IL BACIO DI VETRO di Viviana De Cecco


LA SETTIMANA PIU' DOLCE DELL'ANNO STA FINENDO MA NON FINISCONO LE SORPRESE...ECCO UN NUOVO RACCONTO PER CHIUDERE IN BELLEZZA LA SETTIMANA DI SAN VALENTINO E DEL SESTO COMPLEANNO DEL BLOG! 

NE IL BACIO DI VETRO DI VIVIANA DE CECCO LA SPLENDIDA SCULTURA DI UN MAESTRO VETRAIO, UN AFFASCINATE SCONOSCIUTO E L'IMMINENTE FESTA DEGLI INNAMORATI RIPORTANO IN VITA NELLA PROTAGONISTA DESIDERI CHE CREDEVA SOPITI PER SEMPRE...MIRACOLO DI SAN VALENTINO? BUONA LETTURA!

Sabrina accarezzò lentamente la superficie di quei piccoli corpi di vetro che teneva fra le mani. Una statuetta, un uomo e una donna, l’una avvinghiata all’altro, in un rigido abbraccio d’amore eterno. Eppure, pensò, benché nessuno avrebbe potuto separarli, a meno che non avesse deciso di frantumarli in mille pezzi sul pavimento, riusciva a percepire la fragilità e la precarietà delle loro trasparenti figure.
La osservò con inquietudine, come se si aspettasse che, da un momento all’altro, accadesse qualcosa che avrebbe potuto spezzare la dolcezza e la magica sensualità che si sprigionavano da quell’oggetto di delicata fattura.
E, all’improvviso, anche lei si sentì così. In bilico sull’orlo di una vita che non sembrava più appartenerle, dove desideri, sogni e progetti erano svaniti nel nulla a contatto con la dura realtà. Da quando sua madre era morta, due mesi prima, aveva realizzato di essere rimasta sola. Suo padre le aveva lasciate tanti anni prima, gli amici e il lavoro non riuscivano a colmare il vuoto delle sue giornate e gli uomini erano stati delle ombre di passaggio che erano sempre scomparsi al minimo accenno di creare un futuro insieme.
Aveva quasi l’impressione che la mano del destino – o piuttosto doveva dire quella degli esseri umani? – avesse ridotto la sua mente e il suo corpo ad un insieme di cocci infranti che lei aveva cercato di riparare senza troppo successo.
A volte, sperava che qualcuno riuscisse a cogliere le incrinature nascoste del suo cuore e si  lanciasse nell’impresa impossibile di ricostruire quel mosaico di frammenti scomposti. Ma il mondo era indifferente. La vita scorreva veloce e non c’era tempo per i problemi degli altri. Sapeva che era una visione pessimistica dell’esistenza, ma le sue esperienze l’avevano ormai condotta sulla via del cinismo.
«Il bacio di vetro… Ottima scelta, direi…» Una voce alle sue spalle la colse alla sprovvista, ma riconobbe subito il tono dell’uomo a cui apparteneva. L’aveva udita solamente un’ora prima, sul traghetto che l’aveva condotta a Murano.
Nonostante si fosse trasferita a Venezia da qualche mese, per ricoprire un incarico di art director in una celebre agenzia di pubblicità della città, era la prima volta che visitava le fabbriche e le botteghe del vetro. In quella gelida mattina di metà gennaio non aveva avuto difficoltà a trovare un posto libero sull’imbarcazione che conduceva i turisti sull’isola. A pochi passi da lei, che si era rintanata in un angolo della barca, nei sedili quasi a ridosso del parapetto, un gruppo di turisti giapponesi sembrava pendere dalle labbra della loro guida turistica, un uomo sulla quarantina che parlava quell’incomprensibile lingua straniera in maniera del tutto perfetta. Sabrina l’aveva osservato di sfuggita, tentando di dominare un’insolita curiosità che la costringeva a soffermare lo sguardo su quello sconosciuto.
