Novità in Uscita: LOVER AVANGED - UN AMORE INFUOCATO ( 7° BDB) di JR Ward (Mondolibri). 'INCIPIT IN ANTEPRIMA

FINALMENTE E' ARRIVATA UNA NUOVA PUNTATA DELLA SAGA ROMANCE DI VAMPIRI PIU' AMATA DI SEMPRE...

... E' L'ORA DI REHVENGE !
DAL 1° SETTEBRE IN TUTTE LE LIBRERIE MONDOLIBRI
LOVER AVENGED - UN AMORE INFUOCATO
DI J.R.WARD
La stirpe dei vampiri è sempre più minacciata.  Ma al fianco dei guerrieric’è un nuovo alleato… 
L’atmosfera a Caldwell è sempre più infuocata. Lo scontro fra vampiri e  lesser diventa ogni giorno più feroce e i guerrieri della confraternita sembrano giunti allo stremo delle forze. Eppure, per Wrath e i suoi sudditi, i non morti non sono gli unici nemici. All’interno della glymera, l’aristocrazia dei vampiri, serpeggia il malcontento e qualcuno sta pensando a un colpo di mano che tolga di mezzo il re e instauri un nuovo corso.
È così che entra in scena Rehvenge, un personaggio ambiguo e senza scrupoli che, dietro gli abiti costosi e la facciata di grande uomo d’affari, cela non solo loschi traffici con i boss della droga, ma anche la sua spregevole natura di symphath. È lui – un manipolatore di menti, un divoratore di peccati – il killer perfetto per sbarazzarsi del re... fino a che non incontra Ehlena. E, ancora una volta, si compie il miracolo. Quando la luce dell’amore irrompe nella tenebra della sua vita, tutto viene sovvertito....

UN FAN VIDEO DEL ROMANZO



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LEGGETE IN ANTEPRIMA L'INCIPIT DI 
LOVER AVANGED - UN AMORE INFUOCATO

Proprietà letteraria riservata.
Pubblicato su licenza © 2011 Mondadori Direct S.p.A.per Mondolibri, Milano


Dedicato a Te:
Bene e Male non sono mai stati termini più relativi
che quando applicati a quelli come te.
Ma sono d’accordo con lei. Per me sei sempre stato un eroe.
LA COVER ORIGINALE
CAPITOLO 1
«Il re deve morire.»
Quattro paroline piccole piccole. Prese una per una non erano niente di speciale, ma insieme richiamavano ogni sorta di nefandezza: Assassinio. Alto tradimento. Regicidio.
Morte.
Negli istanti carichi di tensione immediatamente successivi, Rehvenge rimase in silenzio, lasciandole aleggiare nell’aria opprimente dello studio, quattro punti cardinali di una bussola oscura e malefica che conosceva molto bene.
«Non dici niente?» chiese Montrag, figlio di Rehm.
«No.»
Montrag batté le palpebre, giocherellando col foulard di seta annodato al collo. Al pari di quasi tutti i membri della glymera, aveva le pantofole di velluto ben piantate sulla sabbia finissima
della sua classe sociale, il che significava che era molto signorile e raffinato. Con la sua giacca da camera, gli eleganti pantaloni gessati e – oh, cavolo, ma erano proprio ghette, quelle? – sembrava
uscito dalle pagine di Vanity Fair. Di cent’anni fa, tipo. E con tutta
la sua boria e le sue idee brillanti del cazzo era come Kissinger
senza un presidente, quando si trattava di politica. Tutto analisi e nessuna autorità.
Il che spiegava quell’incontro, no?
«Non fermarti proprio adesso», lo incoraggiò Rehv. «Sei già saltato giù dal tetto. L’atterraggio non potrà essere in alcun modo più dolce.»
Montrag si accigliò. «Mi riesce difficile vedere la situazione con la tua leggerezza.»
«E chi sta ridendo?»
Qualcuno bussò alla porta dello studio e Montrag voltò la testa di lato; aveva il profilo di un setter irlandese: tutto naso.
«Avanti.»
La doggen che ubbidì al comando fece il suo ingresso curva sotto il peso del servizio d’argento. Reggendo un vassoio di ebano grande come una veranda, attraversò faticosamente la stanza col suo carico.
Finché non alzò la testa e vide Rehv.
Allora rimase di sasso.
«Il tè lo prendiamo qui.» Così dicendo, Montrag indicò il basso tavolino tra i due sofà foderati di seta su cui erano seduti.«Qui.»
La doggen non si mosse, gli occhi fissi sul volto di Rehv.
«Si può sapere cosa ti prende?» fece Montrag, mentre sul vassoio
le tazze cominciavano a tremare tintinnando. «Posa qui il tè, sbrigati.»
La doggen chinò il capo, farfugliò qualcosa e avanzò lentamente, un passo dopo l’altro, neanche si stesse avvicinando a un serpente pronto a colpire. Tenendosi il più lontano possibile da Rehv, posò il vassoio, e con mani tremanti, riuscì a stento a sistemare le tazze sui piattini.
Quando fece per afferrare la teiera era ormai chiaro che avrebbe rovesciato tè dappertutto.
«Lascia, faccio io», si offrì Rehv, allungando una mano.
Nel ritrarsi bruscamente, la doggen perse la presa sul manico della teiera, che precipitò in caduta libera.

