ROSSO FUOCO: ' MR. TALBOT' di Maria Cristina Robb


SECONDO APPUNTAMENTO CON  ROSSO FUOCO.  E' UNA APPUNTAMENTO MUY CALIENTE...ATTENZIONE A NON SCOTTARVI! BUONA LETTURA!

Quando la protagonista di MR.TALBOT, di Maria Cristina Robb,  accetta il  lavoro di pulizie in quella villa non sa che il destino la sta aspettando al varco e che dopo l'incontro che farà là nulla sarà più come prima, soprattutto il suo modo di esprimere la propria sensualità e di dare sfogo ai suoi desideri più intimi...

*Attenzione! Per gli argomenti trattati la lettura di questo racconto è consigliata ad un pubblico adulto.*
Trattandosi di un racconto lungo e con un elevato livello di sensualità, abbiamo messo qui sotto solo l'inizio,   per continuare a leggerlo basta cliccare sul banner dopo questo estratto.


Spingo il carrello fuori dalla stanza e chiudo la porta alle mie spalle, sull’odore di rose selvatiche dell’ufficio di Talbot.
Non che lui sia il tipo. Con quegli occhi ardenti e il corpo massiccio e solido, che muove fluido come un predatore, sarebbe più adatto al legno di sandalo o all’aroma intenso del patchouli. Ma i nuovi detersivi hanno tutti questo profumo delicato e lo studio di Talbot adesso sembra un giardino fiorito.
Sorrido tra me immaginando la faccia che farà.
Lui deve aver sempre tutto sotto controllo.
Si aggira per i corridoi come un falco, cogliendo ogni particolare, ogni piccola differenza. Niente gli sfugge, neanche una piccola impronta rimasta in un angolo a sbavare la nitidezza di una superficie vetrata.
Non potrò rimanere a lungo qui. Quell’uomo è troppo attento. Anche se sono riuscita a evitarlo finora, alla fine vorrà sapere di me, come ha fatto con tutte le ragazze che mi hanno preceduta.
Che caldo fa qui dentro!
Il grande foulard bianco che mi copre i capelli mi fa prudere la testa e il pesante abito di cotone a maniche lunghe mi soffoca, appiccicandosi contro la pelle fastidiosamente umida.
Pazienza.
Meglio un po’  di sudore, che rischiare di espormi. Sotto tutti questi strati di stoffa mi nascondo dal mio passato, sperando che non mi raggiunga mai.
Mi avvicino all’ascensore per scendere nella zona giorno. Di sotto mi aspettano la gigantesca sala da pranzo e il salone, dove troneggia il grande pianoforte a coda. Chissà se Talbot, con quelle dita lunghe e affusolate, lo suona. Ho sempre avuto una fissa per le mani e le sue ti fanno venire voglia di sentirle addosso, calde ed esigenti.
Ma cosa vado a pensare!
Spingo il pulsante dell’ascensore e parte il sottile ronzio della cabina.
Un urlo soffocato lacera l’aria, strappando il tessuto fitto del silenzio nella casa.
Il cuore mi arriva quasi in bocca e si mette a battere con una forza da farmi temere di vederlo schizzare fuori.
Mi volto di scatto. Il suono proviene dal corridoio di destra, la zona vietata.
Le pulizie della casa sono affidate alla ditta per cui lavoro, ma tutta l’ala est è  esclusa dal contratto.
Di nuovo la voce femminile fende l’aria, terminando con un rauco gorgoglio che mi fa rabbrividire. Vorrei ignorarlo, ma se qualcuno ha bisogno di aiuto? E se qualcuno sta male?
La porta dell’ascensore si apre.
Cosa faccio? Quando avevo bisogno io, nessuno è mai venuto in mio soccorso.
Ancora un grido gutturale.
Basta! Non posso far finta di niente!
Lascio il carrello a fianco dell’ascensore e attraverso la porta socchiusa dell’ala est.
C’è un lungo corridoio, con il pavimento rivestito da una folta moquette color vinaccia.
Piccole luci corrono lungo il battiscopa e applique sulle pareti proiettano una tenue luminosità verso l’alto.
