«Ho
deciso. Prima della fine della crociera devo riuscire a infilarmi nel letto di
Thomas».
Il
cocktail di Andrea andò per traverso e Cristina si allungò per dargli delle
sonore pacche sulla schiena che sembrarono fare più danno che altro, tanto che
lui alzò il braccio per bloccarla.
«Stai…
ferma».
Lei
si riadagiò sullo schienale inclinato di una delle comode sdraio sistemate
sul ponte numero 5 della Magia
dei Caraibi, portando il bicchiere colorato alle labbra e stringendo gli
occhi in quella che doveva essere la sua resa migliore di donna cazzuta e
determinata.
«Non
dirmi che sei stupito».
«Dopo
un anno e mezzo che gli muori dietro e non fai assolutamente niente?»
«Non
gli sono morta dietro». Gli allungò il polso sotto il naso, un polso snello e
già leggermente abbronzato. «Vedi? Viva e vegeta!»
«Sono
comunque passati diciotto mesi senza che tu l’abbia neanche visto senza camicia
e ora intendi arrivare a meta in quattro giorni?»
«E
quattro notti».
Dietro
gli occhiali da sole, Andrea levò gli occhi al cielo.
«La
crociera viene presentata come quattro notti» si giustificò Cristina. «E non
sono quattro notti normali. Ci saranno lo sciabordio delle onde, i tramonti, le
stellate in mezzo al mare… insomma quale ambiente più romantico di una
crociera? Certo se il nostro amministratore delegato si fosse sprecato e ci
avesse regalato come premio una crociera da sette notti sarebbe stato più
facile. In quattro… sarà più complicato». Si girò verso di lui. «Complicato ma
possibile».
Andrea
canticchiò il tema di Mission
Impossible e scoppiò a ridere
quando Cristina gli si scagliò contro, appoggiando in tutta fretta il bicchiere
per terra. Venne da ridere anche a lei e ci scappò quasi un mezzo abbraccio.
Quasi.
Era
sempre così, tra di loro. Non l’abbraccio, quello no, erano solo amici. La
complicità e le risate. Anche quando erano in ritardo per una consegna e
lavoravano fino a tardi, arrivava sempre una battuta a stemperare la tensione,
a strappare un sorriso. Forse era per quello che il loro team era il
più forte, in agenzia. Un trio – il terzo elemento, Ivan, era dovuto
rimanere a casa perché si era rotto il tendine d’Achille due settimane
prima giocando a calcetto – di creativi capaci di sfornare idee a
ripetizione e ribaltarle, criticarle e ottimizzarle prima di presentarle ai
loro capi e ai commerciali e infine ai clienti.
Commerciali
di cui faceva parte anche quel bell’imbusto di Thomas, padre italiano e mamma
inglese, si diceva nobile, ma forse era solo una diceria per spiegare come mai
lui fosse sempre vestito con abiti firmati e guidasse una Jaguar. O, avrebbe
aggiunto Andrea, come mai avesse la puzza sotto al naso. Ben nascosta dietro a
un atteggiamento da pacca sulla spalla con gli uomini e democratici sguardi a
tutte le natiche femminili in ufficio, ma pur sempre chiara ai suoi occhi come
un’insegna al neon.
«A
che cosa stai pensando?» gli chiese Cristina, la mano sempre stretta attorno al
suo polso.
«Che
Thomas è un coglione».
Cristina
sollevò gli occhiali per poterlo guardare meglio. E no, proprio in quel
momento Andrea non aveva bisogno di essere scrutato da quegli occhi verdi con
contorno nocciola e pagliuzze dorate a cui sapeva che non avrebbe potuto
rendere giustizia, se avesse provato a disegnarli.
«Perché?»
Già,
perché quell’antipatia all’inizio molto lieve ora stava diventando sempre
più spiccata?
«Perché
fa il pirla in giro e non ha più l’età per farlo, immagino».
E
non si accorgeva che la donna migliore di tutta l’agenzia non aspettava altro
che un suo cenno per scattare sull’attenti, il che era un pensiero ancora più
fastidioso. Pensare che una ragazza bella e intelligente come Cristina potesse
scattare sull’attenti davanti a quello lì.
All’inizio
Andrea aveva accolto quella cotta quasi con sollievo. Quando aveva iniziato a
lavorare per l’agenzia, solo due mesi dopo di lei, Cristina era a pezzi per una
convivenza di due anni finita male. Forse per quello avevano legato subito in
un modo che andava oltre il rapporto professionale. Più di una volta erano
andati a mangiare qualcosa insieme, dopo il lavoro, solo perché lei
potesse sfogarsi, o perché la vedeva particolarmente giù di morale.
Così quando gli occhi tristi avevano iniziato a seguire il bellimbusto in
giro per l’ufficio, Andrea l’aveva visto come il segno che la vita finalmente
andava avanti.
Il
fatto era che Thomas non era uno stupido. Pescava nello stagno attorno
all’ufficio, Andrea sapeva che si era fatto delle clienti, la barista
all’angolo, un paio di collaboratrici free-lance, ma evitava accuratamente di
portarsi a letto le donne a cui si sarebbe trovato di fronte ogni giorno,
Cristina inclusa.
«E
una volta entrata nel suo letto, che cosa pensi di fare?»
Cristina
si rimise gli occhiali sul naso cosparso di efelidi, raccogliendosi i lunghi,
morbidi capelli castani su una spalla e lasciandosi ricadere sullo schienale
della sdraio accanto alla sua con un sospiro.
«Non
lo so. Immagino che dipenda da che cosa succederà, in quel letto».
Andrea
ridacchiò, dandole un buffetto sul braccio prima di recuperare il suo
bicchiere.
Quando
si portò il cocktail alle labbra, la punta di amaro che la bevanda gli
lasciò sulla lingua era uno specchio perfetto di quella che la
conversazione gli aveva lasciato addosso.
La Magia dei Caraibi solcava il mare aperto. Si era lasciata alle spalle il porto di Miami ormai da diverse ore e faceva rotta verso Nassau, davanti a sé il cielo blu notte d’oriente. Ma se si guardava verso poppa dove Andrea si trovava, la striscia più bassa del cielo era ancora rischiarata dalle pennellate azzurre e arancio lasciate dal disco che era scomparso da poco oltre il profilo dell’orizzonte.