Rehv afferrò con entrambe le mani l’argento rovente.
«Ma cosa combini!» esclamò Montrag, balzando su dal divano.
La doggen si fece piccola piccola, coprendosi il volto con le mani.
 «Mi dispiace, padrone. Davvero, sono…»
«Oh, sta’ zitta, e portaci del ghiaccio…»
«Non è colpa sua.» Con tutta calma Rehv spostò la presa sul manico e versò il tè.    «Io sto benissimo.»
Gli altri due lo fissarono come in attesa di vederlo saltar su, agitando la teiera colma al grido di ahia-ahia-ahia.
Rehv invece posò la teiera d’argento e, guardando Montrag negli occhi slavati, chiese, «Una zolletta o due?»
«Vuoi… vuoi che ti faccia portare qualcosa per quell’ustione?»
Rehv sorrise, mostrando per un attimo le zanne al padrone di casa.
 «Sto benissimo, grazie.»
Apparentemente offeso perché non poteva fare nulla, Montrag rivolse la sua stizza contro la cameriera. «Sei un disastro. Lasciaci soli.»
Rehv lanciò un’occhiata alla doggen. Le emozioni della giovane gli apparivano come una griglia tridimensionale di paura, vergogna e panico, una fitta trama che riempiva lo spazio intorno a lei, esattamente come le ossa, i muscoli e la pelle.
Stai tranquilla, le comunicò tramite il pensiero. Sistemo tutto io.
Sul volto di lei si dipinse un barlume di sorpresa, ma le spalle
si rilassarono e, quando si voltò, appariva molto più distesa.
Una volta uscita la cameriera, Montrag si schiarì la gola rimettendosi a sedere.
«Non credo che potrà mai migliorare. È assolutamente incapace.»
«Cominciamo con una», disse Rehv lasciando cadere una zolletta di zucchero nel tè. «Poi vediamo se ne vuoi un’altra.»
Allungò la tazza, ma non troppo, così Montrag fu costretto ad alzarsi di nuovo dal divano e protendersi sopra il tavolino.
«Grazie.»
Tenendo stretta la tazza, Rehv indusse un cambiamento nella mente del padrone di casa. «Le femmine si innervosiscono sempre, con me. Non è stata colpa sua.»
Poi, all’improvviso, mollò la presa e Montrag arrancò per non lasciarsi sfuggire di mano la sua Royal Doulton.
«Oops, attento a non rovesciare», disse Rehv, accomodandosi di nuovo sul divano. «Sarebbe un vero peccato macchiare questo bel
tappeto. Aubusson, giusto?»
«Ehm… sì.» Montrag si sedette di nuovo, accigliato, quasi non riuscisse a spiegarsi perché tutt’a un tratto avesse cambiato idea sulla sua cameriera.
«Ehm… sì, esatto. Mio padre lo acquistò molti
anni fa. Aveva un gusto squisito, vero? Abbiamo fatto costruire questa stanza apposta per il tappeto, perché è grandissimo, e il colore delle pareti è stato scelto espressamente per dare risalto alle tonalità del pesca.»
Montrag si guardò intorno nello studio, sorridendo tra sé mentre sorseggiava il tè, il mignolo alzato per aria come una bandiera.
«Com’è il tè?»
«Perfetto, ma tu non ne vuoi?»
«Non sono un gran bevitore di tè.» Rehv attese che l’altro si tasse la tazza alle labbra. «Dunque, parlavi di assassinare Wrath?»
Montrag sputacchiò l’Earl Grey, schizzando il davanti della giacca da camera rosso sangue e macchiando lo splendido tappeto di paparino.
Vedendolo tamponare fiaccamente le macchie con la mano,
Rehv gli porse un tovagliolo. «Ecco, usa questo.»
Montrag prese il quadrato damascato, si asciugò goffamente il petto e poi fece altrettanto col tappeto, anche in questo caso senza il minimo risultato. Evidentemente era il genere di maschio abituato a sporcare, ma non a pulire.
«Dicevi?» mormorò Rehv.
Montrag buttò il tovagliolo sul vassoio e si alzò, lasciando perdere il tè e cominciando a camminare su e giù. Si fermò di fronte a un grande paesaggio montano e parve ammirare la scena drammatica col suo soldato coloniale intento a pregare rivolto al cielo.
«Lo sai, vero, che tanti nostri fratelli di sangue sono morti nel corso degli attacchi dei lesser», disse, come rivolto al quadro.
«E io che credevo di essere stato nominato leahdyre del consiglio solo in virtù della mia brillante personalità.»
Montrag lo guardò truce da sopra la spalla, il mento piegato nel classico modo aristocratico. «Ho perso mio padre, mia madre e tutti i miei cugini di primo grado. Li ho seppelliti a uno a uno.
Credi che sia stato piacevole?»
«Domando scusa.» Rehv si mise la mano destra sul cuore e chinò la testa, anche se non gliene fregava un accidente. Non intendeva lasciarsi manipolare dalla litania dei lutti, specie visto che le emozioni dell’amico esprimevano avidità, e non sofferenza.
Montrag diede le spalle al dipinto e la sua testa prese il posto della montagna su cui si ergeva il soldato coloniale… tanto che l’omino in uniforme rossa sembrava stesse cercando di arrampicarsi sul suo orecchio.
«La glymera ha subito perdite senza precedenti in quei raid.
Non solo in termini di vite, ma di beni materiali. Case depredate, oggetti d’arte e d’antiquariato trafugati, conti bancari prosciugati.
E Wrath cos’ha fatto? Niente. Non ha mai dato risposta alle ripetute  richieste di chiarimento su come fossero state localizzate le residenze di quelle famiglie… sul perché la confraternita non ha fermato gli attacchi… su dove sono finiti tutti quei beni. Non esiste un piano in grado di assicurarci che non succederà di nuovo,
nessuna garanzia che, rientrando a Caldwell, i pochi aristocratici rimasti sarebbero al sicuro.» Montrag s’infervorò per davvero; la sua voce, alzandosi, riecheggiò contro il soffitto dorato. «La nostra razza si sta estinguendo e abbiamo bisogno di una vera guida.
Per legge, tuttavia, finché il cuore batterà nel petto di Wrath, il re è lui. Ma la vita di uno solo vale le vite di tanti? Interroga il tuo cuore.»
Oh, Rehv lo stava facendo eccome, stava guardando dentro quel muscolo nero e malvagio.
«E poi?»
«Poi assumiamo il controllo e facciamo ciò che è giusto. Durante il suo mandato Wrath ha rivoluzionato le cose… Guarda cosa ne è stato delle Elette. Adesso hanno il permesso di circolare sulla Terra… inaudito! E la schiavitù è stata dichiarata fuori legge,
così come la sehclusion per le femmine. Beata Vergine Scriba, tra un po’ nella confraternita ci sarà qualcuno con la sottana. Se prendiamo il potere possiamo annullare ciò che Wrath ha fatto e legiferare in modo adeguato al fine di preservare i vecchi usi e costumi.
Possiamo organizzare una nuova offensiva contro la Lessening Society. Possiamo trionfare.»
«Stai usando un sacco di “possiamo”, al plurale, ma chissà perché ho come l’impressione che non sia esattamente quello che hai in mente.»
« Be’, naturalmente dovrà esserci una sorta di primo tra pari.»
Montrag lisciò i baveri della giacca assumendo l’atteggiamento di chi sta posando per una statua di bronzo o per una banconota, forse.
«Una persona di valore e di grande levatura morale.»
«E in che modo verrà scelto questo modello di virtù?»
«Finalmente ci trasformeremo in una democrazia, attendiamo da lunga pezza una democrazia che sostituirà l’ingiusta e iniqua convenzione della monarchia…»
Mentre Montrag continuava col suo bla-bla, Rehv si mise comodo,accavallò le gambe e unì la punta delle dita. Seduto sul soffice divano del padrone di casa, le sue due metà entrarono in conflitto, il vampiro si scontrò col symphath.
Con l’unico vantaggio che l’alterco in corso nel suo intimo sovrastò il rumore di quello sproloquio nasale della serie “so tutto io”. L’opportunità era evidente: sbarazzarsi del re e assumere il controllo della razza.
L’opportunità era impensabile: uccidere un vampiro di valore, un ottimo condottiero e… un amico, per certi versi.
«… e sceglieremmo chi deve guidarci, obbligandolo a rendere conto del suo operato davanti al consiglio. Ci assicureremmo che le nostre preoccupazioni trovino il dovuto riscontro.» Montrag tornò verso il divano, si sedette e si mise comodo, quasi si apprestasse a blaterare del futuro per ore.
«La monarchia non funziona
e la democrazia è l’unico modo per…»
«Democrazia, in genere, significa che ciascuno ha il diritto di votare», lo interruppe Rehv. «Nel caso ti sfugga la definizione.»
«E infatti sarebbe così. Tutti noi del consiglio faremmo parte del comitato elettorale. Tutti avrebbero il diritto di votare.»
«Per tua informazione, tutti comprende giusto un paio di persone in più oltre a “tutti quelli come noi”.»
Montrag gli scoccò un’occhiata carica di “oh per piacere sii serio”.
«Non mi dirai che vuoi affidare le sorti della razza alle classi inferiori?»
«Non dipende da me.»
«Potrebbe.» Montrag si portò la tazza di tè alle labbra e lo guardò al di sopra del bordo con occhi penetranti. «Potrebbe, assolutamente.
Tu sei il nostro leahdyre.»
Guardando Montrag, Rehv vide chiaramente tutto il percorso, come se fosse lastricato e illuminato da potenti lampade alogene: se Wrath veniva ucciso, la sua stirpe reale sarebbe finita perché non aveva ancora avuto figli. Le società, in particolare quelle in
guerra come i vampiri, aborrono i vuoti di potere, perciò un cambiamento
radicale dalla monarchia alla “democrazia” non era impensabile come sarebbe stato in un’altra epoca, più sana e più sicura.
I membri della glymera potevano anche essere fuori Caldwell,nascosti nelle case sicure sparse

