Christmas in Love 2013: SCALDAMI TU di Edy Tassi




1
Anya fissava intenta la finestra. I fiocchi di neve le turbinavano attorno, sospinti dal vento della notte, ma lei quasi non se ne rendeva conto.
I suoi occhi color ametista osservavano concentrati, quasi immobili, le due figure al di là del vetro.
Quando una ciocca di capelli color della luna le schiaffeggiò la guancia, insinuandosi fra le sue labbra socchiuse, la scostò dal viso indispettita.
Non era tanto l’uomo a interessarla, ma la donna.
Anya studiò il suo corpo nudo steso sul letto. Aveva lunghe gambe snelle avvolte attorno ai fianchi dell’uomo sdraiato su di lei. La schiena leggermente inarcata. La luce tenue che proveniva da una lampada appoggiata su un tavolino le illuminava la pelle, trasformandola in ambra liscia.
Ma quello che affascinava Anya era il suo viso.
Quasi senza rendersene conto, si avvicinò ancor di più al vetro gelido. Era talmente concentrata che, per un istante, dimenticò di trovarsi sospesa nel vuoto a più di trenta metri da terra e, di colpo, iniziò a precipitare.
L’aria le sibilò nelle orecchie coprendo il piccolo grido che le sfuggì dalle labbra, mentre le luminarie sospese sulla strada sotto di lei si facevano sempre più vicine.
Pochi secondi in caduta libera e poi si arrestò con un brusco contraccolpo, che le fece gonfiare il tessuto leggero della veste coperta di minuscoli cristalli. La gonna le coprì il volto e la costrinse ad annaspare per liberare la visuale.
Accidenti!, sbuffò, riprendendo il controllo e cominciando a risalire il più in fretta possibile. Non doveva perdere tempo, proprio ora che pensava di aver trovato la soluzione al suo problema!
Sfrecciò verso l’alto mentre i fiocchi di neve sembravano scostarsi per lasciarla passare. Ma questa volta cercò di frenare più dolcemente, per non trovarsi di nuovo avviluppata nel vestito.
Non appena arrivò all’altezza della finestra, il suo sguardo si illuminò soddisfatto.
Sì!
L’uomo e la donna erano ancora sdraiati l’uno sull’altra, impegnati in una sorta di danza lenta, al ritmo di una musica che lei non riusciva a sentire. La donna, però, ora sembrava leggermente diversa. L’arco perfetto della sua schiena si era fatto più pronunciato sulle lenzuola color magenta; i muscoli delle sue cosce e delle sue braccia sembravano contratti. Ma Anya non riusciva a staccare gli occhi dal suo viso. Non batteva quasi più nemmeno le palpebre sulle iridi accese di aspettativa.
Mentre l’uomo spingeva con rapidi movimenti su di lei, la donna gettò indietro la testa, gli occhi spalancati, lo sguardo rivolto al soffitto ma come perso, appannato, le labbra socchiuse in un sospiro muto e le guance tinte di un rossore intenso, come quello di chi si riscalda vicino a una fiamma. Ma senza scottarsi.
Calore.
Senza scottarsi.
Le labbra di Anya si stesero piano, in un sorriso soddisfatto davanti a quel rossore che si intensificava sempre più e al corpo della donna che veniva scosso da una serie di sussulti.

