«Il
Signore onnipotente e misericordioso confermi il consenso che avete manifestato
davanti alla Chiesa e vi ricolmi della sua benedizione. L’uomo non osi separare
ciò che Dio ha unito».
La
voce stentorea del prete mise fine al rito matrimoniale e dei sostenuti “Amen”
si levarono dai banchi della chiesa.
Nicole
azzardò un'occhiata al testimone dello sposo, con gli occhi colmi di
lacrime. Era fortunata che tutte le donne si stessero soffiando il naso in modo
poco elegante nei loro straccetti di pizzo. La commozione ai matrimoni era
all'ordine del giorno, nessuno si sarebbe interrogato sul perché la testimone
della sposa facesse fatica a trattenere i singhiozzi.
La
donna, tuttavia, non poteva mentire a se stessa: trovarsi a pochi metri da
Roberto Zanier era un'autentica tortura.
Bello
e fiero, se ne stava dritto al lato dello sposo con il suo impeccabile smoking.
Un'espressione dura e minacciosa conferiva fascino ai suoi tratti marcati e
alla bocca virile.
Una
bocca che in passato aveva baciato senza mai saziarsi.
Srotolò un
fazzolettino appallottolato dalle mani chiuse a pugno e si tamponò gli
occhi pesti, cercando di non rovinare il lavoro dell'estetista.
Si
aspettava di trovarlo lì? Certo, ma non aveva previsto che il cuore le sarebbe impazzito nel
petto e che avrebbe fatto fatica a respirare.
Erano
tre anni che cercava di convincersi che ormai aveva dimenticato quel
ricercatore che l'aveva conquistata, stregata. Tutte bugie. Gli aveva donato il
suo cuore e, per quanto cercasse di convincersi del contrario, era ancora suo.
Alzò il
viso arrossato, pronta ad ascoltare la fine della funzione con dignità. Gli
occhi, però, decisero di fare una deviazione prima di posarsi sul prete.
Roberto
la stava fissando.
Nicole
rabbrividì, notando il disgusto e la rabbia contenuta negli occhi verdi
dell'uomo.
Dovevo
aspettarmelo, si disse.
Eppure quella consapevolezza non le fu di alcun conforto.
Tentando
di fermare nuove lacrime, si voltò per non mostrare la propria espressione
distrutta.
Dopo
il modo in cui si erano lasciati, Roberto avrebbe gongolato nel vederla
sopraffatta dal dolore.
Al
termine della funzione, Nicole cercò di sorridere quanto più poteva,
dimostrando agli amici una disinvolta sicurezza che era ben lontana dal
provare.
Era un
fascio di nervi e le mani non smettevano di tremare. La morbida pochette era
tutta spiegazzata a causa di una presa convulsa e spietata.
Si
sottopose alla tortura delle foto con aria da martire, convincendo le gambe a
restare ancorate al suolo quando
il fotografo pretese la foto degli sposi accanto ai loro più intimi e cari
amici.
Roberto
la osservava, senza cercare in alcun modo di nascondere il risentimento.
Meglio
così, ragionò. Se non mi parla, riuscirò ad
arrivare alla fine di questa tremenda giornata!
Sbrigata
l'incombenza, quasi corse nel tentativo di raggiungere presto l'uscita della
basilica.
La
luce del sole le ferì gli occhi chiari e sensibili, il caldo la avvinse in
una morsa soffocante. Nicole indossò gli occhiali da sole e attese
l'arrivo degli sposi per il lancio del riso.
Si
accorse che Roberto l'aveva seguita e il cuore decise che era il momento di
uscirle fuori dal petto.
Lo
spiò avidamente dietro la fragile protezione fornita dalle lenti scure ed
ebbe la triste conferma che non avrebbe
amato mai più.
Il
dottor Zanier non era bello in senso classico, ma aveva un fascino magnetico e
un fisico alto e muscoloso che ispirava le più ardite fantasie.
Ricordò di
averlo spesso preso in giro per quell'aspetto inusuale per uno studioso.
Si
asciugò appena in tempo un lacrima solitaria, nelle orecchie sentiva
ancora le risate dei giorni felici.
Roberto
osservò con malcelata curiosità Nicole tirare fuori, ancora una
volta, quel fazzolettino di carta ormai inutilizzabile. La ricordava dolce,
emotiva, ma non al punto di trasformarsi in una fontana. Era dal momento in cui
aveva messo piede in chiesa che sembrava tutto meno che un'amica felice della
sposa.
Il
volto tirato denunciava una tensione che non riusciva a spiegarsi, gli occhi
lucidi avevano ancora il potere di scatenare in lui istinti di protezione.
Tre
anni e ancora spasimava per quella donna, nonostante il male che gli aveva
fatto.
“Al
cuor non si comanda”, recitava un vecchio adagio, e il suo ormai cavalcava a
briglia sciolta senza alcuna speranza di essere ricondotto alla ragione.
Dio,
quant'è bella!,
pensò afflitto. La pelle color crema delle spalle si intravedeva dalla stola
blu che le copriva, la cascata di capelli dorati le arrivava a metà schiena e
sembrava pregarlo di affondarvi dentro le mani.
Non
era cambiata di una virgola e aveva ancora il potere di sconvolgerlo.
Le
fissò le labbra tremanti e si scoprì desideroso di assaporarle
ancora una volta.
Una
piacevole sorpresa! Da quando lei gli aveva spezzato il cuore non sapeva più cosa significasse desiderare una
donna.
Ma in
quel momento nemmeno il risentimento e l'orgoglio ridotto a brandelli
impedirono al suo corpo di reagire a quella vicinanza.
Si
voltò verso di lei, senza sapere bene cosa dire, ma con la sola intenzione
di creare un contatto che bramava
da tre lunghi anni.
«Mamma!»
urlò una bimbetta bionda correndo verso Nicole, con alle calcagna una donna
ansimante.
Roberto
rimase paralizzato, incapace di capire cosa stesse succedendo fino a quando lei
si abbassò per sollevare la bambina tra le braccia.
Mamma? Quella parola risuonò nella sua mente fino a fare breccia
nel suo cervello confuso.
Strinse
le mani a pugno e cercò di ignorare con tutte le sue forze il dolore sordo
al petto, ma non riuscì a distogliere lo sguardo da una scena che aveva
sognato più volte di quanto gli piacesse ammettere.
Una
bimba di non più di tre anni si stringeva al collo di Nicole.
Il
viso della donna, che gli era parso abbattuto fino a pochi attimi prima, si
illuminò di un caldo sorriso quando la bambina le stampò un sonoro bacio
sulla guancia.
Quella
fu la goccia che fece traboccare il vaso. Si allontanò, boccheggiando per il
dolore e la rabbia. Aveva sofferto per tre anni, lontano da casa, mentre lei
costruiva con un altro la famiglia che avevano disperatamente desiderato.
Che
avevi desiderato!, si
corresse.
Perché Nicole
l'aveva ingannato, si era presa gioco di lui e del suo amore. Quella bellissima
e terribile donna gli aveva mostrato il paradiso per poi scaraventarlo in un
inferno fatto di mattine in cui
si era svegliato con il viso bagnato di lacrime e il corpo irrigidito dal
desiderio.
Non
riusciva nemmeno a contare quante notti avesse trascorso cullato solo dai
ricordi e da fantasie irrealizzabili.
Giorno
dopo giorno, si era interrogato se il suo cuore sarebbe tornato di nuovo a
battere, se il suo corpo avrebbe reagito alla vicinanza di un'altra donna.
Ma era
il fantasma di Nicole quello con cui si addormentava, ed era l'immagine delle
sue labbra che pronunciavano le parole “Non posso sposarti” che lo faceva svegliare
sudato e tremante.
