LMBR intervista... SYLVIA Z. SUMMERS

Per prima cosa vorrei ringraziare Sylvia Z. Summers non solo per averci concesso questa intervista, ma per averci permesso di parlare con lei di un argomento a cui noi, bibliotecarie romantiche, siamo molto interessate: la traduzione dei romanzi di lingua inglese. Lo siamo perché leggiamo molto in originale, e certe volte ci capita di non approvare completamente le traduzioni dei nostri romanzi preferiti. Che sia giusto o no - e noi crediamo che NON sia giusto - il mercato italiano del romance è dominato dalle autrici di lingua inglese, soprattutto dalle americane: ma cosa arriva dei romanzi originali al pubblico italiano?

Domanda interessante, e priva, almeno per il momento, di risposta.

L'intervista a una brava traduttrice, quale è Silvia Zucca (capito per cosa sta la Z. di Sylvia Z. Summers?), se non ha ovviamente potuto rispondere a questa annosa questione ci ha molto bene chiarito le idee sul dietro le quinte del lavoro di traduttrice.

Silvia ci ha anche parlato di Sylvia, la scrittrice, regalandoci qualche anticipazione sul suo terzo romanzo, che non vediamo l’ora di leggere.

I suoi primi due romanzi, entrambi editi da Harlequin Mondadori, sono stati "Amore e altri sospetti" e "Di tenebra e d'amore". Se non li avete ancora letti, vi consigliamo di farlo.

LMBR: Silvia, come sei diventata una traduttrice di Romance?

Ho sempre amato il libro in ogni sua forma, mi riferisco cioè a tutto il processo che crea un romanzo (c’è stato un periodo della mia vita che avrei voluto addirittura imparare come si faceva la carta!) e dopo essermi specializzata in inglese all’università ho iniziato, un po’ com’è di prassi, a mandare curricula in giro, sia per fare la redattrice/editor, che la traduttrice. E’ così che, dopo una prova, sono diventata una traduttrice Harmony, e ho potuto coronare una parte del mio sogno. Mi piacerebbe spaziare e potermi confrontare anche con altri generi, perché la varietà è sempre uno stimolo al miglioramento.

LMBR: L'idea di scrivere romanzi storici ti è venuta traducendo romance?

In parte direi di sì. Ho sempre sognato di scrivere libri, romanzi, ma avevo accantonato l’idea una volta cresciuta e iniziata una vita “seria” da “adulta”, ma poi, con le traduzioni, respiravo “aria di libri” ogni volta che entravo negli uffici della Harlequin e mi “prudevano le dita” per la voglia di cimentarmi a mia volta nella stesura di un romanzo. Quando traducevo, a volte mi capitava di pensare a come la storia avrebbe potuto dipanarsi secondo il mio gusto; a volte c’erano degli accenni a ulteriori trame e mi sarebbe piaciuto che l’autrice le avesse sviluppate. Mi trovavo a ripetermi: io l’avrei fatta così e poi sarebbe stato bello che succedesse...

Insomma, è stata una molla. Quando iniziai Di tenebra e d’amore volevo provare a mettere in un romanzo tutti quegli elementi che mi sarebbe piaciuto trovare leggendo: una storia d’amore, una trama suspense, eroi a tutto tondo con pregi e difetti, personaggi secondari con una vita propria e via dicendo.

LMBR: Credo che chi traduce, così come chi scrive un testo originale, non debba solo offrire un prodotto corretto dal punto di vista grammaticale e sintattico, ma trovare, al di là dei contenuti, uno stile e un ritmo che in qualche modo lo contraddistinguano. Come riesci ad entrare in sintonia con lo stile dell'autrice? Cerchi di riprodurlo, o preferisci imprimere alla sua scrittura un tuo ritmo più personale?

Credo che si tenda a fare entrambe le cose. Non ci si può annullare di fronte a un testo, anche se questo è stato scritto da altri, perciò è normale che venga filtrato dal nostro modo di essere e di pensare, da quello che noi riteniamo che sia più giusto per renderlo agli occhi del pubblico italiano. Le prime pagine sono sempre la parte più ostica perché quello è il momento in cui si inizia ad affrontare l’autrice straniera e la sua prosa, si cerca di capire come scrive e come si può rendere questo suo stile con un mezzo espressivo diverso, che è quello della lingua italiana. Inevitabilmente il risultato è diverso dall’originale: non si tratta solo di lingua, e perciò di grammatica o di bella scrittura, si tratta di un sistema, di una cultura diversa che bisogna trasporre. Faccio un esempio pratico: ci sono dei modi di dire che sono molto diversi in inglese e in italiano, poi magari “in soldoni” sono la stessa cosa, ma ovviamente non li si può tradurre in modo letterale, altrimenti il lettore italiano non li afferrerebbe. Sembra un po’ un giochino enigmistico, ma la cosa può farsi anche più complicata quando all’interno del testo questo modo di dire che dobbiamo per forza tradurre in modo diverso diventa anche un gioco di parole con quanto segue... in quel caso la “fedeltà” del traduttore deve scendere a nuovi compromessi, trovare qualcosa di simile, magari, per poter esprimere entrambi i sensi, oppure abbandonarne uno... insomma non è facile. Ovviamente poi, per quanto riguarda il ritmo, si cerca di restare il più fedeli possibile a quello voluto dall’autore, però anche questo comporta una mediazione tra lingue e una sfida e, ancora, qualcosa di nuovo che il traduttore deve “inventare”.

LMBR:Leggendo in originale, a volte mi rendo conto di quanto sia difficile rendere l'inglese in italiano . Dove in inglese bastano due parole, in italiano spesso ne occorrono cinque, a volte anche sei o sette. L'inglese è più sintetico, diretto, più leggero e ritmato della nostra lingua. Cerchi di mantenere uno stile di scrittura anglosassone, traducendo?

Cerco di rispettare la scrittura dell’autrice, con la consapevolezza che il detto “traduttore/traditore”, nonostante sia esagerato, ha una sua veridicità di fondo perché i sistemi di espressione, i sistemi linguistici, sono sempre molto diversi. Si opera una scelta: ritmo o fedeltà allo scritto? Magari per mantenere un ritmo leggero bisogna cambiare la frase, togliere aggettivi che in italiano la renderebbero pesante. Mediazione è la parola chiave. Bisogna essere consapevoli anche del proprio “tradimento” e giustificarlo.