2
«Ci risiamo...»
«Anya, ti caccerai di nuovo nei guai!»
«Sei proprio fissata.»
Rion, Iris e Heria svolazzavano attorno ad Anya in un turbinare di fiocchi di neve. Ma Anya procedeva decisa.
«Ragazze, stavolta so quello che faccio» le rassicurò.
Iris alzò gli occhi al cielo. «Come no.»
«L’hai detto anche la volta scorsa» le ricordò Heria fermandosi davanti a lei con i capelli che scintillavano come platino sotto i raggi obliqui del sole.
Anya fece per girarle attorno, ma subito le comparve davanti Rion, un’espressione ironica negli occhi color acquamarina. «E anche quella prima.»
«Be’, mi ero sbagliata.» Anya strinse le labbra e puntò lo sguardo sul sentiero innevato davanti a lei, che si incuneava fra file di alberi spogli e coperti di ghiaccio candido e trasparente. Poi riprese ad avanzare.
«E chi ti dice che non ti stai sbagliando anche stavolta?»
«Già! Sai che rischi corri...»
«Io proprio non capisco questa tua fissazione.»
«La farai arrabbiare ancora!»
«E ci toccheranno straordinari fino ad aprile...»
Le sue amiche la seguirono esasperate lungo il sentiero, continuando a borbottare fino a quando non arrivarono in prossimità di un laghetto gelato. I raggi rosati del mattino accendevano di scintillii la superficie liscia e lattiginosa. Anya si fermò sulla riva, sospesa a mezz’aria. Chiuse gli occhi, e dalle labbra le uscì un soffio d’aria che si trasformò in un tintinnio, come di vetri che urtavano fra loro mossi dal vento. Le note acute e fragili si allargarono sull’acqua gelata, per poi convergere esattamente al centro del lago, dove formarono un piccolo vortice sonoro e luminoso. In pochi secondi, il piccolo nucleo di luce bianca e accecante si trasformò in un’alta figura ammantata fino ai piedi, che rimase a osservare le quattro creature immobili e timorose davanti a lei.
Anya chinò la testa e lo stesso fecero le altre. Fiocchi di neve gonfi e soffici cadevano silenziosi attorno a loro.
«Ci risiamo, Anya?» domandò la figura, con voce pacata.
Anya annuì, senza alzare lo sguardo. «Questa volta ne sono assolutamente sicura.»
«Lo avevi detto anche quando ci hai provato con la fiamma di un falò.»
Anya rimase a testa bassa.
«E con l’acqua bollente» aggiunse la figura luminosa.
«E con la corrente elettrica» intervenne Rion sottovoce, in modo che solo Anya la sentisse.
Anya le lanciò un’occhiataccia, poi tornò a rivolgersi alla figura evanescente e luminosa al centro del lago. «Mia regina, ho capito dove sbagliavo.»
La donna ammantata di luce corrugò la fronte. «Cosa intendi dire?»
«Il fuoco, l’acqua bollente...» Anya si voltò con intenzione verso Rion, «la corrente elettrica... sono tutte fonti esterne di calore.»
«Esatto.»
«Ed era questo il problema. Se voglio provare calore, devo cercare di provocarlo dall’interno.»
«Anya» la voce tradiva una sfumatura di impazienza. «Noi non possiamo provare calore.»
«Maestà, fatemi tentare un’ultima volta.»
«Te ne ho già concesse diverse, di ultime volte» le fece notare la regina, l’impazienza che veniva sostituita da una nota divertita.
«Sì... ma stavolta...»
«... è diverso.» La nota divertita scomparve. «E pensi davvero di aver capito come fare?»
«Sì.»
«In che modo?»
«Ho bisogno di un uomo.»
«Un uomo?»
Anya annuì. «È una cosa che fanno gli umani. Li scalda... da dentro.» Inspirò a fondo, poi sollevò per la prima volta lo sguardo verso la sua regina con aria supplichevole.
«Questo significa che devi entrare in contatto lui?»
Decisamente, pensò Anya. «Sì» rispose dopo un attimo di esitazione.
Rion, Iris e Heria trattennero all’unisono il fiato. Anche i fiocchi sembrarono immobilizzarsi nell’aria gelida.
«Non se ne parla. Noi non possiamo entrare in contatto con gli esseri umani!»
Anya strinse le mani davanti al petto. «Vi prego. Solo una notte. E poi non ci proverò più. Mai più.»
«E se tu ci riuscissi? Se riuscissi davvero a provare calore, chi ci garantisce che non perderai i tuoi poteri? Sei una fata della neve, Anya. Il calore potrebbe avere effetti imprevedibili e devastanti su di te.»
«Voglio correre il rischio, mia regina. Questa volta è l’ultima.»
«Sì, Anya, questa volta sarà davvero l’ultima. Se ti caccerai ancora nei guai o perderai i tuoi poteri, non ci sarà più spazio per te fra noi. Sappilo!»
E con una piccola esplosione di cristalli scintillanti che investirono Anya avvolgendola e sottraendola alla vista delle sue amiche, la regina scomparve.