Sullo
sfondo di quello scenario mozzafiato erano però altre le immagini che Andrea
rivedeva scorrere davanti a sé. La sala da pranzo affollata che aveva
abbandonato pochi minuti prima, le voci che si rincorrevano al tavolo loro
riservato, Cristina in un abito blu scuro che metteva in risalto la sua figura
snella ma non magra che parlottava a mezza voce con l’oggetto del suo
desiderio, e l’oggetto che si chinava verso il suo orecchio e le sussurrava
qualcosa che la faceva scoppiare a ridere. Che cosa poteva averle mai detto,
quel cretino?
Due
mani tiepide gli si chiusero sugli occhi, facendolo quasi sobbalzare.
«Vuoi
vedermi finire in mare come Di Caprio?» le disse.
Non
aveva avuto il minimo dubbio di chi si trattasse.
«Buonasera,
Leo. La stavo cercando».
Andrea
si girò sorridendo.
«Vuole
venire a ballare con me nei ponti di terza classe?»
Cristina
gli sistemò il colletto della camicia, facendolo rientrare nel bavero
della giacca. Il gesto quasi intimo contrastò con le sue parole.
«Ho
appuntamento con Thomas, più tardi».
No,
non era un pugno nello stomaco quello che aveva provato. Solo sorpresa.
«Che
c’è, non credevi che avrei ottenuto qualche risultato?»
Andrea
scosse la testa.
«No,
è solo che…» Cristina non disse nulla ma il suo sguardo interrogativo lo
incitava a portare a termine la frase. «E’ solo che ero convinto che Thomas
avrebbe continuato nella sua politica di “metti le mani addosso solo alle donne
fuori dall’ufficio”. Tutto lì».
«Forse
durante la crociera farà un’eccezione».
E
dopo? avrebbe voluto chiederle. Il fatto che lei non
ci pensasse lo infastidiva. Non perché una donna non avesse il diritto di
concedersi del sesso senza legami ma perché quell’immagine contrastava con la
Cristina che conosceva.
Che
in quel momento gli stava rivolgendo un sorriso smaccato.
«Alle
dieci alla piscina coperta. Romantico no?»
«Molto».
Anche
stare alla balaustra di poppa a guardare i colori cangianti del cielo a
occidente con la brezza tra i capelli avrebbe potuto essere romantico, se non
fossero stati impegnati a parlare di un altro uomo.
La
porta che conduceva al ristorante dove avevano cenato, dietro di loro, si aprì e
si richiuse pesantemente.
«Ehi,
eccovi qui».
Corinna,
segretaria di direzione. Collega carina e simpatica con cui avevano poco a che
fare, nelle giornate lavorative.
«Stiamo
andando al casinò. Venite?»
Cristina
lo guardò e fece segno di no con la testa.
«Tu
vai. Ci vediamo domani mattina, okay?»
Gli
strinse il braccio con una mano, se non ci fosse stata Corinna che li
osservava gli avrebbe dato un bacio sulla guancia, come faceva spesso, e si
allontanò lungo il ponte.
Andrea
si infilò le mani in tasca e si voltò verso la collega rimasta.
Corinna lo accolse con un grande sorriso, gli infilò la mano nell’incavo
del braccio e lo condusse via.
“Thomas
è un coglione”.
Non
le aveva detto proprio così, poche ore prima? Andrea avrebbe voluto essersi sbagliato
ma quello che aveva appena sentito non faceva che confermarglielo.
Erano
le dieci meno un quarto, quindici minuti all’ora X, e un gruppo di loro stava
organizzando una partita a poker. Avevano appena invitato Thomas a unirsi a
loro e lui aveva accettato.
“E
Cristina che ti aspetta, deficiente?” avrebbe voluto dirgli.
Ma
non poteva. ufficialmente lui di quell’appuntamento non sapeva nulla.
Tipico.
Di. Quel. Borioso. Arrogante.
Fare
aspettare una donna che, dopo un po’, avrebbe capito che le aveva dato buca.
Che problema c’era?
Andrea
scosse la testa.
«Che
c’è?» gli chiese Corinna, che non lo aveva mollato tutta la sera.
«Niente.
Mi sono appena ricordato di una cosa. Ci vediamo domattina».
E
senza ulteriore indugio lasciò la sala del casinò e il gruppo di
colleghi.
Ricordava
solo vagamente dove si trovava la piscina coperta così lo
ricontrollò su una delle mappe appese in ogni dove. Avrebbe dovuto
attraversare quasi tutta la nave. Lo fece a passo di marcia. Prima sarebbe
arrivato ad avvisarla meglio era.
Che
cosa le avrebbe detto? La verità. Indorarle la pillola non avrebbe avuto senso.
E se la conosceva, quel comportamento avrebbe segnato la fine del suo tentativo
di conquista.
Sulla
porta che dava accesso all’area della piscina coperta un cartello spiegava che
vigeva il divieto di balneazione dalle otto di sera alle otto del mattino.
Andrea provò a spingere la porta e la trovò comunque aperta. Forse per
consentire di usare l’area con le sdraio come passaggio verso il bar al ponte
superiore, forse perché da quella sala una vetrata offriva una vista stupenda
della fiancata sinistra della nave e sul mare sottostante, dove una luna quasi
piena danzava sulle onde.
All’interno
dell’ampio spazio il silenzio era quasi innaturale. Al centro, la vasca rettangolare
illuminata dalle luci notturne sembrava una gemma incastonata in un asse
d’ebano. Il pavimento di legno era levigato, il caldo umido ricordava quello di
una serra, ma dopo la fresca brezza marina notturna non era un contrasto
spiacevole.
Andrea
si fermò un paio di metri oltre la porta, guardandosi intorno.
Pensò di chiamarla ma non lo fece, magari alla fine aveva deciso di non
venire, oppure si era imbattuta in una coppia che aveva avuto la stessa idea e
se ne era andata.
Spinse
lo sguardo verso l’estremità della sala che rimaneva in penombra, dalla
parte opposta alla vetrata, e un movimento attirò la sua attenzione.