LMBR: A volte ho l'impressione che i tagli apportati alle edizioni italiane siano davvero pesanti. Mi rendo conto che siano necessari per limitare i costi, per risolvere i problemi di spazio legati alla distribuzione in edicola (dove ormai si distribuiscono anche le pentole!!), per seguire le indicazioni di costosissime ricerche di mercato secondo cui le lettrici di romance italiane si spaventano davanti ad un romanzo di 350 pagine (il numero medio delle pagine dei romanzi americani in paperback). I tagli rispondono alle leggi del mercato. OK, va bene così, non è il momento di discuterne. Ma…dove taglia, una traduttrice? Silvia, se ti chiedono di sforbiciare un po’, quali criteri segui?

Ovviamente cerco di non incidere sulla trama, perché questo andrebbe a scapito della lettura e sarebbe ingiusto nei riguardi dell’autrice. Comprendo che non sia bello scoprire che i romanzi sono stati tagliati (non conosco il caso di cui parli, non ho letto quel libro) ma alle volte intervengono altre esigenze, a monte del testo (che riguardano la casa editrice) e, più strettamente, concernenti il sistema culturale in cui il testo verrà poi presentato. Leggendo in inglese (ed essendo italiani) forse non si riesce a essere del tutto obiettivi (perché comunque il nostro cervello opera una mediazione tra le lingue) ma se traducessimo letteralmente alcuni brani (accettabilissimi, per esempio, in America, per quel sistema culturale) in Italia risulterebbero essenzialmente sgradevoli, sbagliati, fuorvianti rispetto al messaggio che in realtà l’autrice (nel suo sistema culturale) voleva dare. Mi riferisco soprattutto, per quel che riguarda i romance, alle scene di sesso. E’ vero, spesso le americane sono molto molto esplicite... mentre la traduzione italiana sembra che “edulcori”... a mio avviso (ma, premetto, non ho mai tradotto un erotico) se il traduttore avesse preso parola per parola la frase avrebbe tradito comunque il senso che l’autore voleva rendere, perché la stessa scena sarebbe risultata sgradevole e questo non era senz’altro l’intento dell’autrice...

LMBR:Ci sono delle parti su cui più spesso si lavora per snellire? Descrizioni, dialoghi... Cosa in particolare?

Non ci sono regole definite, la questione può variare da romanzo a romanzo. Ma anche qui mi sento di spezzare una lancia in difesa dei traduttori. Da traduttrice mi è capitato di incappare in descrizioni e dialoghi inutili per la trama, inconsistenti anche per la definizione dei personaggi e dei loro rapporti, era come se l'autrice avesse voluto "riempire", magari per cercare di allungare un po' la sua trama: la protagonista entrava e usciva da negozi provandosi abiti in modo del tutto inutile, per esempio. Insomma, non sempre i tagli “deturpano”, alle volte fanno anche bene a un romanzo e alla sua autrice!

LMBR: Quale autrice fra quelle che hai tradotto è quella che ami di più? Quale la più difficile da rendere? hai contatti diretti con le autrici che traduci?

Oddio, ne ho tradotte tantissime... e mi è capitato di amare od odiare le stesse a seconda dei loro libri. Per esempio, ho amato moltissimo la Carla Kelly di Beau Crusoe, poi uscito in Italia col titolo Cuori alla deriva. Era proprio un bel romanzo, con protagonisti ben delineati e una trama molto particolare. Mi è piaciuta anche Christine Merrill, di cui ho tradotto Come sposare un libertino, ecco di suo mi è piaciuto soprattutto lo stile fresco e agile, non reso farraginoso da una costante aggettivazione (cosa che alcune autrici di romance tendono a fare per impreziosire la storia e renderla più “storica” ma secondo me il risultato è solo una prosa più pesante e difficile da seguire, alla lunga). Poi Paula Marshall... e sicuramente Louise Allen, le cui storie sono quasi sempre divertenti (a parte certe incongruenze storiche che come traduttori dobbiamo cercare di correggere... sì, anche questo è nostro compito! E devo dire che credo che le lettrici italiane siano molto più attente e preparate storicamente delle straniere, perché errori di questo tipo non vengono tollerati durante la lettura di un romanzo) e ricche di avvenimenti. Al momento non ho contatti diretti con nessuna delle autrici che ho tradotto, ma mi piacerebbe. Proverò a cercarne qualcuna su facebook!!!

LMBR: In cosa differiscono, se differiscono, i romanzi delle autrici italiane da quelle anglosassoni?

Non mi ritengo una grandissima esperta di romance, visto il panorama sconfinato e la miriade di autrici che lo affollano... però, da quando sono diventata anche scrittrice – una scrittrice italiana – mi piace anche leggere le mie “colleghe” per capire come sono fatte, quali sono i loro mondi immaginari. Ecco, finora ho riscontrato una grande diversità e questo mi piace molto. Se spesso mi è capitato di non vedere “uno stile” caratterizzante passando dall’una all’altra autrice americana (o per lo meno uno stile particolare), invece lo riscontro nelle italiane. Insomma, non per “tirare l’acqua al mio mulino”, vi assicuro, ma come maturità letteraria, come consapevolezza del mestiere, direi che le autrici italiane che ho letto sinora non hanno granché da invidiare alle straniere (forse il conto in banca e la popolarità!). Ovviamente quello dello stile può essere anche controproducente con le lettrici... che magari prediligono “un’assenza” di stile per calarsi in una storia... non so, è solo un mio ragionamento, ma alle volte mi sembra di capire dai messaggi lasciati sui blog che “il diverso”o “la novità” incontrano qualche difficoltà col pubblico. Naturalmente si tratta di gusti ed è anche giusto che chiunque possa esprimere una sua opinione e decidere cosa comprare/leggere e cosa no.

LMBR: Quali autrici ti hanno ispirato di più come scrittrice?

Non parlerei di autrici ma di autori in senso generale. Alle volte mi capita, durante una traduzione, di trovare un elemento che mi affascina e che poi magari decido di sviluppare in una mia trama. Di solito si tratta però di una sensazione che una scena mi dà, di un gesto, di uno sguardo tra i personaggi che mi suggerisce qualcos’altro di adatto a ciò che sto scrivendo. Altrimenti i miei modelli diretti sono altri, sicuramente Jane Austen, che adoro quando muove i personaggi minori, soprattutto quelli più comici. E di certo Edith Warthon, di cui ho letto praticamente tutto, dall’Età dell’innocenza a Ethan Frome, fino ai racconti newyorkesi e via dicendo. Ecco, lei e poi Michel Faber (Il petalo cremisi e il bianco) raccontano un tipo di atmosfera che mi piace tratteggiare anche nei miei romanzi: la crudeltà e la freddezza di un’epoca che aveva la presunzione di definirsi romantica, l’ipocrisia che vigeva tra i membri delle classi sociali più alte e la rigida separazione con quelle più basse. Elizabeth Gaskell e il suo North & South sono stati cruciali per la creazione di Amore e altri sospetti, soprattutto per l’atmosfera che si respira nella miniera del mio Dwayer, per l’impressione che Pheabe subisce di quel posto. Poi ancora Dickens, Hardy e le Brontë (in quante mi hanno detto che Di tenebra... suggeriva le atmosfere di Jane Eyre!). E Agatha Christie! Mentre tra i moderni metterei senz’altro il Ken Follet dei Pilastri della terra.
Ma non sono solo i libri a ispirarmi, anche i film fanno la loro parte e non solo per le trame. Sono un’appassionata di “period drama”, le trasposizioni in costume della BBC (e ora anche ITV), ma ho studiato anche regia cinematografica e sceneggiatura, perciò nel lavoro di scrittura tendo a usare spesso le tecniche del racconto cinematografico.