3
Che giornata di merda!
Michael spinse la porta a vetri, lasciandosi investire dal vociare del pub, che per un istante gli fece dubitare di aver preso la decisione giusta. Forse sarebbe stato meglio tornarsene subito a casa, invece di rintanarsi lì, in mezzo a tutta quella gente che beveva, chiacchierava e rideva.
Solo che a casa ci sarebbe stato silenzio. E il silenzio induceva a pensare.
Fece vagare lo sguardo sui tavolini affollati, la mano ancora appoggiata al battente della porta.
«Ehi amico, entri o no?» lo sollecitò un tizio seduto lì vicino, accennando a un brivido.
Michael avanzò meccanicamente di un passo senza rispondere e lasciò andare la porta, che si richiuse alle sue spalle.
Mentre si avvicinava al bancone, pensò a quante cose doveva annegare nella birra che avrebbe ordinato.
La litigata con Sally dopo che avevano fatto l’amore. L’ennesimo litigio, in cui lei lo accusava di non essere abbastanza rampante, abbastanza aggressivo sul lavoro. Di essere in pratica uno stallone capace di soddisfarla a letto, ma con il quale era difficile immaginare un futuro.
Lo pneumatico squarciato che aveva trovato al risveglio, prima di andare al lavoro.
La lavata di testa che gli avevano dato in ufficio perché era arrivato in ritardo, con conseguente presa in giro di tutti i colleghi.
A ben pensarci, una birra non sarebbe affatto bastata!
Si lasciò cadere su uno dei pochi sgabelli liberi davanti al bancone e slacciò il giubbetto. Il barman lo intercettò subito. Con il suo metro e novanta e la mole da giocatore di rugby, difficilmente passava inosservato.
«Una birra» gli disse. Per ora.
Appoggiò i gomiti al bancone di legno e si perse a osservare il barman che spillava il liquido dorato, mentre alle spalle avvertiva una specie di piccola folata fresca, come se qualcuno avesse aperto di nuovo la porta del locale, e uno strano profumo di mughetto.
«Scusa, questo sgabello è libero?»
Una voce sottile e dolcissima richiamò la sua attenzione, proprio mentre il barman gli metteva davanti un boccale traboccante di schiuma bianca. Michael si girò e... dimenticò tutto.
La voce apparteneva alla ragazza più incredibile che lui avesse mai visto. Sbatté un paio di volte le palpebre per essere sicuro di non avere le traveggole, ma no, eccola ancora lì, davanti a lui. Una pelle diafana, capelli chiari e quasi opalescenti che le scendevano oltre le spalle, occhi ipnotici, fra il viola e l’azzurro, una bocca rosea e vellutata.
Di colpo si accorse che la ragazza stava aspettando una risposta. Peccato che non ricordasse qual era la domanda... Ci mancò poco che scrollasse la testa per schiarirsi le idee. Per fortuna fu lei a venirgli incontro.
«Ti spiace se mi siedo?»
«No, no...» si affrettò ad articolare lui, prima di fare ancora di più la figura dell’imbecille. Se dietro al bancone ci fosse stato uno specchio, si sarebbe girato per vedere che faccia aveva.
La ragazza saltò con una mossa agile sullo sgabello di legno e così facendo gli sfiorò un braccio e una coscia.
Immediatamente il suo corpo reagì a quel contatto con una rapida scarica elettrica che lo paralizzò per un istante. Provò l’istinto di allungare una mano verso di lei, di appoggiargliela sulla coscia, su un braccio, da qualche parte, insomma... per riprovare quel formicolio che gli si era propagato ovunque e che ora si stava concentrando in un punto preciso, un po’ più a sud del baricentro.
«Come ti chiami?» le chiese, dopo essersi schiarito la voce.
«Anya» fu la risposta della ragazza dagli occhi stellati e dal profumo di mughetto.
Anya... Quel nome gli rotolò sulla lingua caldo e musicale. «Io sono Michael.» Le tese la mano, più per assaporare un nuovo contatto con lei, che per educazione.
Anya osservò quel gesto e per un istante gli sembrò che non sapesse bene cosa fare. Poi lo imitò e poté avvolgerle le dita con le proprie. La sentì irrigidirsi, poi rilassarsi. Aveva stretto troppo? Osservò quella mano candida, le dita lunghe, le unghie chiare e trasparenti. Che effetto gli avrebbe fatto sentirsele addosso?
Le mollò di scatto la mano, come scottato.
Cosa diavolo stai pensando? si domandò, tornando a voltarsi verso la birra, che ormai era molto meno schiumosa di quando gliel’avevano servita.
«Vuoi bere qualcosa?» le domandò, afferrando il boccale.
Anya scosse la testa e rimase a fissarlo. Anzi, a studiarlo.
Che nonostante il suo aspetto dolce ed etereo, Anya stesse tentando di abbordarlo?
Si passò una mano fra i capelli scuri e mossi e le lanciò un’occhiata in tralice. Sì, lo stava decisamente studiando. Sentiva i suoi occhi scivolargli addosso con un’intensità quasi fisica. Avvertì quella specie di carezza che gli sfiorava le cosce, che risaliva lungo il giubbetto, fino alla camicia azzurra aperta sul collo. Il cuore prese a pompargli con violenza dietro lo sterno, tanto che ne avvertì i battiti in gola. Tentò di bere un sorso di birra, ma non ci riuscì. L’esame di Anya lo stava confondendo... eccitando.
Ma non voleva giungere a conclusioni affrettate. Dopotutto, poteva sbagliarsi. Forse era la luce artificiale che il locale le gettava negli occhi ad alterare la loro espressione e a farli apparire così magnetici, seducenti, sensuali.
Sul fatto che lo stesse fissando, invece, c’era poco da sbagliarsi.
Provò un caldo improvviso, neanche avesse buttato giù due o tre shot di tequila uno dietro l’altro. Invece aveva appena bevuto un dito di birra.
«Mi piacerebbe toccarti...»
Michael sussultò a quelle parole e si voltò di scatto. Anya gli stava sorridendo candida.
«Cos’hai detto, scusa?» Doveva avere un’espressione stralunata, perché Anya sembrò ritrarsi appena, come rimpicciolirsi.
«Io... ho detto che mi piacerebbe toccarti» ripeté poi, incerta ma con coraggio.
Michael si passò la mano sul viso. Strinse la mascella e cercò di non pensare alla tensione che provava all’inguine, a come il suo membro aveva reagito a quelle parole. Lo sentiva premere dolorosamente contro la cerniera dei jeans. Se avesse potuto parlare, forse si sarebbe messo a urlare Sì, toccami, toccami!, al posto suo.
«Non sei una che perde tempo...» riuscì a dire, cercando di non suonare né scandalizzato, né incredulo. Non voleva apparire né l’una, né l’altra cosa. Aveva davanti una donna bellissima che gli stava facendo capire senza mezzi termini di voler combinare qualcosa con lui. Che lo stava guardando... estasiata. Come se fosse la risposta a tutte le sue preghiere. Come una bambina davanti ai regali di Natale. Piena di meraviglia. Di eccitata aspettativa. Da quando una donna non lo guardava così? Erano tutte consapevoli, navigate, prevedibili. Per una frazione di secondo pensò a Sally, che gli apparve la più consapevole, navigata e prevedibile di tutte. Le avrebbe fatto un torto accogliendo la richiesta di Anya? Pensò alle parole astiose che gli aveva rivolto quella mattina e decise di no. Dopotutto, avrebbe fatto l’unica cosa che lei lo aveva accusato di saper fare...
«Non perdi tempo» le fece notare, giusto per accertarsi di aver capito bene. D’altra parte, in che altro modo era da intendere una frase come quella? Mi piacerebbe toccarti...
«Non ho molto tempo» fu la risposta sibillina di Anya, che suonò comunque come una conferma.
«Sei di passaggio?» le chiese, incuriosito. Forse quello spiegava il suo essere così diretta.
Anya sembrò rifletterci un attimo, poi il suo viso si illuminò. «Sì, esatto.»
Michael si voltò completamente verso di lei. Le loro ginocchia si sfiorarono. La osservò ancora per qualche istante. Il viso dai lineamenti fini e quasi irreali, i capelli che sembravano fatti di impalpabile zucchero a velo... e poi si disse, al diavolo!

