I grandi alberi del viale si piegavano, vinti dal peso delle fronde in pieno rigoglio, fino a creare una folta e ombrosa galleria.
Chiara,
salendo lungo le curve della strada inghiaiata, si sarebbe attesa
d’incontrare più gente: di solito i fatti cruenti o venati di mistero
attirano folle di curiosi; si era imbattuta, invece, solo in due anziani
con l’aria di chi passeggiava lì ogni giorno e in un gruppetto di ragazzini, fermi a ridere più in basso, all’incrocio della provinciale. Al
culmine della salita, due piedistalli dovevano aver retto croci di
ferro, che ora stavano a terra, rotte. Con un brivido, Chiara capì di
essere quasi arrivata: da lì si dipanava
un tratto più pianeggiante, e a breve distanza erano parcheggiate le
auto dei carabinieri e della polizia municipale; a chiudere la scena,
spiccava il nastro bianco e rosso utilizzato nelle aree poste sotto
sequestro. Lisciandosi un poco la gonna, e ripassando mentalmente le
indicazioni ricevute nella telefonata del caporedattore, il quale
attendeva un pezzo su messe nere e misteri di paese, la giovane cronista
si avvicinò ancora: “Sono Chiara Elisi, del Gazzettino Mercantile”.
Doveva aver usato un tono di voce troppo sottile, perché il carabiniere
accanto alla barriera sembrava non aver afferrato bene la frase;
tuttavia le indicò lo slargo che si apriva tra le piante, aggiungendo
con un gesto noncurante “…sono già andati altri giornalisti…”.
Avvicinandosi al piccolo santuario teatro di una profanazione, Chiara
avvertiva il ritmo martellante del suo cuore…forse intenzionato a
dirle che non aveva la stoffa per affrontare la cronaca nera.
Percepiva come inadeguati il suo leggero vestito a fiori, i capelli
biondi sciolti sulle spalle, i sandali bianchi, indossati quando ancora
non sapeva quale incarico le sarebbe stato affidato: i tacchi
stridevano sui sassolini e l’insieme contrastava con la severità del
gruppo di divise e abiti maschili assiepato a pochi passi. Si accorse
che tutti
stavano ascoltando le parole sommesse e autorevoli di un uomo
imponente, sulla quarantina, nel cui viso abbronzato spiccavano gli
occhi grigi: il capitano dei carabinieri, come si deduceva dai gradi.
Davanti
alla soglia della minuscola chiesa, giaceva un angelo marmoreo con le
ali spezzate e le orbite degli occhi rese vuote da un colpo; il suo
gemello era in piedi, ma mostrava il volto sfregiato e un braccio rotto.
Croci capovolte tracciate con la vernice ferivano la facciata, in
parte ricoperta dal rampicante e sbrecciata. Chiara conosceva la storia
dell’edificio: in quella frazioncina trascorreva settimane al tempo
della scuola elementare, ospite di una prozia, e ricordava la festa
settembrina del santuario, unica occasione in cui se ne aprivano le
porte; era stato costruito come cappella privata e sepolcreto per la
famiglia dei Marchesi Galli Torrini, la cui villa, ormai
semiabbandonata, sorgeva al di là del boschetto. Il
gruppetto di militari, a cui si erano uniti un giornalista, noto per i
suoi titoli urlati quanto per la sua barba studiatamente incolta, e il
corrispondente locale di un famoso quotidiano milanese, oltrepassò
senza ulteriori indugi il portone sfondato. Chiara, cercando di
appellarsi alla sua determinazione, li seguì verso la navata buia, scavalcando la statua dell’angelo caduto.
Appena
il suo sguardo si abituò alla penombra, notò l’altare, dove, in una
macabra composizione, erano allineati teschi e altri resti sottratti
alle tombe, intervallati da ceri consunti. Nel tabernacolo aperto, ossa
delineavano anche qui la croce rovesciata. Avanzò ancora,
qualificandosi con nome e cognome come giornalista, ma vacillò davanti a
due sepolcri aperti: se uno conteneva una bara quasi intatta, ma col
coperchio squarciato che lasciava intravedere l’abito del defunto, sul
fondo dell’altro si trovava solo una lunghissima chioma di capelli
ramati, dall’aspetto tanto setoso e brillante da far pensare ad una
donna viva. Chiara fissava quella massa ondulata come sotto ipnosi ,
mentre le ginocchia le venivano meno e l’umidità secolare e l’orrore la
bagnavano di gelo. In quel momento, un braccio virile le cinse le
spalle,e una mano gentile scese a chiuderle gli occhi. “Non guardi più
nulla…usciamo di qui” sussurrò la voce avvolgente di chi già la
conduceva alla porta. La luce e l’aria fresca erano a una manciata di
metri, ma a Chiara parve di risvegliarsi da un incubo. Il capitano la
scrutava con una strana, frettolosa dolcezza, mentre le porgeva la mano
per aiutarla ad oltrepassare di nuovo la scultura abbattuta. La
accompagnò ad una delle panchine di pietra, poi si toccò appena la
visiera del berretto, riassumendo un’espressione professionale
“Capitano Giorgio Fabretti…è sicura di stare bene, signorina?”