Era
partito per gli Stati Uniti con il cuore in frantumi e una valigia piena di
sogni che non avevano più alcun valore.
Il
lavoro l'aveva completamente assorbito. Restava nei laboratori dell'università fino
a tardi, per non dover ritornare in una casa vuota.
Nicole
avrebbe dovuto partire con lui. Aveva fatto il passaporto per seguirlo.
Non
aveva mai capito quell'improvviso voltafaccia. Fino ad ora.
La
spiegazione era quella bambina. Aveva fatto presto a consolarsi e a dare a un altro uomo il
figlio di cui avevano spesso parlato.
Magari
lo aveva anche tradito.
Era il
tramonto quando arrivarono a Villa Volpi per il rinfresco.
La
villa sul mare si stagliava su un tramonto mozzafiato. Il sole calante aveva tinto di rosa il cielo limpido e
privo di nuvole, l'odore fresco e pulito del mare si mischiava a quello delle
Belle di notte e delle Campanule.
Chiunque
si sarebbe sentito protetto e cullato dalla pace di quel luogo, ma non Nicole.
La
tensione del primo pomeriggio si
era trasformata in un'inquietudine che le stringeva lo stomaco.
Ripensò all'espressione
di Roberto quando Bianca le era corsa incontro. Non si era mai sentita
più infelice e impotente come in quel momento, eppure aveva molta
esperienza in fatto di dolore.
Stava
male da così tanto tempo che non distingueva più l'apatia dal
tormento, ma quel pomeriggio le aveva regalato un nuova gamma di terribili
emozioni.
Un
solo sguardo al volto arrossato dalla rabbia e agli occhi fiammeggianti di Roberto,
l'aveva riportata indietro nel tempo, a quel pomeriggio in cui aveva rovinato
la vita di entrambi.
Se non
fosse stato per l'attesa di Bianca e la malattia di sua madre, si sarebbe
abbandonata alla depressione senza cercare alcuna via d'uscita.
I tragici
eventi che l'avevano colpita a ripetizione l'avevano costretta a farsi carico
di pesanti fardelli. E così, con una gravidanza a rischio e il cuore a pezzi,
si era rimboccata le maniche per assistere la madre malata di Alzheimer. Un
impegno a cui non si era sottratta fino a quattro mesi prima, quando la donna
aveva smesso di soffrire.
Vagò per
il patio, salutando gli invitati, ma non fermandosi con nessuno. Non aveva
alcuna voglia di lasciarsi trascinare in inutili discorsi.
Bianca
dormiva nel passeggino sotto stretta
sorveglianza di Daniela, la baby-sitter.
Quando
vide Roberto, si precipitò da lui senza permettere alla paura di fermarla.
Ora che non c'erano più ostacoli voleva parlargli, spiegargli il
perché del suo voltafaccia.
«Non
si beve a stomaco vuoto» gli fece notare, con tono disinvolto, appena arrivò
alle sue spalle.
L'uomo
si girò lentamente verso di lei, inchiodandola sul posto con un sguardo
indecifrabile.
«È
gentile da parte tua preoccuparti per la mia salute, ma non ce n'è bisogno»
replicò.
Nicole
strinse gli occhi per un attimo, ma non si lasciò scoraggiare da quel sarcasmo.
Avvicinarsi non sarebbe stata un'impresa facile.
«Mi
sono sempre preoccupata per te» sussurrò, mandando giù il groppo che le serrava
la gola.
Si
pentì di quelle parole non appena
lasciarono le sue labbra. L'espressione di Roberto si indurì, le labbra si
piegarono in una smorfia crudele.
«Cosa
vuoi?» le chiese, acido. «Ti senti in colpa, principessa? Vuoi assicurarti che
dopo tre anni ti ho dimenticata abbastanza da poter intrattenere con te
un'amabile discussione?».
Le
parole sferzanti non riuscirono a celare del tutto l'amarezza e la pena che gli
occhi comunicavano con una forza tale da farla rabbrividire.
«Non
chiamarmi così» ringhiò Roberto con un tono pericolosamente basso e freddo.
«Mi
dispiace».
«E di
cosa? Facciamo delle scelte, Nikki, e ne paghiamo le conseguenze. Positive o
negative che siano».
Sentire
quel diminutivo le fece salire le lacrime agli occhi. Era sicura che non si
fosse accorto di averlo pronunciato con la familiarità e l'intimità che un
tempo esistevano tra loro.
«Abbiamo
pagato entrambi» mormorò lei, fissandosi la punta delle scarpe.
«Non
fartene un cruccio. Il tempo aiuta a dimenticare e a trovare nuovi interessi»
concluse lui con uno sguardo
vendicativo.
Il
significato della parola “interesse” era abbastanza eloquente. Nicole
alzò il viso per guardarlo, inconsapevole di come gli appariva. Quelle
parole erano state come uno schiaffo in pieno viso e l’avevano sconvolta.
«Suppongo
sia così» accordò con grande dignità, ma con una voce tremante che smentiva la
sua espressione fiera.
Roberto
parve esitare prima di risponderle ancora, ma non si lasciò impietosire.
«Nessun
rimpianto, okay?» le propose con un sorrisetto. «E poi non hai nulla di cui
lamentarti».
Nicole
aggrottò la fronte. Cosa voleva dire?
«Non
capisco».
La
risata priva di allegria dell'uomo la fece sussultare. Era ricca e profonda e,
nonostante in essa lo scherno fosse evidente, desiderava solo ascoltarla
ancora.
«È
incredibile quanto tu riesca a fingere bene» si complimentò. «Riesci ancora ad
apparire la vergine ingenua e innocente che eri quando ci siamo conosciuti».
L'indignazione
e il dolore la fecero impallidire. Si portò una mano al cuore, in un
inconscio tentativo di proteggerlo.
Roberto
fece una smorfia pentita, ma fu così veloce a dissimularla che lei
pensò di averla immaginata.
«Dannazione!
Smettila di guardarmi con quell'espressione da orfanella sola e abbandonata.»
sbottò, carico di frustrazione.
«Sono
orfana. E mi sento sola,» confessò con amarezza.
Lui
parve stupito, ma non disse una parola.
«Tua
madre?» chiese poi con acuto intuito.
«Quattro
mesi fa» annuì lei con gli occhi fissi sul pavimento. Non si accorse del
movimento appena accennato di Roberto, un chiaro segno che avrebbe desiderato
stringerla a sé.
«Non
lo sapevo. Mi dispiace» proferì, impacciato.
«Ha
smesso di soffrire. Erano quasi tre anni…»
Nicole
si interruppe, il dolore per la perdita era ancora vivo.
Un
imbarazzato silenzio li avvinse per qualche secondo, prima che la donna
riuscisse a riprendere le redini del discorso e cercare di salvare il proprio
orgoglio.
«Non
preoccuparti, Roberto. Non c’è bisogno di fingere dispiacere, soprattutto per
me. Sbaglio o sono una donna falsa e infida?» gli chiese spezzando l’attimo di
tregua che si era stabilito tra loro.
Non
desiderava altro che potergli raccontare tutta la verità, confessargli che lo
amava ancora e non avrebbe mai smesso. Ma non riusciva a farsi scivolare
addosso le sue parole piene di rancore.
«Infedele»
aggiunse lui. «Dimentichi che sei una donna infedele».
Nicole
sussultò, offesa. Come poteva giudicarla così? Per tutti gli anni che avevano
vissuto insieme il sole sorgeva e tramontava con lui. Non aveva avuto altri
uomini prima di Roberto, e soprattutto non dopo.
Stava
per rispondergli, alterata, quando lui la interruppe sollevando una mano.
«Non
ti affrettare a negare» le suggerì. «Quanti anni ha tua figlia? Tre?» le
chiese.
