LA PAROLA AL TRADUTTORE

IN UN NOSTRO RECENTE POST ABBIAMO TRATTATO IL PROBLEMA DELLE TRADUZIONI DEI ROMANZI (QUI ), NON SEMPRE ALL'ALTEZZA, PURTROPPO, DELLE ASPETTATIVE DELLE LETTRICI. OGGI LA PAROLA PASSA A CHI LE TRADUZIONI LE FA DA ANNI E CONOSCE BENE PROBLEMI E DIFFICOLTA' DI UN MESTIERE AFFASCINANTE MA NON PER TUTTI. RINGRAZIAMO EDY TASSI PER QUESTA SUA TESTIMONIANZA E LE DIAMO IL BENVENUTO NELLA NOSTRA BIBLIOTECA ROMANTICA.

Il pacco dell’editore è arrivato. Rientro in casa e lo strappo con movimenti veloci. La carta cade a terra e io rigiro il libro fra le mani con un fremito di gioia. Le dita mi prudono dalla voglia di sfogliarlo. Apro le prime pagine e gli occhi scivolano sulle parole. Trattengo il respiro mentre nella mente cominciano a ruotare gli ingranaggi. Le lettere dell’alfabeto si mescolano e si ricongiungono come tasselli di un caleidoscopio che mi permette di passare da una lingua all’altra.
Pregusto il momento in cui mi siederò davanti al computer. Un nuovo file. Salva con nome. Poi il dizionario bilingue, monolingue, dei sinonimi, analogico, dello slang. Internet... Il libro aperto sulla mia sinistra e...
... peccato che invece sia ora di preparare il pranzo...