“Sì…grazie…” mormorò lei arrossendo “Si tratta di uno scempio
impressionante, mi rendo conto…ma sono certo che individueremo i
responsabili” spiegò il militare, per poi proseguire quasi rivolto a se
stesso “la zona è frequentata da gitanti, da coppie in cerca di un
luogo appartato, anche da tossicodipendenti…però afferreremo il bandolo
della matassa…” “Pensate all’opera di una setta?” chiese la ragazza in
un sol fiato, sforzandosi di ostentare un atteggiamento navigato
“Adesso è troppo presto per formulare qualsiasi ipotesi” fu la secca
replica. Il capitano fece per tornare alla cappella, ma subito si voltò
ancora “Io dico che è meglio se lei rimane qui” concluse sorridente,
sfiorando con un accenno di buffetto la guancia di Chiara. Lei osservò
allontanarsi quelle spalle squadrate valorizzate dalla divisa,
aggrappata al bordo freddo della panca. Si sentiva furiosa, come se
l’avessero scambiata per una bambina che nessuno può prendere sul
serio…eppure le pareva ancora di avvertire la stretta rassicurante
attorno alle spalle, e il tocco delicato delle dita guantate.
Istintivamente, portò il dorso della mano sotto lo zigomo, quasi a
cercare traccia dell’ultimo gesto di lui.
Ad
interrompere i suoi pensieri fu il rumore dirompente dei freni di una
grossa auto. Scese un giovane, bruno ed elegante, che, dopo aver
sbattuto con stizza la portiera, avanzò ad ampie falcate verso la
chiesetta.
Si
udirono gli echi di una discussione: palesemente, tutti cercavano di
non alzare troppo la voce, ma non riuscivano a celare il nervosismo di
frasi, incomprensibili dall’esterno, ma cariche di tensione. Chiara si
era mossa, nell’intento di capire cosa stesse accadendo; poco dopo,
però, tutti tornarono all’esterno. Mentre l’ ultimo ad essere
sopraggiunto si
allontanava rabbuiato, il capitano rivolse intorno uno sguardo, quasi
di richiamo: disse poi, nel congedare l’intero gruppo, che la
situazione era assai delicata, non solo per la gravità dei fatti, ma
anche perché si trovavano in una proprietà privata ed erano in
questione delle sepolture anomale, avvenute fuori dai cimiteri in tempi
lontani, rassicurando comunque sul fatto che le indagini erano serrate
e che presto ci sarebbero stati aggiornamenti. Chiara si avviò pensosa
a discendere il viale, mentre le auto sparivano verso il paese. Era
intenzionata a passare per un rapido saluto a casa della prozia, ormai
ultranovantenne; poi avrebbe atteso l’autobus per rientrare. La prima
cosa da fare, comunque, era una telefonata in redazione. Il suo capo
manifestò una certa soddisfazione per i tanti dettagli con cui la scena
gli veniva illustrata, meno per la carenza di osservazioni sui
responsabili. Dopo una lunga pausa, apostrofò la più giovane delle sue
corrispondenti: “Non hai detto che lì al paese abita una tua zia?
Fermati da lei un paio di giorni! Così racconterai con dovizia di
particolari ‘sto fattaccio…” “Veramente…è mia prozia…è molto
anziana…vive con una badante…preferisco andare e venire” “Ti sfuggirebbe
certo chissà che…e come vorresti parlare della notte, e di quel che si
mormora? Sarà contenta di averti con lei…dai, dai, che ti preparo uno
spazio così bello che nemmeno te lo immagini!” Riattaccò, prima che lei
riuscisse ad accampare altre scuse.