Il
tono leggero nascondeva una pena immensa. Osservando il viso stanco e
angosciato dell’uomo, perse la voglia di ribattere.
Ora
capiva la sua rabbia, il perché delle sue parole. Pensava che lei l’avesse
tradito, e se aveva interpretato bene il suo nervosismo, forse teneva ancora un
po’ a lei.
Nascose
un sorriso, mentre una tenue speranza
si accendeva nel suo cuore.
«Due
anni e mezzo. È tutto ciò che mi rimane di suo padre» sussurrò teneramente.
La
maschera di sarcasmo e indifferenza di Roberto cadde e Nicole fu inchiodata da
due occhi fiammeggianti di furia e di qualcos’altro che la lasciò senza fiato.
Si
avvicinò a lui, incapace di mantenere ancora le distanze.
«Va'
al diavolo!» sibilò l’uomo, quando gli posò una mano sul braccio.
La
scostò bruscamente e si allontanò in direzione della spiaggia, come
se avesse alle calcagna tutti i
diavoli dell’inferno.
La
reazione veemente di Roberto la confortò e la riempì di nuovi
propositi. Gli avrebbe raccontato tutta la verità.
Non
sapeva ancora come, ma aveva tempo di prepararsi con calma. I
festeggiamenti sarebbero durati per altri due giorni e lei avrebbe saputo
come sfruttarli.
Rientrò in
sala e si dedicò a sua figlia per il resto della serata.
Roberto
si presentò solo dopo parecchio tempo, con l'aspetto stropicciato e gli
occhi tormentati. Se possibile, l'aria trasandata e stanca lo rendeva ancora
più affascinate. Dovette fare un grande sforzo per non balzare in piedi e
saltargli addosso.
Non
era ancora il momento. Roberto la odiava, e solo la certezza che presto avrebbe
alleviato la sua pena le fece sopportare il ricevimento con pazienza e
apparente spensieratezza.
Gli
incubi e le incertezze, però, erano dietro l'angolo e, appena le fu mostrata la
camera della villa che le avevano assegnato, l'assalirono senza pietà.
Trascorse
la notte più lunga della sua vita tra quelle pareti estranee, con il
pensiero fisso sull'uomo che era solo a qualche porta dalla sua.
Dopo
tre anni in cui tra loro c'era stato l'oceano, quella vicinanza la metteva in
agitazione.
Si
dimenò tutta la notte tra sonno e veglia, sudata e ansante per il gran
caldo di luglio.
Non
sapeva che, a pochi passi da lei, Roberto era preda dello stesso tormento.
«Che
bella giornata! Avete trascorso una notte serena?».
La
domanda di Marzia, a colazione, attirò le occhiatacce di Roberto e Nicole.
I loro
visi tirati e pallidi, uniti agli occhi iniettati di sangue, rivelavano la
notte insonne che si erano lasciati alle spalle.
Un
sorriso malizioso incurvò le labbra della neosposa. Era ora che quei due
si chiarissero, e lei e suo marito avevano tutta l'intenzione di forzare loro
la mano.
«Siete
pronti per la gita?» chiese, cercando di coinvolgerli in una discussione.
Roberto
non alzò gli occhi dal giornale, mentre guardava di sottecchi Nicole.
A
prima mattina, senza trucco e con i capelli in disordine, era ancora la donna
più bella che avesse mai
visto.
«Non
credo che sia il caso di portare Bianca in barca» obiettò lei, preoccupata.
Roberto
strinse le mani sul giornale fino a farsi diventare le nocche bianche. La vista
della bambina gli rendeva insopportabile stare lì, ma non poteva tirarsi indietro.
Marzia
e Simone erano i suoi migliori amici sin dal liceo, e poi non voleva dar loro
l'impressione di essere ancora un ragazzino malato d'amore.
«Starà
benissimo! Povera creatura, deve prendere un poco d'aria. Da quando è nata è
rimasta sepolta in casa!» sbottò l'amica.
Un'espressione
colpevole e rammaricata si dipinse sul volto di Nicole, che abbassò gli
occhi sulla sua tazza di caffè.
Nonostante
il rancore che provava per lei, Roberto era curioso di decifrare le sue
espressioni. Era sempre stata un libro aperto, ma ora non era più convinto di
averla conosciuta davvero.
«Oh,
tesoro, scusami» esclamò Marzia, dispiaciuta. «Devi ammettere però che non ti
sei data un attimo di tregua fin quando tua madre era in vita, e non
l'hai dato nemmeno a lei»
aggiunse indicando la bambina nel passeggino con un cenno del capo.
Roberto
seguì lo sguardo della donna e si soffermò a guardare Bianca. Aveva
gli stessi colori della madre ed enormi occhi verdi.
Notare
quel particolare lo turbò. Cercò di scacciare via quella sensazione portandosi alle
labbra la sua spremuta.
«Hai
ragione» assentì Nicole con un sorriso mesto. «E poi questa signorina non vede
l'ora di mettersi il suo primo costumino» aggiunse prendendola sulle gambe.
La
tenerezza di quel gesto lo commosse, tanto quanto lo innervosì.
Si
alzò in piedi, chiedendosi come avrebbe fatto a sopportare una giornata
confinato in barca con la sua ex in bikini e quella bambina che ormai
considerava frutto del tradimento.
Raggiunse
Simone all'esterno. Stava comunicando al tassista il loro itinerario. Si
sarebbero spostati al porto di San Felice Circeo per prendere la barca che
avevano affittato per l'escursione.
Non
capiva il perché di quel matrimonio tanto lungo. I wedding week-end erano
fatti per concedere agli ospiti
tre giorni di divertimento, ma a quanto pareva gli unici invitati per il sabato
e la domenica erano lui e Nicole. Anche la baby-sitter di Bianca era tornata a
Roma.
«Fatto
una buona colazione?» lo salutò Simone con un sorriso.
Roberto
si chiese se i neosposini
avessero intenzione di tormentarlo.
Lo
conoscevano troppo bene per ignorare il suo stato d'animo.
«Vi
siete messi d'accordo tu e Marzia?» sbottò, infastidito.
La
risata dell'amico per poco non lo spinse a prenderlo a pugni.
«I
vantaggi dell'essere sposati: si è sulla stessa lunghezza d'onda».
Roberto
lo incenerì con un'occhiata di fuoco. «Qualsiasi cosa stiate cercando di
fare, vi consiglio di piantarla se non volete rovinarvi i festeggiamenti»
lo avvisò.
L'insofferenza
si faceva ogni minuto più
marcata. Poteva scappare via senza offendere a morte la coppia?
«Sempre
così cupo e minaccioso» lo prese in giro l'altro. «Goditi questa bella
giornata. Adori andare in barca».
«Ma
non adoro questa compagnia» gli fece notare.
Simone
inarcò un sopracciglio, non credeva a una sola parola.
E
che sia dannato, ha ragione!
Aveva
aspettato con ansia il rientro in Italia solo per poter rivedere Nicole. Si era
pentita? Avrebbe voluto ricostruire con lui il vecchio rapporto?
Erano
queste le domande che si era fatto
nelle otto ore d’aereo, cercando di tenere a freno la speranza.
Domande
che non avrebbe mai dovuto porsi.
La
sera precedente le aveva detto che la vita va avanti, ma aveva mentito. La sua
si era fermata molti anni prima, su quella spiaggia del Circeo che aveva fatto
da sfondo alle loro più tenere notti d’amore.
Un'ora
dopo erano tutti e quattro stipati nella Multipla bianca, pronti a raggiungere
il porto.
Roberto
provò con tutte le sue forze a partecipare alla conversazione, ma non ci
riuscì. Era un tipo riflessivo,
che ascoltava più che parlare, e quella situazione non lo facilitava. Trovarsi
vicino a Nicole, al punto da sentire il suo caratteristico odore di fiori, lo
stava facendo impazzire. Qualunque cosa potesse distrarlo era ben accetta.
