Autrice: Vanessa Diffenbaugh
Titolo originale: The Language of Flowers
Genere: contemporaneo
Ambientazione: San Francisco, USA
Pubblic. originale: ed. Ballantine Books( 2011),pagg. 336
Pubblicato in Italia: Garzanti (2011),
pagg. 359
Parte di una serie: No
LA STORIA
Victoria ha paura del contatto fisico. Ha
paura delle parole, le sue e quelle degli altri. Soprattutto, ha paura
di amare e lasciarsi amare. C'è solo un posto in cui tutte le sue paure
sfumano nel silenzio e nella pace: è il suo giardino segreto nel parco
pubblico di Portero Hill, a San Francisco. I fiori, che ha piantato lei
stessa in questo angolo sconosciuto della città, sono la sua casa. Il
suo rifugio. La sua voce. È attraverso il loro linguaggio che Victoria
comunica le sue emozioni più profonde. La lavanda per la diffidenza, il
cardo per la misantropia, la rosa bianca per la solitudine. Perché
Victoria non ha avuto una vita facile. Abbandonata in culla, ha passato
l'infanzia saltando da una famiglia adottiva a un'altra. Fino
all'incontro, drammatico e sconvolgente, con Elizabeth, l'unica vera
madre che abbia mai avuto, la donna che le ha insegnato il linguaggio
segreto dei fiori. E adesso, è proprio grazie a questo magico dono che
Victoria ha preso in mano la sua vita: ha diciotto anni ormai, e lavora
come fioraia. I suoi fiori sono tra i più richiesti della città,
regalano la felicità e curano l'anima. Ma Victoria non ha ancora trovato
il fiore in grado di rimarginare la sua ferita. Perché il suo cuore si
porta dietro una colpa segreta. L'unico capace di estirparla è Grant, un
ragazzo misterioso che sembra sapere tutto di lei. Solo lui può levare
quel peso dal cuore di Victoria, come spine strappate a uno stelo. Solo
lui può prendersi cura delle sue radici invisibili.
RECENSIONE DI GIOVANNA
Giudizio:
Questo libro è l'evento editoriale più atteso del 2011 e dopo averlo letto capisco il perchè. Quella di Victoria è una storia che ti cattura e non ti lascia più andare, fino all'ultima pagina. Ci si ritrova a soffrire con Victoria, ad immedesimarsi in lei percependo tutta la sua insicurezza e la sua paura dei contatti umani. 'Misantropia', è questo il temine che lei stessa da piccola ha riconosciuto come quello che la rispecchia maggiormente e il cardo campestre è il suo fiore. Attraverso le pagine di questo libro si entra a far parte di un mondo fatto di fiori e dei loro significati, dimenticati da troppo tempo. E' un peccato che si sia persa l'abitudine di comunicare attraverso i fiori perchè, a volte, possono dire più delle parole.
Lo stile della Diffenbaugh è così scorrevole e accattivante che le pagine volano via senza accorgersene. Ho trovato la scelta dell'autrice di alternare le vicende di Victoria adulta con quelle di Victoria bambina molto ben riuscita. Ed è incredibile come sia riuscita a trasmettere le emozioni della protagonista, i suoi rapporti con Elizabeth, la donna che per prima le ha insegnato il linguaggio dei fiori e l'ha amata come una figlia e poi con Grant, l'unico uomo che l'abbia mai amata e compresa. Mi ha particolarmente colpita l'amore tra Victoria e Grant, un amore delicato e forte al tempo stesso, che è riuscito ad abbattere tutte le sue barriere, insegnando a Victoria a fidarsi e a credere nel futuro e soprattutto nella famiglia! Vi confesso che a un certo punto ho temuto che la vicenda non avesse un lieto fine e sono rimasta col fiato sospeso fino all'ultima pagina che ho chiuso sorridendo e con una sensazione di calore nel cuore.
Era da tempo che non leggevo un libro così bello, con una storia profonda che scava a fondo nelle persone.
