CHRISTMAS IN LOVE: IL DIAVOLO E LA DAMA DI GHIACCIO



La carrozza procedeva spedita sulle strade di campagna; nonostante le nevicate degli ultimi giorni, i sentieri apparivano sgombri. Il rombante rumore delle ruote spezzava il silenzio della campagna e sparuti uccellini svolazzavano al suo passaggio.
Avvolta in una coperta di cachemire, Sarah Lewiss, guardava il paesaggio ma la sua mente non fissava le immagini che scorrevano, intrappolata in lontani ricordi.
Esattamente due anni prima era scappata da quei luoghi per andare incontro al suo destino. Ora vi ritornava più saggia e matura ma con la consapevolezza che non sarebbe stata accettata dai suoi cari.
Era un’avventuriera, un’artista intrepida, una spregiudicata: era fuggita da casa diretta in Italia, dove aveva appreso in modo completo l’arte della pittura, raggiungendo dei successi insperati, specializzandosi soprattutto nei ritratti dei bambini, grazie alla dolcezza con cui li trattava. Qualunque genitore sarebbe stato orgoglioso di quei successi, qualunque ma non suo padre.
Lui avrebbe voluto che la figlia fosse una signorina rispettosa delle buone usanze, con l’unico obiettivo di formare una famiglia con chi riteneva più appropriato.
Sarah era stata una fanciulla caparbia, determinata a raggiungere il massimo per se stessa e crescendo aveva capito che non si sarebbe piegata a un matrimonio di convenienza a costo di rimanere zitella. Non avrebbe commesso l’errore della madre.
Natalie Birgman, figlia del Conte Stanhop, eccellente artista, aveva accettato con grazia e remissività il matrimonio con l’illustre avvocato di famiglia, insignito, già agli albori della sua carriera, del titolo di Baronetto per i servizi resi a Giorgio III; ma la sua vita era stata un inferno.
Lord Edward Lewiss aveva chiesto la mano di Natalie solo per il potere che da quel matrimonio avrebbe ricavato, nessun sentimento di affetto era mai sorto. Aveva collezionato amanti come un qualunque Lord accumulava tabacchiere; aveva accolto sotto la sua tutela due figli illegittimi nati da relazioni più durature; non aveva versato una lacrima alla morte della consorte che aveva abbandonato nella dimora di campagna, dopo appena due anni di matrimonio, una figlia nata e due aborti.
Soltanto una falsa rispettabilità lo aveva distolto dal proposito di divorziare da una donna che considerava una palla al piede, esattamente come la figlia che era nata da quell’unione.
Così mentre Lord Lewiss, scorrazzava da un letto a un altro, affascinava con i suoi modi arguti Principi e nobili, Sarah e Natalie erano rimaste in campagna, amandosi e vivendo l’una per l’altra. Immergendosi in un mondo di pennelli, tele e colori.
Tutto era finito alla morte di Natalie, quando Sarah era stata costretta a lasciare il suo mondo, ad accettare la nuova giovane consorte del padre, a conoscere i suoi fratelli. Nessuno l’aveva accettata, nessuno le aveva rivolto uno sguardo amorevole; la sua passione per l’arte, la sua indipendenza dal padre era stata causa di numerose discussioni, dalle quali non sempre era uscita vittoriosa; ma se arrendersi, era stato difficile, esasperante, impossibile era stato accettare che suo padre scegliesse per lei marito. Non si sarebbe mai sposata senza amore. Quando il genitore l’aveva convocata nello studio per discutere dell’affare un freddo gelido era sceso dentro di lei, ma una forte determinazione l’aveva sorretta; fingendo docilità, aveva assentito al volere del padre, a un matrimonio con un vecchio Conte.