Purtroppo
la maggior parte dei commenti riguardavano la bambina.
Si
vergognò di provare astio per una creatura innocente. Non era sua la colpa
degli errori commessi dalla madre.
La
verità era che la sua presenza gli impediva di dimenticare quello che
avrebbe potuto avere con Nicole.
Una
famiglia, fine settimana in montagna, notti trascorse a vegliare i loro
bambini.
Aveva
ottenuto la fama internazionale cui aveva ambito, aveva fatto importanti
scoperte che gettavano le basi per nuove terapie geniche, eppure la sua vita
gli appariva ben misera.
I
riconoscimenti che gli erano piovuti addosso dai più illustri studiosi non
avevano potuto riempire il vuoto che Nicole gli aveva lasciato dentro.
«Un'ottima
giornata per un'escursione» esclamò Simone appena lasciarono il soffocante
abitacolo dell'auto.
I due
sposini irradiavano felicità da tutti i pori e sembravano non accorgersi del
clima da Guerra Fredda che si era instaurato tra lui e Nicole.
Roberto
si sentiva poco incline a condividere quella felicità, ma dovette ammettere che
la giornata era splendida. Il sole caldo di luglio si stagliava su un cielo limpido
e un venticello piacevole trasportava il profumo pulito del mare fino a
loro, insieme allo stridio dei gabbiani.
Osservò il
mare, quella placida distesa turchese aveva avuto sempre il potere di calmarlo.
Inspirò a fondo e cercò di
riprendere la sua solita compostezza.
Un'impresa
alquanto difficile, visto che Nicole gli sventolava sotto il naso il suo
magnifico corpo, celato malamente da un trasparente vestitino a fiori. Il
misero bikini scopriva generose porzioni di pelle, lasciando ben poco
all'immaginazione. Il cappello di paglia e gli occhiali da sole aggiungevano un
tocco elegante e misterioso alla sua mise provocante.
Suo
malgrado, il corpo reagì a quella vista.
Poche
ore con lei nelle vicinanze lo avrebbero ridotto a uno straccio.
«Prenderemo
il gommone per raggiungere la barca» lo informò l'amico con un'aria innocente.
Lo sguardo sfuggente di Simone lo rese sospettoso.
«Perché
non hai preso una piccola barca?» chiese lui con tono inquisitorio. Sapeva che se non era
ormeggiata in porto, doveva essere quantomeno uno yacht di piccole dimensioni.
«Amico,
sai che mi piace fare le cose in grande. Vedrai che la Mercy ti piacerà».
Ci
mancava solo una barca il cui nome significava “comprensione”!
La sua
espressione esasperata provocò l'ilarità dell'amico. Nicole,
silenziosa fin dalla sera prima, sembrava non rendersi conto di tutte quelle
coincidenze.
Non
senza impaccio, i quattro salirono sul gommone. Marzia insistette per tenere la
bambina con sé.
Era in
vena di prove generali, aveva detto mentre la strappava dalle braccia della
madre.
Nicole,
che si fidava dell'amica, non protestò, pur tradendo una certa apprensione.
Tutto
indica che sia una madre modello, considerò Roberto, e per poco non imprecò.
In due
giorni aveva toccato nuove vette di rabbia e dolore.
Un
costante senso di oppressione gli impediva di respirare. Si sentiva in gabbia e
non intravedeva una via di fuga.
Arrivarono
presto alla grande barca bianca. Lui e Simone avevano entrambi la patente
nautica e avevano discusso dettagliatamente sui luoghi che avrebbero dovuto
visitare dell'arcipelago di Ponza.
Un
itinerario che tutti e quattro conoscevano bene.
Ricacciò indietro
la valanga di ricordi che stava per sommergerlo e si concentrò per salire sulla
scaletta.
Nicole
lo seguì subito dopo, mostrando una grande agilità.
Quando
tese le braccia per prendere Bianca, Simone mise in moto il gommone.
«Spero
che la barca sia di vostro gradimento» proferì con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
«Simone...»
gridò Roberto con una voce irata che a stento riconobbe come propria.
«Non
credete che sia ora di chiarivi?» disse Marzia. «Vi trascinate come due anime
in pena. È chiaro che tra voi non è finita» dichiarò in tono ragionevole.
«Oh,
Marzia! Non puoi» gridò Nicole angosciata. «Bianca...».
«Starà
bene con noi» sentenziò Simone.
Il
sangue affluì prepotentemente alla testa di Roberto, contento di poter
sfogare finalmente la tensione accumulata. Fece per lanciarsi dallo yacht, ma il gommone si allontanò.
«Verremo
a prendervi domani» urlò Marzia ignorando le proteste di Nicole, che si
accasciò su una panca con espressione afflitta.
Non li
avrebbe mai perdonati, decise Roberto.
Nicole
si morse il labbro con violenza e strinse gli occhi. Aveva trascorso l'intera
notte a pensare a come avvicinarsi al suo ex, ma non avrebbe mai immaginato che
i suoi amici gli tirassero quel brutto scherzo.
Si
prese il volto tra le mani tremanti. Per la prima volta, il suo cuore
tradì una certa paura. Roberto negli ultimi cinque minuti aveva urlato
imprecazioni in ben tre lingue, fino a farsi diventare la voce roca.
L'unico
sguardo che le aveva lanciato era così pieno di rabbia e disgusto che tutti
i suoi sogni di una riconciliazione tra loro erano andati miseramente in
frantumi.
«Sapevi
tutto!» la accusò lui all'improvviso.
Nicole
alzò il volto, bianca come un cencio.
«No»
sussurrò stancamente. «Non mi sarei mai separata da Bianca».
Roberto
tirò un pugno sul lato della cabina di pilotaggio. Quella risposta, se
possibile, l’aveva indispettito ancora di più.
«Bene»
proruppe dopo un po'. «Non credo ci saranno problemi a ignorarci fin quando non
torneranno».
«Parla
per te» replicò lei.
«Cosa?».
«Per te
non ce ne sono» chiarì con voce più forte. Per quanto la riguardava, guardarlo
e non potersi avvicinare sarebbe stato peggio di una tortura medievale.
«Ti
ricordo i tuoi peccati?» insinuò l'uomo sarcastico.
«Mi
rendi solo difficile preservare la mia dignità» esclamò con veemenza.
«Non
sono sicuro che tu ne abbia una»
puntualizzò lui.
Nicole
non si fece ferire da quel sarcasmo. Se non faceva un compromesso con il
proprio orgoglio, lo avrebbe perso per sempre.
«Non
ti sono ancora caduta tra le braccia. Un chiaro segno che conservo ancora un
briciolo di amor proprio».
Le
labbra di Roberto tremarono nel tentativo di reprimere un sorriso.
«Davvero
credi che ti accoglierei?» commentò con una risata priva di allegria. «Non ti
ho mai considerata una stupida, Nicole».
Il suo
nome, pronunciato da quella voce calda, la fece
rabbrividire.
Erano
tre anni che non sperimentava la passione e si sorprese che una sola parola
potesse avere un tale effetto su di lei.
Roberto
notò quella reazione e lei vide i suoi occhi scurirsi. Anche io gli faccio un certo
effetto, pensò soddisfatta.
Nicole
accavallò le gambe e il vestitino le risalì sulle cosce snelle.
L'uomo seguì quel movimento con interesse e le sue narici fremettero
quando inspirò con forza.
«Non
attacca» riuscì a dire dopo un po', con voce roca. «Non so cosa ti sei messa in testa, ma tienimi fuori dai tuoi
piani».
Nicole
intuì una sfumatura di timore nelle sue parole. Quanto male gli aveva
fatto! Anche se per ragioni onorevoli.