Se qualcuno scrivesse un romanzo sulla traduzione, l’inizio potrebbe essere più o meno questo. Ma nella realtà cosa succede?
Il mestiere del traduttore è bellissimo, meraviglioso. Al punto che tantissimi vorrebbero svolgerlo. Non esistono numeri attendibili su quanti siano i traduttori in Italia, perché un censimento è quasi impossibile. C’è chi lo fa per professione, chi lo fa per hobby, chi lo fa ogni tanto, chi lo fa come secondo lavoro (ma anche come terzo, o quarto...).
I traduttori sono tantissimi perché questo è un lavoro splendido. Ma anche perché all’apparenza non ci sono barriere all’ingresso. Basta conoscere la lingua di partenza (bene), la lingua di arrivo (ancora meglio), amare il libri, possedere un computer, qualche dizionario, et voilà, eccoci traduttori.
Certo, tutte queste cose servono. Anzi, sono essenziali. Tuttavia per tradurre bene non bastano. Quello che serve è un certo non so che, che fa di un traduttore un “riscrittore”.
Il riscrittore è  colui che si mette davanti a un libro e umilmente cerca di riscriverlo nella propria lingua. Riportando non solo i contenuti, ma anche l’atmosfera, lo stile, le emozioni. Il riscrittore cerca di entrare nella mente dello scrittore per capire il processo logico che lo ha portato a scrivere una cosa e non un’altra. È un artigiano che lima e rifinisce. Che sposta anche tre o quattro volte una virgola. Che legge ad alta voce il proprio lavoro, per sentire come suona, se scorre naturale. Che si interroga sui mille dettagli di un testo, di un sottotesto...
Che, soprattutto, dubita. Una collega anni fa disse che alla fine arrivi a mettere in dubbio perfino la traduzione di “table”; e infatti basta guardare il dizionario per rendersi conto che già fermandosi alla prima riga, le traduzioni possibili sono tre: tavolo, tavola, tavolino. Ma poi vogliamo mettere le sfumature? Il contesto? Recentemente su una lista di traduttori è giunta una richiesta su come tradurre meglio la frase: "to beat the holy living hell out of someone". Suggerimenti? Pestare a sangue, spezzare in due, gonfiare di botte, far sputare sangue, ridurre a una bistecca sanguinolenta, far sputare le budella, far sputare l’anima, darle di santa ragione, spaccare le ossa... E stiamo parlando di una frase fatta. Insomma, il traduttore si mette lì e cerca di pensare a quale può essere la parola, la frase più giusta, che renda il senso che aveva in mente l’autore. E lo fa a volte fino a raggiungere livelli di precisione maniacale. Tipo tradurre alcune ricette all’interno di un memoir e andare in cucina a provarle per paura che non vengano. O contattare l’autrice del libro per chiederle se quel “friend”, che compare fuggevolmente in un inciso, è un’amicA o un amicO, anche se in realtà per chi legge non farebbe alcuna differenza.
E lasciamo perdere poi la responsabilità di quando si traduce un memoir, dove il rispetto verso l’autore deve essere assoluto, visto che stai traducendo una parte della sua vita. Qualcosa che ha vissuto, i suoi sentimenti, i suoi dispiaceri... E dove devi immedesimarti talmente tanto in lui da riuscire a capire i vari gradi di emozione, positiva o negativa, per poterli rendere nel modo più esatto possibile.
Insomma, tradurre è  un lavoro poetico e affascinante, ma anche duro, impegnativo. E spesso bistrattato.
In Italia la traduzione viene considerata uno dei tanti anelli della catena editoriale. Le case editrici devono contenere i costi per essere competitive, visto che i lettori sono pochi. Spesso la fetta più grossa nel prezzo di un libro va ai distributori e quello che resta va diviso fra così tante figure professionali da diventare irrisorio. Spesso le case editrici si vedono costrette a risparmiare, affidandosi a traduttori impreparati o non all’altezza, confidando nel fatto che comunque esistono i revisori, che possono sistemare gli errori di chi li ha preceduti. In Italia, poi, il lavoro del traduttore non è tutelato, non ci sono tariffari minimi, non c’è previdenza, non c’è assistenza, se non volontaria. Chi fa il traduttore e si rompe un polso, semplicemente smette di lavorare e di guadagnare fino a quando non guarisce. Se deve assistere un malato in casa, idem. Se entra in maternità, idem (a meno di lavorare comunque con i fogli sulle ginocchia mentre allatta). Se non ha un altro reddito in casa e visto che con la sola traduzione raramente ci si mantiene, dovrà lavorare magari in ufficio di giorno e sui libri la notte.
Insomma, una mole enorme di editoria si regge sul lavoro dei traduttori, che permettono ai lettori italiani di leggere opere straniere altrimenti inaccessibili, eppure questa figura professionale non è sempre riconosciuta come dovrebbe. Né tutelata. Basti pensare che all’estero i traduttori guadagnano anche quattro volte più che in Italia, cosa che ce li fa invidiare MOLTISSIMO. E i contratti sono molto più sorvegliati.
Ma cosa succede quando una casa editrice che deve contenere i costi si guarda intorno? Trova professionisti affermati che non lavorano per meno di certe cifre, trova artigiani che accettano decorose vie di mezzo, e trova zelanti principianti che tradurrebbero per poco se non addirittura gratis.
Quindi cosa fa la casa editrice? A volte decide di andare sul sicuro e si affida alle prime due categorie. Altre volte rischia e si affida alla terza. E quando succede, può capitare che il risultato non sia splendido. E non perché sia sbagliato concedere una possibilità a un esordiente, ma perché il rischio è che chi è disposto a fare una cosa anche gratis, pur di farla, in realtà forse non ha le capacità di farla facendosi pagare. Noi per prime, nella vita di tutti i giorni, diffidiamo di chi lavora troppo a buon mercato... Che materiali userà? Il suo lavoro durerà? Non combinerà qualche pasticcio? E se alla fine ci affidiamo a lui, sappiamo già che dovremo chiudere un occhio.
Dal punto di vista del lettore è davvero fastidioso trovare testi sciatti. Non mi addentro nel problema di chi dovrebbe revisionare e correggere le bozze e mi fermo al ruolo del traduttore. I traduttori sono a tutti gli effetti invisibili. Su questo blog, per esempio, le
recensioni riportano numerosi dati utili: nome dell’autore, titolo originale, data di pubblicazione all’estero, data di pubblicazione in Italia, premi ricevuti, ambientazione e chi più ne ha ne metta. Ma non il nome del traduttore. Invece c’è una legge, la legge sul diritto d’autore (633/41 art 70 comma 3), che impone che il nome del traduttore venga sempre citato quando si parla di un’opera tradotta. E si potrebbe cominciare a usare questa legge in modo costruttivo, per creare un legame fra lettori e traduttori, che inneschi un circolo virtuoso. Vuoi perché non tutte le traduzioni vengono bene allo stesso modo, vuoi perché la visibilità spinge tutti a lavorare meglio (e umano!), vuoi perché se un lavoro è fatto bene a tutti fa piacere che venga riconosciuto... togliere dall’ombra i traduttori, non solo perché è previsto per legge, potrebbe migliorare molto la qualità dei libri in circolazione. Inoltre, se un traduttore viene percepito come affidabile, diventa un riferimento per chi vuole comprare un libro, ma è ancora un po’ in dubbio.
Voi lettrici fate bene a essere esigenti e a pretendere sempre libri curati. Perciò, magari, quando ne leggete uno bello, non dimenticatevi di guardare chi lo ha tradotto e di nominarlo. Perché se è vero che una storia così così non può essere salvata da nessuno, a meno di riscriverla, un buon traduttore può veramente fare la differenza quando si tratta di decidere la sorte di un romanzo che, invece, meriterebbe tutti gli onori del caso.