Quella stessa notte aveva preparato una piccola valigia, racimolato i gioielli della madre ed era sparita. Aveva vissuto di stento nei bassifondi di Londra fin quando non aveva messo insieme il denaro per imbarcarsi su una nave diretta in Italia; era stata furba, non aveva mai venduto un gioiello, aveva fatto perdere le sue tracce. Quando cinque mesi dopo aveva raggiunto la maturità ed era entrata in possesso dell’eredità della madre, aveva ricominciato a vivere alla luce del sole. Si era persino permessa di scrivere al padre e comunicargli la sua residenza. Non aveva mai ricevuto risposta, fino a qualche mese prima, quando le era giunta una lettera dalla sua matrigna che la informava che Lord Lewiss era in fin di vita e desiderava vederla.
Senza pensarci un attimo, aveva atteso il tempo necessario per terminare un lavoro che le avevano commissionato e poi aveva abbandonato tutto, sognando che il padre si fosse redento, che desiderasse chiederle perdono. Giunta a Dover, aveva inviato alla matrigna una lettera con la quale la avvisava del suo arrivo.
Dopo un mese di viaggio per mare e per terra era giunta a Londra quella mattina; arrivata alla residenza del padre, il maggiordomo le aveva riferito che la famiglia risiedeva attualmente presso il Duca di Richmond in occasione delle festività natalizie. Aveva chiesto all’imperturbabile James notizie sulla salute del genitore, ma l’uomo aveva risposto con un laconico –Bene-.
Poiché Richmond house si trovava a quattro ore da Londra, aveva deciso di proseguire, anche perché la risposta di James la lasciava perplessa: o non aveva voluto preoccuparla ulteriormente, o la lettera che aveva ricevuto celava un tranello. E poiché i misteri la rendevano nervosa, attendere l’indomani l’avrebbe resa troppo ansiosa.
Finalmente la carrozza oltrepassò un imponente cancello di ferro. Ai lati della strada alberi secolari segnavano il percorso fino all’ingresso principale, anticipato da un labirinto di siepi intercalate da roseti. Seppur tutto apparisse ammantato in una luce bianca, lo spettacolo era a dir poco meraviglioso. Ricordavano a Sarah i numerosi giardini che fiancheggiavano le dimore italiane in cui aveva soggiornato per il suo lavoro. Un lieve rossore colorò l’incarnato pallido della donna, un ricordo piacevole, peccaminoso la riscaldò. La residenza del Duca di Richmond le rammentava il Castello Rispoli e ciò che in esso era accaduto.
Un sorriso birichino le rischiarò il volto: stava cominciando a vivere di ricordi, belli o brutti ma ricordi erano. Non andava bene, per niente.
Nel frattempo la carrozza aveva circondato il giardino e si era fermata sul davanti. Sarah attese che il cocchiere le aprisse la portiera, ricoprì i lunghi capelli castani con il cappuccio bordato di pelliccia, mise le mani dentro il manicotto e scese.
Aveva una figura elegante, sinuosa, sebbene fosse di bassa statura rispetto alla media; ma ciò che attraeva i numerosi corteggiatori erano gli occhi di un intenso colore verde, circondati da ciglia lunghe e setose, occhi intelligenti che scrutavano ogni minimo dettaglio; la bocca era carnosa e rossa, spesso aperta in un sorriso sincero.
Il lungo mantello copriva il corpo snello, i seni pieni, la vita sottile.
Incedendo con passo esitante, Sarah ebbe il timore di farsi annunciare, era nervosa e preoccupata.
Non ebbe neanche il tempo di salire il primo gradino, che già l’antico portone si apriva e un lacchè s’inchinava per darle il benvenuto, poi si diresse verso la carrozza presa a noleggio per ritirare il bagaglio, un baule e due valigie, e congedare il vetturino.
Un compassato maggiordomo, aiutò Sarah a togliersi il soprabito, mentre si presentava.
–Milady sono Merrynton, lei deve essere la figlia di lord Lewiss, era attesa. Prego si accomodi.