«Non
esiste alcun piano, se non quello di spiegarti alcune cose» iniziò, cauta.
«Cosa
vuoi? L’assoluzione? Ce l’hai! Ora lasciami in pace» sbottò stancamente.
«Ti
sorprenderebbe sapere cosa desidero» sussurrò lei.
«Non
rendere questa situazione ancora più insopportabile. Non c’è bisogno di ravvivare
vecchie fiamme, non potresti interessarmi di meno» sibilò Roberto.
Nicole
impallidì, ma non accennò a distogliere gli occhi dai suoi.
«Non
chiedo nulla, se non la possibilità di parlarti».
«Sei
in ritardo di qualche anno, non trovi?» disse l'uomo, voltandole le spalle.
«Sei
sempre così orgoglioso!» esplose lei,
contrariata. «Fermati un attimo e ascoltami».
«Sono
stanco di ascoltare le tue bugie. Me l’hai propinate per anni» sibilò con
rancore.
Calde
lacrime salirono agli occhi della donna, che si morse un labbro con violenza
nel tentativo di ricacciarle indietro.
«Hai
ragione di pensarlo, ma sono stanca di nascondermi. Concedimi solo pochi
minuti, non ti chiedo altro».
«Mi
chiedi fin troppo!» urlò l’altro, esasperato. «Sai cosa significa perdere la
donna della propria vita senza uno straccio di spiegazione?».
Oh, lo
capiva eccome! Ma l’aveva fatto per lui, solo per lui.
«Pensi
che per me sia stato facile lasciarti andare?» chiese, lasciando che le lacrime
le inondassero il viso.
«Smettila
di piangere» tuonò. «Non ne hai il diritto!».
Nicole
soffocò un singhiozzo, cercando la forza di andare fino in fondo.
«Credi
di sapere tutto, dottor Zanier?».
«Io
non so nulla! Tre dannati anni senza sapere se ti avevo ferito in qualche modo,
se era mia la colpa del tuo allontanamento». Il tono di voce aumentava con
l’intensità della sua collera. «Ma ora non mi interessa più. La nostra vita è
andata avanti, tu hai una figlia. Fatti un favore: stammi lontano».
Quelle
parole furono come una stilettata al cuore per la donna.
«Non
posso» sussurrò, tentando di recuperare il controllo.
«Cosa?».
«Ora
che sei qui non riesco a starti lontana. Non voglio» mormorò.
Osservò Roberto
assorbire quelle parole con gli occhi che lampeggiavano. Poi lui scoppiò
in una risata che le ghiacciò il sangue nelle vene.
«Si
tratta solo di ciò che vuoi o non
vuoi, vero? Ti diverti a giocare con le persone. Non mi prenderai più in giro,
Nicole».
La
lieve minaccia che quelle parole nascondevano la fece ritrarre solo per un
attimo.
«Ho
sempre voluto ciò che era meglio per te».
Roberto
le voltò le spalle e si diresse
verso la prua, incapace di ascoltarla un minuto di più.
Lo
seguì, cercando di mantenersi in equilibrio sul ponte della barca, che
oscillava al ritmo delle onde.
L'acqua
cristallina era increspata da un vento di maestrale che rendeva lo yacht poco stabile.
Maledì ancora
una volta i propri amici. Si erano chiesti come avrebbero trascorso la notte
nell'unica stanza sotto coperta?
Dovette
ammettere che il piano era stato ben congegnato, anche la barca aveva
caratteristiche fatte apposta per costringerli insieme costantemente.
Tuffarsi
era l'unica via di fuga, ma erano troppo lontani dalla riva.
«Se
scappi ancora giuro che...».
Roberto
la afferrò appena in tempo. La fretta di raggiungerlo aveva compromesso il
suo già fragile equilibrio.
Si
aggrappò alle spalle
dell'uomo, affondandogli le unghie nella pelle.
La
sensazione di vuoto allo stomaco si unì ai brividi e al battito feroce del
suo cuore.
Era
così bello sentire le sue braccia forti intorno alla vita, il respiro a
pochi centimetri dal suo viso.
Aveva
sognato così tanto di trovarsi ancora tra le sue braccia, che le girò la testa
e le gambe cedettero.
Roberto
la sostenne con un solo braccio, mentre con l'altra mano le sfilò gli
occhiali da sole per guardarla negli occhi.
Rimase
senza fiato quando i suoi occhi blu incontrarono quelli verdi dell'uomo.
L'assoluta perfezione di quell'attimo la sopraffece e li riempì di lacrime.
La
piega crudele delle labbra di Roberto si addolcì quando notò la sua
commozione, e l'espressione dura fu vinta dalla tenerezza.
Nicole
gli posò una mano sulla guancia, ansiosa di avvicinarsi alle sue labbra.
Quel
semplice contatto, però, spezzò il momento magico che si era creato.
Roberto la scostò da sé bruscamente, dandole tuttavia il tempo di
ritrovare l'equilibrio.
«Dio,
non ti credevo così crudele»
sibilò sprezzante. «Ti diverte il fatto che dopo tre anni riesci ad ottenere
ancora questa reazione da me, vero?» chiese con odio.
«Sai
troppo bene che mi rende felice. Se solo ti fidassi un po' di me…»
«Ti
ascolti? Come puoi chiedermi di fidarmi di te? Mi hai lasciato senza motivo!»
l'aggredì.
«Il
motivo era la tua dannata carriera» rivelò Nicole, perdendo la calma.
Roberto
spalancò gli occhi per l'incredulità. «Non riuscirai a farmi sentire
in colpa» l'avvisò, travisando. «Non ci provare».
«Non
intendevo questo. La tua carriera per me era più importante della mia stessa
felicità» dichiarò. Il peso che aveva portato sul cuore si alleviò un po' a
quella confessione. Si era consumata nel tentativo di mantenere quel terribile
segreto.
«Cosa?».
«Hai
sentito bene. Il mio unico desiderio era vederti realizzare i tuoi sogni».
La
sorpresa e la rabbia facevano a cazzotti sul viso dell'uomo. Nicole riusciva ad
intuire la lotta che si stava svolgendo nella sua testa. Da un lato la
speranza, dall’altro la paura di crederle.
«Volevo
a tutti i costi che partissi» aggiunse con un dolce sorriso.
«Dovevi
venire con me...» iniziò Roberto, ma lei lo interruppe alzando una mano.
«Oh,
lo desideravo così tanto! Ma non potevo» confessò.
Roberto
si avvicinò lentamente a lei, ma non abbastanza affinché potesse
toccarlo.
«Cosa
stai cercando di dirmi?» domandò con voce strana, come se stesse soffocando.
«Due
giorni prima che ti lasciassi ebbi i risultati delle analisi di mia madre»
esordì con voce tremante.
«Mi
avevi detto che secondo il dottore erano buone».
«È
stata la mia unica bugia. Mamma...» si schiarì la voce, nel tentativo di
ingoiare il groppo che le serrava la gola, «era malata di Alzheimer».
Roberto
si voltò a guardare il mare, assorto.
«Perché
non me l'hai detto?» chiese senza voltarsi. La voce calma era smentita dalla
rigidità delle spalle.
«Sarei
rimasto al tuo fianco».
La sua
devozione la commosse. Poteva mentirle, addirittura ferirla, ma non
l'aveva fatto. Si conficcò le unghie nei palmi delle mani per resistere alla
voglia di avvicinarsi a lui e stringerlo.
«Ora
capisci perché sono rimasta in silenzio?».
Un
cenno rigido della testa fu tutto ciò che ottenne come risposta.
Sorrise mestamente e raggiunse il retro della
barca. Forse le sue parole non avrebbero cambiato nulla, ma adesso Roberto
sapeva, o almeno sapeva abbastanza.