LA COVER ORIGINALE
in tutto il New England, ma quel branco di decadenti figli di puttana aveva soldi e influenza da vendere e da sempre voleva prendere il comando. Con quel piano, ora finalmente potevano ammantare le loro ambizioni coi panni della democrazia, fingendo di prendersi cura del popolino.
La natura oscura di Rehv era in fibrillazione, un criminale recluso ansioso di ottenere la libertà vigilata: misfatti e giochi di potere erano una pulsione innata per i suoi consanguinei e una parte di lui voleva creare quel vuoto… per poi infilarcisi dentro.
«Risparmiami la propaganda», disse interrompendo le presuntuose farneticazioni di Montrag. «Cosa suggerisci, esattamente?»
L’altro fece gran mostra di posare con cautela la tazza di tè, quasi stesse scegliendo con cura le parole. Figurarsi. Montrag sapeva perfettamente cosa stava per dire, Rehv era pronto a scommetterci.
Quello non era il tipo di cosa che si può improvvisare così, sui due piedi, e altri ne erano al corrente. Per forza.
«Come ben sai, il consiglio deve riunirsi tra un paio di giorni a  Caldwell proprio per avere udienza col re. Wrath arriverà e… si verificherà un evento mortale.»
«Wrath è sempre scortato dai fratelli, non esattamente il genere di ostacolo facile da aggirare.»
«La morte ha molte maschere. E può esibirsi su molti palcoscenici diversi.»
«E il mio ruolo sarebbe…?» Anche se già lo sapeva.
Gli occhi chiari di Montrag erano come il ghiaccio, gelidi e luminescenti.
«So che tipo sei. Dunque so esattamente di cosa sei capace.»
Non era una sorpresa. Da venticinque anni Rehv era un boss della droga e, pur non avendo mai sbandierato la sua occupazione davanti ai membri dell’aristocrazia, i vampiri frequentavano regolarmente il suo club e in parecchi ingrossavano le file dei suoi
clienti “chimici”.
Nessuno, tranne i fratelli, sapeva del suo lato symphath… e, potendo scegliere, Rehv l’avrebbe tenuto nascosto anche a loro. Negli ultimi vent’anni aveva pagato profumatamente la sua ricattatrice per mantenere il segreto.
«Ecco perché mi rivolgo a te», concluse Montrag. «So che sei in grado di gestire la faccenda.»
«Verissimo.»