LMBR: Gli stili di Silvia traduttrice e di Sylvia autrice in cosa differiscono?

In tutto... e in niente! Un controsenso... mi spiego meglio: da traduttrice cerco di comprendere lo stile dell’autrice che ho di fronte e di renderlo al meglio. Deve essere il suo stile e non il mio a prevalere, questo è chiaro. Non posso riscrivere il libro per lei. Però credo che sia assolutamente inevitabile che ci sia anche qualcosa di mio (così come di qualsiasi altra traduttrice) nel risultato finale. Dopo tutto sono io a cercare e scegliere i vocaboli, io a creare il registro stilistico (che sarà diverso nel caso di un romance storico o di un contemporaneo). Non siamo macchine e le nostre scelte sono “filtrate” dalla nostra esperienza personale. Nei miei romanzi naturalmente sono più libera di esprimere me stessa e quello che sento, e di dirlo come ritengo più giusto.

LMBR: Sei ormai al terzo romanzo. A che punto è la sua stesura? Quando uscirà? Puoi raccontarci qualcosa di questa nuova storia? ...

Il mio terzo romanzo è ormai finito e sono in attesa di sapere cosa ne pensa l’editore, perciò non posso ancora dire se e quando uscirà. E’ un romanzo a cui tengo moltissimo, forse quello più maturo dei tre che ho scritto finora. La ricerca e la documentazione sono state essenziali e mi hanno portata addirittura a viaggiare! Si tratta di una storia piuttosto complessa, che coinvolge diversi personaggi, quattro in special modo (perciò ci sono ben due storie d’amore, intrecciate indissolubilmente l’una all’altra). E’ ambientato a metà Ottocento, precisamente nel 1851, nell’anno della Grande Esposizione Universale, che mi è servita da spunto per parlare del cambiamento sociale ed economico che il mondo (specie quello britannico) subiva in quel momento. Parla di crescita, di maturazione e delle difficoltà della vita, dello scontro tra la nuova classe borghese e della vecchia aristocrazia, timorosa di perdere la sua egemonia. E’ un romanzo, a mio parere, molto sensuale. Ogni personaggio, non solo quelli principali, ha un suo modo di vedere e vivere la sfera della sessualità, un suo punto di vista sul sesso, insomma. Per dare risalto a questo aspetto ho usato il senso dell’olfatto. Uno degli argomenti principali, infatti, è il profumo, l’arte della profumeria (ma anche l’idea dell’odore stesso della pelle delle persone). Sono dell’avviso che l’odorato, un senso così impalpabile ed effimero, sia forse quello più sottilmente seducente dei cinque che possediamo. La mia protagonista, Dora Garrett, è una donna speciale: ha la capacità innata di percepire l’anima degli altri attraverso l’odore. E’ una persona molto complessa, che si è dovuta costruire più volte una vita e non è più disposta a soffrire... Mentre il mio protagonista maschile, Frederick Grenville, è all’inizio del suo percorso di formazione, è un giovane che, appena uscito dall’università si trova a dover affrontare il mondo, a cercare di capire come funziona e a scontrarsi con la realtà.

Al momento, mentre aspetto un primo riscontro da parte dell’editore, sto lavorando con una ragazza che tiene un bellissimo blog sui profumi e che mi sta aiutando a correggere le parti che riguardano la profumeria che ho inserito nel libro. Io ho letto molti libri, studiato e viaggiato fino a Grasse (considerata la capitale dei profumi nel mondo) per capire come funziona quest’arte... ma i suggerimenti di un’esperta che di profumi si occupa tutti i giorni sono essenziali per non farmi prendere delle clamorose cantonate!

Insomma... per adesso aspettiamo e vediamo. Io tengo le dita incrociate!

LMBR: Quale periodo storico ti interessa di più, e hai mai pensato di scrivere un contemporaneo?

Per il momento il periodo storico che mi interessa maggiormente è quello vittoriano, proprio per la possibilità di parlare della sua società e perché ricco dei cambiamenti dovuti all’avvento delle nuove tecnologie industriali e del commercio. Mi piace che in un romanzo sia un po’ tutto in movimento: i personaggi evolvono con lo scorrere delle pagine e un po’ anche la loro ambientazione. Sento molto “mio” , molto vicino, questo periodo storico, questo modo di essere, forse perché sono essenzialmente una persona timida che fa fatica a relazionarsi a tu per tu con le altre, che può risultare fredda proprio per questa timidezza di base, un po’ come nella società di quell’epoca, alle volte mi sento intrappolata in un ruolo che altri cuciono su misura per me... Mah... è solo una considerazione.

Mi piacerebbe molto anche scrivere un contemporaneo... così come un horror vero e proprio e, soprattutto, un romanzo di fantascienza! Ma devo accettare le storie che la mia fantasia mi presenta e per adesso sono queste. Non amo molto (anzi per niente) la divisione tra generi, e devo dire che mi piacerebbe scrivere qualcosa di indefinibile, che fosse un po’ tutte queste cose messe insieme (purtroppo credo che qualcuno troverebbe subito una definizione anche per quello, perché c’è questo bisogno innato di catalogare tutto, di infilare qualsiasi cosa nei riquadri prestabiliti di qualche etichetta).

LMBR: Come te, alcune autrici italiane preferiscono ambientare i loro romanzi nel mondo anglosassone e in Francia per lo più. Perchè non in Italia? In fondo di storia è ricco il nostro paese...

Ah... Inghilterra-Italia... 3-0! almeno per quanto riguarda i miei romanzi finora! Mea culpa? Mah... sinceramente non parteggio per nessuna delle due fazioni, non sono affetta né da “campanilismo cronico” né da “esterofilia compulsiva”... e non mi pongo limiti per il futuro. Magari, prima o poi, ambienterò una storia in India, o in Zambia... o in Italia!