Prese
il telo che aveva nella borsa e si stese a pancia in giù.
È
uno spreco rinunciare a tutto questo sole, si disse per distrarsi.
La
tua carriera era più importante della mia stessa felicità. Roberto ripeté mentalmente quelle parole.
Una, due, mille volte.
Tentò di
trovare dentro di sé la forza per rifiutarle, di considerale una bugia, ma
non ci riuscì.
Gli
occhi di Nicole erano sinceri, vibranti di un sentimento di cui non osava
pronunciare il nome.
Ricordava,
come fosse ieri, quel vestitino bianco a fiori che indossava l’ultimo
giorno in cui l’aveva vista. Era nervosa, rammentò, ma lui aveva attribuito la colpa alla partenza imminente.
Era
stato messo a capo di un progetto di ricerca sulle cellule staminali. Era
un’opportunità unica per un ricercatore della sua età e l’entusiasmo
l’aveva travolto, rendendolo cieco al disagio di Nicole.
Aveva
ripercorso i particolari di quel
pomeriggio così tante volte che non riusciva più a distinguere i ricordi dalle
conclusioni che ne aveva tratto.
Ora
tutto assumeva un volto nuovo. Rivide nella propria mente gli occhi di lei.
Aveva sempre pensato che fossero lucidi per il rimorso, in quel momento capì
che erano addolorati della perdita e che il suo nervosismo era solo timore di
non riuscire a fare la cosa giusta.
Gemette,
sollevato e angosciato insieme. Una parte di lui scoppiava di felicità, quella
meno egoista pensava solo a quanto quel sacrificio fosse costato a Nicole.
Lui
aveva avuto l'odio a sostenerlo in quegli anni, ma lei?
I
polmoni iniziarono a bruciargli nel tentativo forzato di incamerare aria. Il
peso che aveva sul petto gli rendeva impossibile respirare e la gola era serrata in una morsa.
Nicole
aveva sopportato il suo sarcasmo e le sue offese senza battere ciglio, con la
dignità di una vera donna. E lui c'era andato giù pesante,
accusandola di essersi presa gioco di lui.
Si
accasciò sul ponte, guardando l'orizzonte senza vederlo.
L'unica
colpa di Nicole era stata amarlo abbastanza da rinunciare a lui e dargli la
possibilità di realizzare i propri sogni.
Lei
non aveva ottenuto altro che perdita e sofferenza. Mentre lui era in giro per
il mondo a raccogliere consensi, Nicole si era dedicata a una madre che non la
riconosceva più e a una bimba...
Spalancò gli
occhi e smise di respirare, travolto da una nuova consapevolezza: Nicole
l’aveva amato troppo per tradirlo.
È
tutto ciò che mi rimane di suo padre.
Si alzò come una furia, con il cuore che
batteva forte e il corpo che tremava come se avesse la febbre. Raggiunse con
movimenti impacciati la poppa dello yacht.
Nicole,
attirata dai suoi passi pensanti, alzò il viso per guardarlo. Roberto vide
gli occhi di lei fermarsi sui suoi capelli spettinati, sull'espressione
stravolta e il petto ansante.
Senza
emettere un suono, lei iniziò a piangere sommessamente. Quelle iridi blu
erano inondate da cocenti lacrime e il mento tremava in modo incontrollabile.
Quella
reazione confermò i suoi sospetti. La bambina dagli occhi verde giada era la loro bambina, il frutto del loro amore.
Crollò a
terra davanti a lei, con le lacrime agli occhi e l'intenzione di urlare al cielo
tutto il suo dolore.
Senza
sapere come, si ritrovò a stringere
Nicole tra le braccia, che soffocava i singhiozzi sul suo petto.Le
affondò il viso nel collo e la strinse così forte che non sarebbero
bastati cento uomini a dividerli.La
strinse e pianse anche lui per gli anni che aveva perso, anni che nessuno avrebbe potuto restituire loro.
Pianse
per il marito attento e premuroso che non era mai stato, per le prime parole di
sua figlia che aveva perso. Pianse
per le notti in cui Nicole era rimasta sola a calmare il pianto della bambina,
per la vita a cui aveva rinunciato per lui.
E
mentre piangeva, le lacrime lavarono via il rancore e l'amarezza, allontanarono
l'odio dal suo cuore.
«Quando
sono partito...».
«Non
lo sapevo».
Un
lamento si levò dalla gola dell’uomo, un suono colmo di pena e immenso
dolore.
«Perdonami»
lo implorò Nicole. Ripeté quella parola ancora e ancora, strozzandosi nel
tentativo di trattenere i singhiozzi che le squassavano il petto.
Ma lui
non aveva nulla da perdonare. Era ottenebrato dal dolore, ma aveva compreso le
motivazioni di quella splendida donna che con le sue parole stava
dimostrandogli ancora una volta quanto grande fosse l’amore che provava per
lui.
«Avevi
intenzione di dirmelo?».
«Appena
mamma è morta» asserì Nicole con convinzione. «Marzia e Simone mi hanno
convinta che se ti avessi chiamato probabilmente non saresti tornato, così ho
aspettato il loro matrimonio».
La
voce fioca e spezzata di Nicole gli strinse il cuore.
«Avrei
rinunciato a tutto per te» le disse con ardore, guardandola negli occhi
arrossati.
«Lo
so, ma non potevo permettertelo. In questi tre anni ho conservato tutti gli
articoli che ti riguardano. Sono orgogliosa di te, dottor Zanier» gli sorrise
debolmente tra le lacrime.
Roberto
non resistette più. Le prese il viso tra le mani e la baciò.
Le
labbra di Nicole cedettero subito sotto quell’assalto e si aprirono per
accoglierlo. Gli restituì il bacio con l’ardore e l’ingenuità che ricordava,
con quel candore che lo faceva andare fuori di testa e lo spingeva oltre il
limite.
La
fece distendere sulla schiena e continuò a baciarla, ebbro di sensazioni che
non provava da molto tempo.
Con le
dita le accarezzò la gola, le guance e un angolo della bocca, mentre assaporava la
dolcezza di quelle labbra calde. L’irruenza si trasformò presto in tenerezza e
adorazione.
Nicole
gli aveva dato una figlia, aveva portato dentro di sé il frutto del loro amore.
Avrebbe
sempre rimpianto il tempo perso, ma non l'avrebbe mai incolpata. Come poteva,
dopo che lei aveva fatto un tale sacrificio?
Si
staccò da lei per guardarla negli occhi, ansioso di ritrovare i sentimenti
che credeva perduti. C’erano tutti: l’amore, la passione, la felicità, ma anche
lo spettro della sofferenza e del pentimento.
«Bianca…»
le parole gli si strozzarono in gola.
Nicole
capì e gli sorrise, non meno emozionata di lui.
«È
ancora troppo piccola per capire. La sera mi chiede di raccontargli le
avventure di Papà Roberto».
«Le
hai parlato di me?»
«Ogni
giorno, sin da quando è nata. Sei una specie di eroe per lei» gli assicurò.
Il
cuore gli faceva così male che si chiese come facesse a battere ancora.
Il suo
tormento doveva essere visibile, perché Nicole gli
accarezzò teneramente il viso
«Se
vuoi, avrai tutto il tempo per conoscerla. Non ti negherò mai di vedere tua
figlia» dichiarò, esitante.
Roberto
studiò quegli occhi enormi. Capì che Nicole non si aspettava nulla da lui,
se non che fosse un buon padre. Quell’umiltà gli fece male. Non riusciva a
rendersi conto di che donna speciale fosse?
«Tu
cosa desideri?» la provocò.
Nicole
distolse il viso e arrossì deliziosamente.
«Lo
sai» sussurrò con voce carica di imbarazzo.