«In quanto leahdyre del consiglio ricopriresti una posizione di enorme potere. Anche se non verrai eletto presidente, il consiglio dovrà starti a sentire. E lascia che ti rassicuri sulla Confraternita del Pugnale Nero. So che tua sorella è sposata con uno dei suoi
membri. I fratelli non subiranno conseguenze.»
«Non pensi che la cosa li farà incazzare? Wrath non è solo il re. È anche uno di loro.»
«Proteggere la nostra razza è il loro mandato primario. Ovunque andiamo noi, loro devono seguirci. E sappi che in molti pensano che ultimamente stanno facendo un pessimo lavoro. Ritengo che forse avrebbero bisogno di una guida migliore.»
«Da parte tua. Giusto. Naturale.»
Sarebbe stato come affidare il comando di una divisione blindata a un arredatore: un fracco di chiacchiere vuote finché uno dei soldati avrebbe messo a tacere per sempre quell’incapace mezzacalzetta.
Proprio un piano coi fiocchi. Altro che. E tuttavia… chi diceva che Montrag dovesse essere il presidente eletto? Gli incidenti possono capitare ai re come agli aristocratici.
«Devo dirti», riprese Montrag, «come mi diceva sempre mio padre, che la tempistica è tutto. Dobbiamo procedere senza indugio.
Possiamo contare su di te, amico mio?»
Rhev si alzò in piedi, torreggiando sull’altro vampiro. Con una rapida tiratina ai polsini della giacca, si raddrizzò il completo Tom Ford prima di afferrare il bastone. Non aveva la minima percezione del proprio corpo, non sentiva niente: né i vestiti né il peso
che passava dal fondoschiena alle piante dei piedi o il manico del bastone nel palmo ustionato. L’intorpidimento era un effetto collaterale del farmaco che utilizzava per impedire al suo lato malefico di emergere in presenza di chi symphath non era, la prigione in cui rinchiudeva i suoi impulsi da sociopatico.
Gli bastava saltare una dose per tornare al suo stato naturale, però. Nel giro di un’ora il male che c’era in lui si ridestava, pronto a entrare in gioco.
«Allora, cosa ne dici?» lo incalzò Montrag.
Bella domanda.
A volte nella vita, tra la miriade di decisioni banali come cosa mangiare, dove dormire e come vestirsi, ci si presenta un vero e proprio bivio. In questi momenti, quando la nebbia della relativa irrilevanza si dirada e il fato ci impone di far ricorso al libero arbitrio, si può solo decidere di andare a destra o a sinistra… non c’è modo di infilarsi nel sottobosco tra i due sentieri, a bordo di un fuoristrada, nessuna possibilità di scendere a patti col dilemma che ci troviamo davanti. Bisogna rispondere all’appello e fare la propria scelta. Senza possibilità di invertire la rotta.