Chiara
si guardò intorno con un sospiro, rammaricandosi per la sua incapacità
di dire di no. In fondo al viale, c’era un’edicola con l’immagine
della Madonna: non solo era stata risparmiata dal vilipendio, appariva
anche ornata di piccoli mazzi di fiori, mentre dalla grata pendevano
cuori d’argento e corone del rosario. Dalla direzione opposta, in
bicicletta, proveniva un anziano col cappello calcato sulla fronte.
Cantilenava qualcosa: la ragazza colse solo le ultime parole
“…rotoleranno fino in fondo al rio dei fanti”. Quella nenia non le
suonava nuova…ma non ricordava dove l’avesse udita.
Zia
Erminia fu davvero contenta di vederla arrivare, e ancor di più di
ospitarla; sorprese comunque non poco la pronipote, domandandole
tranquilla: “Sei
qui per la cappella dei marchesi, nevvero?””Sì…per un articolo…forse
potresti raccontarmi un po’ della famiglia, della villa…”. L’anziana
tacque, prima di unire a un sospiro un rapido segno di croce, subito
imitata da Carmen, la bonaria ecuadoriana che si occupava di lei. “Hanno
avuto la loro storia, i momenti gloriosi, le persone importanti e
generose…e pure quelle crudeli. Se una generazione compiva il bene,
spesso l’altra si dava al male…non con questo che non dovessero riposare
in pace”. Nuovo segno di croce, nuovo sospiro, nuova imitazione da
parte della badante. Chiara lasciò per pochi istanti che il silenzio
regnasse sospeso. Poi chiese “una specie di filastrocca…non escludo di
averla sentita da piccola…c’entra il rio dei fanti…ha qualcosa a che
fare con i Galli Torrini?” Triplo sospiro, doppio segno di croce; Zia
Erminia recitò, abbandonando il capo contro lo schienale della poltrona “
Galli Torrini, arroganti e malandrini, parenti del re, e dei
principini, tanto belli, tanto eleganti, malandrini ed arroganti…le
vostre ossa rotoleranno…fino in fondo al rio dei fanti”. “La usavamo per
conta, nei giochi…però sembra una maledizione” “Lo è…la ripetevano i
contadini, i fittavoli, i mezzadri, per imprecare contro i padroni
spietati e il lavoro ingrato…mia nonna raccontava che a scagliarla fu
una donna ritenuta strega, il cui unico nipote morì…d’infezione… dopo
che il marchese lo aveva frustato per ore…incolpandolo di essere
responsabile del furto di un cavallo”. Chiara si accorse che il colore
le defluiva dal volto; il rio, chiamato dei fanti dal tempo delle
guerre napoleoniche, scorreva dietro la cappella profanata. “Non son
altro che vecchie storie, animo” concluse la zia, mentre Carmen si
segnava ancora.
Pur ritenendo di sapere perfino troppo, Chiara uscì per una passeggiata prima di cena, alla ricerca di qualche elemento di contorno.
Lo stemma dei marchesi, con il gallo e la torre sormontati dalla
corona, troneggiava ovunque nel paesino: dipinto sulle case coloniche,
dorato nella chiesa parrocchiale, scolpito nella pietra su muri di
cinta. Poca gente godeva del fresco. “Scommetto che lei è una
giornalista. Ho indovinato?” Alle spalle della giovane, era apparso
l’uomo giunto per ultimo alla chiesetta. Lei rispose annuendo appena,
mentre lui le prendeva la mano e si accingeva a baciarla con modi
teatrali, peraltro adeguati all’eccesso di abiti griffati che sfoggiava.
“Rodolfo…Galli Torrini. Mi perdoni l’impudenza…credo che lei sia una
persona corretta e sensibile, queste cose si capiscono subito…e vorrei
darle la mia versione dei fatti…” “Veramente non sono in possesso di
nessuna versione…raccolgo materiale per un articolo…” “Dunque dovrebbe
interessarle di più…e avrei documenti da mostrarle…accetterebbe di
salire alla villa?” Lei esitò…c’era una nota stridente. “La
ringrazio…ora non è in qualsiasi caso fattibile…” “Domani, allora…tenga,
questo è il mio biglietto da visita, troverà anche il cellulare…mi
chiami…non si limiti alla miopia burocratica di…insomma, di chi non ha
nulla a che spartire con la mia famiglia e la sua storia secolare”. Un
saluto formale chiuse la conversazione, sulla quale i pensieri della
serata si soffermarono a lungo.