Roberto
sorrise e riportò gli occhi blu su di sé.
«Rispondimi!»
le intimò, sfiorandole le labbra con un lieve bacio.
«Ho
sempre voluto te. Oh, Roberto, ti amo così tanto!» confessò con passione,
appoggiando la fronte su quella dell’uomo e chiudendo gli occhi.
Sentì quelle
parole entrare dentro di lui e sciogliere il ghiaccio che aveva intorno al
cuore. Gli scorrevano come fuoco liquido nelle vene, drenando il veleno che gli
aveva intorpidito i sentimenti. Ovunque lo toccarono, quelle parole portarono
calore, luce e speranza.
«Non
lasciarmi mai più!» le ordinò, ma sembrò più una preghiera.
Nicole,
per tutta risposta, lo baciò, trafficando per sfilargli la camicia dalle
spalle.
La
aiutò, dimenandosi, per non staccare
le labbra da quelle della donna.
La
frenesia lo abbandonò solo quando scoprì il corpo di lei.
Osservò con piacere oscuro ogni centimetro di quella pelle liscia e
chiara, accarezzò ogni curva, modellandola con le mani e con le labbra.
Ignorò il
proprio corpo rigido e dolorante e si dedicò solo a Nicole, mettendo tutto
quello che provava per lei in ogni bacio, in ogni respiro ansante.
Gli
occhi della donna erano socchiusi per il piacere, dolci gemiti prorompevano
dalle sue labbra gonfie e tumide.
Nicole
lo incitò, lo stregò con i suoi movimenti seducenti, con le sue mani che lo
toccavano leggere, come ali di farfalla.
La
passione li catturò nelle sue ammalianti spire, offuscando i loro
pensieri coerenti. Il ritmo dell'amore li spinse oltre ogni limite, vincendo la
voglia di onorarsi a vicenda con quell'esplorazione delicata e pretendendo
un'unione più urgente e totale.
Le
prese il viso tra le mani e incatenò gli occhi a suoi, mentre la faceva sua.
Centimetro
dopo centimetro, i loro corpi si fusero, le loro anime spezzate divennero una
sola cosa. Roberto tremava per lo sforzo di controllarsi, di assaporare quel
momento fino in fondo, senza abbandonarsi al solo piacere dei sensi.
«Sei
tutto per me» mormorò sulle labbra di Nicole.
Lei
gli andò incontro, gemendo e
singhiozzando per il piacere.
«Ti
amo, Roberto. Ti amo…» mormorò, inarcando il bacino per riceverlo fino in
fondo.
La
sinfonia di movimenti si fece più violenta, ogni bacio
sembrò diventare più lungo del precedente, ogni carezza
più intima e appassionata.
Accelerò il
ritmo per provocare quei piccoli rantoli che tanto lo eccitavano.
Nicole
non si trattenne. Con gli occhi storditi e adoranti, urlò di piacere e si
mostrò senza imbarazzo, con una spontaneità e un amore che lo
travolsero.
Non
riuscì a frenarsi oltre e cedette
anche lui, appagato dopo tanto tempo. Felice.
«A
cosa pensi?» le chiese Roberto, abbracciandola da dietro. Era trascorso un
intero giorno, ma a loro erano sembrate solo poche ore.
Nicole
sorrise, mentre osservava il promontorio del Circeo. Il sole stava precipitando
nelle profondità del mare e le luci del porto, in lontananza, creavano
un’atmosfera romantica e affascinante.
«Sono
preoccupata per Bianca» gli confidò.
Roberto
si irrigidì sentendo il nome di sua figlia, ma subito rilasciò un respiro tremante.
Non si
era ancora abituato all’idea di essere padre e il pensiero di rivedere la
bambina lo rendeva nervoso.
Nicole
aveva tentato tutto il pomeriggio di calmarlo, ma con scarsi risultati. Avevano
parlato per ore, raccontandosi i momenti terribili che avevano vissuto.
Roberto
non l’aveva incolpata per un solo attimo, anche se non riusciva a nascondere il
dolore per gli anni persi.
Con un
misto di curiosità e ritrosia, le aveva chiesto di descriverle Bianca, il
suo carattere e le sue abitudini. Voleva sapere tutto, a costo di sopportare
qualche lacrima e tanta pena.
Nicole
lo aveva accontentato, sorvolando sui problemi della gravidanza e
raccontandogli gli episodi più felici.
Roberto
si era dimostrato forte e, tra le sue braccia, Nicole aveva scoperto che non c’era
limite all’amore.
Avevano
fatto l’amore più volte, sorpresi nel riscoprire quanto i loro corpi si
adattassero l’uno all’altro, quanto perfetta fosse la loro intesa.
La
realtà aveva scolpito il tempo in modo irreversibile, ma per i loro cuori
non erano trascorsi che attimi.
Si
girò tra le sue braccia e gli allacciò le braccia al collo.
«Dovrò
rassegnarmi a vederla domani» sospirò lei.
«Stanno
venendo a prenderci» la informò Roberto.
«Ma
come…?»
«Ho
contattato il porto con la radio» la interruppe.
Nicole
aggrottò la fronte e guardò attentamente l’espressione innocente di
Roberto.
«Ma
non avevi detto che non potevi contattare nessuno? E non mi dire che l’hai
appena trovata!» chiese, ma non ce n’era bisogno. Lo sguardo malizioso
dell’uomo era una risposta abbastanza eloquente.
«Ogni
barca ha una radio, piccola» le sussurrò all’orecchio, baciandole il collo.
La
donna rabbrividì di piacere ma non si lasciò distrarre.
«E tu
lo sapevi bene» insinuò contrariata.
«Non
eri l’unica a voler passare del
tempo insieme» esclamò burbero, stringendola un po’ di più.
«Potevi
risparmiati la parte dell’ignorarci fino a domani» gli fece notare, reprimendo
un sorriso.
«Gli
uomini non svelano tutte le loro carte, mia cara».
«Nemmeno
le donne» lo avvisò mordendogli un orecchio.
Roberto
la lasciò andare di botto, quasi si fosse scottato.
«Tra
pochi minuti saranno qui. Non provocarmi, donna!» la mise in guardia,
lanciandole uno sguardo appassionato e frustrato insieme.
Nicole
scoppiò a ridere, avvicinandosi sempre di più.
Roberto
arretrò e non si accorse di essere arrivato al limite della prua. Si
sbilanciò e cadde all’indietro, non prima, però, di averla afferrata per
un braccio, trascinandola con sé.
Caddero
in mare, tra schizzi e risate. L’acqua calda li accolse, accarezzando i loro
corpi. Si dibatterono per tornare a galla, districandosi tra gli indumenti
ingombranti.
Nicole,
incapace di smettere di ridere, si aggrappò a Roberto per evitare di
affogare.
«Un
solo giorno e già cercavi di farmi fuori, signora Zanier?» disse l’uomo,
sostenendola tra le braccia. Il vestitino che Nicole indossava galleggiava
intorno a loro, muovendosi pigro al ritmo della corrente.
Sorrise
a quelle parole. Aveva accettato di sposarlo, assicurandogli che non si sarebbe
più liberato di lei.
«Non
potrei vivere più un solo minuto senza di te, dottore» lo rassicurò.
L’uomo
la baciò e lei gustò il sapore della salsedine sulle sue labbra,
maledicendo il rumore della motovedetta in arrivo.
Grondanti
d’acqua e imbarazzati, salirono sull’imbarcazione della Guardia Costiera.
Appena arrivati al porto chiamarono un taxi per tornare a Villa Volpi.
La
tensione aumentò a ogni chilometro percorso.
Roberto
era inquieto e silenzioso. Nicole non gli fece pressione. Gli tenne la mano per
tutto il viaggio e non la lasciò nemmeno quando uscirono dall’auto.