Fu
così che la vide. Si era cambiata, indossava qualcosa di bianco che si
confondeva con il sottile materasso del lettino ma la cascata castana era
inconfondibile, ora che i suoi occhi sapevano dove guardare. Si avvicinò in
silenzio ma si bloccò quando si accorse che la fascia bianca che aveva in testa
non le tratteneva i capelli come gli era sembrato. Cristina se l’era
drappeggiata sugli occhi, a mò di benda.
Questa
decisamente era una Cristina che non conosceva. Se l’intento era stato di
stupire Thomas non appena l’avesse vista, beh ci sarebbe riuscita. Con lui
aveva funzionato alla grande.
«Sei
tu?» chiese lei a voce bassa, alzando una mano in un cenno di invito ad
avvicinarsi.
Già,
e se non fosse stato Thomas? Se fosse stato uno qualunque, uno dei tanti ospiti
della nave? Ora sarebbe andato lì e gliene avrebbe detto quattro.
Ma
Cristina si spostò di fianco, la sua mano si abbassò a indicare la porzione di
materassino lasciata libera e Andrea ancora non disse nulla. Si avvicinò
invece, come se il gesto avesse avuto il potere del canto di una sirena.
Qualunque
cosa fosse quella che aveva addosso, abito da sera o prendisole, il bianco
esaltava la sua pelle abbronzata e il drappeggio della stoffa morbida le sue
curve.
E’ Cristina,
la tua collega,
gli disse la voce della ragione.
Ma
è anche una gnocca da far paura.
Quel
pensiero irriverente lo scosse e di nuovo cercò di dire qualcosa.
Le
parole non volevano proprio saperne di uscire.
Lei
gli sembrava diversa. Tra loro c’era una corrente diversa, fin dalla
conversazione che avevano avuto quel pomeriggio, sul ponte.
Ma
lei aspettava Thomas, non lui.
Si
avvicinò e si sedette. Ora glielo avrebbe detto.
Si
concesse solo il lusso di farle scorrere il pollice sul labbro inferiore, per
poi salire ad accarezzarle la guancia, i capelli. Un gesto quasi innocente.
Forse si sarebbe arrabbiata per quella leggera intrusione una volta saputo che
era lui, ma le sarebbe passato presto. Si abbassò verso il suo orecchio e
il suo profumo gli invase le narici, dandogli alla testa. Non era quello
leggero, appena percepibile che aveva tutti i giorni. Era quello più
speziato che le aveva sentito solo qualche volta, in occasioni mondane.
Aprì la
bocca per parlare e la mano di lei salì a sfiorargli il braccio, come a
volere iniziare a stringerlo in un abbraccio. La bocca di Andrea si mosse,
allora, ma solo per andare a sfiorare la pelle liscia e calda dello zigomo.
Basta,
aveva varcato la soglia dell’accettabile. Doveva dirle chi era.
Si
spostò verso il suo orecchio.
«Non
sono Thomas» le sussurrò.
Il
brivido che la scosse non era di sorpresa, sembrava più la reazione al suo
respiro sul collo.
La
mano di lei lasciò il braccio per salire lungo la schiena fino alla nuca,
dove si tuffò tra i suoi morbidi ricci, così diversi dai corti
capelli di Thomas.
«Lo
so, l’ho capito» sussurrò.
E
questa volta fu lui a tremare. Dentro, forse anche fuori.
Poi
avvenne l’impensabile. Una pressione della sua mano, uno spostamento di
entrambi e le loro bocche si sfiorarono. Leggere e incerte come petali scossi
dal vento all’inizio, poi sempre più certe della direzione che volevano
prendere, di ciò che volevano fare. Le mani di Andrea furono tra i suoi
capelli, e il morbido seno di lei all’improvviso gli premeva contro il petto,
inviandogli scariche di eccitazione verso i lombi. Ma non fu niente fino a
quando le loro lingue si toccarono. Allora il silenzio fu rotto dai loro
sospiri, da mugolii di stupore, passione e appagamento. Fu come aprire le
cateratte di una diga. Dove prima scorreva un rivolo d’acqua ora la corrente
ruggiva impetuosa, travolgente. Quando si rese conto che le sue mani, come
mosse da volontà propria, erano scese dai capelli ai fianchi di lei, Andrea
rallentò il bacio tornando ad accarezzare dove prima aveva morso, leccato,
succhiato. Poi si spostò lungo la mandibola, fino a sfiorare il lobo
dell’orecchio.
Uno
dei due doveva aver rimosso la benda, o forse era scivolata di lato sui capelli
per effetto dei loro movimenti, perché quando Andrea sollevò il viso due occhi
verdi lo fissavano, specchio della sua stessa eccitazione, anche confusione
forse.
Una
mano tornò a infilarsi tra i suoi capelli, che si arricciavano sulle
orecchie e la nuca.
«Sembri
un arcangelo, così biondo. In questo momento non mi stupirei se ti vedessi
spuntare le ali dietro alla schiena».
Per
quanto strana, fu l’ultima cosa che Cristina gli disse fino a quando non ebbero
raggiunto, in silenzio, la porta della sua cabina. Dopo aver fatto scattare la
serratura lo fissò di nuovo con i suoi grandi occhi, poi gli sfiorò la guancia
con le labbra.
«Non
avrei mai potuto scambiarti per lui».
Quindi
si voltò e sparì all’interno, lasciandolo solo nello stretto, lungo
corridoio.
Il giorno dopo scesero a terra subito dopo colazione e sulla lancia Cristina si trovò seduta accanto ad Andrea.
«Tutto
bene?» le chiese lui. Lei riuscì solo ad annuire in risposta.
Non
avevano fatto colazione nello stesso momento e non si erano ancora parlati. Con
un picco di panico, Cristina si rese conto che non c’era mai stato quel
silenzioso imbarazzo tra loro, neanche il primo giorno che si erano conosciuti
in ufficio.