A
restituire a Chiara il sorriso, fu la parure da notte a dir poco
vintage prestata dalla zia, piena di pizzi e nastrini rosa. Il buio si
riempì di canti di grilli e richiami di rapaci notturni, e la ragazza
prese sonno molto tardi. Quando aprì gli occhi, sole e brezza fresca
invadevano la piazza- l’unica del villaggio- dove si trovava la vecchia
casa di Erminia. Come resistere alla tentazione di uscire sul balcone,
drappeggiata in una vestaglia dal larghissimo colletto?
Vedere
il capitano proprio lì sotto, però, le suscitò un impulso di fuga…no,
meglio salutarlo… “Buongiorno!” “Buongiorno…signorina” trasalì lui
“…non immaginavo abitasse qui” “Non ci abito, infatti…ho chiesto
ospitalità alla sorella di mio nonno…per…per il lavoro” La
consapevolezza del suo improbabile abbigliamento la stava rendendo
paonazza “E…mi hanno…imprestato…tutto quanto…buona giornata!” Sparì
nella stanza, oltre una tenda azzurra. Il capitano scosse il capo con
un sorriso divertito e affascinato…poco importavano i comportamenti
maldestri di quella giornalista, e gli indumenti inadeguati per i quali
pareva coltivare un talento…era deliziosa.
Dietro
i vetri, lei tirò un profondo respiro, elettrizzata da una sensazione
frizzante e adolescenziale. Poi guardò il suo riflesso nello specchio,
trovandosi piuttosto buffa: prese una penna, come improvvisato
fermaglio
per raccogliersi i capelli, e aprì il computer portatile che aveva
appoggiato sul lezioso tavolo da toeletta, scostando scatole da cipria e
rose di biscuit. Innervosendosi più volte con la chiavetta, la
lentezza nell’apertura delle pagine, lo sgabello più adatto a
sistemarsi uno chignon che
a lavorare, riuscì comunque a compiere la ricerca che si era prefissa.
I dati raccolti, tuttavia , erano scarsi se non nulli: nessun gruppo
satanico risultava attivo nella zona, negli archivi dei quotidiani non
comparivano cronache di messe nere, e nemmeno si trovava traccia di
realtà giovanili potenzialmente affascinate
da “giochi molto pericolosi” nel raggio di qualche centinaio di
chilometri. Staccando, dopo quasi due ore, gli occhi affaticati dallo
schermo, Chiara notò il biglietto da visita di Galli Torrini, appoggiato
sul comò. Che fosse quella la soluzione? L’idea continuava a non
piacerle…eppure il timore di non ottenere elementi sufficienti per
scrivere un servizio valido la spinse a comporre il numero. “Sono lieto
di sentirla…aspettavo la sua chiamata. A che ora vogliamo incontrarci?
La villa è vicinissima al paese…o forse preferisce che venga a
prenderla in macchina?” modulò una voce profonda e impostata. Chiara
fissò un appuntamento per il primo pomeriggio, precisando che sarebbe
salita a piedi. Poi, si preparò per una nuova passeggiata esplorativa,
cercando di ignorare le domanda che le frullava in testa: avrebbe
incontrato il capitano? Quella mattina le era apparso anche più bello,
pur se meditabondo…sotto la luce solare, i suoi capelli erano color oro
scuro. Dopo un veloce bacio alla zia, raggiunse l’unico minuscolo
negozio, che fungeva in un sol tempo da rivendita di commestibili e
giornali, tabaccheria e latteria. Acquistò tutti i quotidiani
disponibili, riflettendo su come l’uscita trisettimanale del periodico
per cui lavorava le concedesse, al massimo, ancora ventiquattrore per
confezionare il reportage.
Ah Pat come sei poetica! Tenerezza e mistero che si fondono molto bene. Brava.
RispondiEliminaGrazie Patrizia, mi hai fatto sognare di nuovo, hai ricreato quell'atmosfera di mistero e romanticismo che da tempo non riuscivo a ritrovare! E' veramente bellissimo!
RispondiEliminaBellissimo veramente,questo mix di giallo e romance è davvero bellissimo. Complimenti!
RispondiEliminaBellissimo davvero...complimentoni!!!
RispondiEliminaUn mix che per me è irresistibile :-D
Juliet
brava PAt.... diventerà un romanzo, vero?
RispondiEliminaFabiola
Grazie alle amiche bibliotecarie e a tutte le lettrici...sono felice che questo racconto, forse un pochino insolito, vi sia piaciuto. Esprimere un mix di romanticismo e mistero per me è davvero un traguardo!
RispondiEliminaPatrizia
In effetti, dallo spunto di questo racconto è nato un romanzo dove i misteri attorno a Giorgio e Chiara s'infittiscono...mentre il loro amore sboccia pienamente, pur dovendo fare i conti con tante ombre...