Simone
e Marzia si precipitarono alla porta e la preoccupazione nei loro occhi
bastò per perdonarli in un attimo. Erano dei veri amici e desideravano
solo il loro bene.
Senza
perdersi in chiacchiere, Simone
pagò il tassista, mentre Marzia andò a svegliare la bambina.
Gli
occhi di Roberto erano irrequieti e spaventati. Nicole, con il cuore colmo di
paura, pregò che tutto andasse bene.
«Ecco
qui la nostra principessa» esordì Marzia sulla porta del grande salone.
Nicole
raggiunse l’amica, lasciando Roberto dall’altra parte della stanza.
Bianca
si lanciò tra le sue braccia, con urletti di gioia che la gratificarono
profondamente.
Con
discrezione, Marzia abbandonò la sala.
Nicole
si avvicinò a Roberto con un sorriso rassicurante sulle labbra. Stava
cercando le parole per presentarli quando la bambina la interruppe.
«Chi è
lui?» chiese con una vocina cantilenante.
Roberto
si avvicinò a loro senza emettere un suono, l’espressione indecifrabile.
«Lui è
il tuo papà» le spiegò.
«Papà
Roberto?» chiese per sincerarsi di aver capito bene.
Gli
occhi di Nicole si riempirono di lacrime, mentre con un sorriso tremulo annuiva.
«Papà!»
urlò Bianca, sporgendosi dalle braccia della madre.
Roberto
si lanciò verso di lei e la bambina gli allacciò le braccia al collo
con un sorriso radioso.
Nicole
si premette le mani sulle labbra per soffocare i singhiozzi. I suoi sogni si
erano realizzati, padre e figlia erano finalmente insieme.
La
commozione vinse anche l’uomo e grosse lacrime gli scivolarono lungo le guance.
Nicole
si rifugiò tra le sue braccia, stringendosi a lui come sua figlia.
«È
bellissima» sussurrò Roberto, con voce spezzata.
«È tua
figlia».
«Ti
amo» dichiarò l’uomo con un sospiro tremante. Nicole pianse più forte, travolta
dall’emozione.
Restarono
in silenzio per minuti che parvero ore, godendosi quell'abbraccio carico di
significati, ricco di profondo e indissolubile
amore.
Bianca,
quando si accorse dalle lacrime del padre contro la sua guancia, si
girò turbata verso la madre.
«Mamma,
perché papà piange?»
Nicole
rise di quell’ingenua domanda, seguita da Roberto. L’uomo non fece nessun
tentativo di asciugarsi le lacrime, preferendo stringere le sue donne tra le
braccia.
«Papà…».
«Papà è
felice» concluse per lei. «Papà è a casa».
FINE
CHI E' L'AUTRICE
Angela
D'Angelo nasce a Napoli il 28 maggio 1992. Fin da bambina scopre la
passione per la lettura grazie alla fiabe di Andersen. Introdotta al fantasy
scientifico da Philip K. Dick, si avvicina al più romantico mondo del
Paranormal Romance con la serie “Drake Sisters” di Christine Feehan e al
Romance seguendo autrici come Diana Palmer e Lisa Kleypas.
Ha
vinto il concorso Senza Fiato, indetto dal blog La mia biblioteca romantica,
con il racconto Romatic Suspense “Mai più senza di te”.
Il suo
racconto “L'ultima spedizione” è stato selezionato per l'antologia
“Mele avvelenate” di prossima pubblicazione per la casa editrice La mela
avvelenata.
Studia Biotecnologie Mediche
all’Università Federico II di Napoli e contemporaneamente continua a
seguire il suo sogno: diventare una scrittrice. E’ una delle founder del
forum Insaziabili Letture dove
condivide le sue passioni per la lettura e la scrittura.
Sta terminando il lavoro di
editing sul suo primo romanzo, un Romantic Suspense dal titolo “Resta con me”.
Molto carino! Ma del resto ne ero sicura, lo stile di Angela mi piace, semplice ma fluido, scorre molto bene. Ho apprezzato e votato il suo precedente racconto, e mi è piaciuto anche questo.
RispondiEliminaComplimenti!
Cassie
grazie Cassandra...sono contenta ti sia piaciuto <3
EliminaSpero, se ne avrò la possibilità, di non deludere mai le tue aspettative
Sei giovanissima eppure già brava, puoi solo migliorare! <3
EliminaE come la volta precedente, io e Angela ci siam lette a vicenda, quindi il racconto lo conoscevo già. Non per questo non l'ho apprezzato di meno. Son l'unica ad aver notato già un gran miglioramento nel suo stile in relazione a 'Mai più senza di te'? Comunque bravissima, continua così! YEAH!!!
RispondiEliminaAngela, tesoro, questo racconto è forse il migliore uscito dalla tua fantasia.
RispondiEliminaUna storia bellissima che mi ha commossa, emozionata e coinvolta!
Sei davvero una bravissima scrittrice, grazie per gli splendidi regali che ci fai smepre!!
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaRacconto classico ,sentimentale ,coinvolgente.Ben strutturato ,in un crescendo graduale.Filomena.
RispondiEliminaBellissimo racconto Angela! C'è un livello di phatos che va in crescendo, con una narrazione da cuore in gola che tiene attaccati al testo fino al commovente finale. Sei una scrittrice fenomenale tesoro: se non ci fossi bisognerebbe inventarti!!!
RispondiEliminaGrazie a tutte...davvero <3
RispondiEliminaUn racconto coinvolgente e ricco di emozioni, con un lieto fine toccante e soddisfacente. Complimenti all'autrice! :)
RispondiEliminaUna vera chicca di romantjcismo!
RispondiEliminaNdlla sua semplicitá,il racconto mi ha coinvolta e mi é piaciuto molto. Scorrevole e ben strutturato, complimenti davvero.
Un saluto a te,Angela, ed a tutta LMBR
Anna B
Complimenti Angela. Ho letto con piacere il tuo racconto. Anche se la trama non presenta particolare suspance, si legge che è una... bellezza.
RispondiEliminaCiao e arrivederci alla prossima creazione.
Micaela
che dire? anche questa volta, per me questo è il racconto migliore. Ora sono io ad avere gli occhi lucidi! complimenti davvero!
RispondiEliminaAngela... mi sono commossa di nuovo sul finale!!!
RispondiEliminaSei una scrittrice con i contro-fiocchi!
Semplicemente MERAVIGLIOSA!!!!
Continua così! <3
L'ho letto con molto piacere, fin dall'inizio lo stile è gradevole, i personaggi ben delineati ed è scivolato via lasciandomi addosso una bella emozione.
RispondiEliminaBrava! Grazie per questa lettura.
..breve ma molto intenso! scrittura eccellente, stile fluido, piacevolissimo, belle emozioni...
RispondiEliminaComplimenti!
P.S. anch'io avevo votato il tuo precedente racconto ;)
Grazie a tutte per i complimenti...grazie, grazie, grazie <3
RispondiEliminaCiao! Forse arrivo tardi, l'ho trovato ora per caso frugando il blog in cerca di qualcosa di interessante da leggere nella mia oretta di riposo...e...complimenti! Veramente brava, mi è piaciuto molto...con tanto di lacrimucce :)
RispondiEliminaGrazie mille Simona. Mi emoziona sapere che riesco a farvi provare ciò che sento quando scrivo. Grazie <3
RispondiEliminaUn bellissimo racconto Angela .....sei riuscita a farmi commuovere tesoro . Complimenti sei bbravissima tesoro .♥
RispondiEliminaLeggo solo adesso questo racconto e voglio dire che mi è piaciuto davvero tantissimo, fluido e ricco di tante emozioni. Bravissima Angela.
RispondiElimina