EDY TASSI 

* Mi chiamo Edy Tassi, sono laureata in lingue e letterature straniere (vecchio ordinamento, il che tradisce la mia età!) e ho un master in economia (sudato tantissimo, usato pochissimo). Traduco da dieci anni e collaboro con diverse case editrici: Piemme, Gruppo Feltrinelli, Harlequin Mondadori. Traduco romance, memoir, saggi e narrativa varia. Inoltre leggo e recensisco inediti e proposal.

P.S. (DI FRANCY) : L'APPUNTO CHE CI HA FATTO EDY CIRCA LA PUBBLICAZIONE DEL NOME DEL TRADUTTORE DEL ROMANZO INSIEME AL RESTO DEI DETTAGLI NELLE NOSTRE SCHEDE RECENSIONI E'  PIU' CHE GIUSTO E LO FACCIAMO NOSTRO. LE FUTURE RECENSIONI SU QUESTO BLOG INDICHERANNO SEMPRE IL NOME DEL TRADUTTORE INSIEME AGLI ALTRI DETTAGLI DEL LIBRO.

COSA PENSATE DELLE TRADUZIONI DEI ROMANZI CHE LEGGETE? AVETE DELLE DOMANDE DA FARE A EDY? HA INFLUITO NEGATIVAMENTE SUI VOSTRI FUTURI ACQUISTI TROVARE TRADUZIONI NON MOLTO CURATE NEI LIBRI DI CERTE CASE EDITRICI? ANCHE IN QUESTO CASO CI FAREBBE MOLTO PIACERE SAPERE IL VOSTRO PUNTO DI VISTA.



14 commenti:

  1. Grazie Edy per questo articolo.
    Anche io faccio parte della vecchia scuola (e di un'altra epoca), nella quale il traduttore era considerato a pari livello dell'autore... in pratica era l'"autore" nella lingua di traduzione.
    Epoca in cui i valori erano altri, epoca in cui i libri erano cultura non intrattenimento, epoca in cui i valori erano valori e non "prezzo".