RispondiEliminaPatrizia
Brava Patrizia, il racconto è molto intrigante e il personaggio maschile promettente! Sono sicura che un romanzo intero soddisferebbe tutte noi affamate di romanticismo e brividi! :)
RispondiEliminaComplimenti!
Cassie
Lo stile è un po' strano, acerbo direi e, in alcuni punti, è quasi affrettato, come se l'autrice nn fosse ben sicura di dove andare a parare o di come caratterizzare i propri personaggi. Nn mi è piaciuto molto l'uso frequente dei puntini sospensivi.
RispondiEliminaMolto dolce e romantica la promessa della storia d'amore e originale lo spunto, adoro gli intrighi di famiglia e le fosche storie della vecchia nobiltà.
Molto, molto bello. Il mistero ti porta in fondo al racconto in un soffio anche se poi non ci spieghi quello che è accaduto. Dolci i protagonisti, avrei avuto voglia di conoscerli meglio con qualche altro dettaglio, complimenti! :)
RispondiEliminaRingrazio per gli apprezzamenti e le osservazioni...in effetti l'idea di una storia più ampioa nasce anche dal constatare che questo è appena un inizio, dove molto manca di approfondimento e spiegazione. Mi sono resa conto dell'eccesso di puntini, che ho qua e là asciugato...e se posso approffittare della competenza di lady machbet gradirei un suo consiglio sul discorso della caratterizzazione dei personaggi;credo che siano ausili importanti per "crescere"!
RispondiEliminaPatrizia
Ciao Patrizia, be' "competenza" mi pare una parola un po' grossa, sono semplicemente una lettrice che legge tanto e da tanto tempo, cmq grazie x la fiducia.
RispondiEliminaPer quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, secondo me, hai fatto un lavoro migliore sui comprimari che sui protagonisti. Ad es, l'anziana zia che si segna continuamente, subito imitata dalla badante, oppure il giovane marchese griffato da capo a piedi, sono brevi notazioni particolari che si ricordano. Quanto ai due protagonisti, per quanto riguarda lei mi è piaciuto molto il dettaglio sull'abbigliamento sempre un po' fuori luogo, è una cosa carina e che la rende simpatica, se hai intenzione di ampliare il racconto, penso dovresti delineare maggiormente qs sua tendenza ad essere sempre un po' impacciata. Paradossalmente, il meno incisivo è il protagonista, cosa che in un romance nn va bene, l'eroe è quello con l'ingrato compito di farci sognare. A mio modesto parere, le caratterizzazioni che funzionano meglio sono quelle che prendono in considerazione, nn tanto l'aspetto fisico in sé (è l'eroe di un romance, deve essere affascinante x contratto, hai mai conosciuto un eroe brutto o, peggio, insignificante?), quanto un tratto particolare, che può essere sia fisico (una cicatrice, un tic, la profondità dello sguardo, ecc) che caratteriale (un atteggiamento specifico, un certo modo di reagire, ecc); x cui sei sulla buona strada con l'aspetto che si ricorda meglio di lui, la voce, però dovresti aggiungere altri dettagli su di lui e renderlo maggiormente presente, deve quasi debordare dalla storia, è un maschio alpha, perbacco, il mondo nn gira senza il suo permesso! ;-)
Inoltre, mi sono piaciute le notazioni iniziali sui fatti cruenti che attraggono folle di curiosi, mentre nn mi sono piaciute alcune espressioni, ad es:
"strada inghiaiata"
"Un saluto formale chiuse la conversazione, sulla quale i pensieri della serata si soffermarono a lungo."
sembra quasi che avessi fretta di concludere.
Spero tutto ciò ti sia di qualche utilità, a presto, buon lavoro.
Grazie Lady, per il tempo che hai voluto dedicarmi e per gli ottimi consigli! Sai che mi hai fatto saltare agli occhi una cosa che non avrei forse mai notato? Ho usato istintivamente il termine inghiaiato...che ricorda un vocabolo dialettale molto diffuso da queste parti :)
RispondiEliminaColgo anche l'occasione per ringraziare Francy per la fantastica copertina!
Patrizia
Grazie a te Patrizia per aver partecipato ai Racconti per un Anno. Naturalmente spero che avrai presto un altro racconto da farci leggere!
RispondiEliminaFrancy
un mix di thriller, noir, romance ed emozioni piene di un'intensa attrazione! bel racconto, una perfetta ricetta per trascinare il lettore!
RispondiElimina