GIOVANNA
RECENSIONE DI STEFANIA
Giudizio:
Finalmente un romanzo vero e dalle sensazioni forti come non ne leggevo da un pò.Una lettura che mi ha pienamente soddisfatta.
Per
giudicare un libro tengo sempre conto delle emozioni che mi trasmette e
dei personaggi che mi restano nel cuore, e Victoria, Elisabeth, Grant e
Renata ci sono entrati a pieno titolo.
Fin
dalle prime pagine la protagonista mi ha fatto tenerezza e ho provato
fin da subito per lei una certa simpatia. Non so se è capitato solo a
me, ma avendo letto da poco la trilogia Millennium di Stieg Larsson, ho
presto paragonato Victoria - per alcune sfaccettature del suo carattere -
a Lisbeth Salander. Fin da subito ci viene presentata come un
personaggio particolare, con grosse difficoltà alla socializzazione,
come la protagonista di "Uomini che odiano le donne" ed allo stesso
tempo entrambe sono fragili e forti.
Il
romanzo, tramite la voce narrante della stessa Victoria, tratta due
storie parallele: una attuale, dove la protagonista ha 18 anni ed è
entrata a far parte del mondo degli adulti, e l'altra più indietro nel
tempo, quando Victoria aveva 10. Una storia aiuta a capire l'altra e si
intreccia con essa in un crescendo di emozioni che toccano il cuore.
Questa
soluzione adottata dall'autrice si è rivelata ottima perchè le due
narrazioni si alternano interrompendosi nei punti salienti e
riprendendosi in un continuo intreccio, così da coinvolgerti tanto da
non riuscire a chiudere il libro ma da voler continuare fino all'ultima
pagina, tutto d'un fiato, per avere finalmente il lieto fine che tutti
attendono.
Nonostante
la povera Victoria, lungo la sua vita, abbia incontrato tante persone
"sbagliate" (e credetemi, in alcune occasioni vi si stringerà il cuore
pensando alle situazioni che ha vissuto e al fatto che l'autrice le
abbia narrate così bene perchè conosce veramente il sistema di affido di
minori che sono rimasti senza genitori a famiglie volontarie), ne incontra anche altre, alle quali, poco alla volta, anche lei stessa incredula e con fatica, riesce ad affezionarsi.
Ed ecco che a poco a poco appaiono in lei i segni del cambiamento e della crescita.Una frase che mi ha colpito parecchio e penso riassuma il succo del libro e che voglio riportare è:
«Anche chi è cresciuto isolato e senza affetti può imparare ad amare profondamente
al pari di chiunque altro».
La
protagonista si esprime tramite il linguaggio dei fiori. Un linguaggio
che purtroppo, nel tempo, è stato trascurato. I fiori la aiutano ad
esprime tutto quanto con la parola le sembra impossibile. La aiutano.
Sono il suo rifugio e l'unico suo appiglio.
Ho apprezzato inoltre il dizionario dei fiori di Victoria che si trova alla fine del libro.
«Dafhne - Dafne» si legge: «non ti vorrei in nessun altro modo». È proprio vero che con i fiori riesci a dire ciò che con le parole risulta più difficile - almeno per tanti, e me compresa...
La
pazienza e la bravura dell'autrice è stata nel compilare questo
prontuario allineando diversi dizionari con i significati dei fiori, su
un tavolo della sua sala da pranzo - così ci spiega lei stessa - e nello
scegliere, con pazienza, le definizioni più ricorrenti o quelle che le piacevano di più.
Un ottimo lavoro gradito e apprezzato. Uno splendido romanzo amato fin all'ultima riga. ( Recensione pubblicata anche sul blog I mie sogni tra le pagine .)
STEFANIA
LEGGI UN ESTRATTO DEL ROMANZO...
UN LINGUAGGIO SEGRETO
Quella mattina Elizabeth aveva trovato le spine di cactus.