Sarah seguì l’uomo, guardando appena l’ampio atrio e l’imponente scala di marmo bianco, gli antichi quadri che con la loro grandezza riempivano intere pareti fino al soffitto, le incantevoli decorazioni natalizie che ricoprivano le porte e l’antico corrimano di legno che conduceva al piano superiore. Il cuore le batteva precipitosamente; nonostante fosse gelata, aveva le mani sudate. Due lacchè si apprestarono ad aprire il battente di un’ampia porta; consapevole del bon ton, Sarah attese alle spalle di Merrynton, mentre questi la annunciava, trattenendosi dall’asciugare le mani nel velluto verde del lungo abito stile impero. Sentiva il cuore martellarle nel petto e temeva che l’ampia scollatura, rifinita in pizzo panna, potesse mostrare la sua inquietudine.
Quando il maggiordomo si spostò, i suoi occhi frugarono la stanza alla sua ricerca o della matrigna. Non sapeva cosa aspettarsi, chi trovarvi.
Il suo sguardo si soffermò su un uomo alto, dall’aspetto elegante che la fissò con uno strano luccichio negli occhi, subito, però allontanò gli occhi e l’attenzione da quel bellissimo individuo e continuò a scrutare tra le persone presenti nel salone. Non appena lo vide, gli si strinse lo stomaco, apparentemente sembrava in perfetta salute, l’aveva nuovamente ingannata. Con passo fermo e deciso, gli si avvicinò; lui vide l’espressione battagliera degli occhi e le andò incontro.
«Vi vedo bene Padre, o vi siete ripreso in fretta o forse non eravate per nulla malato. Vorreste spiegarmi?».
«Ne riparleremo in una sede più consona». Le disse il padre guardandola in modo freddo.
«No. Ne parliamo ora. Non avete ormai alcun diritto su di me. Ho abbandonato tutto per causa vostra». Gli rispose Sarah, chiaramente adirata.
«Milady, è un vero piacere avervi con noi. Lord Lewiss non mi presentate la Vostra incantevole figlia?».
Facendo presa sul più perfetto garbo, il padre di Sarah fece le dovute presentazioni: «Mia cara, ho l’onore di presentarvi il Duca di Richmond che gentilmente ci ha invitati a trascorrere le festività in casa sua».
Sarah tese la mano inguantata verso il Duca, che prontamente la baciò trasmettendole dei piccoli fremiti. Era un uomo affascinante, a prima vista un dandy, ma la muscolatura che s’intravedeva dal vestito nero, indicava un uomo dedito all’attività fisica.
«Scusate, ma stavo parlando con mio padre». Neppure le emozioni che la stavano agitando potevano distoglierla da quella conversazione.
«So che siete un’artista di fama. Abbiamo una preziosa raccolta di opere d’arte, più tardi mi piacerebbe accompagnarvi».
«State cercando di adularmi per distogliermi dal proposito di commettere un omicidio, milord?». Ecco di nuovo il brutto difetto di parlare in modo diretto.
Il sorriso del Duca la lasciò senza fiato. «Ci sto riuscendo?».
«Solo se io ve lo permetterò…». Che cosa stava facendo? Filtrava con quell’uomo come se lo conoscesse da sempre!
«Venite, vi farò accompagnare nelle vostre stanze, si cena fra dieci minuti. Riuscirete a rinfrescarvi?».
Impertinente di un uomo. Lo guardò fisso.
«Qualcosa vi turba?».
«C’è in voi un non so che di familiare….».
«Probabilmente mi avrete visto a qualche ricevimento nelle stagioni passate».
«Impossibile se vi avessi visto anche solo una volta, mi ricorderei. Non si tratta del vostro viso, quanto dei vostri modi».
«Dunque avete un buono spirito di osservazione».
Sarah scoppiò a ridere, una risata cristallina, vera, diversa da quella che il bel mondo approvava. «Milord, sono un’artista… se non avessi un buono spirito di osservazione, non potrei svolgere il mio lavoro. Pardon scusate, forse questa parola turba l’abitudine che ha la nobiltà del dolce non far nulla?».
L’uomo la incatenò a lui con i suoi occhi neri: «Possibile. Tornando al vostro spirito di osservazione: Se è così ottimo come dichiarate, non credo che troverete strano il fatto che stia per baciarvi».