E’ vero, non sono nata in Inghilterra e non ci ho vissuto se non per brevi periodi... ma, dopotutto, neppure le autrici italiane che scrivono storici ambientati in Italia hanno vissuto i periodi di cui scrivono! L’Italia dell’Ottocento o del Seicento non era certo quella di adesso, perciò comunque si tratta di un paese sconosciuto... di tanta documentazione che un’autrice è obbligata a fare se vuole descrivere bene il mondo di cui ha scelto di parlare. Ti dirò, ho anche nel cassetto un romanzo medievale ambientato in Italia (nel 1300), ho iniziato a scriverlo quando avevo quattordici anni e l’ho portato avanti (riscrivendolo e modificandolo) fino ai diciannove. Sarebbe, ovviamente, da rivedere ancora, ma mi piacerebbe, prima o poi, darlo davvero alle stampe. Devo dire che l’Italia ottocentesca mi spaventa un po’... è stato un paese molto travagliato, con continui cambi politici, lotte interne e via dicendo. Scrivere un romanzo ambientato in Italia nel periodo di metà Ottocento, per esempio, vorrebbe dire per me scrivere qualcosa di molto impregnato politicamente e non so se ne sarei in grado, o meglio, se sarebbe nelle mie corde. Quando si sceglie di ambientare un romanzo in un posto o in un altro, non si tratta solo di chiamare un personaggio William (che magari a qualcuno risulta più “trendy”) o Guglielmo... c’è tutto un altro sistema di vita, di cultura, di modi di essere e di pensare che non va sottovalutato. Nonostante sia nata in Italia, sono cresciuta coi romanzi inglesi (e americani), con Jane Austen e Edith Warthon; e con l’amore per la lingua anglosassone, i suoi giochi di parole, le sue canzoni (le “poesie” dei Beatles che la mia mamma mi spiegava da bambina...). Io sono così. Per me forzatura sarebbe dover scrivere di un’ambientazione che non sento mia nel cuore.

LMBR: Il nostro mercato è dominato dalle scrittrici romance di lingua inglese, soprattutto dalle americane. Eppure le autrici italiane non mancano, e sono altrettanto valide...

Mi viene da dire che non è tutt’oro quello che luccica... molte volte anche le autrici americane più quotate finiscono per deludere, ma solo per il nome “estero” continuano a essere molto amate, o comunque vengono perdonate anche per qualche scivolone letterario. Invece ho assistito a un accanimento davvero feroce verso alcune scrittrici italiane, o verso qualcuno dei loro lavori... non me lo spiego, sembra quasi che siano le stesse (certe, non tutte!) lettrici italiane a non volere le italiane o, comunque, che ci siano alcune persone che sanno di poter colpire e ferire perché l’autrice italiana leggerà il loro commento... Con questo non voglio certo dire che non si debba essere liberi di esprimere una propria opinione su di un libro, tutt’altro. Ma qualche lettrice forse non tiene conto dello sforzo che ci vuole per scrivere in Italia (dove di certo non si campa con la scrittura), dell’amore che ognuna di noi mette nel suo lavoro e delle difficoltà che indubbiamente ci sono con l’editoria italiana. Ovviamente, tutto questo c’entra ben poco col risultato finale e di un libro si può sicuramente sempre dire: mi è piaciuto o non mi è piaciuto. Ma se leggo i commenti, parlo di quelli negativi, a un’autrice straniera, e li confronto con quelli (sempre negativi) a un’autrice italiana, chissà perché spesso ho l’impressione che ci sia più aggressività verso le nostrane... spiegatemelo voi.

LMBR: Che posto devono occupare le scene di sesso in un romance? Sei per l'esplicito, o per la dissolvenza?

Sono per quello che ci vuole, per quello che la storia richiede, per come sono fatti i protagonisti e lo svolgimento della trama. La scena di sesso, a mio avviso, non deve essere mai scontata e mai gratuita. Rivesto per un attimo i panni della traduttrice: mi è capitato di tradurre libri in cui, riguardo al sesso, non succedeva niente fino alla fine. Poi i due convolavano a giuste nozze e l’autrice si concedeva, nell’epilogo, una scena di sesso. Ma a quel punto la storia è finita, questa scena, per me, diventa solo gratuita pornografia (esagero apposta i termini), non c’entra più niente con la trama.

Quando scrivo, cerco di valutare chi ho di fronte come personaggi e quello che potrebbero o non potrebbero fare (a seconda dei loro caratteri). Per Odyle e Tristan, secondo me, era inevitabile fare l’amore nel capanno. Lei era sconvolta per le notizie che le erano appena giunte, era vulnerabile, ma si trattava, a monte, anche di una ragazza molto emancipata, che non aveva esitato a scappare dal suo paese e ad assumere una nuova identità, ricominciando daccapo la sua vita. Tristan in quel momento diventa la sua ancora, ha bisogno di essere amata da lui, di sentire di appartenere a qualcuno. Per Pheabe e Julian era diverso, molto diverso. Qualcuno mi ha detto che la mia storia mancava di pathos tra i protagonisti proprio perché arrivavano a fare l’amore solo quasi sul finire del romanzo... secondo me il pathos è un’altra cosa, che non va confuso col sesso. Il pathos è piuttosto la tensione emotiva che c’è sempre tra i due, ogni volta che si guardano, anche nei gesti all’apparenza più insignificanti. Mi viene in mente l’ultima trasposizione di Orgoglio e Pregiudizio, con Keira Knightley (non un gran film, tutto sommato, ma con trovate carine...): in una scena vediamo Lizzy salire in carrozza e Darcy aiutarla prendendole la mano. La telecamera indugia qualche istante su quel gesto e poi sull’espressione tormentata di lui. Quel gesto, secondo me, è struggente e terribilmente significativo. Non dimentichiamo che nell’ottocento i costumi non erano liberi come oggi, che anche solo sfiorarsi in un ballo era molto audace e prendersi per mano poteva scatenare delle palpitazioni incredibili. Pheabe di Amore e altri sospetti è una ragazza giovanissima, che ha sempre vissuto in campagna, che non sa nulla dell’amore, e sarebbe stato del tutto fuori luogo, per com’era il suo carattere, se si fosse gettata, gambe all’aria davanti a Julian senza problemi, prima di essersi resa conto che per lei era inevitabile amarlo anima e corpo.

Per Il profumo dell’anima, il libro che ho appena finito, è ancora diverso... perché Dora, la protagonista, è una donna adulta, che ha già avuto delle esperienze... e, come ho detto, la sfera sessuale interessa anche molti altri personaggi... per cui potrebbero esserci delle sorprese e credo che le amanti delle scene di sesso non resteranno deluse!

LMBR: L'eroe ideale, per te, come deve essere? E l'eroina?