La scoperta era stata annunciata da un urlo, seguito dal rumore sordo di un tacco che colpiva il pavimento. Mi ero alzata,vestita e precipitata al piano di sotto, ma quando ero entrata in cucina lei era già seduta a tavola e stava mangiando tranquillamente il suo porridge d’avena. Non aveva alzato lo sguardo su di me e non aveva aperto bocca.
La sua mancata reazione mi aveva fatto perdere il controllo.
«Cos’hai intenzione di farmi?» avevo gridato e la sua risposta
mi aveva sbalordito.
«Il cactus significa “amore appassionato”», mi aveva detto con occhi beffardi. «E, anche se le scarpe si sono rovinate, apprezzo il tuo sentimento.»
Io avevo scosso furiosamente la testa in segno di diniego, ma Elizabeth mi aveva ricordato quello che mi aveva già spiegato nel suo giardino: ogni fiore ha un solo significato, per evitare ambiguità. Io mi ero avviata verso la porta, però lei mi aveva seguito appoggiandomi un mazzetto di fiorellini
alla nuca. «Non vuoi conoscere la mia risposta?» aveva chiesto. Io mi ero voltata a guardare i piccoli petali viola.
«Eliotropio», aveva detto. «“Affetto devoto.”»
Non avevo preso fiato e le parole mi erano uscite in un sussurro impetuoso. «Il cactus significa che ti odio», avevo detto sbattendole la porta in faccia. Adesso, dopo un’intera giornata a scuola, la mia rabbia si era stemperata in un sentimento
simile al rammarico. Quando mi vide, Elizabeth sorrise con un’espressione di benvenuto, come se avesse completamente dimenticato le mie parole di odio di qualche ora prima.
«Com’è stato il primo giorno di scuola?» chiese.
«Orribile», risposi. Salii i gradini due alla volta allungando al massimo il passo per sfuggirle, ma lei mi afferrò la caviglia con le dita ossute.
«Siediti», disse tenendomi stretta per impedirmi di scappare.
Mi misi a sedere un gradino più in basso per evitare di guardarla, ma lei mi sollevò per il colletto finché il mio viso fu all’altezza del suo.
«Così va meglio», disse e mi porse un piattino con una pera
affettata e un muffin. «Adesso mangia. Ho un lavoro da affidarti che potrebbe richiedere tutto il pomeriggio, perciò devi iniziare appena hai finito la merenda.»
Non sopportavo che Elizabeth fosse brava a cucinare. Mi nutriva così bene che non avevo ancora fatto ricorso al formaggio nascosto nel cassetto della scrivania. Le pere erano sbucciate e senza torsolo; il muffin era pieno di pezzetti caldi
di banana e di gocce di burro di arachidi sciolto. Mangiai tutto e alla fine scambiai il piatto vuoto con un bicchiere di latte.
«Bene», disse. «Adesso dovresti essere in grado di togliere tutte le spine dall’interno delle mie scarpe.» Mi passò un paio di guanti di pelle troppo grandi per le mie mani, un paio di pinzette e una torcia. «Quando avrai finito te le metterai
e farai i gradini su e giù tre volte, così vedremo se sei stata brava.»
Lanciai i guanti che atterrarono come mani abbandonate nella polvere. Ficcai le mani nude nelle scarpe senza guardare e tastai alla ricerca delle spine nella pelle morbida.
Trovai la prima e la staccai con le unghie, poi la sparai per terra con le dita.
Elizabeth mi osservò lavorare in silenziosa concentrazione: prima il fondo delle scarpe, poi i lati, infine le punte. La più difficile fu la scarpa che si era infilata, perché con il peso aveva schiacciato le spine facendole penetrare più a fondo
nella pelle. Le estrassi a una a una con le pinzette come un chirurgo.
«Allora cos’è, se non amore appassionato?» chiese Elizabeth mentre stavo per portare a termine il mio compito.
«Se non è dedizione eterna e attaccamento travolgente, cos’è?»
«Te l’ho detto prima», risposi. «Il cactus significa che ti odio.»