Il suo volto non era bello, ma poteva definirsi attraente. I capelli castani, striati di biondo, gli occhi d’un celeste quasi liquido, le labbra sottili sopra cui confluiva un naso dalla linea lievemente accentuata... E la sua voce, alta e sicura, dal tono profondo ma chiaro, che si mescolava al ritmico fragore del motore dell’imbarcazione che solcava velocemente la laguna, caricava il suo discorso di un potere magnetico, di cui l’uomo sembrava totalmente inconsapevole.
Sabrina non aveva capito una sola sillaba di quelle frasi contorte, ma dai volti concentrati dei giapponesi aveva intuito che non era stata l’unica a rimanerne colpita. Poi, quand’erano sbarcati sull’isola, li aveva persi di vista e si era dedicata alla sua passeggiata.
Ma ora, che se lo ritrovava davanti, con quella creazione di vetro stretta tra le mani, con i suoi accesi colori, dove minuscole dita, braccia sottili e labbra si sfioravano nella fedele riproduzione di un abbraccio e di un bacio appassionato, si pentì amaramente di aver scelto quel luogo per la sua gita domenicale. Sembrava una scolaretta che si era lasciata incantare dal fascino di quello che sarebbe potuto diventare l’unico soprammobile dello squallido monolocale in cui abitava.
«Il bacio di vetro?», ripeté perplessa.
«Il maestro che l’ha realizzata li ha soprannominati così. Sono stati creati per San Valentino. La data si avvicina e qualcuno potrebbe aver voglia di fare un regalo diverso. Ma finora non li ha ancora comprati nessuno.»
«Beh, non mi sorprende… Visto il prezzo, di certo non sarò io a farlo…», rispose Sabrina, sollevando il cartellino attaccato ad un piedino della donna. «Ma forse, potrebbe convincere uno dei suoi turisti… Ci sarà qualche coppia in viaggio di nozze, no?»
San Valentino, pensò Sabrina con un brivido. Erano anni che non pensava a quella festa. Ma il 14 febbraio era più vicino di quanto ricordasse.
«Dev’essere stato meraviglioso crearla…», disse lui, ignorando la sua domanda.
«Già.» Sabrina non aveva alcuna intenzione d’incoraggiare quell’uomo a proseguire la conversazione. Desiderava godersi la visita in santa pace. Lui sorrise e non si arrese. Le prese dalle mani la statuetta e lei lo lasciò fare, come se non riuscisse a muovere le dita per impedirglielo. Per un attimo, temette che potesse cadere nel vuoto e schiantarsi sul pavimento. Ma non accadde niente. L’uomo la sollevò alla stessa altezza dei loro sguardi e lasciò che la luce che penetrava dalla porta del negozio filtrasse attraverso quei corpi dai colori sgargianti. I raggi del sole invernale giocarono sui piccoli volti di vetro, sui vestiti d’un rosso e d’un azzurro sgargiante e crearono delle nuove e brillanti sfumature.
Sabrina allungò istintivamente l’indice come se potesse sfiorare la luce che avvolgeva gli innamorati. Lui la guardò. Uno sguardo intenso, carico d’una segreta alchimia di cui lei ignorava ancora il significato. L’uomo abbassò la statuetta e gliela restituì. La magia era svanita.
 «Perché non si unisce a noi?» le propose lui senza esitazione.
«Le sembro giapponese? E’ davvero ridicolo…», replicò lei, con aria seccata.
«Come preferisce. Era solo un’idea… Allora, arrivederci.»
L’uomo si unì nuovamente al suo gruppo e Sabrina li vide sparire al di là dell’entrata principale. Lei ripose Il bacio di vetro sul bancone d'esposizione e cercò di concludere il giro del negozio. Guardò l’orologio e si accorse che era giunta l’ora di riprendere il traghetto. La sua visita a Murano era finita. Il bacio di vetro, l’uomo che parlava giapponese e la sua identità ancora misteriosamente sconosciuta sarebbero diventati solo un pallido ricordo di una fredda mattina di metà gennaio. O almeno, era questo di cui Sabrina si era convinta.