«Come avete detto... ?»
Le sue dita si posarono in una lieve carezza sulle labbra di Sarah, ben presto sostituite dalla bocca del Duca. Il repentino cambio di argomento aveva fatto spalancare i suoi occhi, che ora al suo contatto, inconsciamente si chiusero, immergendo la giovane donna in un mondo di odori, sensazioni.
Il profumo del duca le ricordava quelle di un altro uomo, intimamente conosciuto una sera a un ballo in maschera. Il suo primo uomo. Il sapore di questo bacio tenero le faceva tornare in mente, altri baci appassionati.
Quando il Duca staccò le sue labbra, per brevi istanti Sarah non riuscì ad aprire gli occhi. Quando lo fece il suo sguardo, era velato dal desiderio. «Chi siete?».
«Un povero uomo che non ha saputo resistere alla tentazione del vischio. Merrynton accompagna milady nelle sue camere».
Con un lieve inchino il duca lasciò Sarah alla custodia del maggiordomo, improvvisamente apparso. Turbata dal presente e dal passato, la donna si accorse in quel momento che un ramo di vischio pendeva dal lampadario.
La serata si svolse serenamente, Sarah non ebbe il tempo, né la voglia di riprendere la conversazione con il padre, era attratta dalla figura del duca. Guardava furtivamente ogni suo gesto, ogni movimento del corpo: le mani, la bocca, le lunghe gambe.
Se Sarah non poteva distogliere gli occhi e il pensiero da lui, il duca non mostrava nei suoi riguardi la minima attenzione. Tranne che in un’occasione, quando ricordò ai suoi ospiti che l’indomani si sarebbe tenuto un ballo in maschera. E mentre lo diceva, la fissò con i suoi occhi azzurri, quasi a volerle comunicare un messaggio nascosto.
Nel cercare di capire quello sguardo, la giovane donna non chiuse occhio durante la notte. Ricordò ogni dettaglio di un altro ballo in maschera, di un uomo travestito da diavolo, che l’aveva attratta con la voce, con la sua intrigante promessa di passione; alla quale non aveva potuto resistere, pur consapevole che per lei sarebbe stata la rovina sociale. Rivide ogni momento lussurioso trascorso tra le sue braccia, i corpi intrecciati e nudi alla luce delle candele; il suo viso protetto dalla maschera rossa. Rammentò l’opprimente angoscia che aveva provato nell’abbandonarlo, la mattina dopo.
Alle otto Sarah era già in piedi e pronta per scendere; nella sala da pranzo vi erano il Duca e il padre, a entrambi rivolse un cenno del capo; ben presto Milord si allontanò, lasciandoli soli, padre e figlia, dopo aver mangiato la colazione in un silenzio teso, si ritirarono nella biblioteca per parlare.
«Non mi dilungherò più del necessario. Questa situazione mi è sgradevole quanto lo è per voi. Siamo rovinati. Non abbiamo più una sterlina».
Le parole del padre la lasciarono inizialmente fredda, cosa le poteva importare? Poi però chiese: «Siamo? In che modo sono coinvolta nelle Vostre perdite finanziarie?».
L’uomo guardava verso il giardino che s’intravedeva dalla grande vetrata. «Il fondo che vi aveva lasciato Vostra madre è in rosso. Dopo aver perso tutto ho prelevato ogni penny per mantenere la mia reputazione; ho fatto dei debiti a vostro nome».
Il disastro di quella notizia la lasciò senza parole. Era rovinata, socialmente ed economicamente. I suoi dipinti avevano un valore di mercato, ma molto blando, le donne non potevano primeggiare con gli uomini. Guardò la schiena del padre, avrebbe voluto scuoterlo; Dio, ebbe persino l’istinto di ucciderlo.
«Abbiamo un modo, molto pulito per uscire da questo frangente. Il duca di Richmond si offre di pagare ogni pendenza. A condizione che diventiate sua moglie. È più di quanto abbia mai sperato, considerando la vostra dubbia reputazione».
Quest’ultima affermazione la svegliò dall’apatia che l’aveva imprigionata. «Siete soltanto un miserabile, osate criticare il mio modo di vivere, quando voi avete disonorato il nome di mia madre con ogni donna disponibile; avete persino dilapidato il mio patrimonio per i vostri sollazzi! Non acconsentirò mai a queste nozze, il pensiero di voi rovinato sarà la mia gioia».
Il padre si girò con molta lentezza, con un mezzo sorriso sulle labbra. «Avreste dovuto ascoltarmi meglio. Io non ho alcun debito, voi siete rovinata…. Pensateci bene prima di rifiutare quest’opportunità». Detto questo la lasciò sola.
Sarah rimase nella grande biblioteca, immersa in uno strano silenzio dove a parlare erano solo i suoi pensieri. Era frastornata, come un naufrago in mezzo al mare. L’enormità dei debiti la stava schiacciandola. Che cosa doveva fare?
Poi lui entrò. Per un attimo sentì il peso ridursi, perché non affidarsi a lui? No, no, non poteva farlo, aveva giurato che si sarebbe sposata solo per amore.
«Perché?», gli chiese con voce roca.
Il Duca la fissò con possessività. «Perché vi voglio. E ottengo sempre quello che voglio».