Nessuno dei due deve essere Alpha! Lo so, ancora una volta vado controtendenza! Non mi piacciono i caratteri tutti d’un pezzo, preferisco persone che hanno alcune debolezze, che debbano compiere un cammino di crescita e trasformazione e lo facciano nelle pagine del romanzo che scrivo. Non trovo interessanti i duchi, i principi, i marchesi che sanno sempre come affrontare ogni situazione. Voglio persone tormentate, insicure, piene di difetti, di incertezze. Poi, nella coppia, c’è sempre un personaggio più forte dell’altro, questo è ovvio, ma non è detto che sia l’uomo!

LMBR: C'è qualcosa nel genere romance che detesti? Una tipologia di personaggio, un sottogenere....

Detesto innanzitutto la definizione... romance! Preferirei parlare di libri, di romanzi in genere. Noi autrici scalpitiamo tanto dalla voglia di uscire in libreria, al pari di tutti gli altri romanzi... ma poi siamo, dandoci questa definizione, le prime a ghettizzarci. Io voglio essere considerata una scrittrice e basta, non una scrittrice-di-romance o di gialli o di fantascienza o di chick lit o chissà che altro... Chi lo dice che non possa scrivere un libro che mette paura? Se sono una scrittrice etichettata come romance mi sembra quasi di non poterlo fare. E poi detesto i cliché. Lui che dev’essere fatto in un certo modo, lei anche, poi i personaggi secondari, tutti a servizio dei protagonisti, che quasi sembra non abbiano un’anima propria ma siano soltanto appendici dei primi; parlano solo dei problemi dei protagonisti e di come aiutarli oppure osteggiarli, a seconda dei casi. Non mi piacciono i cattivoni fini a se stessi, senza una psicologia... non mi piacciono le trame scontate, le scene che so già dove vogliono andare a parare e le scene di sesso gratuite, quando non c’è ormai più niente da dire nella storia se non far andare a letto i protagonisti, giusto per tirare 4-5 pagine in più, allora si tratta solo di corpi e di posizioni... il sentimento, il trasporto emotivo, a mio avviso, è ben altra cosa.

LMBR: Vuoi dare un consiglio professionale alle aspiranti scrittrici che seguono numerose e con molto interesse il nostro blog?

Posso consigliare di spaziare con le loro letture, di non fermarsi al rosa ma di guardarsi anche attorno e di apprendere stili e modi d’essere anche di scrittori che non c’entrano niente, anche se poi si ha intenzione di scrivere solo romanzi rosa per tutta la vita. Mi viene in mente Raymond Queneau e il suo grazioso libro Esercizi di stile, dove uno stesso evento viene raccontato in (mi pare) 99 modi differenti. Ecco. Non lasciatevi trasportare soltanto emotivamente dalle vostre storie, la scrittura è anche lavoro di analisi, di logica, di psicologia. E anche la lingua ha la sua importanza, così come la scelta del registro giusto da adottare. Una scena può essere raccontata in mille modi diversi a seconda del significato che vogliamo darle o del personaggio di cui assumiamo il punto di vista. Non fermatevi ai protagonisti, valutate ogni possibilità. Non sottovalutate l’ambientazione, non date nulla per scontato, fatevi sempre delle domande, perché il lavoro che avete davanti non è solo quello di raccontare una bella storia d’amore ma anche di creare il suo mondo, dovete mostrarlo, renderlo visibile a chi vi leggerà. E’ nella vostra mente e dovete riuscire a trasmetterlo al lettore. Poi dovrete tenerlo attaccato alla pagina con tutta una serie di strategie, di colpi di scena che arricchiranno la trama. Buon lavoro!

LMBR: Il 16 diembre ci sarà il primo Romance Day. Cosa pensi di questa iniziativa?

Che mi spaventa un po’ il fatto di abbandonare un libro... una volta, qualche anno fa, dimenticai per sbaglio la biografia di Jane Austen su di un aereo, e sono stata malissimo per diverse settimane al pensiero di questo libro che passava di mano in mano, che finiva chissà dove... ho cercato persino di contattare la compagnia aerea per riaverlo... perché mi sembrava di aver perso una parte di me. Lo so, sono malata! Però parteciperò volentieri all’iniziativa, magari non abbandonando ma regalando il libro a qualcuno che so che non legge romanzi d’amore d’abitudine. Chissà, magari servirà se non altro ad aprirgli la mente e fargli valutare nuove possibilità di lettura!

Vi ringrazio infinitamente di avermi ospitata nel vostro bel blog, e per queste domande che mi hanno permesso di esprimere il mio punto di vista sulla scrittura e sulla traduzione, non solo sulle storie ma anche sul loro, diciamo, “making of”. Chissà che mi portiate fortuna per la prossima uscita!

Carissime Silvia e Sylvia, lo speriamo con tutto il cuore.


Vivienne


La pagina di Sylvia su Facebook :

http://www.facebook.com/pages/Sylvia-Z-Summers/192323690430


Guardate il video di Di tenebra e d'amore...



Avete letto i romanzi di Sylvia Z.Summers? Cosa ne pensate? Volete rivolgerle qualche domanda? I vostri commenti sono benvenuti!


16 commenti:

  1. Bellissimo post! Ho trovato molto interessante scoprire cosa c'è dietro al duro lavoro di una traduttrice di romanzi. E poi io adoro Sylvia come scrittrice e mi trovo d'accordo con lei su quasi tutte le cose che ha detto in questa intervista. Anch'io sono rimasta colpita da alcune cose da lei sottolineate, come per esempio il fatto che spesso alle lettrici di romance le novità non piacciono. Se uno crea un personaggio un po' diverso dai cliché viene criticato aspramente, mentre chi si attiene alla "regola", anche se scrive cose un po' assurde, viene osannato. Un'altra cosa che ho notato è l'astio nei confronti delle autrici italiane. Ho letto persone che nei commenti ai blog dicevano chiaramente di non comprare un libro se vedono che il nome di chi l'ha scritto è italiano. Per me non ha senso! Fino a prova contraria, se non conosco un autore, non posso giudicarlo dal nome o dalle sue origini. Come si fa a scartare un libro su queste basi?
    Di Sylvia adoro il fatto che va oltre gli schemi. Per esempio affronta periodi storici poco inflazionati, come l'epoca vittoriana che io amo molto. Non per niente ho letto con gusto una delle opere da lei segnalate nell'intervista e cioè il romanzo di Michel Faber "Il petalo cremisi e il bianco" che è ambientato proprio in quel periodo.
    Pertanto faccio a questa brava autrice un grosso in bocca al lupo per il suo nuovo romanzo e spero di avere la possibilità di leggere ancora molte sue opere in futuro.