Poi
la lancia si staccò dalla fiancata della nave e l’imbarazzo fu
dimenticato. Stretti tra gli altri occupanti della piccola imbarcazione a
motore, Cristina era a malapena consapevole del vento che le scompigliava i
capelli, o delle chiacchiere che li circondavano. Sentiva solo la coscia
muscolosa di lui premere attraverso il cotone dei bermuda contro la sua,
lasciata quasi interamente scoperta dagli shorts, un contatto che faceva
partire una corrente elettrica che la isolava da tutto il resto, cullandola in
un ritmo del tutto diverso dal rollio delle onde. E quando l’impatto della
chiglia sulla superficie dell’acqua faceva sbattere i loro polpacci uno contro
l’altro, pelle resa ruvida dai peli contro pelle liscia e calda, quella
corrente diventava quasi intollerabile e lei si sentiva bollente, pronta a
sciogliersi.
Si
riscosse solo quando attraccarono al molo di legno del porto turistico di
Nassau e dentro di sé diede la colpa alla lunga astinenza, perché era
da quando era una ragazzina in preda a tempeste ormonali che non aveva una
reazione del genere alla semplice vicinanza di un uomo.
Non
le dispiacque dunque che il resto della mattinata fosse trascorso insieme al
gruppo. Visitarono la città, un turbinio intossicante di rumori e colori. In
un’esperienza che fu un misto di fatica e ammirazione insieme, salirono fino in
cima alla Queen’s Staircase per arrivare al tutto sommato deludente Fort
Fincastle. Ma erano la vista e la vegetazione il vero spettacolo.
Tornarono
vicino al porto per mangiare pesce fritto in un pittoresco ristorante, poi il
gruppo si divise in due. Cristina sarebbe rimasta a Nassau per andare a
visitare gli Ardastra Gardens, mentre sia Andrea che Thomas si erano portati
maschera e boccaglio e sarebbero tornati sulla lancia per andare a fare
snorkeling a Paradise Island.
La
prossima volta, si disse Cristina mentre li guardava andar via, pentita di non
aver fatto la scelta più avventurosa.
All’ultimo
Andrea si voltò e le sorrise, facendole un cenno di saluto. Era il primo segno
di confidenza da quando erano scesi a terra.
Pensava
ancora a quel sorriso mentre, insieme a Corinna, osservava i macao blu e oro
nella loro gabbia.
«Andiamo
a vedere lo spettacolo dei fenicotteri rosa?» le propose la collega.
La
seguì dopo aver risposto qualcosa di appena intellegibile. Si muoveva in
una dimensione diversa dal solito, come se fosse dentro a un corpo diverso dal
suo eppure stranamente consapevole della sua pelle, di ogni centimetro della
sua pelle.
Dio
mio, ti ha solo dato un bacio! si disse. E sei già ubriaca?
Avrebbe
voluto poterne parlare con qualcuno, con Corinna perché no, ma era
convinta che non avrebbe capito. Forse non capiva neanche lei.
Passarono
davanti alla gabbia dei giaguari, dove due giovani esemplari stavano facendo la
lotta. O almeno così le sembrava.
«Che
cosa stanno facendo?» le chiese Corinna dando voce alla sua stessa perplessità.
I
giaguari si graffiavano e ringhiavano, ma era chiaro che non stavano cercando
di farsi del male.
Persino
quello spettacolo evocò immagini di corpi intrecciati che flettevano
muscoli tra sospiri e mugolii.
Sei
messa male, ragazza. Malissimo.
L’argomento
della cena fu CocoCay, l’isola che avrebbero visitato il giorno dopo, una delle
perle delle Bahamas. E questa volta anche Cristina si sarebbe dedicata allo
snorkeling.
Ma
ovviamente c’era qualcuno che aveva in mente qualcosa di più avventuroso.
«Hai
mai fatto immersioni Cris?» le chiese Thomas attraverso la tavola.
Lei
scosse la testa.
Lui
si mise in bocca un pezzo di pane e la guardò sorridendo.
«Vuoi
provare con noi, domani?»
«Non
mi sembra il caso. Voi avete tutti il brevetto, vero?»
Una
collega di Thomas alzò la mano.
«Io
no. Avrò bisogno di essere tenuta per mano dall’istruttore».
«O
da noi» replicò Thomas sorridendo.
Andrea
era seduto a due posti da lei ma anche senza voltarsi in quella direzione
Cristina sentiva il suo sguardo su di sé.
Era
sotto osservazione e lo sapeva. Lo erano entrambi, lei e Thomas.
«Allora
siamo di massaggio stasera, noi donne?» cinguettò Corinna.
Dalle
commensali si levarono cenni di assenso.
«Pensate
a noi, signore, mentre vi fate massaggiare».
Era
stato ancora Thomas a parlare. E sì, quando fece l’occhiolino guardava proprio
lei.
Questa
volta Cristina non resistette e si voltò verso Andrea. Che stava
sorseggiando la sua birra, lo sguardo ostinatamente dritto davanti a sé, il
profilo illuminato dalle luci della sala che davano riflessi dorati ai suoi
capelli.
Cristina
sospirò. Sì, una serata tra donne era quello che ci voleva.
Quando toccarono terra a CocoCay erano tutti in preda a una rumorosa eccitazione. I commenti sulle mezzelune di spiaggia bianca strette tra mare turchese e boschetti di palme, pini caraibici e mangrovie si rincorrevano in un vano tentativo di trovare aggettivi sufficienti a descriverle. Le sdraio blu e le amache sospese tra i tronchi si sarebbero presto riempite, man mano che le lance avrebbero fatto sbarcare tutti gli ospiti della Magia dei Caraibi, ma ugualmente lo spettacolo che avevano di fronte era la miglior cartolina che avessero mai visto di un paradiso per turisti. Un paradiso tutto per loro.
Posarono
le loro borse sulla spiaggia, poco distante dal bagnasciuga, si spogliarono e
si buttarono tutti in acqua, tra spruzzi e schiamazzi. Sembrava di essere in gita
scolastica, non in viaggio premio aziendale.
A
un certo punto Cristina se li trovò davanti tutti e due, di spalle, mentre
procedevano verso l’acqua più profonda.