«Non è possibile», replicò Elizabeth con fermezza.«Possoindicarti il fiore dell’odio, se vuoi, ma la parola “odio” è imprecisa.L’odio può essere ardente o distaccato, può nasceredall’avversione, ma anche dalla paura. Se mi dici esattamentecosa provi, potrò aiutarti a trovare il fiore giusto per esprimerlo.» «Non mi piaci», risposi. «Non mi piace che mi tocchi laschiena o mi afferri la faccia o mi obblighi a giocare conPerla. Non mi piacciono i tuoi fiori né i loro messaggi né letue dita ossute. Non mi piace niente di te e non mi piaceniente nemmeno del mondo.» «Così è molto meglio!» esclamò Elizabeth che sembravadavvero colpita dal mio monologo pieno di odio. «Il fioreche stai cercando è sicuramente il cardo, che simboleggia la misantropia. “Misantropia” significa odio o sfiducia nei confronti dell’umanità.» «Umanità vuol dire tutte le persone?» «Sì.» Ci pensai un attimo. Misantropia. Nessuno aveva mai descrittoi miei sentimenti con un’unica parola. La ripetei nella mente per essere sicura di non dimenticarla. ...
L'AUTRICE
Vanessa Diffenbaugh si è laureata a Stanford in
Scrittura Creativa e in Educazione Artistica. Ha lavorato a lungo e
lavora tutt'oggì in associazioni no-profit aiutando e accogliendo
giovani 'a rischio', senzatetto e bambini in affido. Lei e il marito
sono genitori biologici di due bambini di 2 e 3 anni, Gracida e Miles —
mentre loro dormivano lei ha scritto il libro — ma hanno anche in affido
il giovane Trevon Lyle. Vanessa inoltre gestisce una rubrica mensile
sull'educazione dei figli nel giornale locale di Sacramento.
Il linguaggio segreto dei fiori (Garzanti
2011) è il suo primo romanzo. È un fenomeno editoriale quasi senza
precedenti. Conteso da tutti gli editori del mondo, è stato venduto in
trenta paesi, dopo aste agguerrite e cifre record.
POTETE LEGGERE QUI UN'INTERVISTA ALL'AUTRICE SU VANITY FAIR.
GUARDA IL BOOKTRAILER...
DAVVERO AFFASCINANTE IL LINGUAGGIO DEI FIORI.UN ARGOMENTO CHE ABBIAMO TRATTATO ANCHE NOI! LEGGI QUI.
AVETE LETTO QUESTO LIBRO(NON PROPRIAMENTE ROMANCE) CHE E' STATO UNO DEI FENOMENI EDITORIALI DELL'ANNO?COSA NE PENSATE ? VI PIACEREBBE LEGGERLO?
Siamo noi che diamo un significato ai fiori,...essi ,semplicemente, esistono.
RispondiEliminaMax
Ciao Giovanna, mi hai fatto venir voglia di comprare questo libro. Il linguaggio dei fiori mi ha sempre intrigato.
RispondiEliminaComplimenti.
Mariat.
Avevo già letto la trama di questo romanzo e mi era sembrata interessante. Questa recensione conferma il mio interesse, aspetto l'edizione economica o il prestito dalla biblioteca, visti i costi! Ciao Maristella
RispondiEliminaChe fortuna sfacciata! (una volta ogni era geologica mi capita...), me l'ha regalato un'amica x il mio compleanno, devo solo trovare il tempo x leggerlo.
RispondiEliminaho letto e amato questo libro, infatti ne parlo anche nel mio blog http://palledinevedico.blogspot.it/2014/10/il-linguaggio-segreto-dei-fiori-io.html
RispondiEliminauna attenta architettura del libro che inizialmente potrebbe risultare pesante con il passare dei capitoli è sempre più coinvolgente e ti assale la curiosità nel scoprire cosa accadrà alla giovane e bambina Victoria... lo consiglio a tutti per scoprire emozioni che forse oggi sono considerate scontate.
Ho trovato questo libro molto bello e scorrevole, quando inizi a leggere non vorresti smettere.Affascinante pensare che i fiori abbiano dei loro signoficati.
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