Tutto è soffuso e ovattato, ma un altro urlo trasforma l’ambiente in qualcosa di sinistro.
Su ogni lato ci sono delle porte, tutte uguali, con uno sportellino per vedere all’interno.
Si spendono molte parole in giro sulle stranezze di Mr. Talbot e all’improvviso sono spaventata a morte.
Sembra il corridoio di un albergo equivoco o di una prigione. Cosa ci sarà dietro quegli usci chiusi?
Non voglio saperlo. Se quella donna ha bisogno di aiuto, non posso ignorarla.
Mi avvicino alla porta da dove proviene la voce e sfilo tremante il gancio che tiene chiuso lo sportello. Mi si presenta una scena inaspettata.
Al centro della stanza c’è una donna nuda, in piedi, appesa per le mani a delle catene che pendono dal soffitto e bloccata al pavimento, con le caviglie divaricate, da dei bracciali metallici.
Al suo fianco un uomo, altrettanto nudo e con il membro in evidente erezione, tiene in mano una sorta di frusta, formata da lunghe frange color cuoio, che accarezza lentamente con la mano. Ampi segni scarlatti ricoprono la schiena della donna dalle spalle fino alle cosce.
Davanti a lei, inginocchiato, c’è un altro uomo. Il viso è affondato in mezzo alle sue gambe e una mano si muove tra le cosce con un rapido ritmo a stantuffo.
Quello in piedi solleva la frusta e la colpisce sulle reni, facendola inarcare contro la bocca dell’altro. Ancora un grido, rauco e prolungato, la testa gettata all’indietro, mentre la mano tra le sue gambe aumenta il ritmo.
Sono incatenata a quella scena come la donna al soffitto. Una vampata di calore mi parte dal basso ventre e si diffonde in tutto il corpo. Quella parte di me di cui avevo dimenticato l’esistenza va a fuoco, come se la mano dell’uomo inginocchiato fosse proprio lì, in mezzo alle mie cosce.
Il successivo colpo di frusta mi fa sussultare all’unisono con la donna che s’inarca e le dita che la tengono ferma affondano più forte nella morbida carne della natica.
Sono combattuta tra la paura per la mia trasgressione e l’eccitazione per l’oscuro erotismo che emana quella scena. Gli anni di astinenza mi creano dei pensieri molto strani.
Un altro colpo di frusta e una sensazione calda e umida si spande nelle mutandine.
“Cosa ci fa qui?” 
Una voce profonda e roca, calda come whisky invecchiato in barrique, mi accarezza le orecchie. Salto per aria e il mio cuore parte in un ritmo forsennato.
Nonostante il sudore sotto il vestito pesante, una lama gelata mi si pianta nella nuca.
Vorrei girarmi, ma le gambe e le braccia non sembrano voler rispondere ai comandi.
Il caldo, l’eccitazione, lo spavento, tutto sembra congiurare contro la mia sanità mentale. Quando una mano rovente mi si appoggia su un fianco, tutto il mio corpo si focalizza su quel punto e sento la coscienza slittarmi via dalle mani, come se fosse su una lastra ghiacciata.
Sto svenendo!
Il mio ultimo pensiero razionale, prima che il buio mi accolga nel suo abbraccio. ...





APPUNTAMENTO A DOMANI PER IL TERZO RACCONTO DI ROSSO FUOCO. NON MANCATE!

2 commenti:

  1. Bravissima!Mi e piaciuto tantissimo.A quando il seguito?

    RispondiElimina
  2. Nonostante sia stato scritto in prima persona- una tecnica che io non amo particolarmente- mi è piaciuto molto il tuo racconto perchè non hai tralasciato nulla. Ti ho conosciuta come un' amante sfegatata del paranormale, ma vedo che anche l'erotico ti è entrato nel sangue. In bocca al lupo!
    Eleonora/elnora

    RispondiElimina

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