Andrea
superava Thomas di mezza testa, aveva i capelli e la pelle più chiari e il
fisico del nuotatore, con spalle larghe e fianchi stretti. Accanto a lui,
Thomas si stava bagnando i capelli scuri tagliati cortissimi con le mani e
sfoggiava un’abbronzatura invidiabile e i muscoli più gonfi che ci si sarebbe
potuti aspettare da un giocatore di rugby. Uno nuotava nel tempo libero,
l’altro andava in palestra, e si vedeva. Ma erano due esemplari di uomo che
avrebbero fatto girare la testa a qualunque donna.
Per
lei però non c’era storia, non ce n’era mai stata.
Tornarono
fuori per prendere l’attrezzatura necessaria, quindi il gruppo dello snorkeling
rientrò in acqua. Andrea fu al suo fianco, si sistemarono maschera e boccaglio
e si tuffarono in acqua insieme. La sua mano le afferrò il polso e con l’altra
puntò il dito verso l’estremità rocciosa che richiudeva la baia in un
abbraccio. Vi girarono intorno e si diressero di nuovo verso riva, trovandosi
in una piccola insenatura che non era stata ancora raggiunta da nessuno. Il
braccio di lui, che continuava a nuotare al suo fianco, si tese indicando un pesce
lungo e sottile che nuotava solitario. Poi Andrea puntò l’indice verso l’alto e
riemerse. Cristina lo imitò.
«L’hai
visto? Era un barracuda». Si era sfilato il boccaglio per parlare, e fece lo
stesso con la maschera.
«Un
barracuda? Non sono pericolosi?»
Andrea
sorrise, e quel sorriso sembrò catturare il sole.
«Per
gli altri pesci, non per noi. A meno che tu non vada a stuzzicarlo da vicino.
Lasciamo stare il boccaglio, immergiamoci e seguiamo i pesci».
E
così dicendo si avvolse il legaccio della maschera attorno al polso.
Cristina invidiava chi riusciva a tenere gli occhi aperti sott’acqua, lei non
c’era mai riuscita in vita sua, quindi lasciò penzolare il boccaglio di lato ma
si tenne la maschera.
Nuotarono
in apnea sott’acqua, voltandosi dove coglievano macchie di colore e movimento,
risalendo a respirare quando erano senza fiato. Seguirono per qualche metro un
grosso pesce pappagallo che procedeva placido, attorniato da una miriade di
pesci più piccoli ma altrettanto colorati.
A
Cristina sembrò che si sfiorassero in continuazione. Gamba contro gamba,
la mano di lui sul braccio o sulla schiena per farla voltare. A un certo punto
una giravolta troppo repentina la fece andare a sbattere in pieno contro di lui
e Cristina si allontanò remando con le mani come se si fosse scottata.
Ma
in quel momento erano a qualche metro di distanza l’uno dall’altra, entrambi
sospesi in verticale nell’acqua, lui intento ad ammirare una parete con ceppi
di corallo, lei intenta ad ammirare lui. Nell’acqua si muoveva con ancora più
eleganza del solito, con pochi essenziali movimenti che sembravano fare
risaltare ancora di più il suo corpo muscoloso ma longilineo coperto solo da un
piccolo costume bianco.
Quando
Andrea si voltò, gli occhi di Cristina erano proprio su quel minuscolo pezzo di
tessuto e non li rialzò in tempo perché lui non vedesse la direzione del suo
sguardo, a dispetto della maschera.
Andrea
sembrò immobilizzarsi per qualche secondo, poi nuotò verso di lei, le
afferrò il braccio e la trascinò verso l’alto. Infransero insieme la
superficie, poche manciate di centimetri sopra di loro. Un braccio le si
strinse attorno alla vita, l’altro le sfilò la maschera tirandole i capelli,
mentre le gambe sbattevano le une contro le altre per tenersi a galla e i
bacini di sfioravano, in una danza che le stava togliendo il fiato più
dell’apnea. Si sentì trascinare di lato e si rese conto che Andrea si stava
spingendo con le gambe e il braccio libero verso riva, fece altrettanto perché
le sembrò l’unica cosa da fare, anche se i suoi muscoli erano all’improvviso
restii a rispondere ai suoi comandi. Poi Andrea si fermò e Cristina capì che, a
differenza sua, con i piedi aveva toccato il fondo sabbioso. Le sue mani
tornarono salde sui suoi fianchi, la maschera che le aveva sfilata venne
abbandonata sul pelo dell’acqua, e Cristina strinse le cosce attorno alle sue
per sostenersi.
Gli
occhi azzurri che le sembravano dell’esatto colore del mare catturarono i suoi,
poi scesero sulle sue labbra in un muto messaggio. Non una richiesta,
perché era chiaro che non si sarebbe fermato. Lei attese e le
sembrò che quei pochi secondi che trascorsero prima che lui chinasse la
testa verso di lei durassero tanto, troppo. Quando le sfiorò le labbra sapeva
di mare e di sale, era caldo e freddo allo stesso tempo e il contrasto era
incredibilmente inebriante. Si aggrappò alle sue spalle con le braccia, e le
gambe salirono di più verso i suoi fianchi. Andrea spinse in avanti il bacino e
fu subito meta, come un calcio ben piazzato da metà campo. Le labbra di Cristina
si aprirono in un sospiro che non seppe trattenere, dando libero accesso alla
lingua di lui che andò a cercare la sua, per sfiorarla prima e stuzzicarla con
più decisione poi. Le onde lievi li sbattevano uno verso l’altra, la durezza di
lui era separata da lei solo da tessuto bagnato e scivoloso, Cristina non si
ricordava di essersi mai sentita così eccitata.
Si
staccò dalla sua bocca infilandogli le mani tra i capelli bagnati sulla
nuca e piegò la testa in modo da sfiorargli con le labbra la pelle del
collo e della spalla. La pelle liscia, bagnata, salata le fece perdere la testa
e, stupendosi di se stessa, lo morse. Non forte, un morso più eccitante che
doloroso a giudicare dal mugolio che lasciò le labbra di lui e le arrivò dritto
all’orecchio. Le mani di Andrea scivolarono dai suoi fianchi alle natiche,
infilandosi sotto al costume e premendosela addosso ancora di più. E nonostante
l’acqua che la lambiva, Cristina si sentì andare a fuoco.