    Edy Tassi... al di là di inserire il tuo nome nei socialnetwork, perché non crei un sito/blog personale (basta anche solo una home vetrina), nel quale indichi le opere che hai tradotto, per chi hai lavorato, i metodi che usi, le tariffe e quant'altro?
    Insomma... valorizzati. E' un augurio. :-)

    Lady Flo

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  2. Vi racconto la mia esperienza di autrice tradotta in una lingua (tedesco)che non conoscono tranne poche parole di matematica e di fisica .
    Due miei noir sono stati pubblicati dalla Goldmann, traduttrice Birgitta Hopken. Per mesi abbiamo lavorato insieme: mi inviava mail con richieste di chiarimenti e rispondevo (a volte anche con foto e disegni). Domande del tipo: "lavello alla genovese?" "scrivi palazzo, me lo descrivi?". A lavoro finito ci siamo anche conosciute, perché passava da genova. Ho capito che quello del traduttore è un lavoro serio, importante. Perché? Noi scrittori inventiamo storie ma le raccontiamo in parole e frasi. Chi ci traduce ha già la storia ma deve riversarla in altre parole e altre frasi. Appena ho avuto in mano il primo noir tradotto l'ho dato da leggere a una collega che insegnava tedesco e mi leggeva abitualmente in italiano; responso più che positivo: "Ha fatto un lavoro impeccabile, ricreando il tuo modo di scrivere in una lingua tanto diversa." Anche da qui: "Grazie, cara Britta! Grazie a tutti i traduttori!"

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  3. sono l'anonimo del commento precedente, ho dimenticato di firmare!
    marri (maria masella)

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  4. Il termine riscrittore mi piace tantissimo e penso sia la chiave giusta anzi direi perfetta da usare quando si parla della traduzione di un libro. Un libro quindi una storia piena di mille sfumatura che se non vengono ben tradotte rischiano di sminuire un lavoro che magari è durato mesi o anni.Complimenti a chi traduce da riscrittore perchè permette a quelle come me che non conoscono altre lingue di accedere a storie che diversamente non avrei mai potuto leggere.

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  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  6. E' vero che i traduttori sono molto bistrattati. Questo post fa riflettere tantissimo, spesso ce ne dimentichiamo completamente del ruolo importantissimo assunto nella traduzione di un'opera, a pensarci me ne vergogno un pò :( perchè io stessa spesso lo giudico come elemento poco decisivo, e invece dovrebbe contare di più.

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  7. Anche a me è piaciuto molto il termine "riscrittore". Ho sempre pensato che chi traduce i romanzi debba essere anche un po' scrittore. Peccato che qui in Italia i traduttori vengano così bistrattati (come tanti altri mestieri, del resto). D'ora in avanti prometto di prestare maggior attenzione al nome di chi traduce il testo che sto leggendo. Forse sarà un inizio per cominciare a conoscere anche chi sta dietro le quinte, nella realizzazione di un libro. :-)

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  8. Scrittore e traduttore due facce della stessa medaglia, potremmo quasi dire due anime in un...libro!!!
    La traduzione è fondamentale quanto la creazione, entrambe hanno parimenti dignità e importanza.

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  9. @Anonimo Grazie Maria per la tua testimonianza che mette in luce come il lavoro di molti traduttori sia professionale e molto accurato.

    Francy

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  10. Sono contenta dei commenti che ho letto, perché esprimono una grande comprensione nei confronti di questo lavoro. Siete state molto generose.
    @Lady Flo, grazie del suggerimento. In effetti sto pensando da qualche tempo di aprire un sito/blog. Vorrei valutare quale dei due strumenti mi si adatta di più. Ma sicuramente qualcosa farò! Solo, si tratta di una di quelle cose che dici: domani... poi domani... poi domani...
    @Maria, i tuoi commenti sono sempre puntuali. Anche nel post precedente, la tua esperienza dipinge alla perfezione come funzionano le cose. Grazie di quello che hai detto sui traduttori!
    Grazie a tutte le lettrici del blog per essere sempre tanto attente. E' stato un piacere scrivere per voi.
    Edy

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  11. ciao Edy, piacere di conoscerti e complimenti per l'articolo. Sono anch'io una traduttrice, anche se non lavoro nell'editoria, ma conosco il settore a sufficienza da ribadire che l'importante, come hai sottolineato, è non fare di tutta l'erba un fascio: ci sono traduttori professionisti in grado di fare il lavoro con professionalità, appunto, ma purtroppo, per i motivi di risparmio che hai menzionato, gli editori si affidano talvolta a persone che si improvvisano tali (e per questo costano meno) e non hanno la competenza per fare un buon lavoro, e la differenza si vede. Alla fin della fiera, non so quanto convenga a una casa editrice risparmiare su un titolo per poi mettere sul mercato un prodotto che viene criticato, con effetti devastanti sull'acquisto futuro di quell'autore/autrice o anche dell'interno catalogo.