4
Michael aprì la porta ed entrò per primo in casa. Lanciò le chiavi sul tavolino alla sua sinistra e poi si voltò verso Anya che lo aveva seguito nel soggiorno semibuio.
Lei si guardava attorno con la stessa espressione incantata.
Chi era? Da dove veniva? Quanti anni aveva? Forse non più di venticinque... Ma lo stupito candore che l’avvolgeva era quello di una bambina che non ha mai visto niente, che non sa niente.
Il suo primo istinto sarebbe stato quello di spogliarla freneticamente e di possederla con impeto. Spegnere la meraviglia in quegli occhi ametista e renderli torbidi di passione.
Invece qualcosa in lei gli diceva che era più giusto fare con calma, lentamente. Non bruciare troppo in fretta l’incanto innocente di quello sguardo.
Le si avvicinò e fece scorrere il cursore del piumino bianco che indossava. Di nuovo avvertì quell’aroma dolce di fiori e lo inalò.
«Sei sicura di volerlo fare?» le chiese, cercandole gli occhi che scintillavano nella penombra.
«Sicurissima.»
Michael le insinuò le dita fra i capelli, dietro la nuca, sentendoli scorrere impalpabili come seta. E le sfiorò le labbra con le proprie. Erano morbide e si aprirono sotto le sue come petali.
L’altra mano si insinuò piano sotto al maglioncino di angora e risalì lenta verso il seno, che trovò nudo, fresco e turgido per lui.
La scoperta che Anya non portava reggiseno gli fece perdere per un istante il controllo, le strinse di più la nuca e la sua lingua la invase con foga.