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  2. Devo dire che sono rimasta sorpresa dai gusti letterari di Silvia e in modo piacevole. Abbiamo letto praticamente le stesse cose, compreso Quiesna, che ho trovato illuminante... anche se la traduzione di Umberto Eco ha modificato l'assetto linguistico di certi pezzi.
    Che dire? Un grazie per questo stupefacente "dietro le quinte" dell'editoria.
    Io ho avuto il piacere di conscere Silvia dal vivo a Matera e l'ho trovata una persona molto riservata e tranquilla, oltre che una brava porfessionista. In questa sede nmon posso che farle i complimenti per il suo futuro e sperare come lei - per ovvie ragioni - che questo pregiudizio negativo nei confronti delle autrici italiane si attenui. Lo stile delle "rose nostre" è peculiare, soprendentemente ricco. Credo che si possa fare della buona scrittura aonche in Itlia e che si debba trovare il modo di dimostrarlo educando non solo i lettori ma spingendo anche gli editori a osare di più.
    E' vero che le autrici straniere hanno uno stile più secco, asciutto di quello italiano ma è un problema legato alla morfologia della lingua italiana.Ciò non significa essere più o meno bravi: significa semplicemente, essere diversi.
    Un caro abbraccio
    stefi

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  3. Vivienne interessante intervista, soprattutto la parte sul dietro le quinte delle traduzioni di molte autrici. Purtroppo sospettavo che molte americane avessero scivoloni sui costumi e le usanze di epoche passate, anche io spesso (leggendo in lingua originale) mi accorgo che certe cose vogliamo farle passare ma che semplicemente fanno accapponare la pelle. Non deve essere un compito facile quello del traduttore.
    In questa intervista ci sono tanti spunti di discussione, primo tra tutti il fatto che anche io ho notato che le scrittrici italiane si differenziano da quelle anglosassoni per avere un loro modo personale di scrittura. E' facile per quanto riguarda il panorama italiano conoscere quale autrice predilige i caratteri alfa e quali quelli beta, quale autrice ha una particolare simpatia per i personaggi femminili e quale per quelli maschili; insomma, mi sento di saper riconoscere lo stile di ognuna anche se un giorno acquistassi un libro senza copertina.;)
    E questo, a mio parere, è il loro punto di forza perché quando ho voglia di consigliare qualcosa so esattamente come indirizzare nell'acquisto. Quindi, evviva la caratterizzazione e lo stile personale, secondo me è questo il grande pregio di molte autrici di successo.
    Chiaro, è bello anche vedere come la stessa autrice possa cimentarsi in cose completamente diverse dal solito, ma è una sorta di coperta di Linus sapere quale autrice leggere e in quali momenti del mio stato d'animo!;)

    Per quanto riguarda i commenti negativi e la differenziazione tra le italiane e le straniere, bè, secondo una mia modesta opinione dipendono in particolar modo dal fatto che spesso vengono toccati, dalle italiane, argomenti che magari per cultura personale o per studio, ci sono particolarmente vicini (parlo della storia italiana) e per questo si è meno disposte a chiudere un occhio. Mettiamoci anche il fatto che la lingua ci aiuta a farci capire da queste autrici e alla fine il gioco è fatto e spesso i commenti, forse, possono risultare un pelino più acidi.
    Probabilmente mi sbaglio, ma per quanto mi riguarda tendo ad essere più critica con le straniere che si cimentano con il nostro Paese, sono meno disposta ad accettare alcune castronerie o cliché per quanto riguarda l'Italia, chiamatelo campanilismo... io penso invece che quando si conosce un determinato argomento si analizza il tutto in maniera più approfondita e la superficialità di alcuni concetti tende ad irritarmi più facilmente.

    Altro spunto, perché alcune autrici italiane scelgono cmq un paese estero per ambientare le loro storie... in parte comprendo la paura di Silvia per la storia politica italiana di epoche passate, effettivamente non si può scrivere una storia d'amore scollegandola completamente dal panorama politico che si respira in quel momento, in quel determinato Paese.. sarebbe assurdo e il romanzo stesso risulterebbe ancora meno credibile!

    Ed infine, attendo con ansia il prossimo alvoro di Sylvia, grazie per le anticipazioni, adoro i personaggi un pò più adulti e un pò più disinibiti... sono curiosa di leggere le avventure di questa Dora Garrett (a proposito, bellissimo nome.. anche una mia zia si chiamava così!).

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  4. Finalmente abbiamo scoperto i retroscena delle famigerate traduzioni, e sappiamo a chi rivolgerci per le lamentele.
    Preparati Silvia, ce la prenderemo tutte con te!! :oDDDDDDDDDD
    Scherzo naturalmente.

    Ti faccio i complimenti per l'intervista e per le spiegazioni che ci hai gentilmente fornito.

    Purtroppo appartengo alla schiera che se i personaggi non sono Alpha e non c'è sesso, il libro non lo leggo! =^__^=

    Ognuno di noi affronta la lettura cercando qualcosa, per quanto mi riguarda ho bisogno di evadere dalla realtà.
    Di persone piene di difetti, dubbi, fragilità, ne ho piene le tasche tutti i giorni.
    Quando leggo ben vengano Duchi, Marchesi e ogni eroe invincibile che si rispetti!

    Concordo su quanto affermi che troppe lettrici hanno l'abitudine quasi di "offendere" le autrici italiane, e questo è sbagliato, esprimere il proprio parere è giusto, ma denigrare gli sforzi e le fatiche di un'autrice in maniera crudele, lo giudico, meschino.
    Che un romanzo piaccia o meno, è una questione di gusti personali, però è anche vero che non si deve esagerare nel commentarlo!

    Comunque da lettrice accanita, e pertanto seguo parecchi forum/blog per informarmi sulle recensioni, ho notato anche un'altra cosa:
    le autrici italiane dovrebbero essere meno permalose, e fregarsene di più delle detrattrici, perché chi critica esisterà sempre e come disse Virgilio a Dante: Non ragioniam di lor, ma guarda e passa! Anche se verso gli ignavi, concedetemi la licenza poetica!

    Buona fortuna per la tua prossima fatica, e per il tuo romanzo nel cassetto. Anche se non sono una tua lettrice, sono però molto contenta di vedere un'autrice italiana pubblicata e amata!

    Un Abbraccio
    Lady Akasha

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  5. Sono contenta che questo post abbia suscitato dell'interesse... e visto l'argomento (le traduzioni) non avevo molti dubbi!