Naturalmente il problema era che muoversi all’interno di uno scenario morale era qualcosa che Rehv aveva dovuto imparare da autodidatta per mimetizzarsi tra i vampiri. Aveva appreso la lezione, sì, ma solo fino a un certo punto.
E le droghe che assumeva funzionavano solo così così.
D’un tratto il volto pallido di Montrag si colorò di sfumature sul rosa pastello, i suoi capelli scuri divennero blu magenta e la giacca da camera color ketchup. Mentre tutto si tingeva di rosso, il campo visivo di Rehv si appiattì, mostrandogli il mondo come
su uno schermo cinematografico.
Il che, forse, spiegava perché per i symphath era così facile usare le persone. Quando il suo lato oscuro prendeva il sopravvento, l’universo aveva la profondità di una scacchiera e i suoi abitanti erano pedine per la sua mano onnisciente. Nessuno escluso. Nemici… e amici.
«Ci penso io», dichiarò Rehv. «Come hai detto tu, so cosa fare.»
«La tua parola.» Montrag tese il palmo liscio. «Dammi la tua
parola che tutto avverrà nella massima segretezza.»
Rehv lasciò pendere quella mano per aria, ma sorrise, rivelando
ancora una volta le zanne. «Fidati di me.»


  • LEGGI QUI LA NOSTRA PRESENTAZIONE DELLA SAGA DE LA CONFRATERNITA DEL PUGNALE NERO CON L'ELENCO DI TUTTI I LIBRI FIN ORA PUBBLICATI IN INGLESE E IN ITALIANO.




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