Anya chiuse gli occhi e lasciò che Michael le invadesse la bocca. Non aveva mai sperimentato il contatto con altre labbra. Era così strano e piacevole insieme. Una carezza diversa che aveva del primitivo e allo stesso tempo era lontanissima da tutto quello che conosceva. E l’emozione davanti a quel mondo ignoto le fece battere il cuore nel petto con così tanta forza da farle temere che avrebbe potuto schiantarsi contro la cassa toracica.
Era consapevole di ogni più piccola parte di sé e allo stesso tempo le sembrava di esistere solo lì dove lui la toccava. Come se per la prima volta si stesse rendendo conto di avere una nuca, delle labbra, un seno. Il seno soprattutto, che fino a quel momento le era sembrato un organo inutile, quando Michael lo strinse fra le dita, stimolandole il capezzolo, acquistò improvvisamente un senso.
Anya avvertì una vibrazione intensa scivolarle lungo la pelle. I vestiti ai quali già non era abituata le parvero pesanti come una cappa di piombo.
Ma più di tutto provò il desiderio di fare a Michael quello che lui stava facendo a lei. Non sapeva come gli umani chiamassero quell’atto, non sapeva perché si toccassero, si mangiassero, si contorcessero gli uni stretti agli altri. Ma quando guardò nelle iridi scure e intense di Michael, capì che in qualche modo, senza rendersene conto, anche lei gli stava regalando qualcosa di importante.
Gli slacciò il giaccone e glielo fece scorrere lungo le braccia muscolose. Sentiva la forza del suo corpo, ne percepiva il calore. Una sensazione che le faceva formicolare i polpastrelli ma che era ancora fuori di lei.
Poi gli infilò le mani sotto la camicia, con il palmo piatto, per godere del massimo contatto dove la pelle era tesa sullo stomaco. Lui mugugnò, i movimenti della sua lingua si fecero più lenti.
Si sentiva assaporata.
Michael le lasciò la nuca e cominciò ad armeggiare con il bottone dei suoi jeans.
Anya lo aiutò, le loro mani si intrecciarono, bisticciarono, finché i pantaloni non le scesero lungo i fianchi snelli.
Nessuno dei due aveva ancora parlato da quando erano arrivati lì. Cosa c’era da dire? Anya era troppo intenta ad ascoltare le razioni del suo corpo. Lo sentiva animarsi di una volontà propria. Percepiva sensazioni che voleva gustare e memorizzare.
Quando Michael la sfiorò fra le gambe, un piccolo rantolo stupito le sfuggì dalle labbra, mandando in tilt la mente.
«Sei dolce e fresca come un ruscello di montagna...» le disse lui, accarezzandola con le dita lunghe ed esperte.
Anya quasi non lo sentì, sconvolta da quello che invece le stava raccontando il suo corpo. Pensava di conoscerlo, e invece Michael le stava facendo scoprire che c’erano parti di lei di cui era all’oscuro.
Socchiuse le cosce e gli permise di accarezzarla meglio, mentre una strana tensione le si accumulava sotto l’ombelico, in profondità dentro di lei.
E più lui la accarezzava, più quella tensione cresceva, facendole provare una specie di vertigine. Come se il suo corpo si stesse dilatando.
«Michael...» bisbigliò, annaspando verso di lui. Cosa le stava succedendo?
Michael la raccolse di peso proprio mentre stavano per cederle le gambe. Con poche falcate decise attraversò la sala e raggiunse la camera da letto. Quando Anya si trovò sospesa su quel grande materasso rivestito di lenzuola scure rivide l’immagine di Michael sopra la donna dal viso arrossato della sera prima e provò un moto di esultanza.
Sì, stava succedendo!
Stava per verificare se la sua teoria era esatta. E nemmeno per un istante pensò alle possibili ripercussioni. Era dove voleva essere.
Michael la depose sul letto, poi si spogliò, lasciando cadere i vestiti dove capitava. Anya seguì i suoi movimenti con trepidazione. Vide quella protuberanza dura, congestionata che puntava verso di lei e provò un fremito che si trasformò in una specie di martellio sordo nel ventre, in un punto dentro di lei del quale, era certa, non avrebbe più dimenticato l’esistenza.
E poi Michael le fu sopra. Le prese i polsi con una mano e le sollevò le braccia sopra la testa, immobilizzandola. Con un ginocchio si fece largo fra le sue cosce e mentre le sfiorava di nuovo le labbra con un bacio che sapeva di uomo e legno muschiato, entrò dentro di lei con una spinta che la fece sprofondare nel materasso e le immobilizzò per un istante il cuore.
Anya spalancò gli occhi e provò la tentazione di divincolarsi. Ma poi si rese conto che il membro di Michael stava raggiungendo proprio quell’organo dentro di lei che sentiva pulsare, ma che non poteva toccare. E che i suoi movimenti regolari sembravano alimentare la tensione che avvertiva dentro di sé.
Lentamente cominciò a non percepire più la stretta di Michael sui polsi, il suo peso, la cedevole sofficità del materasso e dei cuscini, ma solo il proprio corpo che pensava di conoscere bene e invece si stava rivelando uno sconosciuto. La tensione cresceva e dal ventre si allargava in centri concentrici lungo le gambe e le braccia. Qualcosa dentro di lei cominciò a vorticare al ritmo delle spinte sempre più incalzanti di Michael e avvertì una specie di carezza avvolgerla, come miliardi di fiocchi di neve che le turbinavano morbidi attorno e si insinuavano dentro di lei. Il turbine si fece sempre più rapido, la sollevò dal materasso e Anya sentì il suo corpo tendersi, irrigidirsi, mentre i fiocchi di neve diventavano confusi, perdevano definizione e di colpo si trasformavano un gorgo d’acqua. Con gli occhi fissi sul soffitto ma lo sguardo rivolto dentro di sé, Anya cominciò a tremare e quando il gorgo sembrò trascinarla definitivamente giù, avvertì una spinta violenta provenire da dentro, che la proiettò verso l’alto. L’attrito del suo corpo contro il gorgo si fece quasi doloroso e all’improvviso Anya comprese che quello non poteva essere dolore. Lei il dolore l’aveva conosciuto quando si era avvicinata troppo al fuoco, alla corrente... Invece quella sensazione per quanto intensa, la faceva stare bene, le faceva palpitare il cuore. Quella sensazione era... calore! Un calore che la lasciò senza respiro e la fece boccheggiare di esultanza, mentre si sentiva salire e salire sempre più veloce e poi frantumarsi contro una barriera invisibile. Frammenti minuscoli di lei esplosero in tutte le direzioni in uno scintillio di luci e il suo corpo venne scosso da spasmi violenti, prima che di colpo si facesse tutto buio.