Aprì gli
occhi per guardarlo e, attraverso l’appannamento dell’eccitazione, un movimento
ad alcuni metri da loro attirò la sua attenzione. Alcuni nuotatori avevano
doppiato la punta, i loro boccagli sbucavano dall’acqua insieme agli spruzzi
dei piedi.
«C’è
gente» riuscì a sussurrare, e Andrea voltò la testa.
Si
staccò da lei, allungandosi ad afferrare la sua maschera che galleggiava
poco distante. Gliela porse, approfittandone per accarezzarle la guancia con il
pollice.
«Cristina,
Andrea, siete qui! Avete visto quel pesce pappagallo che pensa di essere una
balena?»
Era
stata una fortuna essere immersi fino al collo, soprattutto per lui. Ma visto
che tutti indossavano maschere e avevano la testa sott’acqua, si
allontanò comunque dal gruppo con vigorose bracciate, cercando di smaltire
l’eccitazione con una nuotata. Se non altro, quando riguadagnò la spiaggia
poco dopo gli altri il rigonfiamento nel suo costume aveva ripreso dimensioni
normali.
Cristina
lo vide uscire dall’acqua e lo aspettò. Sembrava che questa volta almeno non
avesse intenzione di evitarlo come dopo il loro primo bacio sulla nave.
«Qualcosa
da bere?» le chiese, quando si fu avvicinato. Era bellissima, con i capelli e
il corpo gocciolanti e gli occhi che brillavano al sole.
«Sarebbe
fantastico» rispose.
«Vado
io. Perché non ti conquisti un’amaca, nel frattempo?»
Lei
si guardò intorno, e indicò verso un gruppo di palme.
«Quella
là».
«Okay.
Ti raggiungo».
Quando
tornò con due cocktail alla frutta in mano si accorse che non avrebbero
avuto neanche qualche minuto di tranquillità e solitudine. Cristina si era
sì conquistata l’amaca, ma due colleghe avevano fatto altrettanto con
quelle vicino e gli altri si erano raggruppati lì intorno.
Anche
i sommozzatori, notò Andrea con disappunto. E proprio Thomas, mezza muta
ancora addosso, era in piedi accanto a Cristina e le stava parlando. Mentre si
avvicinava, Andrea la sentì ridacchiare per qualcosa che lui aveva detto ed
ebbe la tentazione di gettargli il contenuto del bicchiere in faccia. A lui,
non a lei.
«Il
parasailing non è complicato come un’immersione» le stava dicendo. «Non devi
fare niente, solo lasciarti trascinare. Secondo me potresti trovare».
«Io
non sono una fanatica dell’adrenalina, lo vuoi capire? Questo pomeriggio mi
dedicherò al sonnellino sull’amaca, se lo googliamo sono sicura che viene fuori
che qualcuno lo considera uno sport!»
Andrea
le passò il bicchiere e cominciò a sorseggiare il suo.
Quando
Thomas si allontanò dietro agli altri tre con la muta, approfittò del
fatto che Cristina stesse chiacchierando con Corinna per seguirlo.
«Ehi,
Tonelli» lo chiamò dopo qualche passo, a voce sufficientemente chiara perché
solo lui sentisse.
Thomas
si voltò e si fermò, rivolgendogli uno sguardo interrogativo. Andrea gli
si avvicinò finché solo un passo non li separava.
«A
che gioco stai giocando?» gli chiese a bruciapelo.
«Che
cosa intendi dire?» fu la cauta replica.
«Avevi
un appuntamento con Cristina, la prima sera sulla nave. Perché non ti sei
presentato?»
«Io?
Un appuntamento con Cristina, la tua Cristina? Non so di che cosa tu stia
parlando».
Non
fare lo stronzo con me, stava per dirgli, quando Stefano dell’IT, accortosi che non li
stava più seguendo, lo chiamò.
«Thomas,
vieni? Dobbiamo restituire la muta prima di andare dal tipo del motoscafo».
«Arrivo».
Thomas
rivolse ad Andrea uno sguardo perplesso, poi gli strinse il braccio
nell’equivalente da spiaggia delle pacche che distribuiva in ufficio e gli fece
l’occhiolino prima di allontanarsi.
Ma
che cos’era, un tic nervoso? Non gli era sfuggito quello che aveva fatto a
Cristina la sera prima. Non gli era sfuggito e l’aveva fatto imbufalire.
Lo
guardò accelerare il passo per raggiungere i suo compagni di avventura e
dannazione, in versione “da mare” era ancora più attraente che non vestito di
tutto punto. Perché aveva negato l’appuntamento? Per non dover dare spiegazioni
sul perché le aveva dato buca, ecco perché.
Andrea
si voltò e notò che Cristina sulla sua amaca era sempre impegnata in una fitta
conversazione con un gruppo di colleghi. Alcuni stavano sistemando i loro
asciugamani sulla sabbia lì accanto e non sembravano avere intenzione di
andarsene tanto presto.
La
tua Cristina.
Quella
che lavorava nel suo stesso team, questo aveva voluto dire. Perché, ce ne erano
altre in agenzia? Andrea scosse la testa come a schiarirsi le idee.
Quella
sera. Dovevano trovare il momento di chiarire quella sera.
A
cena erano seduti all’estremità di una delle due tavolate che li
raccoglieva tutti e questo rese le cose più semplici.
Quando
ebbero finito di mangiare, senza dire nulla Andrea catturò lo sguardo di Cristina,
lo trattenne per il tempo necessario, poi si alzò e lasciò il tavolo
limitandosi a borbottare una scusa.
Uscì e
aspettò, mani sulla balaustra, nel punto dove avevano parlato la prima sera.
Cristina lo raggiunse dopo un paio di minuti, di Thomas nessuna traccia. Buon
segno. Anche se non garanzia dell’esito di quella conversazione.
«Ci
spostiamo più in là?»
Lei
annuì. Avevano bisogno di privacy, avevano bisogno di non essere interrotti
questa volta.
Salirono
sul ponte superiore e arrivarono all’area delle piscine, deserta a quell’ora a
eccezione di qualche coppia che passeggiava sui camminamenti laterali. La vasca
rettangolare e i due cerchi più piccoli per l’idromassaggio erano zaffiri
brillanti nella notte, mentre i lettini disposti intorno rimanevano in
penombra. Si sedettero su un muretto defilato da cui avevano una bella vista
anche sul mare.