«Sei in ritardo. Un cliente ti sta aspettando in ufficio…», le sussurrò Sara, la collega che si occupava del settore marketing. Sabrina scrollò le spalle con aria annoiata. Il lunedì mattina era un inferno. Telefoni che squillavano in continuazione, contratti da visionare, cataloghi da sfogliare e siti da visitare per farsi venire qualche idea geniale. L’atmosfera di libertà e pace che aveva respirato il giorno precedente sull’isola di Murano era completamente svanita.
«Lo so, lo so… Vado subito…», rispose lei, mentre appendeva sciarpa e cappotto vicino all’ingresso. Lanciò un’occhiata distratta allo specchio che ornava la parete dell’atrio e cercò di assumere l’atteggiamento rilassato con cui affrontava ogni potenziale cliente. Non c’era niente di meglio che un sorriso per mettere a proprio agio uno sconosciuto. E, nonostante sul suo viso si notassero dei segni di stanchezza, si ritenne pronta per l’incontro. I capelli scuri erano raccolti in un elegante chignon, il tailleur era stirato e pulito, mentre il rossetto d’un acceso color rosso le davano un’aria decisa. Portandosi dietro la borsa, si diresse verso la sua stanza e aprì la porta, sbirciando con aria distratta l’uomo che si era accomodato sulla sedia di fronte alla scrivania.
«Mi scusi, non volevo farla attendere…» Sabrina s’interruppe non appena l’altro le rivelò il suo profilo. L’avrebbe riconosciuto ovunque.
Era lui. L’uomo che parlava giapponese.
«Buongiorno.»
Lui si alzò. Le tese la mano e sorrise davanti al suo evidente stupore.
«Cosa ci fa qui? Io avrei dovuto incontrare un cliente dell’agenzia.»
«Ce l’ha davanti.»
«Ha bisogno di una campagna pubblicitaria?»
Sabrina lo oltrepassò, stringendogli rapidamente la mano e rifugiandosi dietro la sua scrivania. Una barriera che l’avrebbe messa al riparo da qualunque altro contatto. Non riusciva a spiegarsi perché davanti allo sguardo insistente di quell’uomo, si sentiva a disagio.
«Non io.»
«E allora chi?»
Lui s’inchinò verso il pavimento. Ai suoi piedi giaceva uno zaino nero. Vi frugò all’interno con prudenza e tirò fuori un pacco non sigillato. Lo appoggiò sul ripiano della scrivania e tirò fuori l’oggetto che conteneva.
Sabrina fissò incredula Il bacio di vetro.
«Ma che significa?», domandò, sporgendosi in avanti con tutto il busto per avvicinare il viso alla statuetta.
«La crisi si fa sentire e il proprietario della piccola vetreria dove l’ha lasciata ieri vorrebbe organizzare una vendita speciale per San Valentino. Naturalmente l’oggetto più importante sarà Il bacio di vetro
«E lei come ha fatto a scoprire che mi occupo di questo settore?»
«Veramente non lo sapevo fino a due minuti fa. È stato un puro caso. La vostra agenzia è una delle migliori, no? Non dovrebbe sorprenderla di trovarmi qui.»
«No, certo che no.»
«Accetterà di aiutarci?»
«E lei cosa c’entra in tutto questo?»
«Il proprietario è un mio vecchio amico. Gli sto facendo un favore.»
«Bene, ci sarà da lavorare molto.»
«Allora lo considero un sì?»
«Non rifiuto mai la proposta di un cliente. Potrebbero licenziarmi.»
«Ovviamente. Ad ogni modo, io sono Leonardo.» Poi, le porse la statuetta. «Credo che dovrebbe tenerla lei per il momento. Potrebbe ispirarla. So che non mi deluderà…»
Sabrina s’irrigidì. La sua mente era sconvolta da una sequenza di pensieri confusi. L’amore. Avrebbe dovuto essere questo il tema della pubblicità.
E lei, cos’avrebbe potuto dire dell’amore? Quale immagine avrebbe potuto scegliere per rappresentarlo? L’amore puro? Quello passionale? L’amore devastatore o quello rassicurante? Era stata innamorata, aveva provato una o due volte l’ebbrezza del sentimento che muove il mondo, ma quello che la spaventava era la perdita. L’inevitabile separazione degli amanti, la rottura dell’incantesimo che avrebbe infranto ogni speranza.
L’amore trasformava la materia dell’anima, la rendeva precaria, incerta, debole come quel vetro di cui erano composti i corpi degli innamorati di Murano.
«Forse, potrei aiutarla…», continuò Leonardo, mentre Sabrina aggrottava le sopracciglia con espressione interrogativa.
«Immagino che si starà domandando come potrebbe esserle utile una guida turistica, vero?»
Sabrina annuì, evitando accuratamente d’incrociare gli occhi di lui. Mentre parlavano, lei fingeva di sistemare le carte che ingombravano il ripiano della scrivania. Nel silenzio di quella stanza soffocante, un buco che il suo capo aveva ricavato per miracolo da uno sgabuzzino, vibrava una strana tensione.  
«Ho lavorato diversi anni per un’agenzia di comunicazione giapponese. A Tokyo, per essere precisi…»
Ah, pensò Sabrina, ecco spiegato perché conosceva quella lingua così bene. Senza rendersene conto, tentò d’immaginare la sua vita precedente, in quel paese lontano, immerso nella frenesia della metropoli ad inseguire il successo. Ed era sempre stato solo? Aveva vissuto in compagnia di una donna giapponese? Una di quelle bellissime ragazze con i capelli corvini e la pelle candida? Si erano amati nel caldo abbraccio di un futon?
Che sciocchezze, si disse, perché mi dovrebbe interessare dove e con chi è stato prima di questa mattina?
«Purtroppo,» finì di spiegare lui, «quando sono tornato in Italia, non sono riuscito a trovare un altro lavoro in questo settore. Ma non posso lamentarmi. Fare la guida turistica non è male. Mi permette di osservare le persone, i loro gesti, i loro sguardi. Ho visto tanti innamorati, quindi potrei aiutarla a trovare un’idea per la nostra campagna…»
Leonardo sorrise con aria complice. Ma Sabrina era distratta. Perché è tornato in Italia? Si stava domandando.
«Spero che potremo incontrarci per discutere del progetto…», concluse lui, conservando il pacco vuoto nello zaino e alzandosi per salutarla.
«Sì…», mormorò lei, senza rendersi conto che la sua espressione tradiva un’ansia che non provava da anni.
«Domani pomeriggio?»
«Io… credo di sì…»
Sabrina lo accompagnò alla porta e richiuse il battente alle sue spalle. ...

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