5
Michael aprì gli occhi disturbato da un soffio di aria gelida. Con un borbottio infastidito si sollevò su un gomito e guardò verso la finestra socchiusa. Chi diavolo l’aveva aperta?
Anya...
Si voltò di scatto cercandola con lo sguardo sul letto, ma vide solo l’impronta del suo corpo e i suoi vestiti abbandonati qua e là.
Forse era andata in bagno.
Fece un rapido giro della casa ma non la trovò da nessuna parte. Con la fronte corrugata tornò in camera e raccolse jeans e maglione. Dove diavolo era finita?
Lo spiffero freddo sulla schiena gli ricordò la finestra aperta.
Raggiunse il vetro e afferrò la maniglia. Istintivamente si sporse per guardare verso il basso, colto da un pensiero assurdo. Che si fosse buttata? Intendeva quello quando gli aveva detto che non aveva molto tempo?
Non avvertì più il gelo dell’aria mattutina, mentre osservava il marciapiedi sotto di sé. O meglio, il denso strato di neve che era sceso durante la notte e lo aveva completamente ricoperto. Ma non c’erano impronte su quella superficie candida.
Anzi no... Non era candida.
Si guardò intorno, affascinato. Ovunque, lungo la strada, sui cornicioni, sui fili delle luminarie, sui tetti, sulle macchine la neve ricopriva tutto come un soffice manto rosato.
Sollevò lo sguardo, sbattendo le palpebre, e si rese conto che non era un effetto delle luci. Dal cielo cadevano grossi fiocchi gonfi e morbidi dal lieve bagliore ametista, che tingeva di magico quell’antivigilia di Natale.