    Rispondo soprattutto a Giusy...mannaggia... non dovrei neppure considerarti visto che non sei una mia lettrice!!!! ;-))) scherzo naturalmente.
    Io sono della schiera di quelle che pensano che il mondo è bello perché vario!
    E meno male che in questo campo c'è il pienone di autrici che amano tratteggiare eroi alfa! così hanno lasciato uno spazietto per me per fare qualcosa di diverso :)))
    Scherzi a parte... forse non mi sono spiegata benissimo. Il problema per me non è tanto l'uomo alfa o non alfa per quanto riguarda un personaggio maschile, ma che spesso questi uomini alfa sono totalmente bidimensionali, senza caratterizzazione, senza approfondimento psicologico (a mio modesto parere, ma forse non ho letto abbastanza per poter fare di tutta l'erba un fascio).

    Anche a me piacciono i libri che fanno sognare, ma i libri che a me fanno sognare sono anche quelli che mi lasciano qualcosa dentro, che mi fanno riflettere, che mi commuovono, che bo'... che hanno quel quid in più che me li rende diversi da tutti gli altri. Per questo non amo la definizione di genere, perché mi sembra che si omologhi tutto, che si riducano i libri a degli stampi. Basta cambiare i nomi ed è fatta...

    A me piace scoprire la parte "alfa" dei miei personaggi (e mica sono degli smidollati!) pian piano, renderli alfa per la fine del libro.

    Quanto alla permalosità... be' sì ti do pienamente ragione. Proprio perché "i gusti sono gusti" chi scrive dovrebbe (e mi ci metto dentro anch'io) imparare a frenare la lingua di fronte ai commenti negativi - a incassare, come si suol dire - e sorridere anche di fronte agli attacchi meno simpatici.
    Ma non è affatto facile, sai?
    Non so se scrivi anche tu, ma quando fai leggere qualcosa a qualcuno è sempre un po' come andare dal medico e doversi spogliare per la visita. Ti aspetti che sia comprensivo anche se ti trova una malattia(soprattutto!), non che ti tiri un calcio negli stinchi, incavolato nero.

    Sui vari blog mi è capitato di scrivere qualche consiglio a lettrici-aspiranti-autrici (dopo aver letto i loro brani) e devo dire che non sempre questi consigli sono stati ben accetti (e non si trattava di insulti, bada bene). Ma non biasimo assolutamente queste persone, so benissimo quanto si possa amare qualcosa che si ha scritto, quanto si sia disposti a proteggerlo.
    Proprio in questi giorni sto affrontando la revisione del mio romanzo e ti dico che mi è costata una fatica immane andare incontro all'editor che mi ha fatto notare quelli che per lui erano dei difetti (ho scelto però di non mettermi su di un piedistallo, proprio anche per rispetto e amore di ciò che faccio e perché sono convinta di poter ancora imparare).

    Vedi, non siamo Autrici Vs. Lettrici, ma semplicemente donne e prima ancora esseri umani con vite ecc alle loro spalle... perciò è umano sbagliare, fraintendere e via dicendo.

    Oddio, sono prolissa anche nei commenti ai post! sta diventando un dramma!
    Insomma non sono proprio riuscita a convincerti a comprare un mio libroooo?????? Neanche uno piccolo piccolo????

    Non me ne vogliate, ho scelto di concludere sdrammatizzando un po' i toni.
    A tutte le altre, Luna, Silvietta, Moray... grazie davvero perché è sempre bello sentirvi e scambiare idee!

    Sylvia

    RispondiElimina
  6. Grazie ancora a Sylvia per la sua disponibilità e per la sua gentilezza. E poi, ora che è diventata una diva tv, ci sentiamo ancora più lusingate di averla avuta nostra ospite!
    Vivienne

    RispondiElimina
  7. Ma vaaaaaa!!!! ma che diva! (Be' potete chiamarmi Lady Sylvia, se preferite... ;)))
    E' divertente, ogni tanto, passare dall'altra parte della telecamera (visto che io di solito ci lavoro dietro) e nonostante il disagio credo e spero possa anche essere utile per convincere qualcuno che i nostri libri non sono "spazzatura".
    :)
    Però preferisco di gran lunga essere la regista e non l'attrice.
    In questo senso ho delle idee... ma vedremo!
    Sylvia

    Moltissime grazie a voi due, Vivienne e Francy, che mi avete ospitata! A presto (ci risentiamo per il Romance Day?)

    RispondiElimina
  8. Riguardo alla risposta che Sylvia ha dato sull'uomo aplpha mi trovo decisamente d'accordo con lei. Ok, sarò una minoranza, però io amo quei personaggi ben tratteggiati da un profilo psicologico. Amo quegli uomini tormentati e tenebrosi alla Heathcliff di Cime tempestose. E amo quando l'autrice, durante il romanzo, fa crescere il suo protagonista tratteggiando un cambiamento di carattere. Sarà perché anch'io, quando scrivo, ho questa tendenza.
    Ma quanti punti in comune abbiamo io e te, Sylvia? :-P
    Scherzi a parte, mi piacerebbe conboscerti dal vivo, un giorno.

    RispondiElimina
  9. Grazie Silvia per non avermi mangiato viva! =^__^=

    Premetto che esprimo la mia modesta opinione!

    Come tu avrai compreso sono anche io un'aspirante autrice, però sono una lettrice professionista.

    Leggo romanzi dall'età di 13 anni e ne ho 40! Posso fregiarmi di tale titolo!

    Come lettrice mi permetto di commentare i romanzi letti, oppure autrici di cui ho almeno letto un romanzo (di tuo: il primo; altrimenti come faccio a sapere se un'autrice mi piace o meno?)!=^__^=

    Il giudizio che posso dare come lettrice è sui contenuti di un romanzo, cioè, se ciò che leggo stimola qualcosa in me!
    I gusti sono soggettivi, e come ho già scritto, ognuna di noi cerca determinate emozioni in ciò che legge! Ben venga la varietà perchè ognuna di noi è diversa, altrimenti sai che monotonia, non ci sarebbe neanche dialogo! ;o))

    A mio avviso il lavoro di un'autrice è di miglioramento continuo, e sono i giudizi delle lettrici che possono aiutare in tal senso.
    Sono le editor più severe, imparziali, e determinano il successo o meno di una scrittrice!
    Mi rendo conto che si è gelosi del proprio lavoro, ma questo non ci deve mai impedire di ascoltare con attenzione i pareri (specie negativi) di chi legge i nostri scritti!

    Scusate la mia diffidenza ma non mi fido molto dei commenti entusiastici, preferisco la critica costruttiva!

    Concordo con Silvia quando afferma che molte, specie le aspiranti, hanno molte difficoltà ad accettare critiche.

    Quello che mi domando è: Perchè?

    Nessuna di noi è perfetta, e a volte stiamo sullo stesso romanzo così a lungo che perdiamo di vista i difetti.
    Occhi supplementari sono molto utili in questi casi!

    Ricordo a tutte che il lavoro di autrice è di continua crescita interiore oltre che stilistica, perchè un romanzo ben scritto ma senza anima, non ha nessun valore aggiunto!