Con modestia Sarah, disse: «Volete me…. Perché?».
«Accettate la mia proposta?». Non era disposto a dare spiegazioni. Non ancora.
«Stasera al ballo, a mezzanotte, annunceremo il nostro fidanzamento. Avete tempo fino a quell’ora per pensarci».
Sarah chiuse gli occhi. Sentì la porta chiudersi gentilmente. Sarebbe stata una pazza a rifiutare… lui le stava offrendo un salvacondotto dai debiti, il titolo di duchessa. Ed era un uomo affascinante, ma l’amore? Sarah scosse la testa confusa. Vide l’immagine del suo amante, frapporsi con il viso del duca. Era un uomo rispettabile, conosciuto per la sua filantropia verso i bambini abbandonati. Vide sua madre, il suo dolore quando pensava ai tradimenti di suo padre. Aveva preso la sua decisione.
Al ballo erano stati invitati numerosi ospiti, era consuetudine ritirarsi in campagna durante le festività natalizie, così molti erano i nobili che accettarono l’invito del Duca.
Nella sua camera Sarah trovò sul letto un magnifico vestito di bianco candido, sulla cui gonna erano impresse gemme scintillanti a somiglianza di gocce di ghiaccio. A completare il vestito una magnifica maschera argentata, che le copriva il viso, lasciando scoperte solo le labbra.
Quella sera sarebbe stata la regina delle nevi.
Il salone era pieno di gente, un tripudio di colori si muoveva al suono delle arpe e dei violini. Erano presenti tutti i personaggi storici del passato, figure mitologiche, bellissime Afrodite, discinte Diana attiravano l’attenzione degli uomini.
Sarah si tenne in disparte, non amava essere al centro dell’attenzione, sebbene lo scintillio del suo abito la rendesse molto visibile. Alcune intrepide giubbe rosse la invitarono a ballare, persino un Luigi XIV.
Era nervosa e irrequieta, tra gli innumerevoli uomini che le passavano davanti non aveva riconosciuto il Duca. Dov’era? Avrebbe davvero fatto l’annuncio a mezzanotte?
«Vi avrei riconosciuto ovunque, con qualunque travestimento. Il vostro odore mi ha perseguitato in questi lunghi mesi lontani, il ricordo del vostro corpo stretto al mio mi ha tormentato ogni momento. Finalmente vi ritrovo mia lady».
Sarah sobbalzò all’udire quella voce roca. Era lui, era il suo diavolo tentatore…. Si volse lentamente: la stessa maschera rossa, lo stesso vestito nero e mantello rivestito di porpora.
Lui le prese la mano, la trascinò lontano dalla confusione… la strinse a sé, accostò le sue labbra a quelle tenere di lei. Frastornata Sarah lo lasciò fare, assaporò quel bacio rubato. Bene presto la ragione ebbe la meglio sull’impulso. Lo allontanò decisa. «Chi siete?».
«Sono chi vi fa tremare dal desiderio, chi dà gioia al vostro corpo. Sono la vostra tentazione».
«Basta, smettetela di prendervi gioco di me… svelate la vostra identità».
«Per fare ciò che vogliamo non è necessario… voglio amarvi, voglio sentirvi tremare».
La sua testa si abbassò verso di lei, impadronendosi del suo collo. Brividi di eccitazione attraversarono il corpo di Sarah.
«No, non vi permetterò di farmi questo. Non sono come mio padre, non lascerò che il desiderio mi renda schiava. State oltraggiando la futura Duchessa di Richmond. Se tornerete a toccarmi, griderò».
Si volse per tornarsene nella calca. Udì il duca pronunciare il suo nome. O no, forse tutto era perduto.
Alzò il viso verso la voce. Il suo diavolo si era tolto la maschera. Il suo diavolo era il Duca. Il viso di Sarah esprimeva sorpresa. Lui le posò le dita sulle labbra.
«Shh, dopo parleremo. Abbiamo un annuncio importante da fare».
Le tolse la maschera e la baciò teneramente. Sopra le loro teste penzolava uno dei tanti vischi che addobbavano la sala.
NATALIE ST.NICHOLAS (*)




(*) Questo è uno pseudonimo, il vero nome dell'autrice verrà svelato a fine concorso.


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4 commenti:

  1. bello!! molto coinvolgente, anche se io avrei strangolato il padre della protagonista :-D
    complimenti!

    RispondiElimina
  2. Bell'atmosfera. Forse il modo di raccontare è un pò confuso ma gli ingredienti ci sono tutti, lei bella e caparbia, lui arrogante e "bastardo"... scusate il francesismo :-)... insomma la classica favola, se poi c'è anche il vischio ancora meglio.

    RispondiElimina
  3. Non potevo non soffermarmi su un titolo così... e sono contenta di averlo fatto! E' una bella storia ,a parer mio scritta in modo abbastanza scorrevole... avvolta in un bel clima!! Mi piace!
    Complimenti all'autrice! :)

    RispondiElimina
  4. molto coinvolgente! abbastanza scorrevole, magnificamente scritto! fantastico, nel leggerlo ho creduto di vivere all'interno della storia, e a mio parere e quello che ogni lettrice vuole e che una brava autrice vuole ottenere! complimenti!giusy74

    RispondiElimina

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