Quasi vicino a casa, Michael frugò nella tasca del giaccone alla ricerca delle chiavi. Era caduta tantissima neve e nemmeno quel giorno era riuscito a usare la macchina. Con lo sguardo basso per controllare dove metteva i piedi, pensò al tepore che avrebbe trovato una volta dentro e non si accorse della figura che lo aspettava poco più in là, se non quando percepì un familiare profumo di mughetto che gli fece sollevare di scatto la testa.
Spalancò gli occhi e le chiavi gli caddero di mano, sprofondando nella neve. Davanti a lui c’era Anya, che fluttuava nell’aria. Esatto, fluttuava. I suoi capelli ondeggiavano come quelli di una sirena, i suoi occhi scintillavano allegri. Il suo abito, una specie di tunica fatta di mille strati di veli trasparenti e scintillanti, le accarezzava il corpo seducente.
«Anya!» boccheggiò, immobilizzandosi. Aveva trascorso tutta la giornata scervellandosi per capire dove fosse finita!
«Ciao Michael.» Anya si guardò attorno con aria compiaciuta. «Ti piace la mia neve rosa? Mi hai fatto fare un figurone, sai?» Gli strizzò un occhio e gli si avvicinò, avvolgendolo ancora di più nel suo profumo. «Che ne dici di aiutarmi a compiere questa magia anche stanotte?»