    A proposito di indicare il nome del traduttore, è giustissimo, tanto che sulle schede del forum di cui sono amministratrice abbiamo introdotto la voce da subito! Non tutti i nomi potranno arrivare alla fama di un Tullio Dobner, ma è giusto cominciare a farli circolare!

    Un'ultima cosa: anche noi traduttrici abbiamo diritto alla nostra indennità di maternità, io ne ho beneficiato per ben due volte (per fortuna! non abbiamo l'albo, ma almeno quello, visto che i contributi come lavoratori autonomi li paghiamo!)

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  12. Cara Monica, grazie del tuo messaggio, mi ha fatto molto piacere leggerlo. Fra l'altro mi offri la possibilità di chiarire una cosa.
    Senza entrare troppo in tecnicismi, probabilmente tu hai potuto godere del congedo di maternità perché hai una partita IVA e sei iscritta a una gestione separata dell'INPS. I traduttori editoriali "puri", diciamo così, invece, che lavorano solo sotto il regime del diritto d'autore (come tutti gli altri autori, scrittori, illustratori, fumettisti, scultori e via dicendo), a causa di un vuoto legislativo sono l'unica categoria di lavoratori a non godere di alcuna forma di previdenza sociale.
    Per questo la categoria sta da tempo cercando interlocutori ufficiali con cui risolvere questo problema.
    Un caro saluto
    Edy

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  13. Correct, P.IVA e gestione separata, non sapevo che per chi lavora nell'editoria le cose fossero diverse. Ma anche noi per il resto contiamo come il due di picche, non credere!
    A presto Edy! (e se sei su FB, amichiamoci :D)

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  14. Ciao amiche Bibliotecarie!
    Vi seguo da diverso tempo e ancora una volta devo ringraziarvi per la possibilità che date a noi lettrici di avvicinarci ad un mondo in costante evoluzione com'è quello della letteratura ROSA (di qualsiasi genere, dai contemporanei ai paranormal), fornendoci notizie, curiosità ed opinioni di esperti del settore come Edy Tassi. L'articolo da poco pubblicato "La parola al traduttore", mi ha permesso di conoscere un po' più da vicino una figura sino ad ora marginale nella realtà che circonda l'universo libro. La crescente importazione di best sellers di scrittori di fama mondiale è un fattore che dovrebbe stimolare le case editrici nella ricerca di professionisti del settore quali ritengo i traduttori, garantendo un prodotto finale di ottima qualità. Da semplice comparsa in quel fantasmagorico mondo che è l'editoria, mi sento di dire che è arrivato il momento di riconoscere il ruolo comprimario dei traduttori, al pari di un attore protagonista. Potete immaginarvi attrici del calibro di Julia Roberts, Meg Ryan, Sandra Bullock senza la delicata voce di Cristina Boraschi? O ancora la sensuale voce di Emanuela Rossi prestata tante volte a Michelle Pfiffer? L'interpretazione di un testo, lo zelo nella ricerca dei termini che enfatizzino il momento saliente di una scena, o le lunghe ed estenuanti descrizioni di un paesaggio, richiedono capacità interpretative, ricerche meticolose e dedizione al proprio lavoro perchè l'arte, in qualsiasi forma si esprima ha bisogno di passione. Allora è giunto il momento di riconoscere anche ai traduttori l'arte di sapere tramutare le parole in emozioni. A tal proposito ringrazio di cuore Anna Maria Rettore, traduttrice del libro "Un Incontro Perfetto" di Judith McNaught. Senza di lei Zach e Julie non sarebbero stati quei personaggi che ho amato dal primo istante per l'intensità delle emozioni che mi hanno regalato.
    Vi ringrazio per l'attenzione e Buon Lavoro a tutte!
    Deborah Bullini

    RispondiElimina

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