    MI fermo quà altrimenti comincio ad essere pedante!!

    Lady Akasha

    RispondiElimina
  10. Brava Giusy,
    sono daccordissimo con ciò che dici. E da un lato mi fa piacere (che strano!) dirlo quando non hai apprezzato il mio romanzo. O___o ?

    Io sono molto critica verso il mio lavoro e di conseguenza anche verso quello che altri mi sottopongono. Quello che vorrei fare è proprio cercare di dare, secondo la mia esperienza (che non è certo la più autorevole, me ne rendo conto), qualche suggerimento valido.
    L'ho già detto, ma all'inizio di ogni avventura letteraria (cioé al momento di iniziare un nuovo romanzo) io mi confronto sempre con una mia grande amica (che si chiama Patrizia e che fa l'insegnante di teatro). Lei mi aiuta a capire i personaggi che ho di fronte, mi fa ragionare sulla mia storia ponendomi le domande giuste. Le sue non sono critiche vere e proprie, ma i suoi "così lo vedo... no, così non riesco a vederlo, devi definirlo meglio" sono preziosissimi per il mio lavoro, almeno all'inizio. E mi piacerebbe essere per altri ciò che lei è per me. In questo modo io intendo le "critiche".

    Come si sarà capito, in una competizione non vincerei certo il titolo di miglior lettrice di rosa, però sono stata (e sono, anche se con tempi più lunghi purtroppo...) una divoratrice onnivora di romanzi. E' da quelli, soprattutto, che per me s'impara, e tenendo le orecchie, gli occhi ecc ecc ben aperti per carpire i metodi e i segreti altrui (in senso positivo, non di rubare idee!!!).
    Anche dai film ci possono arrivare suggerimenti per quelli che sono metodi e stili narrativi.
    Io ho imparato così.
    Forse non ci incontreremo sul tipo di storie, ma spero che almeno lo stile narrativo non ti sia dispiaciuto... ;)

    Luna70 (o Laura, giusto?) anche a me piacerebbe tanto conoscerti! (ho conosciuto tante ragazze su FB e i blog e sarebbe davvero bello potersi incontrare, peccato vivere tanto lontane! Ma tu di dove sei?). Come capita credo a molte, non sono tante le occasioni in cui si riesce a parlare di libri e letteratura "a voce" scambiando idee e pareri.
    Dobbiamo pensarci e magari organizzarci un ritrovo! ;)

    Lo proponiamo a Francy e Vivienne?
    :)

    Sylvia

    RispondiElimina
  11. Sì, il mio nome è Laura. Giustissimo! :-)
    Sono di Genova, ma sono dispostissima anche ad affrontare un viaggio pur di conoscere alcune di voi per parlare di libri!!!
    Per esempio, mi piacerebbe molto incontrare anche Veronica (che tu già conosci).
    E se si aggiungono anche Francy e Vivienne, tanto meglio! :-)
    Mi è piaciuto molto anche quello che ha scritto Giusy, riguardo al fatto che le critiche costruttive non andrebbero prese come offese. Soprattutto se una cosa si fa notare con educazione. Le critiche aiutano a crescere, a migliorare.
    Per esempio a me veniva sempre detto che privilegiavo i dialoghi ma ero poco descrittiva. Così ho cominciato a lavorare sulle descrizioni. Non posso dire di aver raggiunto la perfezione, anche perché penso sia quasi impossibile raggiungerla, però qualche passo avanti l'ho fatto. Se nessuno me lo avesse fatto notare, ora sarei al punto di partenza, no?
    Quindi ben vengano i suggerimenti e i giudizi, anche se a volte fanno un po' male!

    RispondiElimina
  12. Complimenti per l'intevista. E' stato bello scoprire in che modo lavora una traduttrice.
    E' sicuramente vero che le lettrici italiane preferiscono le autrici straniere ma questo non vale solo per il Romance.
    Denigrare e offendere é sbagliato.
    C'è una domanda che vorrei fare: Perché scegliere uno pseudonimo inglese se si vuole combattere questo pregiudizio legato alle autrici italiane?
    Io ho letto Di Tenebra e D'amore e ti trovo fantastica. ^_^
    In bocca al lupo per il tuo prossimo lavoro.

    RispondiElimina
  13. Ma lo pseudonimo l'ho scelto prima di sapere tutto questo, prima di "entrare", diciamo, nel giro e conoscere altre autrici, scambiare idee e opinioni sulla questione.
    E' stata una scelta "consigliata" da persone più esperte e di cui non posso pentirmi, perché immagino che molte lettrici non avrebbero preso neppure in mano il mio Di tenebra... se ci fosse stato sopra il mio vero nome.
    E' stato un bene, anche, perché diverse persone, poi, quando mi hanno conosciuta sui blog o via email mi hanno confidato di aver iniziato a leggere anche altre autrici italiane proprio grazie al mio libro, vincendo la diffidenza.
    Ora, confesso che da un lato mi piacerebbe pubblicare col mio vero nome, ma ne ho anche timore visto che non tutte le lettrici girano sui blog e forse non mi riconoscerebbero (ma la stessa cosa succederebbe se avessi deciso per un nome spagnolo... o anche semplicemente un altro nome italiano... come se fosse un'etichetta).
    E c'è anche da dire che seppure non ho pregiudizi verso le autrici italiane, che leggo spesso e con cui discuto volentieri di questioni letterarie, nel mio cuore io mi sento davvero inglese. Non so se riesco a spiegarmi, ma ogni volta che metto piede a Londra mi assale una devastante sensazione di piacere, come se stessi finalmente tornando a casa.
    Da un lato mi piace pensare che sia davvero così, che magari, nelle pieghe del tempo, io sia davvero stata una Sylvia Summers...

    RispondiElimina
  14. @Sylvia
    Grazie per avermi spiegato il tuo punto di vista. La mia non voleva essere un'accusa, era una semplice curiosità.
    Forse in una vita passata sei stata davvero una Sylvia Summers (Potrebbe essere l'idea per un'autobiografia romanzata?)... ^_^

    RispondiElimina
  15. X Aileen, ma non me la sono mica presa!!!! :-) Questi sono i guai della parola scritta... si perdono i toni, e i miei volevano essere scanzonati.
    Biografia romanzata a parte, mi piacerebbe molto scrivere un romanzo sulla reincarnazione e sul ritorno a vite passate... chissà........

    RispondiElimina
  16. LadyAileen08/12/09, 23:34

    @Sylvia
    Sono d'accordo per i guai della parola scritta. ehehehheeh ^_^ Allora spero che tu lo scriva perché mi piacerebbe molto.

    RispondiElimina

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