FINE

CHI E' L'AUTRICE

Edy Tassi è nata in provincia di Como, in una cittadina collinare dove nessuno va mai in bicicletta perché dopo due metri o sei in discesa o sei in salita. Ma dove le è sempre piaciuto moltissimo camminare. Sin da bambina. E allora, mentre andava a scuola a piedi, si divertiva a inventare storie, a immaginarmi in situazioni avventurose, tipo a combattere al fianco di Goldrake o tirare di scherma insieme a Lady Oscar. Finché, in seconda media, un’amica non ha cambiato per sempre la sua vita tirando fuori con aria misteriosa un libricino bianco. «Tieni, leggi.». Era un Harmony. Alta marea di mezzanotte. Da quel giorno le lezioni a scuola sono diventate il confuso sfondo delle sue letture clandestine, mentre leggeva i romanzi che la sua amica contrabbandava dalla sorella maggiore girando piano piano le pagine sotto al banco, per non farsi scoprire. E da lì la sua passione per i romanzi rosa di qualsiasi tipo non si è mai spenta. Al punto che proprio grazie a essa ha trovato la sua strada nella vita. Nel 1999 ha partecipato a un concorso letterario organizzato da Harlequin e Donna Moderna, che le ha aperto le porte della traduzione. E' diventata una traduttrice Harlequin e successivamente di altre case editrici. Le sue giornate oggi ruotano attorno ai libri. Quelli che legge per piacere, quelli che legge per lavoro, quelli che traduce e, ora, quelli che scrive. E ovviamente attorno alla sua famiglia, a suo marito Fabrizio e alle sue  due meravigliose bambine, Giulia e Serena. La parte più difficile? Far capire a tutta la mia famiglia che quando la mamma è seduta sul divano, con una tazza di tè di fianco e un libro in mano... sta lavorando!
 Il romanzo di esordio di Edy è Ballando con il fuoco, un erotic romance uscito nella collana Harmony Passion ( leggi qui la nostra recensione).

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9 commenti:

  1. ... ecco, dei tre racconti fin'ora questo è quello che mi è piaciuto di più. Sarà che ho un debole per il fantasy
    Baci a tutte/i

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  2. Impossibile non rimaner conquistata da un racconto così magico, elegante e sensuale (non che abbia opposto resistenza^^). Appena conclusa la lettura mi è subito venuta voglia di rileggerlo, cosa che rifarò volentieri tutte le volte che me ne verrà il pallino ^_^

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  3. Molto, molto carino e magico. L'ho concluso con un sorriso sulle labbra. Una protagonista che ha un fascino e un'impertinenza infantile ma le necessità di una donna. Sicuramente da esplorare ulteriormente, no? :P

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  4. Complimenti, un racconto veramente fascinoso ed originale, pervaso da una reale atmosfera natalizia, leggera e sbarazzina, senza banalità trite e ritrite. Le tue parole hanno saputo creare un incanto, un racconto fatato per adulti. Adorabile il personaggio di Anya, che nn accetta di piegarsi al conformismo del suo ambiente e dei suoi simili: il Gabbiano Jonathan Livingston delle fate!

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  5. Davvero originale, ben scritto, romantico e simpatico.UP!

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  6. Grazie ragazze! Sono contenta che questo racconto vi sia piaciuto. Era il primo che scrivevo e la vostra accoglienza è stata davvero super calorosa. Ognuna di voi ha colto quelle che erano le mie intenzioni. Scrivere qualcosa di spensierato, ma anche coinvolgente, leggero ma con qualche accenno alla dimensione psicologica. Angela ipotizza un approfondimento. Perché no? A me l'idea piace!
    Tanti tanti auguri a tutte voi!!!

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  7. Una sola parola: bellissimo! :-)

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  8. finalmente un po' di fantasy anche nel romance! ;) ho apprezzato l'originalità e anche la figura di Anya, mi ha fatto troppo ridere la scena in cui osservava l'uomo mentre si portava a letto la donna e poi sorrideva soddisfatta! ho impiegato un attimo a capire che stava volando e non era sospesa nel vuoto, mi stavo cominciando a preoccupare di come ci riuscisse ;) forse, per la prima volta, non è detto che nasca un amore tra i due, lei sembrava più intenzionata a provare il calore piuttosto che a stare con lui perché gli piaceva, mentre io mi aspettavo che alla fine rimanesse umana o che comunque si innamoravano. Chissà, è talmente magico che potrebbe anche accadere :)

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  9. Delizioso, veramente! Mi è piaciuto un sacco!! Dolce e piccante al punto giusto!

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