui, imbarazzato e rosso in viso piega di lato il suo lungo collo e ribatte altezzoso:
«Sei così egoista! Era solo un panino!».
« Era il mio panino!», ribatte Nico1, pestando il piede a terra come se avesse cinque anni e non trenta di più.
«Era solo un piccolissimo morso!», insiste Nico2.
«Hai morso il mio panino!», strepita ancora Nico1, per poi girarsi furente verso noi tre ragazze, che li stiamo guardando dalla soglia con gli occhi fuori dalle orbite. «Ha mangiato il mio pranzo!».
L'assurdità della situazione comincia a sembrare evidente, e Mimma, Valeria ed io tratteniamo a stento le risate, suscitando un'ulteriore reazione stizzita di Nico1:
«Non c'è niente da ridere! Non è neanche la prima volta!».
« Ragazzi...», comincia Valeria, ma poi smette, cercando di soffocare, senza successo, un altro accesso di risate.
«D'accordo, vediamo di capirci», provo io. «Nico2, perché hai mangiato il pranzo di Nico1?».
«Ci avevo attaccato un biglietto con sopra il mio nome!», strepita quest'ultimo, mentre il colpevole di "ratto del panino" si fa sempre più rigido e imbarazzato.
«C'era scritto "Nicola"...», prova a giustificarsi, ma Nico1 sgrana gli occhi stravolto:
«E infatti è il mio nome!».
«Aspettate, ragazzi, aspettate...», riprendo io, mentre Valeria e Mimma ormai ridono senza ritegno, e mi rivolgo di nuovo a Nico2:
«Allora?».
Lui si dondola prima su un piede, poi sull'altro, poi sbotta a capo chino:
«Al bar qui sotto uno schifosissimo sandwich di plastica con lattuga vizza e prosciutto stantio costa cinque Euro! Lui ha sempre questi fantastici panini imbottiti... arrosto e indivia... oppure salmone, formaggio e fagiolini... oggi era bresaola e mousse di porcini...».
«Mi piace cucinare, e allora?», ribatte arrossendo Nico1. «Se vuoi mangiare bene, provaci anche tu, invece
di rubare la roba degli altri...».
«Aspetta un attimo», si intromette Valeria. «Da quando in qua sei diventato uno chef così in gamba?».
«Possiamo tornare al punto, per favore?», ribatte stizzito Nico1. «E il punto è che questo ladro ruba sfacciatamente il pranzo degli altri! Il mio, soprattutto!».
«Non ho rubato niente! Ho solo assaggiato...».
«Fermi, fermi!», mi intrometto io, alzando entrambi le mani verso di loro, che si fronteggiano pericolosamente vicini. Li guardo un momento, pensando in fretta, poi chiedo a Nico2:
«E se facessimo così? Tu dai cinque Euro a Nico1 e lui...».
Mi rivolgo a Nico1:
«Saresti disposto a preparare un panino in più uguale al tuo e portarlo al lavoro per Nico2, se lui te lo paga?».
Entrambi ci pensano su un secondo, poi annuiscono.
«Bene, problema risolto, allora. Tutto a posto?».
Li guardo, loro si guardano appena.
«Tutto a posto?», rincaro, e finalmente entrambi grugniscono qualcosa.
«Perfetto. Tutti contenti e soddisfatti. Possiamo tornare al lavoro, allora, siamo ancora a zero con il progetto
Zerbi...».
Mi giro per ritornare alla scrivania e improvvisamente ammutolisco. Lentamente, anche gli altri tacciono, e ci ritroviamo tutti e cinque a fissare un paio di occhi azzurri e freddi che ci fissano sulla soglia. Sembriamo scolaretti presi in castagna dopo aver combinato una marachella, di fronte al preside che ci guarda con muta disapprovazione, facendoci sentire piccoli piccoli senza che una sola parola venga pronunciata dalle sue labbra.
Dopo pochi minuti di silenzio, il proprietario di quegli occhi e di quelle labbra si gira in silenzio e ritorna alla sua scrivania, e noi, gelati, lo seguiamo a testa bassa senza più osare scambiarci una battuta o un sorriso. ...

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APPUNTAMENTO AI PROSSIMI GIORNI PER I NUOVI RACCONTI SOTTO L'ALBERO DI 
CHRISTMAS IN LOVE 2014!



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1 commento:

  1. Irlanda e amore un connubio che non posso che adorare...bel racconto Natalizio con una storia molto molto romantica, bella la storia del protagonista e la caratterizzazione di Viola

    RispondiElimina

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