Visto
che Cristina non parlava, toccava a lui affrontare il discorso. Tornati da
CocoCay, nel tempo che aveva avuto da solo in cabina prima di cena, aveva già pensato
a come farlo.
«Abbiamo
iniziato questa crociera parlando di certi tuoi piani rispetto a un certo
collega» esordì. «Poi… le cose sono andate diversamente».
Lei
sorrise, un sorriso delizioso, a metà tra l’imbarazzato e il divertito, ma
ancora non disse nulla. Andrea si sentiva sempre più incerto sull’esito di
quella chiacchierata e decise di giocare a carte scoperte.
«Oggi
in spiaggia ho cercato di capire a che gioco stesse giocando Thomas, perché
dopo averti dato buca l’altra sera continua a flirtare spudoratamente con te».
Quando
fece il nome di Thomas, lo sguardo di lei cambiò, ora sembrava quasi allarmata.
Come poteva pensare che non avrebbero finito col parlare anche di lui?
«E
non ci crederai» continuò Andrea, «ma ha negato di aver mai avuto appuntamento
con te».
Cristina
ruotò leggermente la testa, gli occhi puntati all’orizzonte, poi tornò a
girarsi verso di lui, agganciò le mani al bavero della sua giacca per farlo
voltare in modo che si trovassero uno di fronte all’altra.
«Thomas
non mi ha dato buca, l’altra sera. Ed è vero, non mi aveva dato appuntamento in
piscina».
Andrea
aprì la bocca per parlare ma lei gli mise decisa due dita sulle labbra.
«No,
lascia che ti spieghi tutto prima. Poi… poi mi dirai».
Cristina
lo guardò dritto negli occhi, che sembravano più scuri nella
penombra, per assicurarsi che lui fosse d’accordo. Staccò le dita dalle sue
labbra, a fatica, perché da quando lo aveva toccato la prima volta tenere le
mani lontane da lui le risultava ancora più difficile.
«Sai
bene in che stato ero quando Luca mi ha mollato. Tu più di altri. Thomas è
stato il primo uomo che ho guardato quando ho smesso di piangere. E’
affascinante, con quel suo modo di fare, sembra che abbia il mondo ai suoi
piedi eppure riesce a non essere arrogante». Lo sguardo di Andrea la fece quasi
sorridere. «Almeno per noi donne» precisò, «e so bene di non essere l’unica
sulla quale ha questo effetto ». Gli prese una mano, aveva bisogno di un
contatto per riuscire a continuare. «Poi, lavorando al tuo fianco, mi sono
accorta che facevo un continuo confronto tra te e lui, su tutto. E tu… beh, ne
uscivi sempre vincitore. E… oddio questo è imbarazzante!»
Andrea
non disse niente ma le strinse la mano, incoraggiandola ad andare avanti.
Non
lo guardò in faccia, non avrebbe potuto.
«Okay,
i miei sogni e pensieri erotici hanno cominciato ad avere un protagonista
biondo, non più castano».
Cristina
attese una sua reazione, quasi trattenendo il fiato, ma ci volle un
po’ perché Andrea capisse che poteva parlare, dopo essere stato
tacitato in modo così esplicito.
«Ti
sei inventata quell’appuntamento per farmi ingelosire» disse infine.
«No!
Sì… Forse. Non la vedevo in questi termini. Volevo capire se per te potevo
essere più di un’amica, di una collega. Questa crociera mi è sembrata
l’occasione migliore per farlo, lontani dall’ufficio e dal lavoro, l’unica occasione per farlo in realtà. A
Milano tu mi inviavi messaggi contrastanti, stavo impazzendo. E non osavo
uscire allo scoperto per timore di rovinare il nostro rapporto. Stavo così bene
con te, sto così bene con te. Ma mi sarebbe
piaciuto… vorrei avere di più».
Di
nuovo, silenzio. Non c’era anima viva attorno a loro in quel momento, gli unici
rumori erano il vento e il sordo borbottio del motore della nave al quale si
erano ormai abituati.
Le
dita di Andrea si mossero, intrecciandosi alle sue.
«E
così il piano delle quattro notti…»
«Riguardava
te, fin dall’inizio. Mi perdoni? Dovevo capire se mi avresti mai guardata in
modo diverso».
Un
lato della bocca di Andrea si incurvò in una smorfia bonariamente beffarda,
negli occhi un luccichio divertito.
«Non
potevi semplicemente chiedermelo?»
«Che
cosa mi avresti risposto?»
Ora
che sapeva che lui non sarebbe stato furioso per il suo inganno anche Cristina
sorrideva. Con il pollice gli accarezzò il palmo grande, asciutto.
Andrea
sollevò la mano libera per spostare dietro l’orecchio una ciocca che il vento
le aveva sbattuto sulla guancia.
«Hai
ragione, forse dovevo capire anch’io. Anche se adesso mi sembra di essere stato
uno stupido a non accorgermene. Ero attratto da te ma… mi dicevo che era la
normale attrazione per una bella donna».
«Anch’io,
all’inizio! Ti mettevo a confronto con Thomas per vedere se mi scattava la
stessa cosa per lui ma lui mi diceva sempre meno, tu sempre di più. E diventava
ogni giorno più difficile non metterti le mani addosso, in ufficio».
Andrea
scoppiò a ridere e se la strinse contro, strusciando la guancia contro i
suoi capelli. Lei infilò la mano libera tra i suoi ricci, da quando l’aveva
fatto la prima volta due sere prima la sua nuca era come una calamita.
«Dunque
non ero l’unico che doveva trattenersi!»
«E
adesso?» gli sussurrò lei sopra la spalla.
Andrea
arretrò di nuovo, guardandola.
«Adesso
cosa?»
«Sei
arrabbiato per il tiro mancino che ti ho giocato? Deluso? Dovrò scontare una
pena?» aggiunse arricciando il naso.
Andrea
glielo pizzicò.
«Sei
stata creativa, la cosa non dovrebbe stupirmi».
E?
La
conclusione. Cristina sapeva che era lì a un passo, avrebbe potuto
toccarla solo allungando una mano, come avrebbe potuto fare con lui. Ma per
qualche motivo, voleva che fosse Andrea a delinearla per tutti e due.
«Che
cosa vuoi fare?» gli chiese dunque.
«Ora?»
Lei
annuì.
«Baciarti.
Ora ho una voglia matta di baciarti senza che nessuno ci interrompa. Senza che
dobbiamo fermarci dopo un bacio. E domani fare altrettanto. E tornare a casa e
continuare a farlo».
Cristina
deglutì e sì, dovette stringere le cosce per contrastare la stilettata che
dalla sua voce e dal suo sguardo era andata direttamente al centro del
bersaglio, alla destinazione finale.
«E
se rovinassimo tutto?» sussurrò, accarezzandogli la nuca.
Andrea
si avvicinò e le sfiorò le labbra.
«E
se non rovinassimo nulla?»
Cristina
capì che voleva pensarlo anche lei. Non aveva fatto tutto questo per poi
farsi frenare dalla mancanza di certezza. Nessuno ne aveva, del resto.
«Dunque
un piano da quattro giorni e quattro notti» le sussurrò lui sulle labbra,
chiudendole le mani attorno alla vita.
La
conversazione era finita. Ora erano entrati in un territorio diverso, un territorio
di pura seduzione.
«Due
notti sprecate» gli sussurrò lei di rimando, sempre a fior di labbra.
Lui
arretrò di poco e sorrise, un sorriso che le andò dritto al cuore.
«Ce
ne rimangono due».
FINE
CHI E' L'AUTRICE
MONICA LOMBARDI, padre toscano e mamma istriana, lavora come interprete e traduttrice free-lance. Sposata, madre di due figli, vive da più di trent’anni in provincia di Milano.
E' autrice di una serie rosa crime di cui è protagonista il tenente della Homicide Unit di Atlanta Mike Summers (Scatole cinesi, Labirinto, Gambler e Scacco Matto, tutti disponibili in versione cartacea e Kindle) e ha partecipato alle raccolte di racconti in e-book per Kindle Love at Christmas e C’è amore nell’aria. Pochi giorni fa è uscita per Emma Books la nuova edizione digitale della sua commedia romantica Three Doors - La vita secondo Sam Bolton. Diversi suoi racconti sono pubblicati sul blog La mia biblioteca romantica.
VISTATE IL SITO DELL'AUTRICE QUI:
FRA TUTTE LE LETTRICI CHE COMMENTERANNO I RACCONTI DI UNA ROMANTICA ESTATE VERRANNO ESTRATTI DEI LIBRI A SORPRESA.
UNA ROMANTICA ESTATE TI DA' APPUNTAMENTO ALLA PROSSIMA SETTIMANA
Bellissimo! Monica sei grande!!
RispondiEliminaSin dall'inizio ho intuito l'epilogo, ma non per prevedibilità del racconto, ma perché era quello che avrei voluto per i protagonisti. Mi sarebbe spiaciuto vedere un'altra illusa che pensa di " costruire a tavolino " il proprio futuro sentimentale ed inevitabilmente prende l'ennesima cantonata. Qui vi è un sublime crescendo, un disegno appena accennato, più in'ispirazione verso un'affinità già manifesta; vi è l'intelligenza creativa di una donna che conduce a sé l'uomo scelto con grande garbo e sincerità. Quale migliore garanzia di successo e prosperità per una coppia ? Complimenti. Un saluto. Filomena
Bello!! Mi è piaciuto molto! Ma del resto, ciò che esce dalla penna della Lombardi mi convince sempre!
RispondiEliminaBrava Monica!
Cassie
bello!
RispondiEliminatroppo bello Monica!!! mi è piaciuto da morire!!! oh che caldo!
RispondiEliminaBrava Monica!
RispondiEliminaAnche con questo breve racconto hai fatto centro!!!
Per dirla in termini musicali: con un basso,una chitarra, una batteria e una tastiera è venuto fuori una musica che mantiene ritmo e melodia che ti si versa addosso e con le sue parole coinvolge totalmente!
Complimenti
Saluti a tutta LMBR che con questa rubrica rende la nostra estate davvero romantica!
Anna B
!
un bel racconto, personaggi gradevolissimi e ben descritti e una gran voglia di andare in crociera!!! brava cara!
RispondiEliminaSignore, grazie infinite di aver letto, commentato e delle vostre bellissime parole di cui faccio tesoro perché fanno bene al cuore :)
RispondiEliminaCome ha scritto Filomena, questo racconto è stato davvero un'ispirazione verso un'affinità che si è chiarita fin dalla prima scena, non poteva finire altrimenti, anche se Cristina con la sua creatività ha stupito anche me ;)
Dedicato a tutte le donne che prendono in mano le redini del loro destino e hanno il coraggio di mettersi in gioco!
Un abbraccio e buon weekend!
Bello, intenso sensuale...machiavellico! ;)
RispondiEliminaDavvero molto piacevole...
Complimenti Monica :)
Brava Monica, mi sono appassionata al tuo racconto. Questa sera telefono alle mie amiche che leggono poco al computer e consiglio loro di non perdersi questo tuo scritto.
RispondiEliminaCiao!
Bello! All'inizio pensavo che fosse la classica storia di lei che si innamora dello sciupafemmine di turno e soltanto alla fine si accorge che il vero amore era praticamente a portata di mano, invece Cristina è una donna sveglia e motivata, che sa quello che vuole (ha buon gusto in fatto di uomini^^) e si ingegna per ottenerlo. Mi piacciono le protagoniste intraprendenti, ultimamente se ne incontrano poche :)
RispondiEliminaPosso dire la mia? L'unica pecca che ho trovato per mio gusto personale? Andrea, nome bellissimo tra l'altro, doveva essere MORO!!! Comunque, biondo a parte, il tuo stile, cara Monica, è davvero d'impatto, scorrevole, piacevole ed esaustivo. M'è piaciuto a parte il colore, mica mi linci??? :D
RispondiEliminaChe bello, anche il ribaltamento della situazione.
RispondiEliminaComplimenti, ora voglio anche io una crociera e un collega così.
Si un bel racconto mi è piaciuto molto, soprattutto mi è piaciuta l'ambientazione.
RispondiElimina